Early Start Denver Model - NELLA PRATICA: DOBBIAMO GIOCARE ASSIEME! - Setting; Metodologia; Attività
NELLA PRATICA: DOBBIAMO GIOCARE ASSIEME!
Per chiarire la metodologia che il TNPEE può utilizzare all’interno del suo intervento neuro psicomotorio ispirandosi ai principi e al modello dell’ESDM, riporto la descrizione di alcune attività esemplificative della metodologia di lavoro utilizzata. Le proposte di trattamento descritte hanno tutte una struttura generale comune, e sono pensate per rispondere agli interessi di bambini con disturbo dello spettro autistico. Allo stesso tempo però, le attività considerano sempre l’individualità del singolo bambino, e sono calibrate sulla base del loro profilo di sviluppo e sui loro bisogni specifici.
Setting
Il progetto si svolge presso uno studio privato di psicomotricità a Mandello del Lario (LC). Le sedute neuro psicomotorie ispirate alla metodologia ESDM si svolgono nel setting seguente:
Setting fisico: stanza di psicomotricità (fig 6.1) ampia e luminosa con spazi, tempi e regole ben definite. La stanza di volta in volta mantiene una prevedibilità e coerenza per favorire l’organizzazione interna del bambino e l’adattamento al setting. Presenza di un angolo sensomotorio con tappetoni, scivolo, materassi e casetta di gomma (fig 6.1). Sono presenti anche uno specchio e uno scaffale che contiene libri e materiali più strutturati.
Figura 6.5.1 Setting neuro psicomotorio |
Figura 6.5.2 Spazio sensomotorio |
Conduzione: Indiretta, alternata a momenti di conduzione semi diretta.
Tempi: Ogni seduta sarà scandita in tre fasi principali: fase iniziale (contatto), attività e congedo.
Figura 6.3 Materiale destrutturato per gioco euristico |
Materiali: adattati ogni volta alle esigenze e ai bisogni emergenti del bambino specifico: per lo più materiali non strutturati (teli, palle, corde, palle Bobath, bolle di sapone) e oggetti che stimolino il gioco euristico e pre-simbolico (es. fagioli, cubetti come in fig. 6.3) per Pietro, Alex e Alberto.
Per Silvia, dati i suoi bisogni evolutivi differenti, verranno messi a disposizione materiali per la creazione di giochi simbolici (peluches, oggetti della cucina…) o per giochi di regole.
Per tutti i bambini, nel momento di T1 e T2 è stata inserita la presenza di una tirocinante/tesista.
Figura 6.4 Materiali strutturati per gioco simbolico |
Metodologia
Verrà illustrato in che modo è possibile integrare i principi del modello ESDM all’interno della pratica neuro psicomotoria; si prenderanno come esempio alcune attività tratte dal trattamento riabilitativo dei casi clinici osservati.
Come primo punto, in riferimento al paragrafo 4.1, nella descrizione delle attività sarà evidente l’utilizzo prioritario del gioco per avvicinarsi, entrare in relazione e per insegnare competenze al bambino. Le attività sono sempre proposte partendo dalle proposte e dagli interessi del bambino, che il terapista deve essere attento a cogliere anche nei bambini meno comunicativi.
Per incentivare la scelta di un gioco o di un materiale, inizialmente la stanza viene predisposta con tanti angoli con materiali differenti, o con giocattoli visibili chiusi dentro scatole trasparenti. Il terapista osserva e capisce dove si dirige l’attenzione del bambino, e se questo non prende iniziativa, inizia a mostrarsi come modello o propone più direttamente delle attività, vedendo quali possano motivarlo o attivarlo. Partire dagli interessi del bambino, significa spesso cominciare dalle sue stereotipie: l’obiettivo sarà quello di farle evolverle o trasformarle in uno strumento per giocare assieme.
Trattando bambini in età precoce, all’interno della terapia è presente soprattutto l’utilizzo di routines socio-sensoriali per aumentare l’attenzione congiunta e gli scambi comunicativi. Fondamentale è quindi la creazione di giochi condivisi o di scambio, e passare molto tempo “a tappeto”, prediligendo questo spazio rispetto all’utilizzo statico del tavolino.
