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LE CEREBROLESIONI ACQUISITE

Cosa sono

Con il termine “cerebrolesione acquisita” si intende una patologia cerebrale acuta avvenuta in epoca postnatale. Nei casi più gravi provoca uno stato di coma rilevato dalla scala di valutazione Glasgow Coma Scale (GCS) < 8 per una lasso di tempo superiore a 24 ore. Proprio la compromissione dello stato di coscienza costituisce un indice di gravità e di severità prognostica, quanto maggiore è il periodo di alterazione della coscienza, tanto più frequente è il rischio del perdurare di gravi disabilità residue.(8)

Le lesioni cerebrali possono avere diversa eziologia ognuna con un decorso a se stante, ma accumunate da una prognosi di grave compromissione fisica, cognitiva e comportamentale che si ripercuote nell’ambito sociale, scolastico, familiare ed economico.

Le principali cause sono dovute a traumi cranio-encefalici (TCE), patologie cerebrovascolari (emorragiche o ischemiche), encefalopatie post-anossiche da arresto cardiaco o da altre cause ipossiche, patologie infettive o infiammatorie cerebrali, deficit provocati da crisi epilettiche, esiti di interventi neurochirurgici ad esempio per asportazione di tumori intracranici. Tali patologie costituiscono una della più importanti cause di severa disabilità acquisita nel mondo occidentale.(9)

Le cerebro lesioni acquisite sono diventate una patologia rilevante anche numericamente perché, le numerose tecniche di rianimazione hanno consentito la sopravvivenza e il superamento del coma in pazienti che hanno subito un grave danno cerebrale, aumentando la prevalenza di tale patologia.

Il paziente con cerebro lesione acquisita presenta una serie di problemi estremamente complessi di origine multifattoriale che mettono in crisi conoscenze, metodi della medicina e strutture della sanità. Nei soggetti con lesioni cerebrali possono essere compromesse le abilità motorie, linguistiche, la nutrizione, il controllo sfinterico, la respirazione, le capacità cognitive, l’udito, la vista. Inoltre nei bambini la crescita neuropsicologica e lo sviluppo negli apprendimenti si interrompe e si compromette. Tutti questi deficit interagiscono tra di loro creando un quadro patologico di severità maggiore rispetto a quanto ci si potrebbe aspettare dalla semplice sommatoria delle singole componenti.(8)

La lesione cerebrale non è una malattia che si può prevedere o prevenire, è un evento improvviso e inaspettato, nel caso del trauma cranico causato da comportamenti comuni che difficilmente vengono riconosciuti come pericolosi, ma che lasciano esiti molte volte agghiaccianti.(4) Un armadio che cade, una buccia di mela che va di traverso, un incidente stradale, una caduta, ecc … tutto ciò che apparentemente è innocuo può trasformarsi in evento irreparabile. Altre volte le cerebro lesioni acquisite sono dovute a cause infettive quali encefaliti o meningiti, altre volte a problemi cardiaci o conseguenti a neurochirurgia per l’asportazione di tumori intracranici o per ridurre la quantità di crisi epilettiche.

Le cerebro lesioni e i suoi esiti rappresentano un problema complesso sia per l’equipe medica che per coloro che si occupano della riabilitazione, ma ha anche rilevanti implicazioni sociali ed elevati costi assistenziali.

La presa in carico riabilitativa inizia in centri specializzati dopo la stabilizzazione dei parametri vitali dei pazienti e la dimissione dai reparti per la fase acuta. Grazie a questi servizi dediti alla riabilitazione si svolgono le necessarie valutazioni, le terapie riabilitative intensive fino al reinserimento familiare e nei migliori casi scolastico e sociale.(10)

 

Le principali cause di cerebro lesione

Il trauma cranico

La definizione del termine “trauma cranico” nasce negli anni 60 in Europa, ma ha assunto notevole rilevanza quando venne attribuito a uno dei “segni di guerra” riportati dai militari che tornavano dai conflitti in Iraq, Afghanistan e USA. Infatti, si era notata una correlazione tra gli effetti a lungo termine causati da percussioni durante le guerre e quelle che si verificavano in soggetti che praticavano sport violenti.(11)

A livello medico, con il termine “trauma cranico” si intende un evento traumatico che coinvolge il cranio, non degenerativo, non presente alla nascita e non sviluppatosi durante il parto, fa quindi parte delle cerebro lesioni acquisite.(12) In seguito a ciò si può riscontrare una lesione dello scalpo, delle ossa craniche e dell’encefalo. Il trauma è un tipo di danno acquisito a causa di una forza esterna che può procurare lesioni alle strutture anatomiche fino a determinare cambiamenti dello stato di coscienza, di quello psichico, emozionale o comportamentale. Queste numerose alterazioni, anche combinate tra di loro, possono essere causa di disabilità.(13)(12)(14)(15) Con questo temine, inoltre, si racchiudono tutti i traumatismi, da quelli lievi a quelli più gravi.(11)

Fisiopatologia del trauma cranico

Fratture craniche

Le fratture craniche possono essere di due tipi: lineari o comminute. Le prime non necessitano di trattamenti specifici se non associate ad altre lesioni, quelle

comminute presentano numerosi frammenti ossei più o meno composti che possono incidere sull’integrità delle meningi e del cervello. In questi casi, quindi, sarà necessario l’intervento chirurgico per ridurre la frattura e per prevenire l’insorgenza di focolai epilettici causati dai frammenti.. Ci possono essere anche lesioni dei nervi, in particolare il VII associato a paralisi facciale di tipo periferico, e lesioni della dura madre con fistola liquorale. Il liquor può drenare dall’orecchio e in questo caso si parlerà di otoliquorrea o dal naso passando dalla tuba di Eustachio, rinoliquorrea.

Per quanto concerne l’età pediatrica si possono verificare due tipi particolari di fratture oltre quelle lineari e comminute, dovute alle caratteristiche intrinseche del cranio dei bambini che non ha ancora raggiunto una completa ossificazione: la frattura a ping pong e quella growing skull. La prima è legata alla plasticità della teca cranica e può non essere correlata a lesioni cerebrali sottostanti, in questo caso non è richiesta una terapia chirurgica e si corregge da sola. La growing skull fracture, invece, è conseguente a una complicanza di una frattura cranica pregressa che aveva provocato una lesione durale sottostante che ha scaturito la formazione di una cisti aracnoidea che protrude causando la diastasi dei margini di frattura. La terapia in questo caso è chirurgica.

