IL TNPEE TRA SVILUPPO E ABILITAZIONE DI COMPETENZE: il modello della prevenzione neuro e psicomotoria
Nella prospettiva di utilizzare l’acquaticità per sviluppare competenze che agiscono da fattori di protezione nei confronti dei disturbi del neurosviluppo ed in particolare della regolazione, secondo la prospettiva propria del modello preventivo della neuro e psicomotricità, in questo capitolo vengono analizzate le abilità proprie della fascia di età prescolare cui questo lavoro si indirizza, con particolare attenzione alle competenze emergenti nell’ambito del sistema esecutivo del bambino a sviluppo tipico, che possono essere potenziate, come risorse protettive nei confronti degli eventuali disturbi.
Lo sviluppo tipico in età prescolare
Con il termine età prescolare si intende la fascia di età compresa fra i 3 e i 6 anni, momento evolutivo in cui un bambino ottiene numerose conquiste motorie, cognitive, sociali, oltre che un notevole ampliamento delle proprie abilità di gioco.
Il bambino di questa età, secondo la tassonomia piagetiana, rientra nello stadio pre- operatorio, stadio caratterizzato dal perfezionamento delle abilità motorie e di consapevolezza del movimento. Il bambino, in questo periodo evolutivo, utilizza la propria motricità come mezzo espressivo e come mezzo di conoscenza, infatti l’azione diventa immagine di rappresentazioni interiori. Le abilità motorie inoltre divengono sempre più stabili, coordinate e accurate, consentendogli di acquisire gradualmente una crescente autonomia nelle diverse attività quotidiane.
Sul piano affettivo il perfezionamento delle abilità di conoscenza e il consolidamento del pattern d’attaccamento alla figura genitoriale, permettono al bambino un maturo riconoscimento del sé, caratterizzato dall’egocentrismo e da due nuove forme di ragionamento: il ragionamento primitivo e il ragionamento trasduttivo, caratterizzati rispettivamente dalla capacità di evocare oggetti ed eventi non presenti, ma conosciuti in precedenza e dalla capacità di mantenere il nesso logico causale.
Il movimento, fin dalle prime fasi dello sviluppo, viene sperimentato dal bambino attraverso le esperienze vissute a partire dal proprio corpo, che stanno alla base anche dello sviluppo cognitivo. Sulla base di tutte le esperienze sensopercettive esperite, il bambino sviluppa e arricchisce il linguaggio, nelle sue componenti verbali e non verbali. In particolare, il linguaggio verbale diventa lo strumento di comunicazione principale e viene usato soprattutto a scopo narrativo durante le esperienze ludiche: al bambino piace raccontare le azioni vissute e a volte anticipare quelle future, inventando storie nuove. Il bambino diventa però anche sempre più efficiente nel comunicare con gli altri, modulando il modo di esprimersi in relazione al tipo di interlocutore e questo gli permette di imparare a vivere il sentimento empatico, comunicando la propria vita interiore, esprimendo le prime emozioni complesse e cercando di comprendere gli stati mentali altrui.
Anche per quanto riguarda il sistema esecutivo il bambino ottiene numerose conquiste, direttamente implicate anche nello sviluppo di competenze sociali e comportamentali (Stievano, et al., 2006). Essendo le funzioni esecutive argomento centrale del presente lavoro di tesi, il loro sviluppo evolutivo verrà spiegato in maniera approfondita nel paragrafo successivo.
Tutte le acquisizioni motorie, cognitive ed affettive favoriscono un crescente senso di controllo e padronanza e una maggiore capacità di autoregolazione che conducono il bambino a forme nuove e più ricche di interazione con gli altri, alla cooperazione e alla condivisione di regole e significati sociali, fino alle prime preferenze sociali e ai primi legami di amicizia (Barone, 2012) (Borgogno, 1988).
La conquista più importante nella fascia d’età prescolare è sicuramente l’accesso al simbolo e alla capacità rappresentativa simbolica, grazie alla quale viene acquisito un sempre più ricco patrimonio di concetti, simboli, regole, schemi mentali, con sempre maggior prevalenza della funzione sperimentata al solo livello simbolico, manifestata attraverso il linguaggio, l’imitazione differita, l’attività prassica e soprattutto attraverso il gioco simbolico.