Il terapista agisce secondo il principio dell’aggiustamento reciproco continuo: all’interno di ogni attività mette in atto delle facilitazioni, aggiunge delle variazioni e modifica le condizioni naturali per favorire la comparsa di determinati comportamenti. Inoltre il terapista promuove l’esplorazione di materiali differenti, la sperimentazione e l’ampliamento di nuovi schemi d’azione e di gioco.
È molto importante per un terapista ESDM l’utilizzo delle posture, della sua corporeità e del linguaggio non verbale nelle prime interazioni con il bambino. Per esempio prima interagire attraverso il contatto corporeo, spesso difficile e fastidioso per alcuni bambini autistici, il terapista dialoga e entra in contatto con lui attraverso i suoni, la voce, o utilizza gli oggetti come mediatori di relazione.
Esistono poi alcune posture e posizioni suggerite dal metodo che favoriscono particolari attività. Per facilitare l’interazione faccia a faccia e il contatto oculare risulta utile sedersi insieme sul pavimento, uno di fronte all’altro, oppure col bambino seduto o sdraiato sulle gambe dell’adulto. Per le routine socio-sensoriali invece i bambini piccoli si possono posizionare su un piccolo pouf o una piccola sedia, per esempio per la lettura di un libro: al piuttosto che tenerli in braccio o tra le gambe, questa posizione permette al bambino di vedere il viso dell’adulto, i suoi commenti e le sue reazioni mentre si commenta e si legge assieme.
Per quanto riguarda gli obiettivi riabilitativi di ogni bambino, verranno stesi partendo dall’osservazione dei suoi bisogni e dalle abilità emergenti del bambino. Gli obiettivi saranno trasversali a tutti i domini di sviluppo. Per porsi obiettivi a breve termine specifici e realizzabili, è possibile avvalersi delle schede di valutazione ESDM e individuare gli items coi punteggi +/-, che indicano le abilità emergenti del bambino.
Nel prossimo paragrafo verranno descritte delle attività che sono state scelte per mostrare alcuni aspetti peculiari della metodologia, con gli accorgimenti appena descritti.
Attività
Le attività descritte sono state spesso ripetute e riproposte all’interno del percorso di trattamento dei bambini osservati, e per ogni attività verranno specificati gli obiettivi iniziali, le modalità e l’evoluzione del gioco del bambino.
Verranno messe in evidenza quali strategie il terapista ha messo in atto come suggeriscono le modalità di insegnamento dell’ESDM. Inoltre è stato deciso di inserire in grassetto le “Mosse del Terapista” (Wille & Ambrosini, 2005): in questo modo è possibile evidenziare come all’interno di una seduta ispirata ai principi del modello ESDM sia sempre necessario porsi con l’atteggiamento e le mosse caratteristiche del TNPEE, che parte sempre dalle proposte e dagli interessi del bambino ed è in grado di inserirsi e trasformarle al fine di raggiungere gli obiettivi specifici di quel bambino. Occorre specificare che queste non sono le uniche attività proposte nel trattamento, ma solitamente iniziano spontaneamente dalla richiesta del bambino, che la terapista accoglie e ridefinisce, e vengono alternate ad altre proposte di gioco.
La varietà dei casi osservati ha permesso di poter descrivere differenti livelli di gioco, e quindi di poter mettere in evidenza che non esiste una sola tipologia di gioco da proporre in terapia, e che le mosse del terapista sono trasversali ai vari livelli e sviluppo del gioco. L’importante infatti non è il tipo di attività scelta, ma la modalità con la quale viene proposta e condotta a renderla significativa e un’esperienza di apprendimento per il bambino.
