ADHD - Disturbo da Deficit di Attenzione / Iperattività (DDAI, nella letteratura italiana)
Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività (DDAI, nella letteratura italiana), conosciuto anche con l'acronimo inglese ADHD (attention deficit hyperactivity disorder), è un disturbo del neurosviluppo caratterizzato da problematiche nel mantenere l'attenzione, nell'eccessiva attività e/o nella difficoltà di controllare il proprio comportamento (impulsività) non adeguato all'età della persona.
L’ADHD, è una sindrome neurobiologica, analizzata in particolare da Samuele Cortese, attualmente uno dei massimi esperti mondiali che studiano l'ADHD, attraverso ricerche condotte negli Stati Uniti e in Francia; presso l'Università di Cambridge lo studioso approfondisce questa patologia dal punto di vista del neuroimaging, l'utilizzo di tecnologie di neuroimmagine in grado di misurare il metabolismo cerebrale, al fine di analizzare e studiare la relazione tra l'attività di determinate aree cerebrali e specifiche funzioni cerebrali. Quindi è un disordine eterogeneo e una patologia che richiede un approccio multimodale, sia terapeutico che per l’inquadramento. I sintomi appaiono prima dei 12 anni di età, durano almeno 6 mesi e causano problemi in almeno due contesti (ad esempio a casa o a scuola).
Sulla base dei criteri del manuale diagnostico DSM-5 si possono distinguere tre manifestazioni di ADHD:
- ADHD con disattenzione predominante,
- ADHD con iperattività/impulsività predominanti
- ADHD combinato.
L'ADHD può quindi presentarsi in tre forme distinte che spesso hanno caratteristiche anche molto diverse tra loro .
PREVALENZA
La prevalenza del DDAI in bambini in età scolare è stimata dal 3% al 6 %. La sindrome è più frequente nel sesso maschile, con un rapporto maschi/femmine valutato 5/1 fino a 10/1.
ESORDIO E DECORSO DELL’ADHD
L’ADHD esordisce nell’infanzia, ma non vi è alcuna specificazione di un’età di esordio. È frequentemente identificato nel corso degli anni della scuola elementare, dove anche la disattenzione risulta maggiormente invalidante. Il quadro sintomatologico risulta più stabile nella prima adolescenza, in alcuni casi, però, può presentarsi un peggioramento, con la comparsa di comportamenti antisociali.
In età pre-scolare si evidenzia in modo preminente l’iperattività, mentre nella fascia d'età della scuola elementare emerge maggiormente la disattenzione. Nella fase adolescenziale si presentano con minor frequenza i segnali di iperattività, in prevalenza caratterizzati solo da agitazione, una sensazione più intima di nervosismo, irrequietezza o impazienza. In età adulta l'impulsività, unitamente alla disattenzione ed all’irrequietezza, può permanere su livelli problematici, pur essendo diminuita l’iperattività.
EZIOLOGIA
Nell’eziologia dell’ADHD vanno inoltre considerate le variabili di natura biologica che occorrono in epoca pre-natale, peri-natale e post-natale che possono implicare danni cerebrali o particolari difficoltà legate al decorso della gravidanza, al parto o che possono presentarsi nella prima infanzia.
Pre-natale: anomalie cerebrali, anemia materna, gestosi, consumi di alcool e cocaina, fumo e tabacco. Piombo, pesticidi nella dieta, mancanza di iodio, esposizione ad infezioni virali.
Peri-natale: parto prematuro, presentazione posizione podalica, encefalopatia ipossico-ischemica, emorragia cerebrale, meningite ed encefalite. Inoltre la presentazione podalica è molto più frequente in un danno motorio.
Post-natale: l’eziologia post-natale, presenta frequenti attacchi di otite media, perché una delle complicanze dell’otite media è la mastoidite, la mastoide è molto vicina alle meningi e quindi potrebbe essere l’effetto finale di una meningite; l’ipoglicemia, gli antiasmatici, gli antiepilettici, il saccarosio, gli additivi, gli omega3, la mancanza di ferro.
Le cause del disturbo da deficit di attenzione con iperattività sono sconosciute.
Tra il 1902 al 1921, The Lancet e JAMA (Journal of American Medical Association), riviste scientifiche fondamentali per la ricerca medicale, iniziano a pubblicare articoli relativi ad una sindrome comportamentale dell'età infantile molto simile all’ADHD: in questi articoli viene individuata come possibile causa, un danno al tronco encefalico legato all’effetto di un’encefalite letargica. La causa viene ipotizzata come effetto finale della pandemia influenzale del 1918, da cui viene coniato il termine ‘DRIVENESS ORGANIC’ cioè "agitazione organica", facendo riferimento ad un danno al tronco cerebrale, poichè un tale comportamento risultava anomalo. Termini alternativi sono stati prodotti molti negli ultimi 40 anni:
- "sindrome ipercinetica" che è quella più comune.
- "bambino cerebroleso"
- "disfunzione cerebrale "
- "bambino portatore di handicap percettivo"
In realtà nessuno di questi termini descrive in modo soddisfacente tutte le possibili casistiche di questo comportamento, perché se la sigla ADHD letteralmente definisce l'iperattività, una percentuale di bambini che sono ipocinetici dal punto di vista della motricità. Quindi la diagnosi del disturbo psico-comportamentale in comorbilità presenta una molteplicità di fattori tale da renderla molto difficile.
La ricerca ha evidenziato, inoltre, l’importante ruolo dei fattori genetici sullo sviluppo dell’ADHD (Zametkin, 1989). La trasmissione genetica incide sui livelli di attività motoria, per cui si ipotizza una base ereditaria per il disturbo. E’ stato dimostrato come il peso dei fattori genetici sullo sviluppo del disturbo sia maggiore in presenza di sintomi di maggior gravità (Biederman et al., 1995).
Sono state riscontrate differenti caratteristiche neurobiologiche in presenza del disturbo di ADHD che si traducono in un deficit nel comportamento inibitorio, nella regolazione emotiva, nel mantenimento dei livelli di attenzione e nei processi di pianificazione ed esecuzione delle risposte motorie. (Barkley, 1997).
