METODOLOGIA - Impostazione e sviluppo del progetto - L’intervento del TNPEE in Oncoematologia Pediatrica
Come scritto nell’introduzione, questo progetto di tesi è nato dalla domanda: quale compito terapeutico e ruolo di collaborazione si potrebbe prevedere per il TNPEE all’interno dell’équipe multiprofessionale?
La prima difficoltà emersa si è rivelata essere la scarsa conoscenza della Clinica Oncoematologica e della sua struttura organizzativa; inoltre dal punto di vista bibliografico non sono emersi strumenti idonei per impostare il lavoro. Cercando una figura che potesse mediare con gli operatori sanitari e le famiglie della Clinica, sono entrato in contatto con la dottoressa F. Capello, psico-oncologa della Clinica Oncoematologica Pediatrica, che ha fornito il proprio supporto nel corso dell’intero svolgimento del progetto.
Una volta “entrati” all’interno della Clinica si è cominciato a riflettere su come impostare il progetto. Serviva trovare uno strumento efficace per descrivere non solo i casi trattati, ma l’intera esperienza. Con la dottoressa C. Gioachin, relatrice della tesi, si è scelto di approcciarsi all’esperienza con riferimento ai modelli propri della ricerca qualitativa, in particolare utilizzando lo strumento del diario, come evidenza del percorso che prevede un disegno emergenziale del progetto di ricerca.
A partire da questa premessa la prima fase del progetto è stata connotata da un percorso di conoscenza rispetto alla costituzione e all’attività dell’équipe per cercare di individuare quale contributo il terapista della neuro e psicomotricità può apportare, osservando nel contempo l’attività di reparto. Potremmo definire questa fase come “orientamento”, secondo le fasi della ricerca esperienziale, ossia il processo acquisizione sensibile di elementi del contesto che possono disporre l’avvio dell’esperienza.
La seconda fase è stata l’osservazione diretta dei piccoli pazienti. Si è deciso di accogliere tutte le segnalazioni da parte della dottoressa Capello e di offrire un’osservazione dei bambini, con l’obiettivo di svolgere una valutazione (nella speranza di riuscire a compiere almeno tre sedute). In questa fase non si era a conoscenza di quale sarebbe stata la disponibilità da parte delle famiglie, né con quali modalità si sarebbero potute svolgere eventuali sedute, né in quali spazi e con quali mezzi si sarebbero potute realizzare.
Lo strumento utilizzato per la prima valutazione neuropsicomotoria è stata la Scheda di Osservazione/Valutazione Neuropsicomotoria “S. O. N.”[34], scelta perché si è ritenuta essere uno strumento sufficientemente flessibile e che, in caso di necessità, può essere compilato al termine di una sola seduta di osservazione. Come accennato precedentemente, non era possibile infatti stimare né che tipo di bambini si sarebbero osservati né per quanto tempo. L’obiettivo iniziale, perciò, era quello di cogliere i bisogni dei bambini ricoverati e capire come un TNPEE si sarebbe potuto spendere per essi.
Nel primo mese dall’inizio della tesi, mentre cominciavo a partecipare alle prime riunione di reparto e a svolgere alcuni colloqui con la psico-oncologa del reparto, ho cercato e ottenuto un finanziamento per acquistare il materiale da utilizzare in seduta; inoltre mi è stato concesso il permesso di fruire di un ambulatorio del Day Hospital e la stanza procedure del reparto degenze, concordando con i diversi operatori in modo da non intralciare lo svolgimento delle normali attività cliniche
Fin dai primi accessi è emersa la grande differenza tra i diversi pazienti. Non solo relativamente all’età l’età (dei primi due pazienti segnalati, uno aveva tredici anni, l’altro quattro), ma anche rispetto agli effetti della patologia e della terapia. Non potendo dare risposte generalizzabili, si decise di riorientare il progetto di tesi. Non avremmo più risposto alla domanda “è utile un terapista della neuro e psicomotricità in un reparto di oncoematologia?” cercando di dare una risposta generale, ma riportando quella che sarebbe stata la mia esperienza. Avremmo cioè risposto alla domanda riportando se il terapista è utile, ma anche descrivendo che cosa ha fatto, quando ha preso in carico alcuni i casi, la particolarità di quelle storie, i sintomi, i bisogni. In tal modo, si sarebbe risposto alla domanda: quale compito terapeutico e ruolo di collaborazione si potrebbe prevedere per il TNPEE all’interno dell’équipe multiprofessionale?
