L’ESPERIENZA - L’intervento del TNPEE in Oncoematologia Pediatrica

I casi trattati

Nel corso dei 6 mesi durante i quali è stato svolto questo progetto è stato possibile interagire con un totale di 8 bambini. Di questi otto bambini, quattro hanno potuto compiere un percorso psicomotorio completo, composto da almeno tre sedute iniziali di valutazione, un ciclo di almeno cinque sedute di trattamento neuropsicomotorio e una valutazione finale, per gli altri quattro è stato possibile svolgere almeno una seduta di osservazione.

Riportiamo di seguito le valutazioni, il programma terapeutico e una sintesi della storia e del percorso svolto con i quattro bambini per i quali è stato possibile seguire un percorso di più di quattro sedute.

 

S.

Bambino di quattro anni affetto da leucemia linfoblastica acuta ad alto rischio, che prevede il trapianto di midollo osseo nel percorso di cura per la malattia; il trapianto è avvenuto 3 mesi prima che io lo incontrassi e da allora il bambino è rimasto ricoverato in reparto degenze per più di quattro mesi a causa di una riattivazione virale associata alla GVH.

 Sono state compiute 5 sedute di osservazione/valutazione, tutte svolte in reparto degenze. Inizialmente S. si sono osservati:

  • Passaggi posturali, lenti e incerti, quasi sempre sostenuti dalla madre (dalla quale pareva essere completamente dipendente);
  • Movimenti estremamente limitati, probabilmente a causa del carrellino della flebo, del gonfiore da cortisone e della debolezza muscolare;
  • Notevole difficoltà nel movimento di reaching di oggetti in movimento;
  • Povertà del gioco, limitato al solo gioco sensomotorio e funzionale.;
  • Buona attivazione nel gioco sensomotorio che ha portato al primo piacere condiviso.

Tra la terza e la quarta seduta S. ha avuto una reazione neurologica legata alla GVH che lo ha portato ad avere delle clonie che per un paio di settimane hanno reso nuovamente difficoltosi i passaggi posturali e la motricità in generale.

Durante le cinque sedute di osservazione è stata compilata la scheda S. O. N. ed è stata fatta una restituzione alla madre sulla valutazione neuropsicomotoria attraverso un colloquio.

AREA AFFETTIVO-RELAZIONALE:

  • Sebbene inizialmente si presentasse come un bambino timido, S. era aperto alla relazione;
  • Sono state osservate notevoli variazioni del tono dell’umore, sicuramente condizionate dall’assunzione di cortisone e dallo stato di salute (ad esempio è peggiorato con la comparsa delle clonie), che hanno portato S. ad assumere atteggiamenti oppositivi e provocatori, comunque gestibili dall’adulto;
  • Si è rilevata una relazione ambivalente con la madre, punto di riferimento all’interno del reparto ma anche soggetto contro cui manifestava gli atteggiamenti più marcatamente oppositivi. La capacità di separazione dalla figura materna sembrava adeguata ma con tempi molto ridotti; di fatto la madre di S. dimostrava di avere la necessità controllare il figlio costantemente.

AREA COMUNICATIVO-LINGUISTICA:

  • Il canale verbale era poco utilizzato dal bambino, che non produceva mai frasi particolarmente articolate. L’utilizzo della parola avveniva solitamente nella parte centrale delle sedute mentre era quasi del tutto assente durante la prima fase e il rituale di fine seduta;
  • Il canale verbale veniva utilizzato maggiormente per veicolare i comportamenti oppositivi;
  • Non si sono rilevati deficit rispetto alla capacità di decodifica degli input verbali: il bambino comprendeva frasi articolate anche non riferite al contesto.

AREA MOTORIO-PRASSICA:

L’assetto posturale di S., funzionale sia alla relazione che all’azione, risentiva del lungo allettamento e della debolezza conseguente alla terapia:

  • I passaggi posturali, inizialmente lenti e difficoltosi, sono migliorati col passare delle sedute e il migliorare dello stato di salute;
  • La motricità globale, inizialmente goffa e lenta, è migliorata, pur rimanendo una facile faticabilità;
  • Buona sembrava essere la motricità fine, che non pareva essere stata inficiata nemmeno dalla comparsa delle clonie.

AREA NEUROPSICOLOGICA:

  • Non sono stati rilevati deficit percettivi né tantomeno di attenzione e memoria;
  • L’organizzazione spazio-temporale sembrava adeguata; difficile valutare eventuali deficit: la madre si inseriva anticipando il figlio in molte azioni; inoltre talvolta il suo aiuto veniva richiesto dal bambino stesso;
  • Il gioco era l’aspetto forse più deficitario di S.:
  1. a) Il gioco sensomotorio lo attivava maggiormente e che ha permesso di sperimentare il piacere condiviso, ma è stato limitato dalla veloce affaticabilità e da una sorta di timore del movimento in sé. I giochi sensomotori venivano sempre svolti in posizione seduta;
  2. b) Il gioco funzionale, seconda tipologia di gioco manifestata dal bambino, non si è evoluto nel simbolico. Le azioni funzionali sono sembrate più la riproposizione di un’azione osservata che un vero e proprio gioco. Non si è osservata la costruzione di una cornice narrativa, e l’adeguamento alla cornice offerta dall’adulto è stato solo parziale e non ha comportato uno sviluppo autonomo della storia.

PROGRAMMA NEUROPSICOMOTORIO:

  • Favorire lo sviluppo del gioco simbolico attraverso la costruzione di semplici sequenze narrative via via sempre più complesse;
  • Migliorare le capacità di coordinazione e di anticipazione, in particolare nel movimento di lancio e ricezione;
  • Monitorare gli atteggiamenti oppositivi provocatori, in relazione all’assunzione dei farmaci;
  • Proseguire il counseling riabilitativo famigliare, in particolare con la madre, per la gestione degli atteggiamenti del bambino e per la gestione in ambito domestico.