Per descrivere quindi il metodo del TNPEE, nella stesura della descrizione delle attività esemplificative è stato utilizzato questo schema (vedi tabella 6.1). (Gison, et al., 2012)
Obiettivi |
Materiali e spazi |
Modalità |
FACILITATORI E STRATEGIE |
Spazio |
Tempo |
Oggetti |
Schemi di gioco/azione: |
Voce/linguaggio |
Tono |
Postura |
Altro |
Evoluzione nel gioco |
Tabella 6.5.1 Schema utilizzato per la descrizione delle attività presentate nello studio
Il gioco del “battere” di Pietro (routine socio-sensoriale)
È stato scelto di descrivere questa attività in quanto si voleva portare un esempio di come sia possibile far evolvere in un gioco, e addirittura in un gioco condiviso e/o funzionale, partendo da una forte stereotipia motoria.
Questo gioco nasce infatti dall’interesse di Pietro per oggetti duri (soprattutto bastoncini di legno, battenti o bottiglie) che attraverso un movimento stereotipato batteva sul suo corpo (spesso sui denti o sulle ginocchia) per ricercare un’auto stimolazione sensoriale, tattile e uditiva. Tra le mosse che caratterizzano il terapista ESDM troviamo infatti “utilizzo delle stereotipie”: secondo questa metodologia non sono comportamenti necessariamente da estinguere, ma è possibile proprio partire da l’interesse più motivante per il bambino. Il terapista apporta delle modifiche e delle variazioni al movimento, agli oggetti e agli spazi utilizzati, rispecchia i comportamenti del bambino, portando il gesto stereotipato a trasformarsi in uno strumento di gioco e condivisione, come nel caso di Pietro. Inoltre all’interno di questo gioco è stato possibile anche lavorare sulla scelta, sull’attesa, sul turno e sulla scoperta di nuovi schemi d’azione.
Obiettivi:
Evoluzione di una stereotipia in un gioco condiviso e creazione di una routine socio-sensoriale ricercando un aumento del contatto oculare e del sorriso. Modificare il movimento stereotipato di battere in un’azione finalizzata.
Materiali e spazi:
Utilizzo di tutta la stanza, in particolare l’angolo del tappeto davanti allo specchio e il materassone morbido. Utilizzo di bacchette e battenti di legno, palloncini.
Modalità:
Una forte stimolazione sensoriale ricercata da Pietro è “battere”: ora grazie allo sviluppo del gioco assieme alla terapista rivolge l’interesse di battere anche all’ambiente esterno prima come esplorazione del materiale e dello spazio, poi come gioco.
VARIAZIONI E STRATEGIE
Schema di gioco/azione:
Cattura dell’attenzione, gioco corporeo, contatto corporeo, dialogo tonico-emozionale:
La terapista si inserisce nell’interesse del bambino instaurando routines e giochi di scambio in cui la terapista possa battere sul corpo del bambino e viceversa.
Il bambino si sdraia sul materassone morbido mentre la terapista batte con le sue mani o attraverso un oggetto di varie consistenze (il battente duro, il palloncino morbido e leggero, la palla liscia, la palla coi puntini) creando suoni e sensazioni tattili differenti. La terapista si concentra sul corpo del bambino, in particolare partendo dalla schiena di Pietro, per lui punto di grande piacere sensoriale, e mantenendo una posizione sdraiata per lui piacevole, senza necessariamente il contatto oculare con la terapista e con l’ambiente. La terapista può anche fare dei massaggi, delle coccole, e successivamente creare dei veri e proprio scambi col bambino anche con posture differenti, fino ad arrivare faccia a faccia con scambi di sguardi e sorrisi con Pietro.
Rispecchiamento perfetto, rispecchiamento imperfetto, azioni trasformatrice:
Dopo aver imparato a battere sul proprio corpo e lasciare che qualcuno di esterno possa battere sul proprio corpo, il bambino e terapista possono battere assieme esplorando il mondo esterno. Per ottenere questo inizialmente la terapista imita rispecchiando fedelmente le azioni del bambino, utilizzando lo stesso materiale, lo stesso tempo ma in spazi differenti. Gradualmente la terapista si avvicina, rendendo le due azioni autonome un tentativo di gioco condiviso svolto assieme, e aggiungendo delle variazioni sull’azione, modificando gli oggetti utilizzato, i tempi, i ritmi, gli spazi utilizzati.