Lesioni intracraniche (13) (14) (16) (17) (18)

Le lesioni intracraniche possono essere focali o diffuse. Le prime comprendono le contusioni e gli ematomi intracranici.

La contusione cerebrale è caratterizzata da uno stravaso ematico sub-piale e dal conseguente rigonfiamento della zona interessata. Ciò provoca una lacerazione che è difficilmente distinguibile dalla contusione, dunque si preferisce parlare di “lacero- contusione cerebrale”. Quest’ultima può essere provocata da impatto diretto, cioè nella zona dove si verifica il trauma, o da contraccolpo, in tal caso la lesione si localizza in sede diametralmente opposta al punto di impatto; questo accade perché le protuberanze ossee ledono l’encefalo causando possibili edemi con evoluzione più o meno rapida (da ore a giorni) che possono provocare emorragie.

Gli ematomi, invece, si sviluppano nel 3% dei traumi cranici che arrivano in ospedale. Spesso si sviluppa acutamente quindi è necessario un intervento d’urgenza, altre volte lo sviluppo è tardivo e, inizialmente, può passare inosservato.

Possono esserci diversi tipi di ematomi: epidurali, subdurali acuti o cronici e intracranici. I primi sono quelli che si formano tra il tavolato interno della teca cranica e la dura madre causati da uno scollamento delle due superfici. Quelli subdurali acuti si osservano nel 10-15% dei TC severi e sono dovuti al sanguinamento del parenchima lacerato o alla rottura delle vene a ponte. Le immagini rilevate con la TAC mostrano un effetto massa nell’encefalo a forma di luna crescente che provoca lo spostamento delle strutture mediane e l’appianamento dei solchi. È richiesto l’intervento immediato e la mortalità è del 50%. L’ematoma subdurale cronico interessa circa 1-2 per 100.000 abitanti che subiscono un TC lieve, nel 20% dei casi è bilaterale e causa una compressione dei ventricoli e delle circonvoluzioni cerebrali. Infine, ci sono gli ematomi intracranici che sono tipici dei TC gravi, spesso hanno una sintomatologia simile agli ematomi subdurali acuti e spesso sono concomitanti. Questo tipo di ematomi determina lo spostamento delle strutture mediane, deficit focali e alterazioni della coscienza.

Fanno parte delle lesioni intracraniche diffuse le concussioni e il danno assonale diffuso.

Il danno assonale diffuso è una lesione irreversibile degli assoni che si “separano” dal soma neuronale, causata da un’accelerazione rotazionale conseguente ad uno scuotimento cerebrale violento. Poiché la sostanza bianca ha una diversa consistenza rispetto alla sostanza grigia, forti movimenti causano vibrazioni diverse delle due sostanze che si separano. La disconnessione assonale si associa al coma, inoltre si evidenziano dalle lesioni a carico del corpo calloso e del tronco encefalo rilevati dalla RM, anche l’EEG risulta alterato.

La concussione è una forma più lieve di danno assonale diffuso: c’è una breve perdita dello stato di coscienza con rapido ritorno allo stato di vigilanza normale. Si può riscontrare amnesia retrograda o anterograda di variabile entità. Non è ancora ben chiara la fisiopatologia delle concussioni.

Qualunque sia la causa scatenante del TC, solo parte del danno emerge al momento dell’impatto, ciò è chiamato “danno primario”, nelle ore e nei giorni successivi al trauma si sviluppa il “danno secondario”, che è responsabile della mortalità nel 50% dei casi con grave traumatismo cranico. Questo fenomeno è dovuto ai meccanismi biochimici che si sviluppano in seguito allo scompenso dell’equilibrio cerebrale e allo scarso apporto di ossigeno o al ridotto flusso ematico.

Epidemiologia dei traumi cranici (13 ) (16) (19)

Il trauma cranico è la terza causa di morte nei paesi occidentali dopo le malattie cardiovascolari ed i tumori e la prima causa di morte al di sotto dei 45 anni di età. In Italia, ogni anno, si calcolano circa 180-250 traumi cranici per 100.000 abitanti l’anno, escludendo quelli lievi nei quali non si verifica una perdita di coscienza se non per pochi attimi.

Circa il 67% dei traumi cranici è dovuto ad un incidente stradale mentre il 30/40% è dovuto a episodi di altra natura, quali incidenti sul lavoro, domestici, sportivi, atti di violenza o lesioni auto-inflitte.

Il 20% dei traumatizzati presenta turbe persistenti della coscienza fino al coma.

La mortalità varia nei diversi paesi a seconda delle capacità di cura professionali e organizzative: in Danimarca, Norvegia e Svezia, per esempio, la mortalità è di 10/100.000; in Finlandia 20/100.000, in Europa 17/100.000

Nei traumi cranici gravi, il 50% dei decessi avviene prima ancora che il paziente raggiunga l’ospedale.

Grazie all’indagine statistica che analizza la frequenza degli incidenti per fasce d’età si è evidenziato che ci sono due picchi: uno tra i 16 e i 35 anni e uno dopo i 70 anni. In età evolutiva, invece, i picchi sono tra 0 e 1 anno e tra 2 e 5 anni.

Per quanto concerne il sesso, da alcuni studi(8) si è visto che i maschi hanno più probabilità di subire un trauma nettamente superiore rispetto alle femmine (circa

3:1), tali valori sono massimi nella fascia d’età compresa tra i 10 e i 19 anni e tende ad annullarsi negli individui adulti.

Oggi, grazie alle numerose tecniche di prevenzione primaria e secondaria, la prognosi dei pazienti è migliorata e la mortalità diminuita. La problematica, ora, si è appesantita sul fronte assistenziale, infatti sono aumentati i casi di pazienti vivi post traumatici, i quali presentano diversi tipi di alterazioni dello stato di coscienza.

Il tumore intracranico

I tumori sono patologie molto antiche, il primo scritto riguardante un caso di tumore risale al 1850 a.C. precisamente sul papiro egiziano di Kahun dove viene descritto un cancro dell’utero. Un altro documento importare è il papiro di Ebers (1550 a.C.) che delinea l’incurabilità della patologia in esame.

Anche Ippocrate (460-370 a.C.) sottolinea la non curabilità di questo male ritenuto causato dalla rottura dell’equilibrio della circolazione dei quattro umori presenti nel corpo. Il medico greco usò per la prima volta il termine “carcinoma” la cui origine etimologica è “granchio” perché dalle autopsie si vedevano masse molto radicate che divorano i tessuti con una morsa molto stretta.