Tale programma è stato sviluppato in 5 sedute, portate avanti con frequenza uni/bisettimanale in DH, in concomitanza con il ritorno a casa di S., circostanza che ha influito in modo significativo. Concluse le sedute, dopo la revisione dei diari di cura, (con le modalità descritte nel capitolo 4 “Il metodo emerso”) è stata fornita una restituzione alla madre, concordando di proseguire il trattamento. Raggiunti gli obiettivi definiti nel programma terapeutico, si è deciso di proseguire con una modalità aperta: un paio di sedute di osservazione per individuare nuovi obiettivi eventualmente sviluppati nelle restanti sedute, utili comunque per concludere il percorso neuropsicomotorio e salutare il paziente.

A causa di diversi rinvii, è stato possibile effettuare solo due sedute di congedo.

 

T.

Ragazzo di tredici anni affetto da leucemia linfoblastica acuta, segue il percorso di cura dal luglio 2014. Nel maggio 2015 ha contratto un’infezione da varicella che ha richiesto un ricovero in terapia intensiva pediatrica con isolamento di tre mesi. Al termine di tale ricovero le condizioni cliniche di T. erano molto gravi equando è stato ritenuto fuori pericolo diverse sono state le conseguenze: pesava 28 kg, non parlava e aveva l’emisoma destro paralizzato; dopo un intensivo periodo di cure riabilitative e logopediche c’è stato di recupero sostanziale:

  • Motoriamente T. presenta un lieve difficoltà nel flettere l’arto inferiore destro nella corsa e nel salire le scale;
  • Dal punto di vista logopedico parla in maniera corretta, ma ha difficoltà nel “reclutare i target lessicali-semantici” (utilizzo corretto dei nomi delle cose). Nei contesti con più stimoli sonori e di varia natura (scuola), ha difficoltà nel selezionare un unico input, inibendo tutti gli altri suoni. Questo ha comportato una pianificazione prolungata della scuola a domicilio e in ospedale. È deficitaria l’elaborazione di informazioni provenienti da più canali sensoriali.

Hanno cominciato a manifestarsi crisi epilettiche parziali, durante le quali T. provava una sensazione di nausea e di calore, cefalea e, se prolungate, crampi e al vomito. È stata presente talvolta cecità all’occhio destro e un formicolio alla punta delle dita.

La terapia chemioterapica di mantenimento e i farmaci antiepilettici sono assunti per via orale.

Sono state svolte 5 sedute di osservazione in Day, con la seguente valutazione conclusiva:

AREA AFFETTIVO-RELAZIONALE:

  • Buona la capacità di separazione: T. era estremamente disponibile alla relazione che ricercava costantemente, in particolare con persone adulte;
  • Si è osservato un comportamento in parte ambivalente con la madre, dalla quale era dipendente per l’assunzione dei farmaci, ma verso la quale manifestava atteggiamenti oppositivi e provocatori marcati, tipici della fase pre-adolescenziale.

AREA COMUNICATIVO-LINGUISTICA:

  • Non osservati deficit nella comprensione verbale;
  • Il canale verbale era molto utilizzato, al limite della logorrea; i vocaboli utilizzati erano semplici;
  • Presente un deficit nel recupero dei target nominali; T. sembrava almeno parzialmente conscio di questo suo deficit: quando emergeva aumentava il tono, agitando gli arti superiori, utilizzando il canale mimico gestuale o cambiando argomento (strategia di fuga).

AREA MOTORIO-PRASSICA:

  • Non si sono osservati deficit motori: buona la coordinazione oculo-manuale. Il gioco motorio era quello in cui sembrava attivarsi maggiormente e nel quale emergeva maggiormente il piacere condiviso.

AREA NEUROPSICOLOGICA:

  • Le azioni intraprese sono solitamente state caratterizzate da una lunga fase preparatoria nella quale il canale verbale è stato molto utilizzato;
  • Si è dimostrato competitivo, faticando ad accettare le sconfitte;
  • Ha verbalizzato poco i propri vissuti riguardo la patologia e l’atassia presente.

PROGRAMMA NEUROPSICOMOTORIO:

  • Migliorare il deficit nel recupero dei target nominali attraverso giochi nei quali T. utilizzi il canale verbale, mentre è impegnato in un movimento (globale o di un singolo distretto corporeo), al fine di integrare i diversi canali sensoriali;
  • Attraverso la relazione terapeutica, offrire un modello di “interazione corporea”, anche attraverso la fisicità espressa nel gioco che permette l’elaborazione dell’immagine corporea;
  • Offrire un modello maschile con cui interagire;
  • Monitorare lo sviluppo di T. valutando l’insorgere di eventuali deficit.

Le sedute di terapia, svolte nel corso dell’estate, si sono concluse ad agosto. Restituiti in colloquio i risultati alla madre, si è deciso di proseguire il trattamento anche nei mesi di settembre e ottobre, per consolidare diversi obiettivi prefissati. In questo secondo periodo Si sono limitate le attività con implicazione di maggior fisicità per una necrosi alla testa del femore che ha comportato l’utilizzo delle stampelle e di una zeppa di scarico.

Le sedute, svolte con regolarità, hanno permesso di approfondire ulteriormente la relazione con il paziente, permettergli di esprimere i propri vissuti e un congedo graduale e armonico.

 

V.

Bambina segnalata quando aveva sei mesi, presa in carico quando all’età di otto mesi. È affetta da linfoistiocitosi familiare, patologia genetica la cui unica cura è il trapianto di midollo osseo[43], a cui è stata sottoposta a maggio. Si è quindi verificato uno scadimento delle condizioni di salute che ha portato ad un ricovero prolungato in Terapia Intensiva Pediatrica (TIPed), al termine del quale la bambina si presentava ipotonica, affetta da crisi epilettiche parziali e con una compromissione del canale visivo successivamente identificato come cecità quasi totale. L’arto superiore sinistro si presentava spesso con la spalla elevata e gomito, polso e dita flesse, atteggiamento indicativo una lesione a livello neurologico, confermata dagli esami strumentali effettuati.