Il fine della tesi non sarebbe stato quello di offrire delle linee guida, ma di documentare l’esperienza di inserimento di un terapista all’interno della Clinica di Padova, le modalità qualitative e le specificità. Tutto ciò si adattava comunque molto bene all’idea di ricerca fenomenologica.
Successivamente c’è stata possibilità di avviare una terza fase: l’invio di diversi casi e l’esecuzione di tre trattamenti completi continuativi permise di arricchire ulteriormente l’impostazione della tesi:
- Come prima cosa, avendo potuto osservare una decina di bambini, sarebbe stato possibile cominciare a delineare quali fossero i principali bisogni dei pazienti ricoverati. Non si sarebbe certo trattato di una descrizione completa, ma di un punto di partenza utile per orientarsi su alcune delle possibili esigenze a cui un terapista può trovarsi a dover rispondere.
- In secondo luogo, avendo seguito tre bambini per diversi mesi, non solo si sarebbero potuti osservare gli effetti della terapia, ma anche riflettere su un possibile approccio di lavoro da impiegare in un reparto di oncoematologia pediatrica. Tale approccio, nato da una esperienza personale, dai problemi che ci si è trovati ad affrontare e dalle risposte che si è saputo dare, avrebbe preso in considerazione gli effettivi strumenti a disposizione, gli spazi, il personale, tenendo conto delle particolari esigenze manifestate dai bambini e dalle famiglie prese in carico. Il metodo così nato avrebbe permesso non solo di rispondere in modo un po’ più generalizzato alla domanda “è utile un terapista?” ma anche a quella logicamente successiva di “cosa può fare un terapista della neuro e psicomotricità in un reparto di oncoematologia pediatrica?”.
In ogni caso si sarebbe trattato di linee orientative di riferimento non esportabili pedissequamente ad un altro reparto di oncoematologia pediatrica, in quanto strettamente legate ad una esperienza specifica, ma avrebbero potuto costituire una base da cui partire per eventuali progetti futuri.
In totale sono stati seguito otto pazienti, per la durata di 6 mesi, a partire dal mese di maggio fino alla fine del mese di ottobre 2016.
I luoghi nei quali è stato svolto il progetto di tesi, sono stati il Day Hospital (DH) e il reparto degenze della Clinica Oncoematologica Pediatrica dell’Azienda Ospedaliera di Padova.
Le sedute sono avvenute negli ambulatori del DH e nelle camere e nella sala procedure del reparto degenze.
Le sedute sono state svolte con la sola presenza del tirocinante, in quanto non è presente, all’interno dell’Azienda Ospedaliera di Padova, alcun terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva. Si è scelto di utilizzare lo strumento del “diario praxis” che, come sarà approfondito nel prossimo paragrafo, prevede la “lettura riflessiva”, cioè una rilettura delle pagine scritte, che avrebbe permesso una discussione “in differita” con il tutor clinico, la dottoressa C. Gioachin.
Al termine di ogni seduta, il tirocinante ha scritto quanto avvenuto in una pagina del diario e ha inviato il materiale al tutor clinico con cui ci si è trovati regolarmente per discutere dei casi. Nel corso di tali supervisioni si è avuto modo di:
- Analizzare quanto avvenuto nel corso delle sedute svolte;
- Ipotizzare nuovi approcci e nuove strategie per le sedute successive;
- Riflettere sull’impostazione del progetto di tesi.
Quindi il diario ha funzione sia di analisi della seduta e del caso, sia come strumento di analisi per il progetto di ricerca.
Inoltre il tirocinante ha riportato quanto svolto alla dottoressa Capello, la psico-oncologa della Clinica, nel corso di diverse supervisioni svolte con la dottoressa e alcuni tirocinanti del corso di psicologia. Tali occasioni hanno permesso di svolgere, seppur in maniera parziale, un lavoro di inter-équipe. Il diario si è rivelato anche in questo caso utile come tramite per la condivisione del lavoro svolto con figure professionali diverse dal TNPEE
Ricerca qualitativa e tecnica del diario
Ruolo importante nella progettazione e nel processo di realizzazione di questa tesi, ha avuto la scelta di impostare questo lavoro di ricerca che potremmo definire “esperienziale” secondo orientamenti riconducibili alla ricerca qualitativa e in particolare con lo strumento del diario praxis.