Successivamente il medico romano Galeno (129-201 d.C.) nel secondo libro “De Naturalibus Facultatibus” utilizza per la prima volta il termine “cancro”, dal latino cancer cioè granchio, per la somiglianza delle vene tumorali con le sue zampe.

Altri termini che si sono sviluppati sono “tumore”, coniato dai romani per sottolineare l’ingrossamento dalla parte dei tessuti coinvolti e “neoplasia”, derivante dal greco neo cioè nuovo e plasia cioè tessuto che sottolinea la differenza tra il tessuto sano e quello patologico.

Da quanto descritto il tumore è una massa in crescita, questa massa quando è situata a livello cerebrale, comprime le strutture sane a causa della non espandibilità della scatola cranica.

Questi ultimi vengono indicati con la dizione “tumori endocranici”. Questi ultimi comprendono lesioni di varia natura, ma che hanno in comune la caratteristica di “occupare spazio” e, se non trattato, provoca ipertensione endocranica con lesione delle strutture cerebrali e del tronco encefalico, il cui funzionamento è indispensabile per la vita. Risulta quindi di fondamentale importanza una diagnosi precoce al fine, se è possibile, di rimuovere chirurgicamente la massa tumorale. Tre sono i fattori che influiscono favorevolmente sulla prognosi clinica dei tumori cerebrali: la possibilità di aggressione chirurgica, la precocità dell’intervento e la natura del tumore cioè il grado di malignità istologica, la velocità di crescita, la modalità di invasione, la tendenza a dare metastasi ed a recidivare.(20)

Esistono diverse classi di tumori endocranici, in letteratura vengono classificati in tumori neuro-epiteliali o tumori intra-assiali, neurinomi (tumori delle guaine nervose), meningiomi (tumori meningei), germ cell tumors (tumori delle cellule germinali), linfomi, tumori su base malformativa e tumori metastatici.(13)

Fisiopatologia del tumore intracranico

Con tumore si intende una proliferazione anomale delle cellule del tessuto interessato. Se il tumore si sviluppa a livello cerebrale, poiché la scatola cranica è poco espandibile si può andare incontro a infiltrazione o compressione del parenchima, ostruzione delle vie liquorali, aumento della massa all’interno del cranio, alterazione dell’apporto ematico che giunge ai neuroni e dell’eccitabilità neuronale.

La compressione e l’infiltrazione da parte del tumore si traducono in eventi focali causa di aspetti irritativi che alterano l’eccitabilità neuronale scatenando così crisi epilettiche e/o di deficit neurologici. La compressione sul parenchima cerebrale causa rallentamento di circolo ed ipossia locale, spesso dovuti alla compressione di grosse vene. Si ha quindi un aumento di pressione venosa e stravaso interstiziale di liquido con edema cerebrale.

La compressione del tessuto nervoso porta a segni di interessamento neurologico focale progressivo come cefalea, vomito mattutino, sonnolenza, obnubilamento del sensorio, turbe del pensiero, bradicardia, ipertensione sistolica e coma, che costituiscono i sintomi più facilmente riconoscibili del tumore. All’esame del fondo oculare si possono apprezzare l’edema della papilla o anche piccole emorragie retiniche se il tumore è avanzato. Altri sintomi possono interessare l’ambito motorio, visivo, uditivo, del linguaggio e del comportamento.

A seconda del tipo di tumore variano la gravità dei sintomi, l’importanza delle compromissioni e la velocità d’esordio. Per esempio i gliomi provocano uno sconvolgimento locale delle strutture nervose quindi si istaurano rapidamente i deficit neurologici, diversamente i meningiomi hanno una crescita lenta quindi i primi sintomi si possono non avere (riscontro occasionale) o avere anche dopo anni. Per quanto concerne la terapia, è fondamentale cercare di sradicare il tumore, ciò è possibile solo con un intervento chirurgico che, però, non è sempre possibile perché il danno neurologico che rimarrebbe, creerebbe una notevole compromissione della qualità di vita del paziente e quindi non funzionale alla risoluzione della problema. È quindi fondamentale svolgere più esami e, se necessario, ripeterli più volte. Ci sono altre tecniche per risolvere o per ridurre i sintomi del paziente, quali shunt che devia il liquor bloccato e radio o chemio terapia. La presenza del tumore e le tecniche per guarirlo o ridurne i sintomi associati spesso causano lesioni più o meno importanti a livello cerebrale che possono lasciare alcuni deficit di vario tipo.(13)(14)

Epidemiologia del tumore intracranico

I tumori cerebrali costituiscono circa il 2% di tutti i tumori, si tratta quindi di neoplasie piuttosto rare. La loro incidenza è di 10 nuovi casi su 100.000 abitanti ogni anno e dei 10 circa 3 sono astrocitomi maligni (tumori neuro-epiteliali), 1 è un tumore gliale a basso grado (tumori neuro- epiteliali), 3 sono meningiomi, 1.5 adenomi dell’ipofisi e 1 neurinoma.(13)

In Europa, i tumori del sistema nervoso centrale hanno un’incidenza di 5 casi ogni 100.000 abitanti ogni anno e causano il 2 % di tutte le morti per cancro. Tra le diverse nazioni europee non sono presenti significative differenze di incidenze. Attualmente il numero di casi ogni anno sembra in evoluzione, infatti negli ultimi trent’anni c’è stato un aumento; particolarmente interessata è la fascia d’età superiore ai 65 anni dove l’incidenza si è quasi raddoppiata. Tale incremento non sembra imputabile soltanto alle più sofisticate metodiche diagnostiche.(21)

I tumori cerebrali costituiscono la seconda neoplasia del SNC, dopo la leucemia, in pazienti pediatrici (nei primi 15 anni di vita) e rappresentano il 20-25% di tutte le neoplasie. In tutto il mondo, l'incidenza corrisponde a 2-3 casi/anno/100.000 bambini. In Italia, si ammalano ogni anno tra 400 e 450 bambini, negli Stati Uniti (22) Un ulteriore numero di ammalati è determinato da patologie benigne e più rare come i craniofaringiomi, gli adenomi pituitari, i meningiomi benigni, i papillomi dei plessi corioidei che si aggiungono con un'incidenza di circa 0,7/100.000. Il 93% di questi tumori ha sede intracranica. Dati recenti provenienti da Europa, Australia, Stati Uniti, indicano che l'incidenza delle neoplasie del SNC è realmente aumentata negli ultimi due decenni . (23) (24)