EVOLUZIONE DEL MANUALE DIAGNOSTICO: DSM, DSM3, DSM3 REVISED , DSM4-TR,DSM5
La prima descrizione risale al 1966, quando il DSM descrisse la sindrome, riportando le prove nel 1968 nella prima edizione. Nel 1980 il DSM3 si affermava che esistono due sottotipi, uno con l’iperattività e uno senza l’iperattività, facendo riferimento all’ipocinesia. Nel 1987, nella versione revised si parla di ADHD per la prima volta. Nel 1994 parlano di tre sottotipi: il disattento, l’iperattivo-impulsivo e il combinato.
Riguardo il sottotipo disattento, le ricerche affermano che esistono pochi bambini solo disattenti, ma spesso il bambino disattento va in comorbilità con tratti minimi d'iperattività. I loro deficit principali riguardano la memoria e la velocità d'analisi delle informazioni in entrata. Manifestano minori problemi di aggressività e d'impulsività rispetto ai coetanei DDAI in generale e al sottotipo iperattivo-impulsivo, per questo hanno minori difficoltà relazionali.
Riguardo il sottotipo iperattivo-impulsivo, questi bambini presentano come principale difficoltà non tanto nel prestare attenzione, ma piuttosto nella loro estrema vivacità e impulsività. Sono bambini descritti da genitori e insegnanti come irrequieti, perennemente in movimento. Giocano in modo rumoroso, parlano eccessivamente e con un'intensità di voce piuttosto alta, molto spesso non riescono a controllare i propri comportamenti, gli impulsi e le emozioni; infatti, attraverso meccanismi di ponderazione e discernimento, tendono a diminuire tali comportamenti con l'età e si manifestano con una frequenza maggiore nei maschi rispetto alle femmine.
Infine il sottotipo combinato, prevede bambini che manifestano sia comportamenti di disattenzione che di iperattività, che impulsività. Per questo, codesti bambini hanno problemi di perseveranza nello svolgimento dei compiti e di inibizione dei dati irrilevanti, oltre che di inadeguata elaborazione delle informazioni contenute nella memoria di lavoro.
Il passaggio dal DSM4-TR al DSM5, prevede un aumento de "la forchetta temporale" in cui poter fare la diagnosi: prima la diagnosi doveva essere definita entro i 7 anni come esordio, adesso entro i 12 anni. Ciò comporta che la diagnosi può coinvolgere anche un adulto in questa determinata patologia, anche un 20enne, se non addirittura un 30enne. Infatti il metodo del DSM5 ha potuto allargare molto la prospettiva e quindi non bloccare la patologia solo all’età evolutiva, infatti si prevede che il disturbo si evolva insieme al soggetto, tanto che è possibile diagnosticarlo da bambino e da adulto. Il DSM4-TR parla di sottotipi e il DSM5 di manifestazioni. Tre tipi di gravità, che prima non venivano considerati, perché il DSM5 ha un’ottica evidence based, cioè identifica la patologia dal punto di vista della terapia. Inoltre prevede anche uno sbocco maggiore, in quanto è prevista la remissione parziale o anche la guarigione, che prima non erano previste.
Disturbo da deficit di attenzione/iperattività
ICI-10 Specificare quale:
314.01 (F90.2) Manifestazione combinata
- (F90.0) Manifestazione con disattenzione predominante
- (F90.1) Manifestazione con iperattività/impulsività predominanti
Specificare se: In remissione parziale
Specificare la gravità attuale: Lieve; Moderata; Grave
314.01 F90.8) Disturbo da deficit di attenzione/iperattività con altra specificazione
314.01 (F90.9) Disturbo da deficit di attenzione/iperattività senza specificazione
Si mettono in evidenza 5 criteri, fondamentalmente simili tra loro, basati sull’evidenza scientifica:
- CRITERIO A: inattenzione, iperattività, impulsività.
- CRITERIO B: età insorgenza.
- CRITERIO C: pervasività.
- CRITERIO D: impatto.
- CRITERIO E: comorbilità.
CRITERIO A
A1: Inattenzione. Essere inattento significa non portare a termine azioni intraprese e avere scarsa cura nei dettagli. Il soggetto inattento, ad esempio cambia di continuo canale, fa zapping di continuo, introduce un videogame nella console, gioca per qualche minuto e repentinamente lo cambia, infatti anche un comportamento così è sintomo di inattenzione e impulsività. Nella forma più tipica, il soggetto è costantemente distratto, tanto da dimenticare attività importanti, perdere di frequente oggetti significativi (le chiavi di casa, dimenticare a scuola il diario, la cartella, scendere non completamente vestito). Secondo i criteri del DSM5, nell’inattenzione devono essere presenti almeno 6 o più sintomi, tra questi 9 sintomi descritti successivamente:
- Non riesce a prestare attenzione ai particolari o commette errori di distrazione a scuola, a lavoro o in altre attività (ad esempio, un bambino di 9 anni che incolonna male i numeri, li scrive bene però li incolonna male, quindi presta poca attenzione ai particolari, oppure disegna con pochi particolari e con contorni mal definiti).
- Difficoltà nel mantenere attenzione nei compiti e nelle attività ludiche.
- Non sembra ascoltare quando gli si parla direttamente.
- Non segue le istruzioni e non riesce a finire il lavoro scolastico, le incombenze o i doveri sul posto di lavoro.
- Non riesce ad organizzare i compiti e le attività. (Soprattutto i compiti sequenziali, oppure mantenere in ordine materiale e oggetti, un armadietto, una stanza, un quaderno, fogli sparpagliati sulla scrivania).
- Riluttanza per i compiti che richiedono attenzione sostenuta.
- Perdere oggetti necessari per compiti e attività.
- Facilmente distratto da qualunque stimolo con pensieri incongrui in età adolescenziale e adulta. (per esempio la luce che filtra, oppure fare dei pensieri intrusivi, estranei a quello che si sta facendo)
- l'iperattività e impulsività (accomunati spesso associati nelle diagnosi):
- Agita e batte le mani o i piedi e si dimena sulla sedia in modo evidente e inusuale;
- Abbandona il proprio posto in situazioni in cui si dovrebbe rimanere seduti; naturalmente questo indice non è utile per un bambino di tre anni che ha cominciato il processo di scolarizzazione da poco, quindi deve ancora imparare a stare seduto;
- Scorrazza e salta in situazioni inopportune;
- Risulta incapace di giocare e svolgere le attività ricreative tranquillamente, quindi anche con un gioco come Tangram, Forza quattro, Uno, ogni gioco lo annoia e non riesce a condurre un comportamento costante;
- "Spara" la risposta prima che la domanda sia ultimata;
- Difficoltà nell’attendere il proprio turno;
- Interrompe gli altri oppure è invadente, invadente anche proprio dal punto di vista dello spazio vitale, della prossemica, perché tutti quanti noi abbiamo una distanza a cui poniamo l’altro, invece questi si pone nello spazio vitale altrui in modo evidente, per questo rende difficile i rapporti di socializzazione.
