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Perché il termine “NEUROPSICOMOTRICISTA” viene associato al "Terapista della NEURO e PSICOMOTRICITÀ dell’Età Evolutiva" ?

Trattamento neuro e psicomotorio del bambino con disabilità intellettiva

"Si fa presto a dire che bisogna sviluppare le funzioni, tutti lo fanno, ma il problema diventa più difficile quando bisogna dire quale funzione sviluppare e come. Vi suggerisco di tenere sempre presente che la persona nella sua globalità è fatta di funzioni diverse che interferiscono fra loro, per questo la strategia funzionale favorisce le iniziative che conducono a mettere in atto un processo mentale, creare armonia nella funzione energetico-affettiva, sollecitare un sano interesse per l'ambiente e una serie di azioni per attivarne lo sviluppo." 

Jean Le Boulch

La terapia neuro e psicomotoria

Il Terapista della Neuro e Psicomotricità dell' Età Evolutiva (TNPEE) svolge un intervento di prevenzione,terapia e riabilitazione delle malattie neuropsichiatriche infantili nelle aree della neuro-psicomotricità, della neuropsicologia e della psicopatologia dello sviluppo.

La psicomotricità considera l'individuo nella sua totalità , mette in risalto il legame tra corpo e mente: la mente, per progettare e sviluppare il pensiero del movimento corporeo, ha bisogno delle informazioni provenenti dal corpo;viceversa il corpo, per progettare e attivare il movimento dell'apparato locomotore richiede i relativi impulsi al sistema nervoso centrale i quali inevitabilmente giungono condizionati alle altre funzioni cerebrali per il raggiungimento di una relativa stabilità interna.

Quindi la psicomotricità si basa principalmente su questi elementi: la centralità del corpo quale produttore e organizzatore di senso; l'azione quale manifestazione primaria della soggettività e della costruzione della realtà; l'interazione, al contempo dato fondante e strumento di ogni processo evolutivo, cognitivo e affettivo. [12]

La terapia psicomotoria in generale è una terapia fondata sulla rieducazione a mediazione corporea e si basa su tecniche che fanno intervenire il corpo in azione. Il corpo è inteso nella sua interezza, in tutte le sue componenti biologiche, fisiologiche e psicologiche. E' anche una terapia del movimento: esso è l'oggetto della terapia, ma a differenza di altri tipi di riabilitazione, non viene considerato solamente come un strumento ma acquisisce anche un significato simbolico, costituisce la chiave di accesso alla vita psichica, e attraverso di esso, è possibile risalire ai disturbi affettivo-emozionali e/o cognitive che molto spesso sono all'origine dei sintomi motori. Inoltre è una terapia globale: il corpo rappresenta la totalità della persona, il movimento è l'espressione esteriore di tutta la personalità quindi la terapia deve per forza essere pensata in una dimensione di unità e di totalità.[27]
Il concetto di terapia in età evolutiva è connesso a quello di funzione adattiva, per individuare le funzioni che una volta acquisite permettono all'individuo di agire efficacemente e autonomamente nell'ambiente.

I principi su cui si fonda la terapia sono: il principio della modificabilità, secondo cui il bambino viene portato all'apprendimento di un livello superiore rispetto a quello che dimostra, ma anche alla possibilità di potenziare l'utilizzo di personali strategie di compenso per la soluzione di determinati compiti; il principio della mediazione, per mezzo del quale si aiuta il bambino a migliorare la sua prestazione; il principio della generalizzazione, per mettere il bambino nella condizione di poter applicare le abilità acquisite ai diversi ambiti della vita quotidiana. Solo con l'esperienza positiva,costante e più volte ripetuta del contenuto di apprendimento e della conseguente rielaborazione si riesce ad automatizzazione e acquisizione definitivamente l'abilità. Quando le funzioni deficitarie non sono recuperabili perché compromesse gravemente, il terapista offre al bambino le strategie alternative.[40]

Il trattamento della disabilità intellettiva

Le mansioni del TNPEE sono: effettuare la valutazione del bambino attraverso l'osservazione e l'esame psicomotorio; stendere il profilo di sviluppo del bambino (bilancio); definire il progetto riabilitativo scegliendo gli obiettivi a breve, medio e lungo termine del trattamento; attuare la presa in carico psicomotoria, eseguire ripetuti controlli durante il periodo di riabilitazione per verificare il raggiungimento degli obiettivi; lavorare in equipe multidisciplinare.