Le encefalopatie post-anossiche

Il cervello rappresenta il 2% del peso del corpo ma, il suo consumo d’ossigeno è pari al 15-20% dell’ossigeno presente in un corpo a riposo. Da queste cifre si evidenzia l’intensità del metabolismo cerebrale e ciò spiega la particolare vulnerabilità del cervello durante l’anossia.(25)

Con “anossia cerebrale” si intende la mancanza di ossigeno alle cellule cerebrali che muoiono nel giro di 4-6 minuti. I danni possono variare da deficit motori e sensoriali, alterazioni della sfera affettiva e delle capacità cognitive fino ad uno stato di coma persistente. In seguito a ciò si riscontrano lesioni cerebrali con prognosi più o meno negativa in base alla gravità della lesione istauratasi.(26)

Fisiopatologia delle encefalopatie post-anossiche

L’encefalopatia anossica è causata da un deficit di apporto di ossigeno alle cellule del sistema nervoso centrale e può essere dovuto a tre meccanismi: anossia anossica, anossia anemica, anossia ischemica e istotossica. Nel primo caso il ridotto apporto di ossigeno è provocato da una carenza nell’ambiente oppure per una compromissione nello scambio a livello dei capillari polmonari. L’anossia anemica è provocata da una ridotta capacità dell’emoglobina di trasportare ossigeno, l’anossia ischemica è dovuta ad un ridotto flusso sanguigno, infine l’anossia istotossica è dovuta ad alterazioni cellulari per cui l’ossigeno arriva alle cellule, ma non viene utilizzato.(13)

Affogamento, strangolamento, soffocamento, strozzamento, presenza di corpi estranei nelle vie respiratorie, arresto cardiaco, trauma cranico, avvelenamento da monossido di carbonio e complicazioni dell’anestesia totale possono creare condizioni in cui si sviluppa un’ipossia cerebrale che nelle prime fasi porta ad un calo attentivo, perdita di memoria e rallentamento motori. Se la situazione di ipossia permane nel tempo si va incontro a coma o addirittura morte cerebrale.(27)

La mancanza di ossigeno provoca alterazioni citologiche quali la diminuzione della produzione di ATP che impedisce alla cellula il normale svolgersi della sintesi proteica, l’accumulo di acido lattico che rende il pH sempre più acido, steatosi cioè accumulo intracellulare di grassi.

Quando la mancanza di ossigeno diventa estremo, i mitocondri non riescono a produrre energia da fornire alla cellula per compiere le funzioni vitali. I mitocondri, quindi, si lacerano e rilasciano nel citoplasma radicali liberi che provocano la distruzione della cellula compreso il nucleo.

Il recupero delle funzioni perse dipende da quanto tempo il cervello è rimasta in carenza di ossigeno e da quanto è esteso il danno, se l’ossigenazione e il circolo cerebrale si ripristinano entro 1-2 minuti lo stato di coscienza in poco tempo ritorna normale senza avere sequele neurologiche. Anche il tempo di permanenza nello stato di coma è un indice importante: maggiore è il periodo con coscienza alterata, peggiore sarà la prognosi. Da quanto detto risulta di fondamentale importanza un intervento tempestivo finalizzato inizialmente a ristabilire le funzioni vitali.(26)

Epidemiologia delle encefalopatie post-anossiche

Rispetto alle GCA non traumatiche, i dati epidemiologici risultano ancora più difficili da reperire.

Le GCA secondarie a encefalopatia anossica nell’adulto, prevalentemente dovuta ad arresto cardiaco ripristinato mediante defibrillatore e manovre rianimatorie prolungate, sono in continuo aumento e costituiscono attualmente causa prevalente degli stati vegetativi persistenti a lungo termine e delle più severe disabilità residue.(8)Non sono presenti studi epidemiologici che racchiudono tutte le cause di encefalopatie post-anossiche, in particolare nei bambini.

Le patologie cerebrovascolari

Tutte le malattie del sistema vascolare che causano affezione all’encefalo vengono definite “patologie cerebrovascolari”. I danni cerebrali conseguenti a queste patologie, vengono prodotti in seguito a due meccanismi: l’ischemia e l’emorragia. Con ischemia si intende l’assenza di flusso ematico che causa la mancanza di ossigeno e nutrimenti necessari per il metabolismo cellulare; l’emorragia è lo stravaso di sangue dai vasi all’interno del parenchima cerebrale o negli spazi extravascolari causando compressione dell’encefalo.(13)

Le malattie vascolari molte volte provocano morbilità neurologica o mortalità. Ci sono diversi tipi di patologie che causano ischemia o emorragia, quali aneurismi mi che si ingrossano in seguito a difetti degli strati muscolari ed elastici della parete dei vasi, malformazioni di arterie e vene che causano anomalie nel letto vasale, infezioni e processi infiammatori (arteriti, flebiti, tromboflebite, ecc …), emorragia cerebrale, aterosclerosi, trombosi, ecc … Tutte queste problematiche possono portare a infarto cerebrale, quindi ad una cerebrolesione acquisita.(14)

L’improvvisa comparsa di segni e/o sintomi riferibili a deficit focale e/o globale delle funzioni cerebrali, di durata superiore alle 24 ore o ad esito infausto, non attribuibile ad altra causa apparente se non a vascolopatia cerebrale viene definito dall’OMS con il termine di “ictus”.(13)

Fisiopatologia delle patologie cerebrovascolari

Numerosi sono i fattori in gioco nelle circolazione intracranica, i principali sono la pressione arteriosa e venosa, la pressione intracranica, la viscosità del sangue, lo stato del letto vascolare e delle resistenze che il sangue incontra nel suo percorso. Il flusso ematico cerebrale è regolato da fattori estrinseci, cioè modificabili, ed intriseci, cioè non modificabili, che tendono a mantenerlo costante regolando la disponibilità di ossigeno e di glucosio malgrado le numerose variazioni quotidiane. I fattori intrinseci sono correlati al termine “autoregolazione” cioè la capacità di mantenere costante il fabbisogno energetico cerebrale in condizioni di variabilità pressoria e di perfusione cerebrale.