A2: L’impulsività. Il comportamento di colui che non riesce ad organizzare azioni complesse, perché è troppo frettoloso nella risposta, quindi non riuscire a procrastinare la risposta. In realtà esiste un comportamento impulsivo nell'età infantile con sviluppo tipico; infatti un bambino piccolo, un neonato che piange e ha fame, sente che il suo bisogno biologico sia immediatamente soddisfatto, solo crescendo il bambino riesce a temporeggiare, perché ascolta la mamma che dice -Aspetta, ti preparo il latte-. Si può prendere in considerazione anche un bambino di età più avanzata, che vive vari contesti sociali e può avere difficoltà nell'adattare il proprio comportamento adeguandolo al contesto, tanto da esprimersi con una espressione infelice o irruenta.
A3: L’iperattività. Questo comportamento fa riferimento direttamente all’iperattività di tipo motorio. Spesso si associa all’impulsività, perché un soggetto impulsivo non riesce a frenarsi, quindi ha una mancanza parziale di controllo inibitorio. L’iperattività è proprio l’assenza del controllo inibitorio motorio, preposto nella zona dei lobi frontali a livello cerebrale, per questo l’iperattività come sintomo tende a scemare fisiologicamente quando il soggetto cresce. Per questo motivo per un bambino di 3-4 anni non può essere diagnosticata l'iperattività, poiché i bambini sono vivaci naturalmente. Per i bambini più grandicelli si prendono in considerazione vari fattori e i contesti sociali e ambientali, come la scuola. L’iperattivo viene descritto come mosso da un "motorino", detto anche driveness organic, egli non rispetta le regole, i tempi e gli spazi dei coetanei e ha difficoltà a stare seduti; oppure se l'iperattivo sta parlando con un interlocutore, lo tocca di continuo, oppure vuole superare mentre guida, anche se non è necessario.
CRITERIO B
Età di insorgenza entro 12 anni in cui devono comparire i sintomi di disattenzione iperattività-impulsività.
CRITERIO C
Il criterio C è la pervasività cioè deve essere presente a scuola, casa, lavoro, amici, parenti, in tutti i contesti, adeguati alla sua età, quindi per formulare una diagnosi definitiva sarebbe opportuno verificare i vari contesti in cui egli vive.
CRITERIO D
Il criterio D è l'impatto dettato da sintomi che interferiscono o riducono la qualità del funzionamento sociale, scolastico o lavorativo.
CRITERIO E
Il criterio E è la comorbilità. I sintomi non si presentano esclusivamente durante il decorso della schizofrenia o di un altro disturbo psicotico (per es. disturbo dell’umore, disturbo d’ansia, disturbo dissociativo, disturbo di personalità, intossicazione o astinenza da sostanze) la sindrome di Tourette che sono la prova di un’iperattività di una dopaminergica.
L'ADHD COME SINDROME NEUROBIOLOGICA
L'ADHD può essere considerata come una sindrome neurobiologia poichè esistono delle prove neurobiologiche.
- Riduzione del metabolismo del glucosio nei lobi frontali: I soft signs neurologici con ipersistenza motoria legato all’incapacità di mantenere posture, movimenti che sono legati all’impulsività, sono indicativi di una disfunzione della corteccia frontale destra, perché quando la corteccia frontale destra funziona male, si hanno pensieri di stampo depressivo, si ha l’iperattività, si ha l’insonnia. L’iperattività potrebbe anche essere legata alle lesioni cerebrali frontali e delle connessioni comunicative dei gangli della base con la corteccia striata, la cosa importante è che i gangli della base danno anche una connotazione emotiva ai nostri movimenti. Prendendo in considerazione la teoria sinattiva, che prevede 5 sottoinsiemi:
- Sistema neurovegetativo: osservabile con la frequenza respiratoria, la termoregolazione, le funzioni viscerali.
- Sistema motorio: si valuta con la postura, la qualità e variabilità del movimento in tutto il corpo e tutte le strategie di autoregolazione.
- Sistema degli stati comportamentali: si osserva la qualità degli stati di coscienza, dallo stato di sonno, di veglia e di agitazione, dalla modalità di transizione da uno stato all’altro e dalla presenza e durata dei singoli stati.
- Sistema di attenzione-interazione: si valuta la capacità del bambino di mantenere uno stato di veglia attenta, di allerta, osservabile attraverso la capacità di relazione con l’ambiente e l’adulto allevante.
- Sistema di autoregolazione: si valuta attraverso le strategie che l’organismo usa per trovare un equilibrio stabile e l’organizzazione dell’interazione tra i sottosistemi.
Nel primo livello quello di tipo neurovegetativo e successivamente nel livello motorio, si organizzano le funzioni superiori, quelle della cognizione stessa. Anche grazie alla presenza dei gangli basali, il movimento umano è controllato anche emotivamente. La corteccia striata è appunto quella preposta al controllo del movimento. La corteccia prefrontale destra, sicuramente è implicata nell’inibizione delle risposte e i gangli basali comportano il controllo motorio e l’esecuzione delle risposte comportamentali.
L’esperibilità ed impulsività sono la prova diretta che tali comportamenti sono prodotti da un deficit di inibizione della risposta.
Le disfunzioni cognitive fanno riferimento specialmente al FIL, nell’ADHD e sono prodotti da lesioni ai lobi temporali.
EPIDEMIOLOGIA
L'epidemiologia di questa patologia si aggira intorno al 5,3% in età pediatrica e il 3,4% in età adulta.
Si è infatti osservato che in una scuola dove sono presenti 300 bambini, almeno 6 ha questo tipo di diagnosi; inoltre è più frequente nei maschi rispetto alle femmine. Questo dato potrebbe essere sottostimato, secondo certe stime epidemiologiche, per cui si arriva addirittura al 20% nella fascia tra 5-12 anni. È presente ed è riconosciuta in tutto il mondo, infatti le stime epidemiologiche non confinano questa patologia soltanto come effetto della vita frenetica occidentale, ma esistono anche in altre nazioni, lontane dalla cultura occidentale.