Inizialmente la bambina si è presentata gonfia, a causa dell’assunzione di cortisone, ed estremamente sofferente a causa della GVH intestinale e di un’alterazione della percezione tattile che ha diminuito la soglia del dolore.

Dopo le prime sedute di osservazione è stato riportato che:

AREA AFFETTIVO-RELAZIONALE:

  • Se contenuta, V. si calmava, ma in tali momenti non era comunque possibile stabilire un’interazione nella quale emergesse una sua intenzionalità;
  • Osservata raramente l’attenzione reciproca e, per brevissimi istanti, l’aggancio visivo;
  • Il tono muscolare era basso, forse anche per via delle terapie e della scarsa alimentazione. Nei momenti di maggiore stress, l’aumento del tono coinvolgeva per lo più l’articolazione scapolare e il collo;
  • Rispondeva agli stimoli improvvisi o poco graditi piangendo e non sempre era facile da consolare. Accettava però il contatto fisico, che sembrava essere l’unica modalità per calmarla.

AREA COMUNICATIVO-LINGUISTICA:

  • Il pianto sembrava essere l’unico canale comunicativo della bambina e veniva utilizzato per comunicare situazioni di dolore e malessere. Nei momenti di quiete la bambina non utilizzava né il canale verbale né quello gestuale per comunicare. L’unica strategia individuata per cogliere lo stato della bambina è stato il tono muscolare, più alto nei momenti di maggior stress;
  • Non sembrava comprendere alcuna parola né rispondere se chiamata per nome, ma riconosceva la voce dei caregivers (madre, padre, zia e nonna);
  • Non osservato il sorriso.

AREA MOTORIO-PRASSICA:

  • La postura presentava un’asimmetria a destro, forse riconducibile alla compromissione neurologica. La bambina manteneva il capo costantemente ruotato a destro e inclinato a sinistro; utilizzava principalmente l’arto superiore destro e solo nei momenti di quiete adoperava anche il sinistro con movimenti più grossolani ed imprecisi ed una minor escursione articolare del cingolo scapolare;
  • Se alzava il tono, abduceva il braccio sinistro flettendo il gomito e le dita della mano che normalmente veniva tenuta chiusa a pugno. La prensione con la mano destra era radio-palmare e presentava importanti deficit a livello di reaching;
  • Manteneva la postura supina con il capo sempre ruotato a destro, e il decubito laterale preferibilmente sul fianco destro. Non tollerava la posizione prona se stesa su un materasso, la accettava per alcuni minuti se stesa sulle gambe di un adulto. Accettava la posizione seduta ma doveva essere contenuta per l’incapacità di controllare il capo;
  • Era presente un deficit nella deglutizione che, associato alla probabile GVH intestinale, ha comportato l’utilizzo del sondino naso-gastrico e del catetere venoso centrale come modalità di alimentazione.

AREA NEUROPSICOLOGICA:

  • La funzione percettiva visiva era fortemente compromessa. V. sembrava in grado di inseguire gli oggetti in una situazione di forte contrasto luminoso per qualche secondo;
  • Inseguiva lo stimolo sonoro arrivando a ruotare il capo anche a sinistra ma la rotazione era inferiore ai 180°. Sembrava interessata alla voce umana e ai rumori forti (es: maracas), meno alle musiche;
  • Il ritmo sonno veglia risentiva delle condizioni cliniche scadute con frequenti risvegli nel corso della notte;
  • Pareva essere ancora a livello delle reazioni circolari primarie.

PROGRAMMA NEUROPSICOMOTORIO:

  • Individuare i momenti e le modalità che più tranquillizzano V. rendendo possibile l’interazione;
  • Integrare i due emilati attraverso stimoli tattili e sonori;
  • Individuare gli stimoli più interessanti per V. cercando una prima esplorazione a livello tattile e uditivo;
  • Supportare i familiari attraverso il counseling riabilitativo.

Il trattamento è stato portato avanti con visite giornaliere per tutto il mese di luglio, nel corso del quale la bambina ha mostrato dei miglioramenti per quel che riguarda la tolleranza percettiva.

In seguito al ritorno a casa, le sedute sono proseguite con cadenza bisettimanale, in occasione dei ricoveri in Day Hospital per le visite di controllo, sino al termine del progetto.

 

So.

Bambina presa in carico all’età di dieci mesi, affetta da leucemia linfoblastica acuta “infant”, diagnosticata alla nascita. Dopo un primo ciclo di chemio al quale sembrava aver risposto bene, So. ha presentato una riattivazione tumorale che ha comportato un nuovo ricovero; in tale periodo è stata svolta l’osservazione della bambina.

La bambina si presentava molto attenta all’altro e disponibile alla relazione. Curiosa e attiva, non presentava particolari deficit ma piuttosto un ritardo generalizzato. Le sue acquisizioni psicomotorie, attribuibili ad una bambina di tre mesi più piccola, erano equilibrate e non si rilevavano aree particolarmente compromesse o sviluppate:

  • Manteneva la posizione seduta con paracaduti anteriori e laterali, rotolava su entrambi i lati;
  • Non apprezzava la posizione prona (cui non era mai stata abituata a causa del catetere venoso centrale), non presentava asimmetrie;
  • Molto legata alle figure genitoriali, emetteva alti vocalizzi se entrambe si allontanavano ma era facilmente consolabile;
  • Particolarmente presente l’imitazione immediata, rara quella differita;
  • Era presente la lallazione: utilizzava coerentemente “mama” e “papa”; chiamava invece “dada” tutto gli altri oggetti;
  • Esplorava costantemente l’ambiente ed era facilmente distraibile dai nuovi stimoli. Esplorava per lo più attraverso lo sguardo e il tatto;
  • Il gioco era pre-simbolico;
  • Buono il ritmo sonno-veglia, al contrario l’alimentazione era fortemente compromessa dagli effetti collaterali delle terapie avviene per sondino naso-gastrico o per via endovenosa, e ciò ha comportato un forte rallentamento della crescita ponderale.