Se qualche meccanismo di quelli sopra descritti viene a mancare si ha una compromissione della circolazione.(14) quando l’apporto ematico cessa di raggiungere le cellule cerebrali di una determinata zona, dopo pochi minuti si ha la morte della cellula neuronale. La zona intorno viene definita zona di penombra ischemica con cellule vive grazie alla presenza di circoli collaterali. Quest’area può trasformarsi in infarto a causa della cascata degli eventi biochimici che si hanno dopo l’ischemia che porta effetti citotossici ed eccitotossici provocando così una zona di lesione cerebrale.(28)

Solitamente un paziente con malattie cerebrovascolari presenta una brusca comparsa di deficit neurologici, può verificarsi un improvviso deterioramento cognitivo seguito poi da un recupero più o meno completo delle abilità perse che possono riguardare l’area motoria, sensitiva, sensoriale, cognitiva, del linguaggio e comportamentale, in un lasso di tempo variabile. Se i deficit permangono, nella persona si riscontreranno svariate disabilità con gradi di gravità diversa in base alla compromissione dell’area cerebrale.

Epidemiologia delle patologie cerebrovascolari

L’ictus cerebrale, nei paesi industrializzati, rappresenta la terza causa di morte dopo le malattie cardiovascolari ed i tumori. La prevalenza e l’incidenza dell’ictus variano in relazione all’età con un picco in età anziana soprattutto nella popolazione maschile. I tassi grezzi di incidenza sulla popolazione di diverse nazioni variano da 1.3 a 4.1 ogni 1000 abitanti per anno. I tassi di incidenza sulla popolazione di età inferiore a 45 anni sono compresi tra 0.1 e 0.3 per 1000 ogni anno. In Italia ogni anno si verificano circa 196.000 ictus di cui l’80% sono nuovi casi e il 20% recidive. Le varie forme di ictus si presentano in diverse percentuali: 80% sono forme ischemiche, 15-20% sono emorragie intraparenchimali e il 3% emorragie sub aracnoidee.

Nel 35% dei pazienti colpiti da un ictus e sopravvissuti permane una grave disabilità con marcata limitazione nelle attività di vita quotidiana.

Per quanto concerne gli ictus giovanili, cioè quelli compressi in una fascia d’età tra i 15 ed i 45 anni, si riscontrano il 5.5% dei casi di tutti gli ictus nei paesi occidentali e raggiunge il 19% nei paesi in via di sviluppo. L’ischemia provocata dall’ictus può essere aterotrombotica e rappresenta il 30-50% dei casi , cardio-embolica ed in questo caso rappresenta il 20-30% dei casi o lacunare ed è il 20% delle forme.

Per quanto concerne le emorragie, sono il 15-20% di tutti gli ictus.(13)

Le patologie infettive o infiammatorie cerebrali

Le patologie infettive del sistema nervoso centrale si dividono in cinque categorie: meningiti, encefaliti, mieliti e ascessi cerebrali, l’ultima categoria comprende le forme miste quali meningoencefaliti, le encefalomieliti, le meningomieliti e le meningoencefalomieliti.(29)

Le meningiti - Le meningiti sono processi infiammatori di origine infettiva a livello della dura madre (pachimeningiti) o delle leptomeningi aracnoide e pia madre (leptomeningiti). Le prime sono rare e si presentano come ascessi tra la dura madre e il periostio o come empiemi tra la dura madre e l’aracnoide. Le leptomeningiti, conosciute con il termine “meningiti”, sono infiammazioni delle meningi circoscritte entro lo spazio sub aracnoideo e hanno sempre un coinvolgimento cerebrospinale. Le meningiti sono di due tipi batterica (meningite settica) o virale (meningite asettica) e a seconda del decorso possono essere fulminante (con evoluzione rapida in coma e shock quasi sempre irreversibile), acuta (con esordio e sviluppo nel corso di ore o giorni), subacuta (con decorso maggiore di due settimane e insidioso, con segni sfumati), cronica (con decorso maggiore di un mese), ricorrente (con ripetuti episodi anche a distanza), decapitata (che è una forma che viene facilmente attenuata dagli antibiotici).(29)

Le encefaliti - Le encefaliti sono processi infiammatori di natura infettiva a carico dell’encefalo.

Se sono coinvolte le meningi si definiscono meningoencefaliti, se è coinvolto il midollo si parla di encefalomieliti e meningoencefalomieliti.

Solitamente si ha un esordio improvviso con segni di malessere, febbre fino ad alterazione dello stato di coscienza, convulsione e segni neurologici. Il decorso può essere più o meno variabile in rapporto all’età, alle condizioni immunitarie del paziente e all’eziologia. Sono infatti numerose gli agenti eziologici dell’encefalite, troviamo i virus seguiti poi dai batteri, dai protozoi e dai miceti. Anche in questo

caso bisogna fare l’esame del liquor e quello colturale per diagnosticare tempestivamente il tipo di microrganismo coinvolto e proseguire, quindi, con le opportune terapie nelle forme trattabili.

Le mieliti - Le mieliti sono processi infiammatori di natura infettiva che si verificano a carico del midollo spinale. Solitamente sono coinvolte in un quadro più ampio costituendo le encefalomieliti e meningomieliti.

Le mieliti possono essere di due tipi: primarie o su base immunitaria, le prime sono dovute all’invasione diretta del midollo, raggiunto per via ematica, le seconde sono conseguenti a vaccini o ad infezioni. In base alla localizzazione, invece, si distinguono tre forme: la poliomielite anteriore acuta, la leucomielite da virus e la mielite trasversa. Le varie forme di mielite fanno parte di un quadro più esteso di encefalomielite, se la localizzazione oltre ad essere midollare è anche meningea si parla di meningomielite.

Gli ascessi cerebrali - Gli ascessi cerebrali hanno manifestazioni dovute alla presenza di lesioni nel parenchima cerebrale. È una patologia infettiva grave e, come tale, necessita di un intervento chirurgico urgente. È dovuta a microorganismi virulenti presenti in un’area danneggiata da un precedente danno o da ischemia. I microrganismi più frequentemente coinvolti sono streptococchi, enterobatteri, anaerobi, stafilococco aureus, funghi ed entamoeba histolytica.(29) (30)

Fisiopatologia delle patologie infettive o infiammatorie cerebrali

Queste patologie sono dovute all’accesso di microrganismi nel sistema nervoso centrale che, superando la barriera ematoencefalica, vanno ad intaccare le strutture cerebrali provocando deficit più o meno reversibili. Numerose sono le cause per cui la barriera ematoencefalica viene attraversata da agenti patologici: ci possono essere difetti congeniti oppure i microrganismi possono entrare a causa di traumi, interventi chirurgici, cateteri o sonde. Possono passare la barriera cerebrale utilizzando macrofagi come veicolo nel sangue o attraverso focolai infettivi contigui quali otite, foruncolo nasale od osteomielite vertebrale. Infine possono raggiungere le strutture cerebrali per via nervosa o per via ematica, quest’ultima costituisce la via più comune.(29)