Lo studio più autorevole di tutti è quello che è stato fatto su 8000 bambini, nella contea del Tennessee a Nashville, però il problema è stato che gli operatori erano 400 insegnanti e non personale sanitario. Questi avevano identificato questo tipo di disturbo utilizzando le scale della SNAP-4 oppure le scale di CONNERS. Rimane comunque lo studio più autorevole dal punto di vista epidemiologico e addirittura attesta il sottotipo disattento nel 5% dei casi, il combinato nel 3,5% dei casi e l’iperattivo-impulsivo nel 2,5% dei casi.
LE ANOMALIE CEREBRALI PRESENTI NELLA RISONANZA MAGNETICA DELL’ADHD
Attraverso la risonanza magnetica cerebrale, si evidenzia la perdita del 25% del volume dell’ippocampo, con tutto ciò che consegue la perdita del pieno utilizzo dell'ippocampo.
In situazioni di ADHD si riscontrano spesso cisti aracnoidi temporali, che sono tecnicamente delle anomalie cerebrali, quindi di tipo tumorale, ma questa cisti aracnoidea è di natura assolutamente benigna. Il 99% dei casi non è pericolosa, perché è semplicemente una variazione, un’alterazione dello sviluppo.
Vi sono anche anomalie del corpo calloso, durante il quale si unisce l’emisfero destro con quello sinistro, che comporta una riduzione del volume della corteccia pre-frontale destra, dei gangli della base, ipoplasia del verme cerebellare e riduzione del volume cerebrale, spesso in comorbilità con altre patologie. Quindi ci sarebbe una disfunzione del circuito cerebello-talamo-prefrontale, la cosa interessante è che l’anomalia di sviluppo dell’emisfero destro, comunque la mancanza di controllo, sarebbe un dato che correla direttamente con l’effetto del metilfenidato, che agirebbe stimolando, svegliando la funzione di controllo dell’emisfero destro e quindi viene ridotta l’iperattività e l’impulsività. Quindi i non-responders avrebbero una simmetria caudato invertita, cioè la porzione destra del caudato è più grande rispetto a quello del sinistro.
LE EVIDENZE EEG NELLA ADHD
Anomalie elettroencefalografiche e epilettiformi in quasi la metà dei casi, il termine epilettiformi si intende avere delle anomalie specifiche, le punte, le punte onda o le poli-punte o avere anomalie epilettiformi.
Quando invece si implementa l’analisi spettrale, secondo Fourier, c’è un aumento delle frequenze lente su quelle rapide. E’ una prevalenza delle frequenze lente rispetto a quelle rapide del theta sul beta.
GENETICA
Il disordine del neurosviluppo si evince statisticamente una familiarità nei soggetti maschi, piuttosto che nelle femmine. C’è un rischio maggiore nei parenti di primo grado (genitori, fratelli e figli). Gemelli monozigoti hanno una concordanza per il 79%, rispetto al 32% degli zigoti. Le anomalie cromosomiche delle patologie note per accompagnarsi ad altro tipo di alterazioni o di turbe cognitive, tipo l’X-fragile. In precedenza non si diagnosticava l’ADHD nell’X-fragile, perché il DSM4 imponeva come diagnosi differenziale, fondamentale, la presenza del ritardo mentale, attualmente ne DSM-V si può fare la diagnosi di ADHD in un soggetto con l’X-fragile. La sindrome velo-cardio-facciale, la sindrome di Prader-Willi, la sindrome di Turner, la neurofibromatosi di tipo 1, sono le anomalie cromosomiche genetiche che più frequentemente possono associare con questo tipo di diagnosi.
La dopamina è il gene che controlla questo tipo di circuito ed il DAT1, recettore della dopamina e tutti i geni trasportatori della dopamina possono essere messi in relazioni alle seguenti alterazioni:
- Deficit di dopamina correlato allo stress fetale perinatale.
- Nascita pretermine che contribuisce una maggiore disponibilità dei recettori della dopamina e la carenza di dopamina è il successivo sviluppo di ADHD. In quest’ottica la nascita pretermine sarebbe un fattore di rischio.
FATTORI AMBIENTALI
Questa è una delle poche patologie in cui i fattori ambientali sembrano pesare molto di più rispetto a quelli genetici. Di tutti i fattori pubblicati, l’esposizione alla nicotina a causa dell'azione del fumo della madre, è quello che ha attirato di più l’attenzione in letteratura perché provoca una situazione di ipossiemia. Però ci sono anche altre condizioni, tipo:
- Famiglie sovraffollate. Classi e ambienti sovraffollati, che tendono ad aumentare la disattenzione e l’iperattività.
- Genitori con malattie psichiatriche. Importante il ruolo del genitore, in quello che è l’assetto comportamentale, temperamentale e neuro-trasmettitoriale del genitore stesso. Alcolismo, uso di droghe, depressione, difficoltà di apprendimento e la stessa ADHD, sono più comuni tra i genitori dei bambini con ADHD, rispetto ai coetanei dello stesso ambiente sociale.
- Ipoglicemia. E’ tra i fattori di rischio, tra i fattori eziologici. Perché ipoglicemia neonatale, causa convulsioni e causa danni cerebrali, perché il cervello per funzionare ha bisogno di ossigeno e di glucosio. L’ipoglicemia neonatale, può provocare instabilità cognitiva, difficoltà di apprendimento e anche la stessa ADHD. L’ipoglicemia può essere transitoria. L’ipoglicemia transitoria, si verifica nei neonati che nascono con una carenza di ossigeno, in tutte quelle condizioni di stress neonatale e anche nei figli di madre diabetica. Se l’ipoglicemia è stata dichiarata come fattore possibile di rischio, si verifica la prevalenza di questo tipo di diagnosi in chi è soggetto costantemente ad ipoglicemia, cioè un diabetico.
Se la diagnosi viene fatta dopo i 5 anni, quindi esordisce la sintomatologia dopo i 5 anni, non ci sono effetti sulla funzione cognitiva, quindi praticamente la funzione cognitiva e neuro-psicologica, controllano sull’iperattività e sull’attenzione.
Se invece la diagnosi, l’esordio avviene prima dei 5 anni, si può complicare con ipoglicemia molto gravi ed accompagnarsi ad una disfunzione cognitiva di tipo lieve, non al ritardo mentale.