Azioni trasformatrici:
Per evolvere questa competenza emergente si induce il bambino a battere in modo finalizzato, per esempio usando degli strumenti musicali. Si suona e si batte assieme, successivamente si inseriscono i turni, prima batte la terapista poi batte il bambino.
Oggetti:
Come già anticipato, la terapista utilizza materiali diversi per battere, sia sul corpo del bambino, sia nella stanza, e propone al bambino quindi varie possibilità: il battente duro, il palloncino morbido e leggero, la palla liscia, la palla coi puntini.
Inoltre nel suonare in modo finalizzato si utilizzano vari strumenti (quello preferito per Pietro è lo xilofono) di legno, di metallo, oggetti destrutturati (semplici bastoncini) o veri strumenti musicali.
Tempo:
Successivamente si cercano delle alternanze di turni tra bambino e terapista per battere, o nello stesso spazio e stesso oggetto, o in posti differenti della stanza.
In questo modo l’attività del “battere” diventa una possibilità di scambio e uno strumento mediatore di relazione con la terapista.
Spazio:
Si parte da uno spazio ristretto, lo spazio scelto e preferito dal bambino, ovvero il materassone morbido, per poi col tempo riuscire a muoversi e ad esplorare l’intera stanza: sia le pareti, il pavimento, gli spazi centrali e gli spazi ai lati (finestre e caloriferi).
Postura:
Questo gioco e routines inizialmente viene eseguito solo quando il bambino è in una posizione orizzontale, supino o prono sul materassone: nelle sedute la terapista ha ampliato lo spazio utilizzato, e gioca con Pietro anche in posizione eretta o seduta quando si utilizzano gli strumenti musicali.
Evoluzione nel gioco:
Febbraio 2017: Stereotipia di battere oggetti sul suo corpo per auto stimolazione sensoriale. Questa attività avviene in autonomia senza considerare l’altro.
Maggio 2017: Pietro tramite l’azione del battere ha imparato a esplorare e conoscere l’ambiente esterno, evitando di concentrarsi solamente sul proprio corpo. Ha migliorato i tempi attentivi e la sua permanenza sull’attività, l’utilizzo di diversi materiali e strumenti per battere e creare suoni.
Nelle routines socio-sensoriali lo sguardo di Pietro è più presente e fisso sul viso della terapista. Dopo varie ripetizioni e sedute ora è in grado di rispettare l’alternanza e il turno dell’altro nella musica.
“Vola vola Alberto!” (routine socio-sensoriale)
Viene presentata ora un’altra routine socio-sensoriale che nasce questa volta dall’interesse di Alberto per i giochi di movimento e soprattutto di disequilibrio: ama infatti dondolare, buttarsi o tuffarsi. La terapista dopo aver osservato il comportamento spontaneo del bambino, coglie questa passione e propone. All’interno di questo gioco è possibile portare il bambino a orientare la sua attenzione verso segnali sociali e comunicativi, potenziando l’attenzione condivisa. Inoltre si favorisce la richiesta spontanea del bambino per iniziare o continuare l’attività, attraverso chiari segnali di comunicazione non verbale (non avendo Alberto accesso al linguaggio).
Viene quindi creata all’interno della routine una sequenza precisa di azioni, e un gioco da poter condividere e in cui è necessario l’aiuto e la presenza della terapista.
Obiettivo:
Creazione di un gioco condiviso, che viene ricercato e richiesto in modo spontaneo dal bambino, in cui la terapista si pone come aiuto fisico, ma all’interno del quale sono presenti momenti di dialogo tonico e corporeo e scambi di sguardi. Inoltre si lavora sulla difficoltà del bambino di accettare il contatto corporeo e la vicinanza dell’altro.
Materiali e spazi:
Casetta grande di gomma piuma in grado di sostenere il peso del bambino e da cui si può entrare e uscire da varie aperture. (fig. 6.5)
Figura 6.5 Spazio della stanza con la casetta di gomma piuma |
Modalità:
La terapista prende in braccio il bambino e lo porta sul tetto della casetta, dove il bambino salta e si tuffa.