Una volta entrato, il microrganismo induce una reazione infiammatoria che provoca tre eventi: essudazione plasmatica, proliferazione di elementi ematogeni e vascolo- connettivi, ciò determina un’infiltrazione cellulare che altera la struttura del parenchima causando conseguenti deficit che possono essere più o meno reversibili.(25)

Epidemiologia delle patologie infettive o infiammatorie cerebrali

Dati statistici rilevano che nel mondo ci sono circa 1.2 milioni di casi di meningite batterica di cui 135.000 sono mortali. L’incidenza è maggiore in età evolutiva con età inferiore ai 4 anni e gli adolescenti. Nei paesi industrializzati sono stimati tra i 2.5 e i 10 casi ogni 100.000 abitanti. La maggioranza dei casi si riscontra nelle regioni dell’Africa. Dalle informazioni del Ministro della Sanità, si è visto che, in Brasile, si sono verificati 2983 casi di meningite di cui 605 con esito infausto.

Per quanto concerne la meningite virale, che è meno severa e tende ad autolimitarsi se decorre senza complicanze,(31) l’incidenza nei paesi industrializzati è tra i 5 ed i 35 casi ogni 100.000 abitanti.(32)

Riguardo le encefaliti, i dati epidemiologici riportano la presenza di questa patologia in 4-5.000 casi per anno nei paesi industrializzati, non c’è prevalenza rispetto al sesso e si riscontrano più casi in estate ed in autunno. L’encefalite in alcuni casi può provocare danni cerebrali o morte in base all’eziologia, all’età e alle condizioni immunitarie del soggetto. Per quanto concerne le encefaliti virali, che sono tra le più gravi, i sopravvissuti presentano lesioni cerebrali nell’80%. Maggiore è la quantità di DNA virale nel liquor peggiore è la prognosi.(30) (33)

 

Epidemiolgia delle cerebrolesioni acquisite

I dati che oggi abbiamo sull’epidemiologia delle GCLA, sono stati ricavati grazie allo studio GISCAR (Gruppo Italiano per lo Studio delle gravi Cerebrolesioni Acquisite e Riabilitazione), di cui ha fatto parte anche l’IRCCS Medea.

Lo studio GISCAR ha analizzato i percorsi riabilitativi di un vasto gruppo di pazienti reclutati in 52 centri nel territorio nazionale negli anni 2001-2003 per un totale di circa 2.600 casi. Si è quindi compiuta un’analisi di quel gruppo di soggetti che accedono ai centri riabilitativi nella rete italiana. Un successivo studio è stato condotto nel 2008-2011 grazie alla raccolta di dati nel registro nazionale, progetto finalizzato dal Ministero della Salute, con una casistica totale di 1400 soggetti in fase di primo ricovero ottenuti mediante la collaborazione di 26 centri riabilitativi.

Dal confronto tra i dati dei due studi è emerso il progresso avvenuto in Italia nell’arco di 5-7 anni rispetto alla composizione degli utenti che affluiscono ai reparti: rilevante è stato il cambiamento dell’eziologia e nell’età media dei pazienti.

I risultati emersi nel primo studio riportano una prevalenza di GCA di origine traumatica (58% TCE; 42% nTCE) nel secondo quelle di origine non traumatica (44% TCE; 56% nTCE).

CAUSE TRAUMI CRANICI ENCEFALICI (62% )

Dallo studio GISCAR si è evidenziato che le principali cause di TCE sono 1% tentato suicidio, 1.90% altro; 0.89% violenza; 3.12% sport e tempo libero; 13.80% caduta accidentale e 79.26% incidente stradale. Si evidenzia quindi che gli incidenti stradali sono la principale causa di traumi cranici in Italia.(8)

Per quanto concerne le gravi cerebro lesioni acquisite dovute a cause non traumatiche troviamo che il 68% è costituito da emorragie cerebrali, il 17% da anossie, il 12% da ictus, il 5% da infezioni, il 4% da altri tipi di anossia e l’1% da altre cause.(34)

CAUSE TRAUMI CRANICI ENCEFALICI ALT RE CAUSE (38%)

Riguardo l’Italia, non sono attualmente disponibili informazioni precise riguardo la prevalenza delle GCA sul numero totale dei soggetti sopravvissuti con diverso grado di disabilità e abitanti in una determinata regione geografica nel momento della rilevazione dei dati. Si può, però, stimare un numero compreso tra i 300 e gli 800 casi ogni 100.000 abitanti, ma solo una piccola parte dovrebbero appartenere alla categoria dei più gravi.

Il rischio è quello di sottostimare il numero reale delle persone con grave disabilità per la possibilità che non si riesca a reclutare tutti i casi presenti perché gestiti a domicilio o direttamente dalla famiglia.(8)

 

Alterazioni dello stato di coscienza

Il termine “coscienza” deriva dal latino conscire cioè essere consapevole (composto da cum che significa “con” e scire che significa “sapere, conoscere”). Questo vocabolo indica “la consapevolezza che il soggetto ha di sé e dei propri contenuti mentali, del complesso delle proprie attività interiori e degli oggetti cui queste attività si rivolgono”, quindi comprende sia la percezione sensibile di stadi o condizioni interne ed esterne, sia la capacità della persona di organizzare e sintetizzare ciò che riguarda percezioni, sentimenti e conoscenze.(35)

Come precedentemente accennato, lo sviluppo della tecnologia ha permesso una riduzione della mortalità anche in pazienti che hanno subito gravi traumi cranici, ma d’altro canto ha incrementato il numero di pazienti con stati di coscienza alterata. Questi pazienti possono migliorare il loro stato di coscienza in tempi variabili da alcuni giorni ad anni altri, invece, possono rimanere stabili in un preciso stato di coscienza alterata senza possibilità di recupero.

Esistono diversi livelli di alterazioni dello stato di coscienza: la morte cerebrale, il coma, lo stato vegetativo e lo stato di minima responsività. Infine è importante sottolineare la presenza della sindrome locked-in che bisogna porre in diagnosi differenziale poiché fenomenicamente parlando il paziente non è responsivo, in realtà ciò è dovuto a una gravissima compromissione motoria.