Esiste una ipoglicemia reattiva transitoria, una dieta ad alto contenuto di zucchero, che è associata a sindromi comportamentali tipo ADHD, che può rendere meno sopportabile i suoi sintomi, diventando un bambino con evidenti comportamenti iperattivi e inoltre, tramite il carico di saccarosio, si vedranno le acutizzazioni e le scariche epilettiformi nell’elettroencefalogramma .Ciò è possibile perché l’alimento andrà in tutto il corpo, cervello compreso, per cui se sono presenti anomalie epilettiformi, la trasmissione dell’impulso non è efficace ed improvvisamente aumenta.
- Gli additivi alimentari. Gli additivi alimentari sono ovunque, infatti molti anni nacque la teoria della dieta Feingold, una dieta senza additivi e quindi gli alimenti da evitare erano: le mele, le carni, le salsicce, gli hot dog, le gomme, le caramelle, miscele di torta, la margarina, il gelato, bevande aromatizzate fredde, soda e farmaci contenenti aspirina, tutto quanto non doveva essere ingerito. I genitori credevano che i loro figli fossero reattivi agli alimenti contenenti colorante artificiale e non conservanti. Allora la diagnosi non coinvolge ovviamente i sintomi sociali e comportamentali, ma ad agire su quello che possono essere le alterazioni legate ad un certo tipo di sintomatologia.
- Food allergy. Cioccolato, latte vaccino, uova, agrumi, grano, noci e formaggio, innescano comportamenti iperattivi in pazienti sensibili, sono tutti cibi che liberano istamina, quindi il soggetto diventa iperattivo, emicranico, celiaco.
- Carenza di ferro. Poiché un aumento di ferro può produrre una proteina che si chiama epcidina, che è un cofattore nella sintesi della dopamina, dando maggior supporto all'ipotesi dopaminergica. Questa condizione è largamente sperimentata, perché si verifica la carenza di ferro nell’ADHD, con la ferritina sotto i 30 ng (nanogrammi) che in condizioni ottimali deve raggiungere i 70-80 ng, per essere in assetto normale. In alcuni casi al di sotto degli 11 ng, quindi in stato di un’insufficienza, una carenza molto seria è presente nel 32% dei casi. In realtà i risultati sono contraddittori, perché se la ferritina è bassa, si può evidenziare l’anemia, procurando sofferenza in tutto l’organismo, e dopo aver fatto le integrazioni di ferro si ritorna a stare meglio, perché il livello è in equilibrio, pur conservando comportamenti iperattivi.
Carenza di zinco. Riguardo al ruolo dello zinco, ci sono delle nazioni, come Iran e Turchia, che sono delle zone endemiche di carenza di zinco, per cui i clinici di quella zona hanno correlato livelli bassi di zinco alla disattenzione, ma non la correlano all’impulsività. Lo zinco è un cofattore importantissimo per la memoria quindi si raccomanda un'integrazione di zinco quando si ingerisce il metilfenidato.
Carenza di iodio. Poiché l'iodio è alla base per la costruzione degli ormoni tiroidei. Gli ormoni tiroidei sono coloro che producono la differenziazione delle cellule, tra cui i neuroni nel neonato, ma soprattutto se il soggetto in esame è un feto e quindi se la mamma è in carenza di iodio, ci possono essere alterazioni cognitive del bambino
Esposizione al piombo. Il piombo è un metallo pesante. I metalli pesanti una volta entrati nel nostro corpo, non si possono espellere, perché l'uomo non ha gli strumenti per eliminare queste sostanze. I bambini esposti al piombo possono essere sia disattenti che iperattivi. Naturalmente ci riferiamo ad un'esposizione non professionale, ma ambientale, infatti i metalli pesanti sono una componente ineludibile nella composizione di certi oggetti (esempio il tetrapak, in cui sono conservati alcuni alimenti come i succhi di frutta o altro, presenta minuscole tracce di piombo, che si ingeriscono con il succo) e quando la concentrazione è superiore ai 10 microgrammi per decilitro di sangue può produrre un deficit cognitivo. Infatti il quoziente intellettivo è inversamente proporzionale alla concentrazione di piombo pre-natale e post-natale, per cui il dato è da tener presente nella definizione della diagnosi.
Cocaina. In un soggetto iperattivo, l'esposizione alla cocaina è un fatto prenatale, perché quando la madre assume cocaina nel corso della gestazione, si riscontra maggior incidenza di emorragia cerebrale, sonno agitato, comportamento agitato e tremori, ma il danno più grande sono gli alti livelli di noradrenalina e dopamina nelle urine, elevato cortisone e livelli bassi di insulina; significa che questi soggetti sono perennemente esposti a rischio di convulsioni e il loro assetto neuro-vegetativo è distrutto per sempre, infatti il cortisolo mantiene attivo l’organismo, in condizione di eccesso, si riscontra un comportamento iperattivo, sonno agitato e possibili convulsioni, viceversa bassi livelli di insulina riducono il glucosio nelle cellule, quindi se ne riduce la crescita delle cellule stesse e, quelle cerebrale, poco sviluppate, favoriscono fenomeni di convulsioni.
CONTESTO SOCIALE
Molto spesso bambini affetti da ADHD avranno: difficoltà relazionali, difficoltà scolastiche, bassa autostima e disturbi comportamentali.
Difficoltà relazionali: a causa dell’impulsività e dell’iperattività, i bambini non capiscono le regole, non le seguono, vogliono fare di testa loro, quindi magari sono all'origine della divisione del gruppo e quindi vengono emarginati dai coetanei. Sono scarse le amicizie durature, perché è immaturo per sostenere una relazione amicale o sentimentale, crea conflittualità con i parenti. Scarse amicizie durature, poichè chiaramente non mantiene il focus attentivo su quella persona; tendenza all’isolamento e preferenza di rapporti con bambini più piccoli e più instabili: questa è una costante per tutti i disturbi del neurosviluppo perché tali comportamenti producono emarginazione da parte del coetaneo.