FACILITATORI E STRATEGIE
Schemi di gioco/azione:
Supporto corporeo
La terapista coglie e legge il desiderio del bambino di salire sul tetto della casetta, allora lo aiuta fisicamente prendendolo in braccio e trasportandolo sul tetto.
Gioco corporeo e contatto corporeo, esibizione e cattura dell’attenzione, ridondanza espressiva
La terapista mentre prende in braccio il bambino canta, lo fa dondolare, come se stesse volando, girando nello spazio limitrofo, si pone con il viso davanti al bambino per scambi di sguardi e per attirare la sua attenzione attraverso voce e mimica faciale molto accentuata.
Osservazione
Dopo aver posato il bambino sul tetto, la terapista osserva il bambino incoraggiando il suo comportamento spontaneo: Alberto saltella compiendo dei giri attorno al buco, e quando ha esaurito questo gioco decide di tuffarsi, per poi essere pronto a iniziare nuovamente il gioco.
Tempo:
Ad ogni giro, e soprattutto se la terapista sente che il bambino è più disponibile alla relazione attraverso la sua modulazione tonica e la sua comunicazione non verbale, la terapista allunga i tempi in cui tiene il bambino in braccio con possibilità di scambi di sguardo e di espressione, abituando sempre di più il bambino al contatto corporeo inizialmente molto difficile da accettare.
Voce/linguaggio:
La terapista canta con la voce e ripete “vola vola!” al bambino mentre lo tiene in braccio; sottolinea con la voce le azioni del bambino quando agisce in autonomia “gira gira!” “oooh tuffo!”
Tono:
La terapista si pone in un atteggiamento di accoglienza del corpo del bambino, modulando il suo tono in risposta ad Alberto, ma sempre ponendosi come base sicura dando sicurezza al bambino che non lo lascerà cadere.
Quando il bambino è entrato più in confidenza con questa routine la terapista gioca variando il tono per divertire il bambino, come quando cerca di farlo saltare e lo riprende al volo.
Evoluzione nel gioco:
Febbraio 2017: Scarsa tolleranza al contatto corporeo e all’interazione nelle braccia della terapista. Tempi di permanenza sull’attività molto brevi. È sempre la terapista che propone il gioco, non viene chiesto spontaneamente dal bambino.
Marzo 2017: Il gioco inizia sempre su iniziativa del bambino, che ora tramite la comunicazione non verbale è in grado di fare una richiesta chiara: si mette davanti alla terapista voltandogli la schiena e alzando le braccia, aspettando di essere tirato su e preso in braccio. Alberto tollera molto di più il contatto corporeo tra le braccia della terapista, per un tempo più prolungato, riuscendo anche a guardarla in viso e a scambiare sguardi d’intesa con lei: nonostante il suo tono risulti ancora un po' rigido e non completamente rilassato si è modificato molto rispetto all’inizio.
Alberto è in grado di tollerare molte più sequenze e ripetizioni di questo gioco senza dover interromperle per avere dei momenti in cui isolarsi.
Il gioco dei fagioli di Alex (gioco euristico e protosimbolico)
In questa attività è possibile vedere l’utilizzo della metodologia ESDM in quanto il terapista parte dall’interesse del bambino per un materiale e lo trasforma in un vero e proprio “teachable moment”. Con lo stesso gioco, è stato infatti possibile portare avanti contemporaneamente più obiettivi in diverse aree di sviluppo: abilità sociali, ampliamento del livello di gioco e degli schemi d’azione, consapevolezza corporea, motricità fine, gioco condiviso.
Questo gioco nasce dall’interesse di Alex tra i vari materiali disponibili e proposti dalla terapista, per i fagioli. Alex ne è attratto per la sensorialità (tattile, sonora) e inizialmente l’attività di alex era una semplice esplorazione in autonomia. Supportato dalla terapista è stato poi in grado di passare alla sperimentazione di un gioco euristico (svuotare-riempire ciotoline coi fagioli), per poi ampliare le sequenze di gioco e la condivisione con l’altro.