Poiché si è ritenuto che il ritardo psicomotorio fosse da attribuire alla patologia, alle terapie e alla prolungata ospedalizzazione, si è deciso di seguire la bambina con due visite a settimana per lavorare sull’acquisizione delle tappe psicomotorie, cercando in particolar modo di concentrarsi sul counseling riabilitativo genitoriale. I genitori, molto giovani, sono attenti alle esigenze della bambina, ma tendono a sostituirsi ad essa.

Dopo sole due settimane si è dovuta però interrompere la presa in carico neuropsicomotoria a causa di una infezione polmonare e della successiva ripresa del trattamento chemioterapico.

Come scritto precedentemente, oltre ai quattro bambini trattati è stato possibile osservare quattro pazienti, di cui riportiamo le osservazioni svolte.

 

N.

Bambino di cinque anni affetto da talassemia, da febbraio 2016 si sottopone a trasfusioni di sangue con cadenza mensile. Le insegnanti della scuola dell’infanzia avevano segnalato comportamenti oppositivo-provocatori, iperattività e inattenzione, consigliando una valutazione neuropsicomotoria. I genitori, intenzionati a svolgere la valutazione presso il centro indicato, hanno richiesto un’osservazione da parte del tirocinante.

Si tratta dell’unico caso di bambino con una patologia cronica anziché acuta preso in esame in questo progetto di tesi. Sono state proposte cinque sedute di osservazione, al termine delle quali è stata restituita ai genitori la seguente valutazione:

AREA AFFETTIVO-RELAZIONALE:

  • Buon attaccamento alle figure genitoriali con capacità di separazione adeguata all’età cronologica;
  • In grado di imitare le azioni dell’altro in maniera immediata, ma raramente si è osservata imitazione differita;
  • La postura non era sempre funzionale alla relazione; non sembrava accettare il contatto per più di pochi secondi e necessitava di una prossemica ampia; se l’altro si avvicinava, infatti, adottava strategie di fuga.

AREA COMUNICATIVO-LINGUISTICA:

  • In grado di formare frasi corrette, la narrazione a volte appariva confusa, con alcuni passaggi logici non sempre corretti;
  • Il fluire delle parole era veloce e spesso ciò inficiava la comprensione;
  • Tendeva a porre molte domande, a volte non pertinenti;
  • Buona la comprensione, sia di frasi riferite al contesto, sia riferite a contesti esterni.

AREA MOTORIO-PRASSICA:

  • Tendeva a muoversi molto per la stanza, ma i suoi movimenti, sebbene veloci, erano prevedibili;
  • Il disegno è coerente con l’età anagrafica.

AREA NEUROPSICOLOGICA:

  • Si rilevava una difficoltà nel programmare l’azione. Il gioco, piuttosto che pensato a priori, sembrava essere guidato dagli oggetti e dagli stimoli che attiravano il bambino. Nonostante continuasse a variare il proprio piano d’azione, N. si dimostrava in grado di gestire tutte le modifiche, mantenendole a mente una volta conclusa la fase preparatoria;
  • Il gioco era per lo più sensomotorio e di costruzione e veniva svolto con modalità un po’ ripetitive;
  • Erano presenti azioni simboliche, ma N. non sembrava in grado di collegarle con una narrazione coerente. Se l’adulto forniva una cornice di gioco, il bambino si adattava facilmente e vi aderiva, non apportando variazioni e tendendo a ripetere le azioni fatte precedentemente e quelle proposte dall’altro;
  • Non sempre era in grado di prevedere la pericolosità delle sue azioni, ma una volta compiute azioni pericolose le riconosceva come tali e richiedeva l’aiuto dell’adulto per ripeterle.

Una volta concluse le sedute di osservazione-valutazione si è proposto una presa in carico neuropsicomotoria per andare a lavorare sulle difficoltà di progettazione dell’azione, presa in carico che però non è stata accettata dai genitori.

 

W.

Ragazzino di dieci anni con diagnosi di leucemia linfoblastica acuta. Presenta una storia clinica particolarmente complessa: in seguito al primo ciclo di chemioterapia è stato individuato un deficit renale e, successivamente, un deficit epatico. W. è stato ricoverato in TIPed.

È stato possibile svolgere due sedute con W., in quanto il rapido miglioramento dei valori ematici ha portato alle sue dimissioni e quindi all’invio a casa. È stato comunque possibile redigere una valutazione neuropsicomotoria.

AREA AFFETTIVO-RELAZIONALE:

  • Sebbene presentasse un forte attaccamento alle figure genitoriali, W. era in grado di separarsi da esse senza eccessiva difficoltà;
  • Disponibile alla relazione, faticava ad interagire con l’altro che solitamente non ricercava.

AREA COMUNICATIVO-LINGUISTICA:

  • Sia la comunicazione mimico-gestuale che quella verbale erano estremamente ridotte;

AREA MOTORIO-PRASSICA:

  • Notevoli le difficoltà motorie: i passaggi posturali, lenti e difficoltosi, erano ridotti al passaggio posizione seduta-stazione eretta e viceversa;
  • Il cammino avveniva con un’ampia flessione del ginocchio; lo schema del passo era paragonabile all’andatura steppante.

AREA NEUROPSICOLOGICA:

  • Capacità attentive nella norma;
  • Non osservato gioco simbolico, presente il gioco tonico-emozionale, motorio e di regole.

 

Ve.

Bambina di cinque anni affetta da leucemia linfoblastica acuta ad alto rischio. In seguito ad un ciclo di chemioterapia ad alto dosaggio ha subito un’infezione ad opera di un batterio multi-resistente che ha interessato il tratto finale dell’intestino, motivo per cui si è ricorsi alla colectomia[44].

Ve. mi è stata segnalata perché, una volta superata l’operazione chirurgica, presentava una marcata difficoltà nell’interazione col personale medico e forte resistenza a compiere qualsiasi passaggio posturale.