Quindi, nel caso del bambino con disabilità intellettiva, prima di iniziare ogni trattamento, vengono valutate tutte le aree dello sviluppo del bambino, analizzando i suoi punti di forza e di debolezza, al fine di stilare un progetto riabilitativo personalizzato, il cui obiettivo generale è quello di aiutarlo nell'integrazione di queste aree e di fornirgli delle strategie valide che gli permettano un adattamento efficace all'ambiente, al fine di migliorare la sua qualità della vita.

Di conseguenza è fondamentale non solo l'approccio specifico mirato al sintomo ma contemporaneamente un approccio integrato, mirato al disturbo nella sua globalità, volto all'integrazione dei diversi aspetti e delle varie funzioni alla sua base.

Ovviamente il trattamento viene progettato in base alle caratteristiche di ogni singolo bambino perché, anche se i vari soggetti sono accomunati dalla stessa diagnosi, hanno necessità diverse. [27]

L'intervento che viene proposto al bambino con disabilità intellettiva e alla sua famiglia dall'equipe multidisciplinare è globale. Particolare attenzione viene data alla modificazione del comportamento, favorendo i comportamenti adattivi a discapito dei comportamenti-problema, all'applicazione di tecniche di problem solving interpersonale e all'aumento dell'autoconsapevolezza, dell'autostima e dell'autonomia, alla capacità di concentrazione e di attenzione mantenuta nel tempo, al livello di motivazione, alle emozioni e ai pensieri associati. [15]

Il terapista deve anche mettere a fuoco la qualità degli schemi d'azione che incide sull'organizzazione motoria (la ripetizione è spesso chiusa, non finalizzata agli apprendimenti, anzi, volta a riassimilare gli schemi già noti), le coordinazioni cinetiche possibili della motricità di spostamento, i segni precursori di eventuali disturbi psichiatrici o disturbi dell'interazione sociale (è necessario distinguere la prevalenza della difficoltà cognitiva che ostacola la relazione, dalla difficoltà relazionale aggravata da quella cognitiva) che provoca difficoltà nella comprensione degli eventi della realtà, quindi nei parametri della costruzione dell'oggetto e delle relazioni spazio-temporali perché cambiano in maniera considerevole la prognosi. Infine, con l'inizio della scuola si riscontreranno deficit di apprendimento,disgrafie, problematiche relativi a calcolo e lettura.

È importante modificare gli schemi ripetitivi e creare un'alternanza tra vecchio e nuovo poiché l'introduzione della variabile andrà a modificare lo schema appreso e la considerazione dell'adattamento acquisito in precedenza. La rigidità degli schemi non è solo di ordine cognitivo, bensì affettivo e motorio, di conseguenza limita anche le possibilità espressive e ludiche quindi la modificazione degli schemi influirà sugli adattamenti e sull'organizzazione interna del bambino. A questo punto seguirà l'adattamento vero e proprio che si generalizza a tutto il tempo della seduta per poi applicarlo agli eventi della vita quotidiana.

Inoltre la possibilità di organizzare gruppi terapeutici di bambini con caratteristiche compatibili tra loro è un'occasione che concluderebbe il percorso terapeutico rimettendo in gioco gli adattamenti acquisiti in una situazione di relazioni con altri bambini.[53]

E' importante delineare un progetto riabilitativo di tipo "ecologico", cioè in cui l'intervento è diretto non tanto al bambino come unico soggetto quanto all'ambiente circostante, quindi intervenire anche sulla famiglia tramite un approccio basato sulla Family Centered Care e sulla scuola, fondamentale per l'adattamento e della generalizzazione. Non bisogna soddisfare solo i bisogni del bambino ma anche quelli di tutta la famiglia, impegnata ad aiutarlo nel suo percorso verso l'acquisizione dell'autonomia. Il supporto alla famiglia viene dato attraverso un processo di coinvolgimento, partecipazione e condivisione, quindi sostenuto dal cosiddetto "empowerment" che si basa su una partnership tra operatori e famiglia. [15] [46]