Obiettivo:
Creazione di un gioco di scambio, per sviluppare l’attenzione condivisa, l’esplorazione, la variazione e il maggior utilizzo dei materiali proposti.
Materiali e spazi:
Figura 6.7 Contenitore con strumenti vari |
Figura 6.6 Contenitore dei fagioli |
Fagioli, contenitore in legno fisso (fig. 6.5), ciotoline, bottigliette, imbuti (fig.6.6).
Modalità:
Il gioco è solitamente proposto dalla terapista, che si avvicina nel luogo della scatola e inizia a toccare e giocare con il materiale. Alex si avvicina anche lui alla scatola e inizia a riempire e svuotare i fagioli da quattro ciotoline con colori diversi in autonomia. Verranno poi introdotti dalla terapista altri oggetti con cui poter giocare: bottigliette, imbuti e altri contenitori inizialmente ignorati da Alex quando proposti, poi gradualmente accettati su imitazione della terapista.
FACILITATORI E STRATEGIE:
Spazio:
Alex era sempre stato col suo corpo solo fuori dalla scatola (scatola pesante in legno, che non si sposta) e manipolando i fagioli solo all’interno della scatola. In una seduta invece il bambino sperimenta e prova ad invertire lo schema e gli spazi: Alex per la prima volta decide di entrare dentro la scatola con tutto il corpo e di buttare fuori dalla scatola i fagioli, creando rumore e soprattutto disordine.
La terapista quando deve passare la bottiglia al bambino, la posiziona in alto, all’altezza del suo viso, in modo che il bambino debba alzare le mani e lo sguardo per averla.
Tempo:
La terapista cerca di allungare la durata dello sguardo verso il suo viso (ponendo l’oggetto davanti a sé) aspettando a passare subito la bottiglia, per esempio facendo maggior rumore coi fagioli per dare senso e piacevolezza all’attesa.
La terapista inoltre attende che il bambino la guardi negli occhi prima di passargli l’oggetto desiderato.
Materiale/oggetti:
Su suggerimento di idee avute nelle sedute precedenti che la terapista ha mostrato, il bambino amplia il materiale, utilizza l’imbuto e bottiglia per riempire non solo le ciotoline ma anche le bottigliette.
Schema di gioco/azioni:
Rifornimento, scambio
Si passa da un gioco di esplorazione del materiale in autonomia, all’instaurarsi di un gioco di scambio. Dall’interno della scatola il bambino gioca esplorando con le mani, con le ciotoline, usando le mani della terapista (e poi accetta anche le mani dell’allieva) che sono piene e lui sfrega e gioca a svuotarle facendo scivolare i fagioli.
La terapista inoltre si inserisce nel gioco del bambino: passa gli strumenti (bottiglia), lo aiuta tenendo l’imbuto se il bambino non riesce o lo aiuta a svuotare. Soprattutto è presente un passaggio e scambio di materiale nella coppia.
Gioco corporeo
La terapista rovescia i fagioli sui piedi del bambino, poi vedendo la reazione positiva del bambino prova anche con altre parti del corpo: toccandole, facendole sfregare tra di loro, sfiorandole, producendo pressione, mettendole e prendendole tra le sue mani, facendosi scivolare sopra i fagioli... in modo da stimolare sensazioni percettive e propriocettive attraverso il tatto, favorendo una maggiore scoperta e consapevolezza corporea. Alex accetta il contatto corporeo e le manipolazioni della terapista con piacere. Inoltre accetta la sensazione dei fagioli non solo sulle mani ma anche sul resto del corpo (per il momento attraverso i vestiti).
Inizia quindi un gioco e una routines sensoriale mai successa prima e questa volta inizia a essere tollerata e vissuta come attività piacevole.
La volta successiva come primo gioco Alex decide di entrare autonomamente nella scatola con tutto il corpo. Ora ricopre anche le sue mani e i suoi piedi in autonomia.
Azioni parallele e trasformatrici, imitazione:
La terapista si propone come modello di schemi d’azioni in modo che il bambino tramite imitazione possa apprendere gli schemi. Viene mostrato l’uso della paletta per raccogliere fagioli e viene imitato e usato in modo funzionale per mettere da fuori a dentro e per altri travasi in altre ciotole.