L’approccio alla presente ricerca si è dimostrato complesso in quanto non è presente alcun materiale bibliografico di riferimento alla psicomotricità applicata alle patologie ematiche ed emato-oncologiche. È stato chiaro sin da subito che difficilmente si sarebbe potuto compiere uno studio conforme alla ricerca scientifica “positivista”, intesa come un processo che si occupa solo di dati traducibili in termini quantitativi. Non ci si proponeva infatti di andare a valutare quanto un terapista può fare in ambito oncoematologico, ma piuttosto di descrivere cosa può fare e come. L’obiettivo primario, più che testare l’efficacia della terapia, è stato quello di cercare i significati che una presa in carico neuropsicomotoria avrebbe potuto avere in quanto i significati che emergono e ci si scambia nell’esperienza appartengono alla sfera delle realtà qualitative, non riducibili alla sfera della realtà fisica quantificabile
Si è perciò optato per un approccio “aperto”, sufficientemente flessibile per essere modificato a seconda delle esigenze che si fossero presentate e degli ostacoli che si sarebbero affrontati.
Secondo la ricerca qualitativa l’esperienza non è comprimibile in un sistema interpretativo predefinito. Infatti, “dal momento in cui la pratica di ricerca obbliga a prendere atto che è epistemicamente riduttivo strutturare il disegno della ricerca in modo dettagliato […] già prima di accedere al campo, si rende necessario fare spazio ad una visione emergenziale-evolutiva”[35]. L’approccio non deve essere quello di verificare o falsificare un’ipotesi, quanto piuttosto di analizzare un’esperienza per cogliere da essa le ipotesi di studio e riflessione emergenti. Il metodo non è perciò dato a priori, ma piuttosto deve essere considerato come una “mappa euristica” che si costruisce durante lo sviluppo concreto della ricerca. Si tratta perciò di creare una rete concettuale a partire dai significati che emergono dall’esperienza e che all’esperienza fatta vengono attribuiti. Utilizzando le parole della Mortari: “per comprendere l’esperienza si deve assumere come oggetto il mondo dei significati in cui una persona si muove dal momento che l’essere umano vive in un mondo interpretato”[36].
La ricerca qualitativa, spesso accusata di scarsa sistematicità e rigorosità scientifica poiché non definisce aprioristicamente il disegno di ricerca attraverso una precisazione analitica dell’intera sequenza di operazioni euristiche (Mortari, 2013), lascia però modo al ricercatore di modificare il disegno di ricerca stesso a seconda della situazione. Com’è intuibile, tale aspetto bene si adatta alla tipologia di esperienza che si è andati a svolgere nella Clinica di Oncoematologia Pediatrica.
Tale approccio non considera i fatti per come accadono ma per i pensieri che il soggetto ha dei fatti accaduti; si tratta del solo modo di accedere alla qualità dell’esperienza umana, che è quella di essere l’esito di continui processi di significazione[37]. Certamente un approccio di tipo qualitativo non permette di giungere a risultati di valore generale, ma consente di elaborare “teorie locali”. Le teorie che non pretendono un valore extracontestuale (ed è così che pensiamo il presente elaborato di tesi) non sono da considerare prodotti di ricerca di scarso valore, ma come teorie fornite di un forte spessore di realtà e come tali utili strumenti di lavoro […][38]. Scopo del presente elaborato di tesi è quello di rispondere alla domanda se il terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva può essere utile nella Clinica di Oncoematologia Pediatrica, fornendo perciò una risposta aderente ad un contesto particolare, ad un tempo particolare, a dei pazienti particolari. In altre parole, elaborando una teoria locale fondata sull’esperienza e che trova perciò la sua validità nell’aderenza al contesto vissuto.
Come strumento per operare una ricerca di tipo qualitativo si è scelto di utilizzare lo strumento del diario con particolare riferimento all’accezione del “diario praxis” prendendo a riferimento il testo Forme del tempo/Modi dell’io di E. Madrussan, secondo cui il diario “funziona” quando parte dall’esperienza e all’esperienza ritorna, secondo un andamento a spirale che rintraccia sempre nel reale la sua concretizzazione, concetto che evidentemente rimanda all’approccio qualitativo appena descritto.