Difficoltà scolastica: è una conseguenza evidente e si nota tra la seconda e la terza elementare. I soggetti realmente sofferenti di questa patologia sono veramente rari e solo il 5% è veritiero. Altre difficoltà scolastiche, le hanno soprattutto sullo stile cognitivo impulsivo che non va scemando con l’età, rimane sempre per tutta la vita, e quindi i soggetti tendono ad utilizzare le risorse cognitive in un altro modo. Spesso infatti la scuola non è un’esperienza gratificante, tale da sviluppare una bassa autostima, hanno molto spesso rimproveri costanti e continui, situazioni in cui provano rifiuto sociale sia dal corpo docenti che dai coetanei, insuccesso scolastico e sportivo, scarsa fiducia in se stessi. Si può raggiungere la percezione del sentimento d'abbandono, quando la sua maturazione neuropsicologica gli consente di capire il lutto, quindi vive il lutto come perdita dell’affetto, fino a sviluppare la personalità dell'abbandono cioè stare attaccati agli altri in modo morboso, inappropriato pur di essere accettato dagli altri. Spesso è coinvolto in atti di bullismo, che subisce pur di farsi accettare dal gruppo, ma che lo portano a provare solitudine, demoralizzazione e quindi un disturbo ansioso depressivo o disturbo comportamentale.
Il disturbo comportamentale può essere una singola manifestazione o sovrapporre le varie tipologie: crisi di collera, comportamento rancoroso, comportamento dispettoso più che vendicativo, frequenti litigi con gli adulti perché c’è uno scarso rispetto delle regole e quindi non identifica l’adulto con la regola sociale, aggressione a persone o animali, distruzione di proprietà, frodi e furti dovuti ad un dislocamento nell’aggressività. In età prescolare, abbiamo detto che la diagnosi viene fatta entro i 12 anni, a partire dall'età dei 7 anni, quindi tra i 7 e i 12 anni. Allora, in età prescolare c'è il massimo grado di iperattività, ma in questa fase tende a confondersi con quello che è assolutamente fisiologico, che iperattività non può essere considerata patologia, perché è l'età delle esplorazione, quando possono essere presenti diversi episodi di comportamenti aggressivi, crisi di rabbia, litigiosità, provocatorietà, assenza di paura e disturbi del sonno e sono spesso sintomi estremamente vaghi e vari. In età scolare, disattenzione, impulsività, difficoltà a relazionarsi, difficoltà didattiche, si può osservare una probabile riduzione dell’iperattività verso i 10-11 anni, con un comportamento che tende ad evitare compiti prolungati, oppure dimostra un comportamento oppositivo-provocatorio. In adolescenza maturano le vie corticali e allora è possibile che si osservi il 35% del superamento dei sintomi con le prestazioni scolastiche che rimangono inferiori ai controlli, ma tendono più o meno ad uniformarsi, 45% rimane esattamente tale e quale, anzi c’è una compromissione emotiva, vi è uno sviluppo della depressione e dell’ansia e il 20% arricchisce il disturbo comportamentale con un atteggiamento di adattamento sociale, tendendo quindi a non variare il proprio comportamento nel tempo.
In adolescenza:
- Il disturbo dell’attenzione è la prova della difficoltà scolastica e di organizzazione;
- Riduzione del comportamento iperattivo, ma ha una sensazione soggettiva di irrequietezza che è legata direttamente alla disfunzione dopaminergica;
- Instabilità scolastica, lavorativa e relazionale;
- Condotte pericolose;
- Disturbi depressivo-ansiosi.
In età adulta:
- Difficoltà nell’organizzazione del lavoro, perché organizzarsi richiede attenzione;
- Intolleranza alla vita sedentaria;
- Condotte rischiose;
- Rischio di marginalità sociale.
LA DIAGNOSI
La diagnosi non si fa sui questionari e sui test neuropsicologici, ma sull'osservazione del caso, si sospetta dal punto di vista clinico o si utilizza una valutazione neuropsicologica in modo adeguato, interpretando e analizzando la realtà clinica. Non esiste un test diagnostico decisivo per questo disturbo e i sintomi variano in base all'età e alle differenti situazioni e circostanze. La presenza di altri disturbi può mettere in ombra alcuni sintomi della ADHD e alcuni sintomi possono ricordare altre patologie. Possono cadere in depressione, divenire ansiosi o comportarsi in modo inaccettabile, se il disturbo non è diagnosticato o se viene trattato in modo inadeguato. Un corretto indirizzo alla terapia è facilitato dalla tempestività nel riconoscere i sintomi e come ridurre gli effetti. Oltre ad individuare il criterio diagnostico, per il bambino con ADHD è fondamentale capire la sua personalità, le relazioni con i familiari e con gli amici, i suoi punti di forza e di debolezza e le sue necessità educative e scolastiche. Ciò è importante per la pianificazione di un trattamento e di interventi adeguati. Bisogna effettuare una valutazione completa che comprenda una visione globale e attenta dei sintomi del bambino e della sua storia medica, psichiatrica, psicologica, educativa, personale e familiare. Inoltre bisogna redigere una valutazione generale delle situazioni sociali della famiglia facendo riferimento a:
- l'ambiente abilitativo (ad esempio si deve considerare se vive in una casa sovraffollata oppure in un appartamento, se vive in una zona dove ci sono parchi e quindi può giocare liberamente o se vive in una città in cui non può scendere di casa da solo),
- il lavoro dei genitori, la disoccupazione, l'organizzazione familiare, la cura al bambino,
- il sostegno sociale e il contatto con i diversi componenti della famiglia,
- l'interazione madre-bambino e l'interazione bambino con la società,
- la presenza o l'assenza di preoccupazioni economiche che portano a conflitti tra i genitori,
- qualsiasi difficoltà presente nella famiglia che provoca un impatto sul bambino.
IL CONTINUOS PERFOMANCE TEST
Una valutazione semiobiettiva dell'attenzione e delle capacità di controllare risposte impulsive può essere effettuata ricorrendo alla somministrazione di specifiche risposte. Il test continuos perfomance è somministrato mediante il computer. In genere, una serie di forme, immagini o lettere diverse lampeggiano sullo schermo e il soggetto deve cliccare con il pulsante del mouse ogni volta che appare la figura corretta. I test misurano in genere errori di omissione (non cliccare sullo stimolo appropriato), azioni che sono correlati alla disattenzione, oppure ad errori di commissione (cliccare quando non si dovrebbe), azione correlata all'impulsività. Vengono inoltre misurati il tempo necessario per cliccare e la variabilità dei tempi di risposta. Queste misure sono in genere aumentate nei soggetti con ADHD. I test neuropsicologici formali forniscono ulteriori prove della disfunzione del lobo frontale, dimostrando deficit della memoria di lavoro, pianificazione, selezione e spostamento dell'attenzione tra le modalità sensoriali.