È stato possibile svolgere una sola seduta di osservazione, che però ha permesso di individuare alcune caratteristiche della paziente:

  • Dal punto di vista relazionale la bambina manifestava una forte chiusura nei confronti delle figure non genitoriali. L’assetto posturale non includeva mai l’altro, non era presente aggancio visivo né intenzionalità comunicativa. Se le si poneva una domanda, Ve. rispondeva rivolgendosi alla madre. La prossemica era molto ampia. Utilizzava il canale verbale quasi solo con il genitore; era in grado di comporre frasi corrette ma solo su richiesta dell’adulto;
  • Il gioco osservato era di tipo pre-simbolico e simbolico; pur non essendo in grado di costruire una narrazione coerente, Ve. si inseriva correttamente nella cornice costruita dall’adulto apportandovi modifiche. Rispettava i turni e accettava la presenza di un adulto (oltre al genitore) nel gioco purché fosse la madre a mediare tutte le interazioni;
  • Non era in grado di compiere il passaggio da eretta a seduta né viceversa; camminava per alcuni metri senza bisogno di sostenersi con gli arti superiori. L’andatura era instabile, la base di appoggio ristretta e il piede sinistro veniva mantenuto supinato appoggiando così il solo bordo esterno.

 

A.

Bambina di sei mesi di età corretta. Nata prematura di due mesi, è affetta da leucemia linfoblastica acuta diagnosticata nei primi mesi di vita.

È stato possibile compiere una sola seduta, in seguito alla quale la bambina è stata dimessa. Si è osservato:

  • Buon aggancio visivo, con inseguimento dell’oggetto oltre i 180°, sorriso sociale e buona disponibilità all’interazione. Si voltava se chiamata dalla madre; era facilmente consolabile attraverso il canale verbale, il ciuccio o, nei momenti di maggior stress, l’holding;
  • Rotolava con qualche difficoltà in entrambe le direzioni, non tollerava a lungo la posizione prona manifestando il disagio attraverso vocalizzi e urli. Manteneva la posizione seduta anche se non era in grado di raggiungerla autonomamente; osservati i paracaduti sia anteriori che laterali;
  • Assente il grasp: era capace di afferrare gli oggetti con entrambe le mani con presa radio-palmare, preferibilmente con la mano destra; portava le mani alla bocca, scambiava l’oggetto da una mano all’altra e teneva due oggetti contemporaneamente. Presente il griff;
  • Veniva riferita alimentazione regolare; lo svezzamento era stato interrotto per esigenze cliniche. Il ritmo sonno-veglia veniva riferito regolare.

Nel complesso non sembravano essere presenti particolari deficit, motivo per cui si è concordato di svolgere una seconda di osservazione dopo alcuni mesi, cosa che però non è stato possibile fare.

 

I risultati ottenuti

Risultati generali

Come descritto nei capitoli precedenti, i casi trattati e osservati presentano caratteristiche molto diverse tra loro. Non solo l’età cronologica è estremamente varia (dai 6 mesi ai 13 anni), ma le esigenze stesse sono diversificate, uniche; di conseguenza anche i risultati ottenuti sono stati differenti per ogni singolo caso e risulta difficile riassumerli.

Esistono però alcuni aspetti comuni a quasi tutti i pazienti che hanno accettato di intraprendere il percorso di neuro e psicomotricità proposto:

  1. Favorire l’attenzione dei genitori nei confronti dei figli, in particolar modo per quel che riguarda il gioco ed il movimento. Inizialmente tutte le famiglie si sono dette d’accordo per iniziare il progetto di neuro e psicomotricità per “far fare movimento” al proprio figlio, ma l’interesse sembrava essere più di tipo quantitativo che qualitativo. Consce del fatto che l’eccessivo allettamento aveva avuto effetti negativi sullo stato di salute dei bambini, le famiglie desideravano farli muovere”, secondo un pensiero indifferenziato su ciò che intendevano per movimento. Col procedere delle terapie, però, l’attenzione si è via via spostata dalla quantità di movimenti che il bambino era in grado di fare, alla qualità dei movimenti compiuti. In particolare ciò è stato osservato nei confronti di S., V. e So. Tale aspetto riteniamo possa essere positivo, in quanto porta l’attenzione ad un livello più profondo e permette di cogliere le piccole acquisizioni compiute quotidianamente dal figlio, così importanti in un reparto dove, come descritto precedentemente, il tempo viene percepito come fermo. Si è poi osservato una tendenza anche da parte dei bambini di cogliere quelli che sono stati i propri progressi. Dalla seduta di S. 15 luglio 2016: “Mentre costruisce la pista mi dice:<<Sai che quando vengo qua sono fortissimo? Prima ero meno forte. Anche a casa sono più forte ora: quando picchio mio fratello sono velocissimo>>.”
  2. L’atteggiamento di osservazione dei genitori consente di cogliere quei segnali che precedentemente non erano in grado di comprendere ed interpretare; in questo modo migliora la percezione del proprio figlio ed insieme la comunicazione e la relazione con loro. Dal diario di seduta di V. dell’11 agosto: “Mentre [la madre] mi dice che secondo lei è migliorata su questo aspetto grazie alla terapia farmacologica in corso, prende in braccio la bambina dicendo che “V. vivrebbe in braccio se potesse”. La culla, le accarezza il volto, la bacia e comincia a cantarle una ninnananna. È una scena molto tenera, e io ripenso a quando, in reparto, la madre se n’era andata senza nemmeno salutare V. Forse allora era semplicemente stanca, forse invece ha imparato ad essere maggiormente consapevole delle proprie abilità genitoriali.”
  3. Un altro aspetto osservato in particolar modo su T. e S., ma anche su N. e W. per il breve tempo trascorso assieme, riguarda la percezione dell’ospedale. I genitori hanno riferito come, col passare del tempo ed il proseguire delle terapie, i bambini manifestavano entusiasmo nel compiere le sedute proposte, attendendo con ansia e gioia il giorno in cui sarei tornato. Dal diario del colloquio del il 13 settembre con la madre di S.: “Riporto alla madre quanto ho rilevato dal diario delle sedute: il gioco di S. è migliorato moltissimo […]; gli atteggiamenti oppositivo-provocatori sono rimasti confinati al periodo del ricovero […]; è migliorata la percezione dell’ospedale. Mentre per i primi due punti la madre si limita ad annuire, quando parlo dell’ultimo aspetto rilevato commenta confermando la mia impressione e ripetendo che il bambino era davvero felice di tornare in ospedale e che tutt’ora le chiede se tornerò a giocare con lui.”