Il diario praxis non va perciò inteso come semplicemente materiale documentario, il cui fine ultimo è quello di lasciare una testimonianza di un percorso svolto, ma anche come una “pratica riflessiva”. Nel momento in cui scrive, lo scrittore opera già una prima riflessione su quanto accaduto. Scegliere le parole con cui descrivere i fatti è di per sé una riflessione che permette di cogliere i significati che sottostanno l’esperienza vissuta.
Secondo le indicazioni di L. Mortari il diario andrebbe scritto non appena conclusa una seduta, un colloquio o un evento significativo, in modo tale da avere ancora a mente i particolari di quanto accaduto. Si tratta di un testo libero, nel quale le esperienze vengono descritte per come sono avvenute senza tralasciare alcun aspetto. Come un “film al rallentatore” il diario documenta pensieri, parole e azioni altrimenti difficilmente recuperabili successivamente e collegabili tra loro.
Ciò implica che siano presenti diverse tipologie di dati:
- descrizioni di situazioni, con i dati raccolti attraverso vari metodi […]; questi dati possono essere arricchiti da interpretazioni tese a mettere a fuoco un primo livello di elaborazione del significato dell’esperienza;
- narrazioni di eventi, perché il narrare la storia di un accadimento consente di ricostruire la complessità del reale;
- valutazioni, che possono avere come oggetto […] l’efficacia o meno dei metodi adottati […], il lavoro con gli altri soggetti coinvolti nel processo […];
- intuizioni che, annotate mentre il lavoro è in atto, possono costituire il punto di partenza per la costruzione di costrutti teoretici utili poi per l’interpretazione dei dati;
- espressione di vissuti emotivi che hanno accompagnato le esperienze;
- ipotesi per l’agire futuro […]”[39].
Per cogliere il mondo di significati che sottostanno alle azioni compiute è infatti indispensabile riportare le modalità con cui sono avvenute certe azioni e le motivazioni che hanno portato a compire determinate scelte.
Aspetto fondamentale del diario praxis è però il suo “ritornare all’esperienza”, azione che avviene tramite la rilettura dei testi redatti. Solo rileggendo in maniera critica quanto scritto in precedenza è infatti possibile cogliere nuovi significati che emergono dall’esperienza descritta. Così le mosse del lavoro […], il ripetersi identico delle parole dell’altro, la prevedibilità della vita, si fanno, nel diario, domande. E ritraendosi dal rischio dell’affermazione scontata, diventano possibilità. Che esse, poi, restino monche […] o si rivelino primi […] passi verso un differente modo di vedere […] è compito dell’agire e del rileggersi. Cioè di mettere in atto comportamenti […] sempre intenzionalmente differenti da prima (E. Madrussan, 2009).
È quindi la rilettura lo strumento che rende possibile un approccio emergenziale-evolutivo, in quanto consente di cogliere i significati che affiorano dall’esperienza scritta rendendo possibile un’evoluzione continua del pensiero. Proprio questo aspetto riteniamo possa essere di estremo aiuto nella pratica di un terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva, che sempre cerca di dare significati alla propria esperienza cogliendo i messaggi che emergono dall’interazione con il paziente ed evolvendo il proprio pensiero di cura in base all’evoluzione del paziente stesso. Inoltre queste caratteristiche di flessibilità e sviluppo si sono dimostrate estremamente utili nel corso del progetto di tesi: la rilettura e la riflessione a posteriori delle esperienze vissute ha permesso di modificare continuamente non solo l’impostazione del progetto ma anche di ogni singola seduta, di ogni singolo incontro, in base a quanto avvenuto precedentemente. Riprendendo le parole della Madrussan, io non definisco l’altro per mezzo dell’avvenire, ma l’avvenire per mezzo dell’altro[40].
Materiali utilizzati
Gli oggetti utilizzati, sono stati:
- Quattro cubi per psicomotricità imbottiti in gommapiuma 35x35 cm;
- Due parallelepipedi per psicomotricità imbottiti in gommapiuma 35x35x80 cm;
- Un materasso per psicomotricità imbottito in gommapiuma 200x100x5 cm;
- Un pallone modello Super Tele;
- Diverse palline da pallestra;
- Dieci palline da golf;
- Stoviglie e pietanze in plastica;
- Macchinine metalliche;
- Una ferrovia assemblabile + due locomotive + cinque vagoni;
- Animali di gomma.