Il trattamento del deficit delle funzioni esecutive e della disprassia

Il trattamento riabilitativo, partendo dall'analisi del bambino nella globalità delle sue caratteristiche, deve quindi porsi come obiettivi: il miglioramento delle competenze esecutive, lo sviluppo dell'autoregolazione e dell'attenzione, il potenziamento della presa di coscienza dei processi cognitivi, necessaria per comprendere e generalizzare le strategie finalizzate alla realizzazione di una prassia che verrà applicata alla vita di tutti i giorni.[23]

In generale è sempre utile potenziare le funzioni esecutive, ossia i processi di controllo. Il bambino prima di tutto deve essere in grado di avviare i processi di autoregolazione: controllare l'inibizione è il primo passo per essere in grado di rispettare e utilizzare precise regole apprese e deve quindi sapere prestare attenzione prima, durante e dopo l'azione.

Fondamentale in questo percorso è quindi lo sviluppo di: autocontrollo, autogestione, autoregolazione e automonitoraggio: l'intervento sull'autocontrollo è volto a migliorare la capacità del soggetto di controllare che le cose vadano "per il verso giusto", di inibire risposte disadattive, di non distrarsi, ecc.; l'autogestione riguarda l'abilità di produrre comportamenti appropriati alle varie situazioni; l'autoregolazione si riferisce alla capacità di regolare continuamente e autonomamente i propri comportamenti, sintonizzare e modulare le proprie azioni e le risposte cognitive, fisiologiche e psicologiche, in base alle regole che l'ambiente gli impone, soprattutto quelle sociali; infine l'automonitoraggio è l'autovalutazione del proprio comportamento. Tutto questo si basa sulla capacità di autoistruzione attraverso quello che Luria (1961) chiama "private speech" cioè le comunicazioni dirette a sé stessi. Il bambino deve imparare a regolarsi soprattutto in base alle regole sociali.

E' importante integrare il programma di autoistruzione con l'uso di tecniche di rinforzo, gratificazione e costo della risposta, del modellamento (presentare modelli che illustrano i comportamenti richiesti), esercizi di role playing (in cui bisogna mettersi nei panni di un altro ) ed educazione alle emozioni. Questo tipo d'intervento dovrebbe rendere il soggetto più attivo, capace di organizzarsi da solo la propria attività e capace di tenersi sotto controllo durante lo svolgimento del compito. [15] [17]

L'intervento sull'autoregolazione e monitoraggio dell'azione deve far giungere il bambino ad un apprendimento stabile e generalizzabile (feed-forward), tramite esperienze ripetute e obiettivi raggiunti positivamente sotto il proprio controllo (feed-back),bisogna insegnargli ad osservare e ricordare i loro comportamenti (auto-valutazione), utile soprattutto per migliorare le capacità attentive.

Insieme all'autovalutazione è importante l'auto-rinforzo che insegna al bambino a valutare la qualità della sua prestazione in un dato comportamento o compito e premiarsi sulla base della sua realizzazione. L'auto-istruzione, associata all'auto-rinforzo, ha effetti che sembrano essere strettamente dipendenti con il livello di sviluppo cognitivo del bambino, dimostrandosi meno efficaci nei casi di lievi ritardi nello sviluppo intellettivo. [27] [37]

In sostanza, una volta arrivato un input, bisogna insegnare al bambino a decodificarlo e a elaborarlo insieme ad altre informazioni, quindi allenarlo a sapere utilizzare meglio più funzioni in contemporanea.