Intervenire sulla funzionalità dell’azione:
Alex amplia ancora i materiali e soprattutto il loro utilizzo, presenti più schemi di travasi con sequenze e materiali diversi durante tutta l’attività in cui resta attento e concentrato.
Infila con precisione i fagioli nella bottiglietta, uno per uno con pinza superiore li trasferisce dalle mani della terapista e dell’allieva nella bottiglietta.
Voce/linguaggio:
Viene intrapreso un gioco dei travasi in cui riempie e svuota: la terapista nel frattempo denomina dentro-fuori, le parti del corpo del bambino mentre le tocca e le manipola.
La terapista si inserisce passandogli la bottiglietta e riempiendola di fagioli, si inserisce anche una parola-comando: “prendi!”. Nei bambini ancora non verbali è opportuno inserire poche parole per volta.
Evoluzione nel gioco:
Figura 6.7 Alex gioca in autonomia solo posizionandosi all'esterno della scatola |
Marzo 2017: Alex si dimostra come un bambino molto ordinato con schemi di gioco rigido e ripetitivi: gioca sempre posizionandosi all’esterno della scatola e con il materiale rigorosamente all’interno (vedi fig. 6.7), e non sopporta il disordine che si crea se i fagioli fuoriescono sul pavimento. Utilizza solo le ciotoline come materiale per riempire e svuotare. Il gioco parte sempre su iniziale proposta della terapista, al quale il bambino mostra interesse e si avvicina. Il tempo di permanenza nel gioco è breve, e avviene per lo più in solitaria, senza rivolgersi all’altro anche se posizionato vicino o di fronte.
Maggio 2017: Le volte successive il bambino sceglie in autonomia il gioco visto nelle sedute precedenti, ma ampliandolo molto e cogliendo i suggerimenti (azioni e materiali) mostrati dalla terapista in precedenza. È stato possibile vedere dei cambiamenti anche durante poche settimane di trattamento: ora Alex presenta tempi attentivi più lunghi, dimostra una maggior organizzazione e un gioco più vario e ampio sia nell’utilizzo dei materiali sia nelle azioni. Presenta sempre la tendenza a giocare da solo, ma la terapista si inserisce nel suo gioco e la sua presenza viene accettata.
Alex sembra accettare e superare le sue iniziali rigidità nel gioco, come l’ordine rigoroso dei fagioli, che ora invece prova a rovesciare sul pavimento, anche in modo disordinato. La rigidità del gioco sta diminuendo sia per la maggior varietà di schemi di azioni non ripetitivi, sia nelle sequenze e nei tempi di gioco.
Figura 6.8 Alex all'interno della scatola, a contatto diretto col materiale |
Alex ha imparato a condividere un’attività e una routines socio sensoriale con la terapista anche accettando il coinvolgimento del suo corpo e la sensazione percettiva di oggetti e materiali nuovi sul proprio corpo, prima scarsamente tollerata (fig 6.8). Presente comparsa maggiore di sguardo e sorriso.
Silvia e “i tre porcellini” (gioco simbolico):
Il gioco simbolico e sociale rappresenta una delle abilità maggiormente compromesse nei quadri di DSA. I bambini con autismo possono però arrivare a comprendere e produrre il gioco di finzione, soprattutto i soggetti che hanno sviluppato buone abilità linguistiche-comunicative e cognitive. Solitamente il gioco simbolico spontaneo appare però rigido e letterale. È quindi molto importante anche nella metodologia ESDM accompagnare il bambino durante l’apprendimento di questa modalità ludica, la cui maturazione porterà alle future capacità di leggere le emozioni dell’altro, e al miglioramento delle abilità di simbolizzazione e linguistiche-sociali. Questo è stato infatti il percorso intrapreso con Silvia, in particolare grazie al suo pupazzo di Ih-oh (asinello). Questo peluche è stato per Silvia l’oggetto transazionale che l’ha accompagnata dall’inizio del suo percorso di trattamento, e che tutt’ora porta sempre con sé dentro e fuori dalla stanza.