Sono stati poi adottati degli accorgimenti dovuti all’immunodeficienza dei pazienti causata dalla patologia oncoematologica e dalla terapia farmacologica. Nel reparto degenze sono stati indossati:
- Camice;
- Sovrascarpe;
- Mascherina;
- Guanti in lattice;
Inoltre è stato utilizzato un disinfettante per ambienti a base alcolica per disinfettare gli oggetti utilizzati nel corso delle terapie e un gel igienizzante detergente per mani senza l’utilizzo di acqua.
Per valutare i pazienti sono state utilizzate la Scheda di Osservazione/Valutazione Neuropsicomotoria “S. O. N.”[41] e la Scheda di Osservazione Psicomotoria tratto da Il contratto terapeutico in terapia psicomotoria. Dall’osservazione al progetto[42].
La scheda S. O. N. (vedi Allegato 1) è stata scelta perché può essere compilata anche dopo un’unica osservazione, caratteristica fondamentale per quei pazienti che si sono potuti osservare per una o per poche sedute. Dalla compilazione della scheda S. O. N. è stato possibile ricavare una prima valutazione neuropsicomotoria sufficientemente completa.
La Scheda di Osservazione Psicomotoria (vedi Allegato 2) è stata scelta per svolgere l’osservazione di N.; il bambino è stato presentato con la richiesta di svolgere un’osservazione neuropsicomotoria, garantendo la sua presenza per un minimo di cinque sedute. Si è perciò scelto di utilizzare, in quest’unico caso, una scheda di osservazione più ampia, che permettesse di sviluppare in modo più specifico la valutazione del paziente.
Il diario Praxis, utilizzato nella forma del Diario di Cura, di cui abbiamo parlato nel paragrafo precedente
I dati del progetto
Riportiamo in seguito alcuni dati che riteniamo possano essere utili per comprendere il lavoro svolto:
NOME |
ETÀ ALLA PRESA IN CARICO |
DURATA DELLA PRESA IN CARICO |
N° DI SEDUTE |
COLLOQUI CON I GENITORI |
DIARI SCRITTI |
S. |
4 anni |
aprile-ottobre |
12 |
3 |
17 |
T. |
13 anni |
aprile-ottobre |
13 |
3 |
18 |
V. |
8 mesi |
giugno-ottobre |
24 |
1 |
25 |
So. |
10 mesi |
luglio-ottobre |
9 |
1 |
10 |
N. |
5 anni |
luglio-agosto |
5 |
2 |
7 |
W. |
10 anni |
giugno-luglio |
3 |
1 |
5 |
Ve. |
5 anni |
giugno |
1 |
0 |
2 |
A. |
6 mesi |
giugno-ottobre |
1 |
0 |
1 |
Inoltre sono stati svolti:
- 10 incontri di discussione dei casi con il tutor di tesi, la dottoressa C. Gioachin a seguito della lettura condivisa dei diari di cura;
- 12 supervisioni con la dottoressa F. Capello, psico-oncologa della clinica;
- 1 colloquio con la dottoressa C. Leonardi logopedista di T.
- [34] G. Gison, E. Minghelli e V. Di Matteo, Una testimonianza del percorso, Erikson, Trento, 2007.
- [35] Erlandson et al, Doind Naturalistic Enquiry: A Guide to Methods, Sage Publications, Newbury Park, CA. In: L. Mortari, L. Saiani, Gesti e pensieri di cura, McGraw-Hill, Milano, 2013.
- [36] L. Mortari, L. Saiani, Gesti e pensieri di cura, McGraw-Hill, Milano, 2013.
- [37]Idem.
- [38] Idem.
- [39] L. Mortari, Apprendere dall’esperienza. Il pensare riflessivo nella formazione, Carrocci editore, Roma, 2011
- [40] E. Madrussan, Forme del tempo/Modi dell’io. Educazione e scrittura diaristica, Ibis, Como-Pavia, 2009
- [41] G. Gison, E. Minghelli e V. Di Matteo, Una testimonianza del percorso, Erikson, Trento, 2007.
- [42] E. Berti, F. Comunello, P. Savini, Il contratto terapeutico in terapia psicomotoria. Dall'osservazione al progetto, Edizioni Junior, Parma, 2015.
Indice |
INTRODUZIONE |
|
CONCLUSIONI |
BIBLIOGRAFIA |
ALLEGATI |
Tesi di Laurea di: Andrea SATTANINO |