Nella pratica per favorire lo sviluppo dell'autoregolazione bisogna: fare in modo che il bambino guardi negli occhi l'interlocutore per mantenere l'attenzione e capire ciò che sta dicendo; a sua volta l'altro deve parlare chiaramente senza urlare ed escludere eventuali elementi di distrazione; creare delle routine, avere un atteggiamento positivo nei confronti del bambino, gratificarlo e ricompensarlo perché ripeta il comportamento adeguato; abituarlo a pensare prima di agire.[43]

Per quanto riguarda l'instabilità psicomotoria l'area d'intervento prescelta è quella delle coordinazioni cinetiche, regolazioni toniche, schema corporeo, lateralizzazione, spazio, tempo e prattognosie. L'attivazione delle coordinazioni cinetiche semplici e complesse quali cammino, corsa, salti, si adatta bene a questo tipo di bambino. Quest'ultimo dovrà concentrarsi sulla qualità motoria e il controllo posturale e quindi inizierà a portare una maggiore attenzione a sé nel corso delle coordinazioni dinamiche e statiche.[53]

Si deve inoltre lavorare sull'attenzione, intesa come funzione che il bambino esercita, e non sulla disattenzione, si cercano di individuare le fonti verso cui viene direzionata e il processo selettivo che egli ha compiuto; si sviluppano quindi ipotesi attorno al modo in cui il suo processo adattivo si sta compiendo.

Elementi utili al potenziamento dell'attenzione sono: favorire un contesto facilitante e un ambiente prevedibile instaurando routine, stabilendo regole strutturate e dando al bambino informazioni di ritorno sui suoi comportamenti; stabilire e prevedere i tempi di lavoro non troppo lunghi, intervallati da pause e scanditi in modo concreto (per esempio con l'uso della clessidra o di materiale visivo come la "striscia visiva" che raffigura le attività programmate) e richiedere la ripetizione della consegna prima di svolgere il compito per accertarsi che l'abbia davvero compresa e interiorizzata. [44]

Per quanto riguarda invece la disprassia poiché nell'individuo l'abilità prassica varia notevolmente, il limite che distingue la norma dalla disprassia, sta nella risoluzione dei compiti della vita quotidiana: non è l'abilità fine a sé stessa l'oggetto di lavoro del terapista della neuro e psicomotricità, bensì il disadattamento che l'eventuale disabilità produce nell'individuo.

Nell'area della motricità si sollecitano le coordinazioni semplici e complesse, si sollecitano le dissociazioni intenzionali, le coordinazioni oculo-motorie, oculo-manuali e la motricità fine.

Al tavolo le abilità che vengono sollecitate riguardano l'area della coordinazione oculo-manuale globale, della regolazione tonica e della rapidità, e fungono da introduzione all'esercizio delle prassie in cui il bambino incontrerà le sue difficoltà. L'esercizio motorio deve quindi essere certo, finalizzato e con scopi precisi, la ripetizione dell'atto e le variabili che in esso si introducono, apportano migliorie che provocano nuovi adattamenti. Il linguaggio verbale espressivo del terapista e autodiretto del bambino anticipano, accompagnano e verificano l'esecuzione, rendendola più consapevole e migliorandola. Il terapista agisce anche sulla scomposizione e descrizione degli atti che compongono le diverse prassie necessarie per la risoluzione del compito.[29] [53]

Inoltre è bene considerare la correlazione tra aspetti motori, linguistici, funzioni esecutive ed emotività.

La correlazione tra funzioni esecutive e prassie viene confermata ad esempio tenendo conto dell'importanza dell'uso delle capacità di oculomozione: l'aspetto motorio, il saper usare gli occhi per osservare, fissare il volto dell'altro e un oggetto immobile o in movimento, è alla base dell'interazione con l'altro e con l'ambiente ed è fondamentale per fissare l'attenzione. La condivisione di sguardo è anche importante per l'imitazione che è alla base di ogni apprendimento. D'altra parte l'esercizio consapevole e la motricità complessa sono utili strumenti per sollecitare l'intervento di diversi tipi di funzioni esecutive e attentive e possono promuovere l'abitudine al reclutamento di una certa quantità di risorse cognitive. [40]

Nella pratica bisogna quindi aumentare il controllo e l'automonitoraggio dell'attività motoria con attività di motricità globale e gioco corporeo volte alla sperimentazione di variazione del tono muscolare, della postura, del tempo e dello spazio; usare delle autoistruzioni verbali per portare a termine attività con giochi strutturati come memory, puzzle o domino; sviluppare le competenze grafomotorie e di organizzazione spaziale con attività di pregrafismo; favorire il controllo del corpo e il miglioramento delle competenze di equilibrio statico e dinamico con tecniche di rilassamento tonico, imitazione delle posture di animali e con l'ausilio di oggetti e suoni. [23]