Riteniamo che questo aspetto sia stato particolarmente importante per chi, come S. e T., era costretto a tornare settimanalmente in Day Hospital. Invece che associare il ritorno in DH alle visite e alle procedure mediche, si è potuta spostare l’attenzione su l’aspetto ludico, modificando così l’atteggiamento nei confronti dell’accesso in Ospedale per i controlli.

Nei quattro pazienti che si sono solamente osservati, non è stato possibile individuare degli obiettivi specifici e osservarne l’eventuale raggiungimento. Si ritiene però che, da un punto di vista metodologico, le sedute di osservazione abbiano già di per sé una valenza terapeutica, e rendano comunque possibile il raggiungimento di determinati obiettivi.

Ogni incontro svolto, a volte drammatico per le condizioni di salute del piccolo paziente, è stato pensato come una “osservazione di accoglimento”, un incontro aperto nel quale si è valutata una possibile presa in carico cercando di orientare l’azione terapeutica verso le esigenze che via via emergevano, ma non solo. Si è cercato sì di osservare, ma prima di tutto di accogliere il paziente, di accogliere i suoi familiari, la sua storia, il suo stato di salute, a volte persino il suo rifiuto di interagire. Si è cercato di dare un contenimento, attraverso il gioco, di offrire 45 minuti di “normalità”, e da essi poi ricavare una valutazione. L’“osservazione di accoglimento”, riteniamo, è stata di per sé significativa poiché ha fornito al paziente uno stimolo in più e al genitore una prospettiva diversa con cui osservare il proprio figlio e il relativo stato di salute.

Tale approccio, precisiamo, è stato inizialmente sperimentato con tutti i pazienti, in quanto non si poteva sapere a priori come sarebbe proseguita la presa in carico a causa della gravità della patologia.

Risultati specifici

In coloro per i quali è stato possibile svolgere un trattamento completo (valutazione-terapia-restituzione), sono poi stati osservati dei risultati differenti correlati agli obiettivi del programma terapeutico specifico.

S.: dalla revisione dei diari di cura è emerso come gli atteggiamenti oppositivo-provocatori, molto evidenti mentre era ricoverato in reparto degenze, in seguito alle dimissioni ed al ritorno a casa, sono scomparsi del tutto.

La forza muscolare e la motricità hanno continuato a migliorare, tanto che verso la fine delle cinque sedute, S. non aveva più bisogno di sedersi per riposarsi e i movimenti di prensione di oggetti in movimento sono migliorati molto, tanto che si è osservata l’anticipazione della traiettoria dell’oggetto che gli veniva lanciato, sebbene la presa fosse ancora insicura e poco funzionale.

L’aspetto su cui si è osservato il miglioramento più marcato è stato, però, il gioco simbolico. Inizialmente formato da semplici azioni simboliche non collegate tra loro da una narrazione coerente, è evoluto pian piano sino a diventare un vero gioco simbolico. Riporto a riguardo uno stralcio del diario di cura del 17 giugno da me tenuto:

“Lo invito a scegliere tra i giochi e prende le macchinine facendole saltare giù dal cubo di gommapiuma. […] Quando facciamo il primo giro fa cadere sulla mia macchina un cubo di gommapiuma e io faccio finta che la mia macchina si sia fatta male. Con mio stupore S. interviene con la sua macchina, “cura” la mia macchina e poi dice che la sua macchina è un ladro […]. Io allora prendo una terza macchina e dico di essere il poliziotto, lo inseguo, e quando lui nasconde la macchina rubata la trovo. Quando ritrovo la macchina mi chiede di fare cambio di macchine e prende la macchina-poliziotto […].

T.: nel corso dei mesi è cresciuta in maniera significativa la relazione con il paziente, e ciò ha permesso di approfondire i vissuti di malattia, offrendo la possibilità di rielaborare quanto accaduto accrescendo la consapevolezza di sé.  Sembra essere migliorato anche il deficit di recupero dei target nominali. Il ragazzino si è dimostrato maggiormente capace di utilizzare strategie alternative per farsi comprendere nel momento in cui emergeva il deficit dovuto all’afasia. Anziché interrompere la frase cercando di ricordare il vocabolo corretto o abbandonare il discorso, T. è stato capace di proseguire il discorso, descrivendo ciò che non ricordava in maniera corretta e sufficientemente semplice.

Non si è potuto invece proseguire il lavoro sull’interazione corporea a causa della necrosi ossea che ha pregiudicato il movimento riducendo le possibilità di giochi corporei.

V.: si è osservato un miglioramento nel controllo del tronco e nell’autoregolazione. La bambina è apparsa infatti meno disturbata, la capacità attentiva è cresciuta e V. è divenuta più facilmente consolabile: anziché necessitare di un continuo contatto corporeo con l’adulto, la bambina si è dimostrata capace di superare i momenti di maggior stress anche solo ascoltando la voce dei caregivers. Si è inoltre osservato un aumento della tolleranza della posizione in decubito laterale e della posizione prona, che inizialmente scatenavano il pianto.

Da segnalare poi anche lo sviluppo osservato nella relazione tra la madre e la bambina. Le interazioni si sono fatte più frequenti, non limitate ai soli bisogni della bambina, ma indirizzate anche alla costruzione di una relazione. Le modalità di accudimento, inizialmente difficoltose a causa della stanchezza e dell’impreparazione per la gestione di una situazione di questa gravità, si sono fatte via via sempre più attente ed efficaci. In particolare il bagnetto è divenuto un momento particolarmente piacevole tanto per la madre quanto per la bambina, anche se il numero di bagni è stato limitato dalla presenza del catetere venoso centrale e dal rischio che si infetti.  Si è iniziato ad attribuire significato alle azioni della bambina e a cercare il dialogo tonico, migliorando così la qualità della relazione.