Il gioco è l’attività prevalente del bambino in età prescolare, alla quale dedica la maggior parte del tempo a sua disposizione durante le ore di veglia, ma anche importante strumento per l’apprendimento ed esperienza fondamentale, dalla quale nascono abilità adattive dei comportamenti, come la capacità di mantenere l’attenzione su una attività e la pianificazione della sequenza di azioni, fondamentali anche per la costruzione del sé (Barone, 2009).
Lo sviluppo delle funzioni esecutive in età prescolare
Le funzioni esecutive sono set di processi psicologici necessari per mettere in atto comportamenti adattivi, che consentono all’individuo di coordinare le attività necessarie al raggiungimento di un obiettivo: formulare intenzioni, sviluppare piani d’azione, implementare strategie per la messa in atto di tali piani, monitorare la performance e valutarne gli esiti (Poletti, 2009). Le funzioni esecutive nel bambino, iniziano a svilupparsi parzialmente con l’accesso alla simbolizzazione, ovvero durante il periodo pre-scolare e possono essere convenzionalmente distinte in due sottogruppi, ovvero le funzioni esecutive cognitive (“cool”) ed emotive (“hot”), di cui parleremo approfonditamente nel quarto capitolo dell’elaborato.
Le funzioni “cool” riguardano la sfera cognitiva, hanno una lunga maturazione nell’infanzia e riguardano la capacità di risoluzione di un problema, che permette di raggiungere un obiettivo desiderato. Lo sviluppo di queste funzioni nel bambino determina un crescente livello di controllo della risposta, conseguente a una maggiore capacità da parte di sua di rappresentare il problema. Zelazo & Muller, 2002, descrivono lo sviluppo delle funzioni “cool” come un aumento di complessità del sistema di regole che il bambino è in grado di costruire, per regolare il proprio comportamento, all’interno del quale si delinea la possibilità di scelta dovuta alla presenza e attivazione delle funzioni cosiddette “hot”. Le funzioni “hot” riguardano maggiormente la sfera emotiva e permettono una rapida elaborazione affettiva e automatica delle informazioni da analizzare.
Secondo Welsh, et al., 1991, le funzioni esecutive evolvono in tre fasi sequenziali ed il loro sviluppo non può considerarsi comunque completo prima della pubertà.
Durante il primo stadio, che termina intorno ai 6 anni, i bambini raggiungono livelli di prestazione simili a quelli degli adulti solo nei compiti di ricerca visiva e di pianificazione semplice; nel secondo stadio, che va fino agli undici anni, si sviluppano le abilità di pianificazione più complesse, mentre nel terzo stadio, a partire dalla pubertà, si sviluppano le capacità di verifica delle ipotesi e di controllo della perseverazione e dell’impulsività.
Nel periodo pre-scolare le funzioni mnestiche e procedurali sono svolte in forma verbale, in modo esteriorizzato. Durante la scuola elementare il discorso autodiretto si interiorizza e si sviluppano quelle competenze metacognitive che permettono al bambino l’automonitoraggio e l’autoregolazione dei propri processi attentivi e delle proprie motivazioni. Tutto ciò permette quindi, nel corso della crescita, di tenere sotto controllo il proprio agire per intervalli di tempo sempre più lunghi e di pianificare i propri comportamenti, in modo da raggiungere lo scopo prefissato (Barkley, 1997).
Nei primi tre anni di vita il bambino è in grado di formare sequenze semplici di eventi e di rilevare il carattere predittivo di alcune relazioni tra di essi, tuttavia risulta assente la capacità di controllo e modulazione volontaria emozionale; tale capacità va ad aumentare considerevolmente invece proprio durante l’età prescolare (Stievano, et al., 2006).
L’abilità di controllo emozionale permette di usufruire dello scaffolding ambientale, ai fini del successo nei compiti di problem solving e di integrare contemporaneamente la propria capacità di simbolizzazione con il linguaggio interno: verso i quattro-cinque anni infatti i bambini che sono in grado di attivare comportamenti di inibizione in situazioni che lo richiedono, sono anche abili nella comprensione dei propri e degli altrui sentimenti, come guida all’azione (Stievano, et al., 2006).
Entrambi questi due livelli, cognitivo ed emozionale, nel senso della autoregolazione come della motivazione, concorrono a definire l’efficienza delle abilità esecutive di un bambino. In questa fase di sviluppo per esempio si assiste ad uno sviluppo complessivo del soggetto che si manifesta attraverso l’incremento della memoria di lavoro, del controllo inibitorio, delle abilità di pianificazione ma anche dei comportamenti sociali che si fondano su questi tratti (Valeri & Stievano, 2007).