Utilissimi sono anche i percorsi psicomotori in cui, oltre alla riabilitazione delle coordinazioni cinetiche che si attua attraverso salti,strisciare ecc., si posso introdurre le funzioni esecutive come memoria, facendo ricordare al bambino l'ordine delle sequenze che compongono il percorso, l'inibizione, facendo rispettare l'attesa del proprio turno e del "via", l'orientamento del corpo nello spazio e nel tempo e infine si può lavorare anche sulla grafo motricità chiedendo al bambino di disegnare il percorso fatto. Tutto questo ovviamente permette anche di allungare i tempi attentivi del bambino.

Prognosi

Il terapista della psicomotricità deve avere una visione dinamica del funzionamento del bambino, deve valutare punti di forza e di debolezza e successivamente la libertà evolutiva del bambino all'interno di queste caratteristiche.

Non bisogna porre l'attenzione sulle singole competenze del soggetto, ma su come si integrano tra di loro; non bisogna guardare solo se una determinata funzione è presente o assente ma in che modo si propone, se è emergente, quindi se è presente con l'aiuto del terapista, se viene mantenuta nel tempo o se compare solo in determinate occasioni; non bisogna vedere le competenze staticamente ma capire come esse vengono utilizzate nella vita quotidiana.

La disabilità intellettiva con l'età presenta il rischio di un peggioramento adattivo: per evitare il rischio psicopatologico occorre che l'intervento sia quanto più precoce possibile ed integrato, sia centrato sul deficit sia cognitivo che affettivo, sia concentrato sulle fasi critiche dello sviluppo, sia basato sul linguaggio orale e sul controllo di pensieri e azioni,intesi come strumenti di pensiero, prima di qualsiasi apprendimento del linguaggio scritto.
I luoghi educativi, scolastici e sociali sono ambienti fondamentali per lo sviluppo del bambino, anche se la terapia individuale è necessaria perché offre il vantaggio di favorire, accelerare, conoscere più a fondo i suoi processi adattivi e permette di individuare ambienti e strumenti più idonei che, opportunamente generalizzati, potrebbero concorrere a rendere più agevole la sua vita.

Lo sbocco comune della disabilità intellettiva è uno svantaggio cognitivo che ostacola il normale svolgimento della vita quotidiana del bambino. I miglioramenti apportati da una terapia costante e duratura non possono liquidare la disabilità ma possono ampliare le competenze del bambino per renderle più autonomo possibile. [53]

 

Indice

 
 
INTRODUZIONE 
 
  1. ASPETTI GENERALI 
    1. Disabilità intellettiva - Introduzione; Classificazione; Funzionamento intellettivo e adattivo; Etiologia e fattori predisponenti; Incidenza,sviluppo,decorso e comorbilità.
    2. Deficit delle funzioni esecutive e disabilità intellettiva - Le funzioni esecutive:definizione; Modelli teorici alla base delle funzioni esecutive e dell'attenzione; Valutazione delle funzioni esecutive; Basi neurofisiologiche delle funzioni esecutive e dell'attenzione; Deficit delle funzioni esecutive e disabilità intellettiva.
    3. Disprassia e disabilità intellettiva - Introduzione: prassia e disprassia; Definizione; Classificazione; Valutazione della disprassia; Basi neurofisiologiche della disprassia; Disprassia e funzioni esecutive; Disprassia e disabilità intellettiva.
    4. Trattamento neuro e psicomotorio del bambino con disabilità intellettiva - La terapia neuro e psicomotoria; Il trattamento della disabilità intellettiva; Il trattamento delle funzioni esecutive e della disprassia; Prognosi.
  2. STUDIO DESCRITTIVO 
    1. MATERIALI E METODI - Campione; Valutazione; Trattamento.
    2. RISULTATI
 
CONCLUSIONI
 
APPENDICI
 
BIBLIOGRAFIA
 
 
Tesi di Laurea di: Ariela ALEXOVITS
 

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