VALUTAZIONE OGGETTIVA
Per fare una valutazione oggettiva si utilizzano test :
- test per l’attenzione: test delle campanelle modificato, è utilizzato per una valutazione della selettività legata al riconoscimento di uno stimolo target attraverso un compito di attenzione focalizzata. Consiste in una prova di barrage: barrare tutte le campanelle individuate in un foglio con stimoli diversi. La prova viene ripetuta su 4 fogli (120” per ciascun foglio). Si registrano ogni 30” il numero di campanelle individuate.
- test d2-R: Il d2-R è un test per la misurazione dell’attenzione e della concentrazione. Consiste di 789 item. Ogni item è formato dalla lettera “d” o dalla lettera “p” con un numero di trattini che va da 1 a 4. Complessivamente, ci sono 13 differenti caratteri, tre dei quali (“d” con 2 trattini) sono gli obiettivi target che devono essere identificati e siglati. I caratteri sono disposti in 14 righe formate ognuna da 57 caratteri. Ogni blocco è composto da 3 righe per un totale di 171 caratteri. Tra questi, 94 sono distrattori e 77 sono obiettivi target. In uno svolgimento del test completo e senza errori, un soggetto dovrebbe depennare, quindi, un totale di 359 caratteri. In ogni riga i soggetti hanno a disposizione 20 secondi di tempo per rispondere. Dal momento che il test è stato messo a punto senza prevedere delle pause, la durata totale di somministrazione è di 4 minuti e 40 secondi. Uno dei pregi del test d2-R è rappresentato dalla grande mole di informazioni che è possibile ricavare dal suo utilizzo.
- test per le performance continue, per l’attenzione sostenuta per i quali in genere vengono utilizzati test computerizzati.
- test sulle funzioni esecutive che si chiama Winsconsin Card Sorting Test: quattro carte stimolo hanno figure diverse per colore, forma e numerosità, esiste la versione per adulto e la versione per bambino; il bambino ha le carte in mano e deve trovare il criterio di allineamento, mentre l’adulto lo deve trovare, la missione del bambino non è precostituito, infatti il bambino deve rimanere coerente con il criterio che ha trovato, se per esempio ha scelto colore, deve poi scegliere le carte che contengono il colore che ha scelto. Il bambino con ADHD, si distrae e compie i cosiddetti errori di perseveranza, molto importanti per la diagnosi di distraibilità o di ADHD.
- test per le strategie cognitive è il test della Torre di Hanoi o quello della Torre di Londra. Questi test per le strategie cognitive, vanno ad esplorare il planning, la pianificazione. Nella versione Torre di Londra, sono tre palline colorate su tre pioli di altezza diversa con una carta stimolo e una posizione in cui ritornare sempre, di solito si dice al bambino qual è il numero di mosse con il quale concludere il gioco e si fa vedere dove arrivare, le regole sono: non poter prendere l'oggetto con due mani contemporaneamente, non poter prendere insieme le palline, quindi significa che il soggetto deve pensare in quante mosse può concludere il gioco.
- test per il livello cognitivo si utilizza maggiormente la WISC-R, utilizzata per la scala del cifrario, la memoria di cifre, la memoria aritmetica che sono molto indicative della distraibilità, dell’impulsività e della disattenzione.
- prove di apprendimento scolastico.
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
In una prima fase si procede facendo un esame neuropsichiatrico, che è finalizzato a valutare se l'iperattività, impulsività e/o inattenzione raggiungono un livello tale da soddisfare i criteri diagnostici dell'ADHD. La fase successiva mira a valutare i comportamenti rilevati e possano essere considerati solo "sintomi" di una valutazione più complessa.
Molti bambini con Disabilità intellettiva, ad esempio, possono manifestare comportamenti ipercinetici, scarso controllo degli impulsi o facile distraibilità: il più delle volte sono sintomi secondari.
Molti bambini con Disturbi d'ansia presentano grosse difficoltà di concentrazione e nei confronti delle abituali richieste e mostrano segni di disagio che si traducono con un aumento delle attività.
Molti bambini con "comportamenti esplosivi" tipici del Disturbo dell'umore presentano livelli accentuati delle attività, scarso controllo degli impulsi e scarsa concentrazione in alcuni casi. In tal caso in tutte queste situazioni si prevede un'analisi basata sull'anamnesi, sull'esame neurologico, sull'esame psichico e sulle indagini strumentali e di laboratorio suggerite dalla clinica.
I DISTURBI ASSOCIATI
Molto frequentemente i sintomi caratterizzanti il disturbo, si associano a sintomi che sembrano appartenere a condizioni cliniche di natura diversa. In tale situazione, il processo diagnostico dopo aver escluso i vari sintomi, essi possono essere ascritti in un unico disturbo, rivolgendosi ad individuare tutte le possibili categorie diagnostiche. Molto frequentemente il disturbo coesiste con altre patologie, tra cui i più frequenti sono le seguenti:
- ritardo dello sviluppo psicomotorio
- disturbo della condotta,
- disturbo oppositivo-provocatorio,
- disturbo di sviluppo della coordinazione,
- disturbo dello spettro autistico,
- disturbo del linguaggio,
- disturbo dell'apprendimento,
- disturbo d'ansia,
- epilessia.
In tutte queste patologie il processo diagnostico deve articolarsi e deve essere integrato con valutazioni specifiche se si sospettano varie condizioni patologiche e se si presentano in comorbilità.
TERAPIA FARMACOLOGICA
I trattamenti farmacologici hanno diviso, soprattutto negli ultimi anni, i clinici americani da quelli europei: i primi hanno fatto largo uso di farmaci, i secondi invece sono stati, fino a poco tempo fa, più prudenti. Infatti recentemente in Europa, Italia esclusa, si sta verificando un processo di liberalizzazione nella somministrazione degli psicostimolanti a favore di questi bambini con ADHD.
Riguardo la terapia farmacologica, in natura esistono due categorie di farmaci: gli stimolanti e i non-stimolanti.