 

Il metodo emerso

Come si è visto in precedenza, l’approccio iniziale è stato estremamente aperto. Non si sapeva quale tipologia di bambini si sarebbero osservati, né quali bisogni avrebbero manifestato, né se si sarebbero potuti prendere in carico; si è reso perciò necessario procedere “un passo alla volta”, cercando di individuare le soluzioni migliori per ogni esigenza che emergeva col procedere del tempo e lo svilupparsi della presa in carico.

Estremamente utile si è dimostrato l’utilizzo del diario di cura: da un lato esso ha permesso di mantenere a memoria tutte le diverse fasi dello sviluppo del progetto, dall’altro, attraverso la sua revisione, di individuare nuovi aspetti e nuove esigenze che non erano state precedentemente notate e di ipotizzare nuove strategie per raggiungere gli obiettivi. Con il tempo si è perciò andati a definire un metodo di lavoro, che presentiamo nella sua forma finale, emersa dalla rilettura critica dei diari di cura scritti nel corso dei sei mesi di svolgimento del progetto, dalla ridefinizione degli obiettivi e degli approcci, dal lavoro di integrazione con la psico-oncologa della Clinica.

Presentazione, colloquio, osservazione

Il primo approccio ai casi è stato di tipo indiretto. La dottoressa Capello, correlatrice della tesi, si è incaricata di individuare i pazienti che presentavano dei bisogni in ambito relazionale e motorio e che erano nelle condizioni cliniche per tollerare una seduta di terapia. La dottoressa ha quindi spiegato ai genitori brevemente in cosa consisteva il presente progetto di tesi, domandando se fossero disponibili a partecipare. Una volta identificati e avuta l’autorizzazione verbale del genitore, i pazienti mi sono stati descritti nel corso di una riunione con la dottoressa, nella quale è stata precisata la storia clinica e le necessità emerse dai colloqui psicologici.

Si è poi proceduto con un colloquio, avvenuto con il solo genitore del bambino, nel corso del quale è stato presentato il progetto, spiegando in cosa consista la neuropsicomotricità e rispondendo agli eventuali dubbi o alle richieste di chiarimento. Una volta ottenuta l’autorizzazione dal genitore alla partecipazione, quando possibile si è proceduti con una breve anamnesi del paziente, chiedendo di descrivere la storia del paziente soffermandosi in particolare sulle tappe di sviluppo neuropsicomotorio. Nei casi in cui non si è riusciti a fare ciò, la storia del paziente è stata appresa nel corso delle sedute stesse.

Successivamente al colloquio, sono state svolte circa cinque sedute di osservazione nella quale il paziente è stato osservato attraverso la scala di valutazione “S. O. N.”. si è scelto di utilizzare tale scala in quanto ritenuta sufficientemente ampia e versatile. Non si sapeva infatti a priori per quante sedute si sarebbero potuti effettivamente osservare i pazienti, né se sarebbero tornati in futuro, perciò si è scelto di non utilizzare scale più lunghe o complesse perché col loro impiego si sarebbe corso il rischio di non riuscire a completarle senza giungere ad una visione globale del paziente.

Per i pazienti ricoverati in reparto degenze le sedute di osservazione si sono svolte in stanza procedure o nella camera del paziente, a seconda della capacità del bambino di muoversi e dell’età (ad esempio i pazienti sotto l’anno d’età hanno svolto la seduta quasi sempre sul proprio letto). Per i pazienti che invece si presentavano in Day Hospital per le visite periodiche o le terapie, le sedute sono state svolte in un ambulatorio, a seconda di quale era di volta in volta libero.

Per i pazienti oltre i due anni, tutte le sedute sono state strutturate con un breve rituale di accoglienza svolto sui cubi di gommapiuma, nel quale si spiegavano le regole della stanza (non farsi male e non rompere nulla) e si chiedeva com’erano trascorsi i giorni precedenti, una fase di gioco (libero o guidato, a seconda del caso) e una fase conclusiva, in cui ci si ritrovava sopra i cubi di gommapiuma per salutarsi. Inoltre, al termine di ogni seduta si è dedicato del tempo di counseling genitoriale, in modo tale da ricavare nuove informazioni a proposito del paziente, rispondere ad eventuali dubbi o richieste, rinforzare la relazione terapeutica.

Valutazione, definizione degli obiettivi

Una volta concluse le sedute di osservazione è stata redatta una valutazione neuropsicomotoria, successivamente valutata dalla relatrice di tesi, la dottoressa Gioachin. Tale valutazione, ricavata dalla rilettura delle pagine del diario di cura e dalla scheda di valutazione S. O. N.[45], è stata scritta in maniera discorsiva.

 Dalla valutazione neuropsicomotoria sono stati definiti gli obiettivi sui quali andare a lavorare, successivamente discussi con la psico-oncologa della Clinica.

Una volta definiti gli obiettivi si è svolto un ulteriore colloquio con il genitore per presentare gli obiettivi e concordare le modalità di presa in carico. È stato sempre proposto un ciclo di cinque sedute, eventualmente ampliabile; questa decisone è stata dovuta al fatto che non conoscendo a priori le modalità e i tempi della terapia oncoematologica si rendeva necessaria una presa in carico non eccessivamente lunga e quindi di più facile gestione. Infatti l’incertezza dovuta dalla particolarità della patologia rendeva infatti i genitori incapaci di garantire una presenza superiore alle cinque sedute.

 

Trattamento

Il trattamento è stato svolto con frequenza settimanale per i casi di T. e S., con frequenza plurisettimanale con V. e S.; come per le sedute di osservazione, gli spazi utilizzati sono stati la stanza procedure del reparto degenze, le camere dei pazienti e gli ambulatori del DH.