Per introdurla ai giochi simbolici, questo peluche è sempre stato il protagonista di tutte le attività: preparare la pappa, mettere a dormire... Fino a creare sequenze di gioco più complesse, che coinvolgono anche altri “amici di Ih-oh”, come in questo caso i porcellini e il lupo.
Obiettivo:
Gioco simbolico più autonomo, variato e flessibile in condivisione con l’altro.
Favorire l’utilizzo della comunicazione e in particolare del canale verbale durante lo svolgimento dell’attività.
Materiali e spazi:
Tappeto morbido al centro della stanza, luogo spazioso. Casette di stoffa e peluches dei tre porcellini e del lupo. Eventualmente libro sono con immagini degli animali (fig. 6.9)
Figura 6.9 Pupazzetti e libro sono degli animali |
Modalità:
Rifornimento, esibizione, scambio, supporto corporeo:
Le prime volte la terapista racconta la storia e muove i personaggi, mostrando alla bambina e facendosi eventualmente aiutare.
VARIAZIONI
Materiali/oggetti:
Graduale inserimento di un maggior numero di personaggi (pupazzetti) con ruoli differenti. Su iniziativa della bambina viene aggiunta una variante al gioco: l’idea di costruire la casa di mattoni dei tre porcellini con del materiale concreto (mattoncini di plastica) che si trovano nella stanza.
Schemi di gioco/azione:
Modeling
La terapista mostra alla bambina le azioni sui peluches, in modo da fornirle un modello tramite cui, su imitazione, la bambina possa giocare.
Monitoraggio, guida verbale e supporto corporeo:
Le volte successive terapista racconta la storia e Silvia muove i personaggi con azioni autonome ed eventuale supporto della terapista, con consegna verbale o se troppo complesso anche con supporto corporeo. La terapista aiuta e modifica le azioni della bambina per farle ottenere la best performance e per non andare incontro a insuccesso per le prime volte, poi lascerà più libertà di espressione e di errore nelle sedute successive.
Voce e linguaggio:
Eventuale lettura del libretto sonoro degli animali all’inizio o alle fine del gioco: possibilità di associare suono, immagine e oggetto concreto. Stimolazione dell’utilizzo di suoni e del linguaggio.
Tempo:
Creazione di una storia e di una sequenza di azioni coi personaggi tramite consegna verbale e eventualmente su aiuto e imitazione.
La terapista racconta la storia, ma si chiede alla bambina di anticipare le sequenze successive, di muovere in autonomia i personaggi su memoria delle volte precedenti.
Ampliamento delle sequenze della storia (mamma e porcellini – costruzione delle casette – arrivo del lupo - lupo attacca le case – scoperta e uccisione del lupo – festa di tutti gli amici peluches ) che nella prima seduta si fermavano alle prime due sequenze, dopo di che l’attenzione e l’interesse della bambina diminuiva.
Spazio:
Si amplia il gioco prima circoscritto sul tappettone sul pavimento, ora si utilizza anche lo scivolo come “casa del lupo”, spazio differente dove avvengono parti aggiuntive al tema principale.
Evoluzione nel gioco:
Febbraio 2017: Tempi di permanenza sull’attività piuttosto brevi per difficoltà nella condivisione di un gioco con l’altro, poca autonomia e iniziativa nel gioco. Tendenza a giocare da sola coi pupazzetti, senza seguire la sequenza della storia. Poca immaginazione e flessibilità nel gioco.
Maggio 2017: Sviluppo di una capacità di immaginazione, di rappresentazione mentale e trasferimento maggiore. Crescita della capacità di condivisione del gioco e del piacere nel giocare assieme. Presente maggior l’utilizzo del canale verbale e dell’intenzionalità comunicativa nel gioco, oltre che la capacità di assumere punti di vista diversi immedesimandosi negli altri personaggi.
Silvia però non è ancora del tutto autonoma e necessita sempre il supporto della terapista per tenerla e guidarla nell’attività.