Gli stimolanti sono il metilfenidato e le anfetamine, o anche la cocaina, poiché agiscono sulla stessa linea. Infatti il metilfenidato e i suoi derivati bloccano i trasportatori del reputake di dopamina e della norepinefrina nel vallo sinaptico e quindi aumentano anche il rilascio. Gli effetti sono visibili dopo un'ora dall'ingestione del farmaco, ma svaniscono dopo quattro ore. Inoltre il dosaggio varia in base all'età e al peso della persona e degli effetti che si vogliono ottenere. E' consuetudine somministrare il farmaco durante alcuni periodi dell'anno, per esempio durante la frequenza scolastica e applicare una sospensione durante il periodo estivo. Uno degli argomenti più dibattuti riguardo ai trattamenti farmacologici è l'efficacia a lungo termine: recentemente alcuni studiosi, hanno dimostrato attraverso studi di follow-up, l'esistenza di effetti positivi in soggetti trattati con metilfenidato per un anno intero. In particolare si nota l'effetto del farmaco che produce relazioni tra genitore-figlio (argomento trattato ampiamente nel capitolo 2. Barkley sostiene che gli atteggiamenti negativi di genitori nei confronti dei figli sono frutto di un comportamento inappropriato di questi ultimi: infatti si nota che una volta che i bambini si riducono dal punto di vista comportamentale anche i genitori migliorano dal punto di vista del controllo, dei rimproveri e dei richiami. Altri autori notano un miglioramento nei toni più affettuosi nei confronti del figlio, un maggiore "calor materno", un atteggiamento genitoriale con minori critiche e un comportamento più conciliante, anche tra fratelli durante inevitabili liti.
I farmaci non-stimolanti sono antagonisti alfa-2-adrenergici, l’Atomoxetina, che mimano gli effetti della norepinefrina sui recettori alfa-2-adrenergici.
Ci sono anche altri farmaci da poter utilizzare, la desamfetamina, la pemolina, la clonidina e la guanfacina che è un antipertensivo molto utilizzato nell’adulto che però non può essere utilizzato per questo tipo di patologia. Altri farmaci sarebbero antidepressivi triciclici o la clonidina nel caso di comorbilità con la sindrome di Tourette.
TERAPIA NON FARMACOLOGICA
La terapia non farmacologica comprende la terapia comportamentale, trattamento cognitivo-comportamentali, il parent training e altri tipi di interventi.
-Terapia comportamentale è basata sulla figura professionale del TNPEE che agisce sul mantenimento dei compiti attentivi, sul modulare l’espressione comportamentale dell’iperattività. L'intervento è articolato in sedute effettuate in ambienti attrezzati ed elegge come modalità di approccio privilegiata, l'interazione e la comunicazione sociale in un contesto che assume un carattere ludico. Il lavoro che viene effettuato attraverso esperienze di condivisione è di gioco cooperativo e si pone determinati obiettivi:
- prolungamento dei tempi dell'attenzione;
- potenziamento del controllo degli impulsi;
- aderenza alle regole ben stabilite nel setting;
- alternanza dei turni;
- pianificazione delle azioni e controllo delle emozioni.
Ogni intervento serve per modificare il comportamento di questi bambini e fa leva sui principi del condizionamento operante, riducendo i comportamenti negativi e mettendo in luce i comportamenti positivi. Pianificano interventi psicoeducativi, che facilitano il percorso di crescita del soggetto, favorendo i processi di mentalizzazzione. Gli interventi psicoeducativi sono rivolti a creare un ambiente significativo per il soggetto, inoltre favoriscono le condizioni utili, da un lato per l'estinzione dei comportamenti disadattivi e dall'altro la comparsa ed il rinforzo di comportamenti più adeguati e strutturati. Si mira ad individuare obiettivi terapeutici, scelti tra quelli che sono alla portata del bambino nel breve e medio periodo e soprattutto utili a farlo crescere, tenendo sempre in considerazione i genitori. Oltre al coinvolgimento attivo da parte dei genitori, si deve sollecitare una conoscenza produttiva da parte degli insegnanti.
- Terapia cognitivo comportamentale prevede l'utilizzo di varie tecniche tra cui auto-istruzioni verbali, il problem solving e lo stress inoculation training (consapevolezza e controllo delle emozioni in situazioni stressanti).
La procedura delle auto-istruzioni verbali richiede al bambino di acquisire un dialogo interno che lo guidi alla soluzione del problema, quindi l'operatore deve stimolare: problem solving in modo tale da aiutarlo a riconoscere il problema, generare soluzioni alternative e pianificare la risoluzione. Con il problem solving, il soggetto deve riconoscere il problema, ma l'operatore deve fargli notare dove sbaglia e verificare il risultato ottenuto mediante una ri-osservazione delle proprie esperienze, ciò poiché questa ultima fase è di consapevolezza del proprio stato:
- Per dare un feedback immediato, positivo o negativo.
- Ignorare i comportamenti negativi.
- Usare comandi diretti, precisi e semplici, per insegnargli una nuova strategia cognitiva.
- Parent training. Per questo percorso formativo si inizia a condurre una valutazione psicologica approfondita dei genitori e del bambino affetto da ADHD. Si parte con una valutazione diagnostica dei genitori e ad una compilazione di scale di valutazione del comportamento dei genitori, degli insegnanti e la somministrazione al bambino di test clinici per verificare il livello attentivo, il controllo dell'impulsività, l'iperattività motoria e la capacità di pianificazione di strategie. Riguardo i genitori, è utile verificare il livello di efficacia dell'educazione dei propri figli attraverso questionari. Inoltre prevedere anche incontri individualizzati, che permettono una maggiore supervisione e controllo delle strategie educative.
Gli incontri vengono programmati con una cadenza non inferiore alle due volte a settimana in modo da assimilare i vari concetti, poichè un intervello di tempo maggiore perderebbe la continuità del rapporto con il genitore.
Inoltre il percorso ha un duplice momento:
- informativo, che consiste nel fornire informazioni corrette al genitore relative alle caratteristiche dell'ADHD e delle possibili tecniche da utilizzare per una corretta gestione cognitiva e comportamentale.
- formativo, che consiste nella modificazione del modo di pensare del genitore rispetto al comportamento del proprio figlio .
La struttura degli incontri è la seguente:
- comprensione del problema,
- preparazione dei genitori al cambiamento,
- complessità del problema,
- scelte educative che favoriscono l'autoregolazione,
- individuare i comportamenti negativi del bambino,
- ampliare il proprio bagaglio di strategie,
- agire d'anticipo rispetto al problema,
- genitore come abile solutore del problema
- verifica del lavoro svolto.
Quindi il parent training deve essere una misura assolutamente fondamentale, dal punto di vista educativo per il bambino, "così da non fargli fare ciò che vuole" da parte del genitore.
- Altri tipi di interventi
Il Progetto Terapeutico Personalizzato individuerà altri tipi di intervento, in rapporto all'eventuale presenza di quadri clinici associati a vari disturbi.