La morte cerebrale

Con morte cerebrale l’organismo non è in grado di funzionare senza assistenza medica: le funzioni cliniche quali respirare, la circolazione sanguigna, la regolazione omeostatica e neuroendocrina sono assenti. È uno stato irreversibile dove il cervello e il tronco encefalico non presentano attività spontanea. Il paziente è in uno stato di apnea e non responsivo verso le stimolazioni ambientali.(3)

Il coma

Il coma è quello stato in cui il paziente è vivo, ma non mostra segni di responsività e consapevolezza. Gli occhi sono costantemente chiusi e non ci sono risposte volontarie.

Solitamente i pazienti superano questa fase dopo 2-4 settimane dopo l’evento traumatico. La prognosi è influenzata da diversi fattori quali l’età, le condizioni mediche e l’eziologia. Solitamente l’outcome è sfavorevole se dopo 3 giorni successivi al trauma non ci sono i riflessi pupillari e le risposte motorie al dolore.

Il risveglio dal coma può condurre allo stato vegetativo, a uno stato di minima responsività o, più raramente, alla sindrome locked-in.

Lo stato vegetativo

Lo stato vegetativo, detto anche “unresponsive wakefulness syndrome”, cioè stato di veglia non responsiva, è stato definito “corpo capace di crescere e svilupparsi, ma privo di sensazioni e pensieri”(3)(36). Da quanto detto, si evidenzia che le funzioni automatiche e il ritmo circadiano sono preservati, ma non c’è consapevolezza. I pazienti aprono gli occhi spontaneamente o come riflesso a certi stimoli.

Si può definire lo stato vegetativo come “permanente” solo dopo una durata specifica cioè tre mesi se la causa è di origine traumatica, 12 mesi se è non traumatica. Dalle indicazioni di letteratura questo aggettivo non dovrebbe essere più utilizzato perché sono stati segnalati “risvegli” a distanza di anni dall’evento acuto. Si predilige il termine persistente che toglie l’aspetto prognostico, altrimenti si utilizza SV senza nessun aggettivo.

Lo stato di minima responsività

I pazienti sono svegli e mostrano segni di consapevolezza, possono avere manifestazioni emozionali o comportamenti inerenti alle richieste ambientali come ordini verbali, manipolazione di oggetti, risposta al dolore, inseguimento visivo o fissazione. Queste abilità però, sono fluttuanti e rendendo, così, complicata la diagnosi.(36)

Sindrome Locked-in

Questa sindrome non rientra nei disordini della coscienza, ma è importante porla come diagnosi differenziale poiché ha molti tratti coincidenti con gli stati precedentemente citati.

Il paziente è come se fosse imprigionato in un corpo che non può muoversi ne parlare, ciò è dovuto a una quadriplegia causata da un danno selettivo dei nuclei motori che causa una paralisi dei quattro arti senza interferire sulla coscienza e le capacità cognitive. La diagnosi differenziale viene fatta grazie alla presenza di movimenti verticali degli occhi e della chiusura di essi, i movimenti oculari saranno i usati come mezzo di comunicazione.

Sindrome Locked-in 1

Sindrome Locked-in 2

 

Le scale di valutazione (4) del livello di coscienza e del danno cognitivo

Varie sono le scale che servono per valutare l’entità del danno neurologico e quanto questo influisca sullo stato della coscienza e sui comportamenti. Le principali difficoltà che si riscontrano nella realizzazione di questi strumenti è determinata dalla variabilità dei deficit motori e sensoriali, dal grado di affaticamento di ogni singolo paziente e dalle sue condizioni cliniche. Tutti questi aspetti possono inficiare il livello di coscienza attribuito al paziente nel momento della somministrazione della scala e possono mascherare miglioramenti che solitamente sono minimi e graduali. Avere degli strumenti validi e sensibili è indispensabile per una corretta diagnosi e per la stesura di un progetto riabilitativo specifico e individualizzato.

Gli strumenti di valutazione più utilizzati per le valutazioni neurologiche, dello stato di coscienza e del progresso cognitivo sono: The Glasgow Coma Scale (GCS)(3)(4)(13)(14)(16)(17)(18), The JFK Coma Recovery Scale (CRS-R) (Giacino, 2004; Lombardi, 2007)(3), The Glasgow Outcome Scale (GOS) (Jennet, 1975)(4)e The Disability Rating Scale (DRS) (Rappaport, 1982)(4)(37), la Levels of Cognitive Functioning Assessment Scale (LOCFAS) (Hagen, 1979)(8) e la Coma/Near Coma Scale (C.N.C) (Rappaport, 1992)(37).

The Glasgow Coma Scale (GCS)

È la scala maggiormente utilizzata per determinare il grado di gravità del danno cerebrale dopo un trauma cranico o un altro genere di lesione cerebrale e viene somministrata principalmente in fase acuta, anche dai soccorritori del 118. Il test ha validità e affidabilità riconosciute e per tanto permette una rapida e precisa definizione delle condizioni cliniche

Questa scala valuta le tre risposte del paziente in tre ambiti: l’apertura degli occhi, il movimento e la risposta verbale. Ogni area viene valutata con punteggi che vanno da

1 a 4 per l’apertura degli occhi, da 1 a 6 per quanto concerne la risposta motoria e da

1 a 5 quella verbale.

Il livello dello stato di coscienza è dettato dalla somma dei punteggi dei tre items (minimo 3, massimo 15):

  • Il punteggio 14 o 15 indica un danno LIEVE e riguarda circa l’80% dei pazienti che giungono in ospedale dopo un evento scatenante una possibile compromissione cerebrale. Tali pazienti di norma sono asintomatici; ci possono essere cefalea, vertigini e ferite cutanee, ma senza perdita dello stato di coscienza. È richiesto un periodo di osservazione di 24-28 ore, in questo caso la mortalità riguarda 1-4% dei pazienti, infatti il monitoraggio di questi casi è volto ad assicurarsi che non si sviluppi un emorragia intracranica che può far degenerare rapidamente il quadro clinico.
  • Il punteggio tra 9 e 13 viene associato a un livello MODERATO e riguarda circa il 10% dei pazienti che arrivano in pronto soccorso con diagnosi di lesione cerebrale. I traumi cranici di media gravità si accompagnano a perdita dei coscienza durante l’incidente o subito e inoltre nel corso del tempo possono presentarsi altri sintomi quali cefalea progressiva, lesioni facciali e depressione cranica. È necessario un periodo di osservazione di almeno 24 ore con effettuazione di TAC e, se si sospetta una frattura del cranio o del rachide, di RX. In questo caso la mortalità è del 23%.
  • Infine, il punteggio uguale o minore di 8 parla di trauma cranico GRAVE. I pazienti di solito giungono in ospedale in coma, possono presentare deficit neurologici focali o lesioni craniche penetranti. Sono necessari esami diagnostici quali la TAC e i RX. La mortalità in questi casi può raggiungere il 40-50%.