La seduta è stata svolta in tarda mattinata o più tardi, in maniera tale da non interferire con le procedure mediche, che avvengono solitamente al mattino. I materiali utilizzati sono stati pochi, essendo costretti a disinfettare tutto ad inizio e fine seduta. Come descritto nel capitolo “Materiali e metodi” sono stati utilizzati due cubi, due parallelepipedi e un materasso in gommapiuma, alcune palle di diversi dimensioni e peso, un trenino con la ferrovia assemblabile, alcuni cibi e stoviglie, animali, macchinine, il tutto in plastica.

Per le sedute in reparto degenze si è reso inoltre necessario indossare il camice, la mascherina e sovrascarpe. Solo nel caso di Ve., infettata da un batterio multi-resistente, si è dovuti indossare anche guanti in lattice.

Nel caso di S. e T. le sedute, della durata di circa 45 minuti, sono state precedute e si sono concluse con un breve colloquio con i genitori per conoscere lo stato di salute del bambino. Le sedute di V. e So. hanno avuto una lunghezza variabile a seconda dello stato di salute della bambina e si sono svolte sempre con la presenza di almeno un caregiver in stanza.

Al termine di ogni seduta, dopo aver sistemato il materiale utilizzato, si è trascritto quanto è avvenuto in un diario di cura, riportando ciò che è stato svolto e detto nel corso della terapia, le impressioni e le emozioni suscitate, i pensieri che hanno condotto alla scelta di determinate azioni.

Verifica degli obiettivi: la revisione dei diari di cura

Una volta concluso il trattamento si è proceduti con la verifica degli obiettivi. Si è deciso di sperimentare i diari di cura come strumento di verifica del progetto riabilitativo.

Inizialmente il tirocinante ha scritto una verifica in base alle percezioni e alle impressioni dell’esperienza personale di cura rispetto agli obiettivi stabiliti nel progetto di trattamento, cercando di spiegare perché gli obiettivi sarebbero stati raggiunti o meno. Ha proceduto quindi con una rilettura critica dei diari di cura, cercando nei testi “dati” riconducibili agli obiettivi terapeutici. Questa analisi ci può permettere di considerare parti del testo come “evidenze” del risultato terapeutico raggiunto. Per sottolineare questo percorso, si sono evidenziati con differenti colori gli episodi, i pensieri, i dati che facevano emergere il raggiungimento o meno dell’obiettivo preso in considerazione (vedi Allegato 3).

Dalla rilettura, parte fondamentale della pratica del diario praxis come strumento di analisi riflessiva, sono inoltre emersi parti dei testi che testimoniano cambiamenti inattesi avvenuti nonostante non fossero previsti nel programma iniziale.

In collaborazione con la relatrice, sono state rilette le pagine del diario relativo alle sedute di terapia per verificare se le percezioni di fine trattamento potevano avere un riscontro, erano giustificate, e quali erano state le modalità di raggiungimento degli obiettivi, previsti o inattesi. In tal modo è stato possibile verificare l’intero processo di presa in carico neuropsicomotoria.

Al termine della revisione dei diari di cura è stata scritta una valutazione conclusiva; è stata fornita una restituzione ai genitori dei pazienti trattati riportando quanto fatto nel corso delle sedute, quali obiettivi sono stati raggiunti, quali no e quali sono emersi. Si è quindi discusso coi genitori a proposito della possibilità di proseguire con il trattamento neuropsicomotorio. In tutti i casi trattati, però, non si ha avuto il tempo per intraprendere un nuovo ciclo di sedute di osservazione né di terapia.

 


  • [43] www.orpha.net, G. de Saint-Basile-Chazelas, Linfoistiocitosi emofagocitica familiare
  • [44] Asportazione chirurgica di parte del colon.
  • [45] G. Gison, E. Minghelli e V. Di Matteo, Una testimonianza del percorso, Erikson, Trento, 2007

 

Indice
 
INTRODUZIONE
 
  1. Orientamento al contesto
    1. LA CLNICA DI ONCOEMATLOGIA PEDIATRICA: La struttura; Figure presenti all’interno del reparto
    2. PATOLOGIE TRATTATE E GESTIONE DELLA MALATTIA
    3. LA PATOLOGIA, IL CORPO, I SINTOMI: Malattia e corpo; Il corpo percepito: il bambino; Malattia e famiglia
    4. QUALE RUOLO POSSIBILE PER IL TNPEE: Il decreto ministeriale: Indicazioni ANUPI TNPEE; Ulteriori riferimenti
  2. METODOLOGIA
    1. IMPOSTAZIONE E SVILUPPO DEL PROGETTO
    2. RICERCA QUALITATIVA E TECNICA DEL DIARIO
    3. MATERIALI UTILIZZATI
    4. I DATI DEL PROGETTO
  3. L’ESPERIENZA
    1. I CASI TRATTATI: S.; T.; V.; So.; N.; W.; Ve.; A.
    2. I RISULTATI OTTENUTI: Risultati generali; Risultati specifici
    3. IL METODO EMERSO: Presentazione, colloquio, osservazione; Valutazione, definizione degli obiettivi; Trattamento; Verifica degli obiettivi: la revisione dei diari di cura
  4. RIFLESSIONE SULL’ESPERIENZA
    1. COMPLESSITÀ E CRITICITÀ EMERSE: Complessità della patologia; Criticità di spazi; Criticità di tempo; Criticità di confronto con altre figure professionali
    2. IPOTESI DI UN PROTOCOLLO TERAPEUTICO PER IL T.N.P.E.E. ALL’INTERNO DELLA CLINICA DI ONCOEMATOLOGIA PEDIATRICA: FASE 1: Segnalazione del caso e presa in carico; FASE 2: Valutazione e trattamento; FASE 3: Restituzione; Accompagnamento alla morte
 
CONCLUSIONI
 
BIBLIOGRAFIA
 
ALLEGATI
 
Tesi di Laurea di: Andrea SATTANINO
 

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