INTRODUZIONE - Il ruolo dell'imitazione attiva e passiva in bambini con disturbo dello Spettro Autistico: prospettive di intervento
“Abile è colui che sa essere felice, tutti gli altri sono disabili”
Carlo Sini.
L’Autismo nel DSM-IV faceva parte dei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo, insieme al disturbo di Asperger, al disturbo Disintegrativo della Fanciullezza, al disturbo Pervasivo dello Sviluppo Non Altrimenti Specificato e alla sindrome di Rett; ora nella recente versione del DSM-V tutti questi disturbi sono stati riuniti in un’unica categoria denominata “Disturbi dello Spettro Autistico” (DSA- Disturbi Spettro Autistico), tranne la sindrome di Rett che è stata posta tra i disturbi neurologici.
L’autismo è caratterizzato dalla presenza di anomalie dello sviluppo con esordio nei primi anni di vita e in particolare a carico dell’area delle competenze comunicative, dell’interazione sociale reciproca e dell’attività di immaginazione. Il concetto di DSA implica il coinvolgimento contemporaneo di diverse aree dello sviluppo; le disfunzioni di base si inseriscono in un organismo in crescita, ne condizionano lo sviluppo mentale, incidono sulle competenze emergenti ed assumono un significato diverso nell’organizzazione complessiva della persona nelle varie fasi dello sviluppo (Levi e D’Ardia).
Il presente lavoro si pone come obbiettivo di andare ad analizzare come l’imitazione, che risulta essere compromessa in soggetti con Autismo, possa essere un punto su cui si può contare per creare una buona interazione con questi bambini.
L’imitazione va intesa sia come imitazione attiva, quindi se il bambino imita l’altro, sia come imitazione passiva, quindi cosa succede nel momento in cui il bambino viene imitato dall’altro.
L’argomento di questa tesi è nato dalla lettura di articoli riguardanti l’autismo e in particolare, mi sono soffermata su un articolo cui l’argomento principale era proprio l’imitazione. Man mano che leggevo mi tornavano in mente i casi clinici che stavo osservando in sede di tirocinio. In particolare, ho pensato a quattro pazienti, diversi tra loro, e alla tipologia di lavoro che la terapista portava avanti con loro, un lavoro molto simile a quello che stavo leggendo.
Con la terapista che segue i bambini abbiamo subito iniziato con l’approccio dell’imitazione passiva, che è un approccio molto naturale, proprio perché facilita la relazione con i pazienti.
Il mio lavoro è stato quello, innanzitutto, di andare ad osservare la cartella clinica dei bambini, raccogliendo i dati anamnestici e studiando l’ultima valutazione fatta. Dopo di che sono andata alla ricerca di test standardizzati che potessero aiutarmi ad osservare l’aspetto dell’imitazione, e ho scelto di utilizzare:
- il Questionario SCQ (Social Communication Questionnaire) che va a valutare il grado di interazione dei bambini in ambiente familiare, quindi è un questionario che è stato somministrato ad entrambi i genitori;
- il Berges e Lezine, che va a valutare la loro capacità di imitare dei gesti privi di significato;
- osservazione diretta dei bambini in una seduta di gioco dove osservo il loro grado di imitazione, ma anche come si comportano nel momento in cui vengono imitati.
Quindi ho cercato di capire, prima qual è il loro grado di interazione in ambiente familiare, poi quanto e se sono imitativi e, infine, in che modo si attivano nel momento in cui vengono imitati.
È stato interessante osservare come i bambini risultavano incuriositi dalla imitazione che la terapista faceva dei loro comportamenti, e le reazioni dei quattro casi sono state, ovviamente, totalmente diverse tra di loro.
Da qui l’idea della mia tesi: quanto funziona questo modo di approcciarsi con questi bambini? E questo modo di approcciarsi può essere utilizzato in terapia per migliorare quella che è l’interazione sociale?
Il numero dei casi studiati è solo di 4, però già da questo primo approccio possiamo trarre importanti conclusioni.
Indice |
INTRODUZIONE |
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CONCLUSIONI |
BIBLIOGRAFIA |
Tesi di Laurea di: Marilena ALVAREZ |