Le funzioni esecutive pertanto riguardano processi di alto livello e comprendono diverse abilità necessarie per mettere in atto comportamenti adattivi e orientati verso gli obiettivi, ne consegue che un eventuale disturbo precoce o disarmonia evolutiva a livello di un singolo processo possa andare ad influenzare l’intera linea evolutiva del bambino, con importanti ripercussioni sul processo di adattamento all’ambiente.
Al contrario, trattandosi di abilità potenziabili e migliorabili, un lavoro specifico di potenziamento dell’intero sistema esecutivo, può fungere da supporto preventivo nei confronti di eventuali disturbi del neurosviluppo, quali disordini “neuroevolutivi”, che hanno origine nel corso dell’infanzia e che sono caratterizzati proprio da una pervasività e globalità, tali da alterare l’intero profilo di sviluppo e che richiedono una diagnosi e una presa in carico precoce e globale, per limitare le interferenze sulla maturazione psicologica e comportamentale del bambino.
In questo modello di presa in carico si va ad inserire proprio il modello della neuro e psicomotricità e la figura del Tnpee, che interviene in maniera specifica, sia a livello di terapia che di prevenzione, attraverso proposte rivolte a provare a modificare il corso evolutivo del disturbo, per permettere la partecipazione del soggetto al suo proprio contesto, migliorandone quindi la prognosi in senso adattivo (D.M. 17 gennaio 1997, n.56).
Il Tnpee in questa prospettiva si viene a configurare infatti come l’esperto dello sviluppo del bambino per eccellenza, che conosce i disturbi neuroevolutivi e i relativi segnali precoci, sui quali va ad intervenire, per sviluppare fattori di protezione primari o secondari, attraverso esperienze significative peculiari per ogni fase evolutiva, per ogni disturbo, ma anche per ogni bambino (D.M. 17 gennaio 1997, n.56).
Fare prevenzione in neuro e psicomotricità
La prevenzione viene definita generalmente come un insieme di interventi volti a favorire e mantenere lo stato di benessere ed evitare l'insorgere di malattie, a livello di singolo individuo, di collettività e di ambiente (Marinelli, 2002).
Anche per il Terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva, prevenire significa individuare i bisogni di un singolo soggetto, sia in condizioni di salute, sia in condizioni di disabilità, per promuovere una serie di azioni necessarie al mantenimento del suo stato di benessere. Quello che ne definisce la metodologia propria è lo specifico riferimento alle prime età della vita, quando le funzioni non risultano ancora acquisite e sull’emergenza delle abilità giocano un ruolo significativo tutte le esperienze in grado di garantire l’attività e la partecipazione del soggetto, incluse le caratteristiche proprie dell’ambiente, quale promotore di crescita.
La prevenzione si configura in duplice prospettiva:
- “prevenire” sviluppi atipici quando il soggetto non presenta ancora una condizione di disabilità; si tratta in questo caso di prevenzione primaria e richiede al professionista una conoscenza approfondita delle tappe di sviluppo, per poter individuare tutte quelle situazioni potenzialmente a rischio di sviluppo atipico (attività di screening e di follow up), ma anche conoscenza approfondita dei fattori in grado di proteggere il soggetto nei confronti del disturbo, attraverso proposte specifiche mirate, che garantiscono lo sviluppo di competenze (es. laboratori) e di prevenzione secondaria, qualora siano già state individuate situazioni di rischio, sia biologico che sociale.
- “prevenire” processi di esclusione del soggetto con disabilità, favorendo la generalizzazione delle competenze apprese nel setting terapeutico agli abituali contesti di vita. Si tratta di individuare e rimuovere i fattori responsabili di eventuali limitazioni nelle attività e/o possibili restrizioni della partecipazione alla vita sociale (danni secondari).
Questo progetto di tesi si inserisce, in particolare, nel modello della prevenzione primaria e presenta una esperienza, progettata e realizzata per l’età prescolare, in forma di un percorso di acquaticità, specifico per sviluppare competenze di controllo inibitorio, considerate fattori protettivi primari nei confronti dei disturbi della regolazione e che si avvale della metodologia neuro e psicomotoria sia nella realizzazione delle attività che del setting peculiare.
Avendo partecipato al progetto sperimentale anche alcuni bambini con disarmonie già evidenziate del neurosviluppo, nel capitolo delle discussioni dei risultati, verranno poste alcune riflessioni anche relative alla prevenzione secondaria.