The Glasgow Outcome Scale (GOS)

La GOS è lo strumento più utilizzato per valutare l’outcome di pazienti che hanno subito una lesione cerebrale negli studi relativi ai traumi cranici. Esistono due versioni, le prima è la GOS (costituita da 5 punteggi), la seconda è la GOS-E (extended, costituita da 8 punteggi).

  • 8: Pieno recupero in assenza di sintomi o segni;
  • 7: Buon recupero;
  • 6: Presenza di segni post-traumatici che non pregiudicano il ripristino delle attività precedenti, sia parzialmente che totalmente;
  • 5: Disabilità moderata; paziente indipendente ma disabile;
  • 4: Parziale indipendenza nelle attività quotidiane;
  • 3: Disabilità grave; paziente cosciente ma dipendente;
  • 2: Stato vegetativo;
  • 1: Morte

Nonostante sia di facile applicazione, il suo limite risiede nella scarsa sensibilità a rilevare le differenze fini tra i diversi pazienti.

The Disability Rating Scale (DRS)

Lo strumento DRS è utilizzato per monitorare l’evoluzione dei pazienti con trauma cranico o cerebrolesione acquisita dovuta ad altre cause dal momento dell’esordio fino al raggiungimento della stabilità. È costituita da sei livelli denominati “apertura degli occhi”, “capacità di comunicare”, “miglior risposta motoria”, “abilità cognitive”, “livello di funzionamento” e “possibilità di occupazione”; ogni livello ha punteggi che vanno da 0 a 3, da 0 a 4 o da 0 a 5, E il punteggio ottenuto dalla somma dei punteggi corrisponde alla gravità del paziente. Con punteggio 0 non è presente disabilità, 1 lieve, 2-3 parziale , 4-6 moderata, 7-11 moderatamente severa, 12-16 severa, 17-21 molto severa, 22-24 stato vegetativo, 25-29 stato vegetativo grave. È stata testata l’affidabilità di questo strumento.

The JFK Coma Recovery Scale (CRS-R)

La scala CRS-R è nata con l’obiettivo di favorire la diagnosi differenziale, far emergere i fattori diagnostici e aiutare nella programmazione di progetti riabilitativi. La scala è composta da 23 items che comprendono 6 sottoscale volte a stimolare le capacità uditive, visive, motorie, di comunicazione, oro-motorie e l’attività. Gli items valutano la funzionalità del tronco encefalico, della zona subcorticale e dei processi corticali, attraverso richieste che stimolano le funzioni uditiva, visiva, motoria, motoria orale/verbale, comunicativa e stabiliscono lo stato di vigilanza.(38)In ogni subscala, il primo step rappresenta attività riflesse mentre, l’ultimo, comportamenti mediati dalle capacità cognitive.

Alcuni studi hanno mostrato che questa scala permette di discriminare i pazienti in stato di minima responsività da quelli in stato vegetativo. (39)(40)

The Levels of Cognitive Functioning Assessment Scale (LOCFAS) (4) (41) (42)

Grazie alla scala di valutazione LOCFAS, si può monitorare e valutare il livello cognitivo   del paziente con uno stato di coscienza   alterato osservando i comportamenti e le modalità di interazione con l’ambiente circostante, in assenza o in presenza di stimoli.

Il punteggio LOCFAS consente di collocare i soggetti in uno di 8 livelli:

  1. Primo livello: assenza di risposta;
  2. Secondo livello: c’è una risposta generalizzata;
  3. Terzo livello: la risposta è localizzata;
  4. Quarto livello: la risposta mostra uno stato confuso ed agitato;
  5. Quinto livello: la risposta è inappropriata, ma non agitata;
  6. Sesto livello: la risposta è appropriata, ma confusa;
  7. Settimo livello: c’è una risposta automatica;
  8. Ottavo livello: le riposta è appropriata e propositiva;
  9. Nono livello: la risposta è normale.

Ciascun livello è suddiviso in domini: attenzione per l’ambiente, risposta agli stimoli, comportamento, elaborazione di informazioni, esecuzione di comandi, consapevolezza di sé e del tempo, cura di sé, conversazione e apprendimento di nuove informazioni.

The Coma/Near Coma Scale (C.N.C)

E’ composta da 11 items, ognuno valutato con un punteggio di 0, 2, 4, a seconda della gravità dei deficit sensoriali, percettivi, e delle risposte primitive del paziente.

La scala è suddivisa in cinque livelli (coma estremo, coma marcato, coma moderato, “quasi” coma (near-coma) e assenza di coma) che vengono assegnati suddividendo la somma dei punteggi attribuiti a ciascun item per il numero di item.

Questa scala è correlata alla DRS e solitamente viene usata per testare pazienti con DRS inferiori a 21. Con la Coma/Near Coma scale è possibile monitorare nel tempo i cambiamenti del paziente innescati dalla riabilitazione prolungata.

 

Esiti delle cerebrolesioni acquisite

La cerebrolesione causa compromissioni su più livelli, a seconda della sede lesionale e dell’entità del danno stesso. Le problematiche più diffuse dividendo per aree sono: pensiero e ragionamento, comprensione, memoria, attenzione, funzioni esecutive, problem solving, astrazione, parola, comportamento, apprendimenti, vista, udito, cammino, movimenti, tono muscolare, psiche, ecc …(12)(14)

I cambiamenti hanno importanti conseguenze anche dal punto di vista psicologico, comportamentale e delle relazioni sociali. Pesante è la reazione allo stress fisico e mentale, unita all’ansia generata dal timore che i deficit possano essere permanenti. L’essere in età evolutiva non è un fattore di protezione riguardo gli esiti, infatti i circuiti neuro-anatomici nel bambino  sono  in fase  di maturazione e la compromissione è più pervasiva e tale da interferire con l’acquisizione delle capacità di sviluppo adeguate all’età.(43)Le aree cerebrali interessate non hanno ancora sviluppato le funzioni proprie e il loro danno porta ad una alterazione dello sviluppo delle normali vie funzionali specialmente della sfera cognitiva-linguistica. Di conseguenza un trauma, in un paziente in età evolutiva, può determinare un outcome peggiore rispetto ad una lesione di uguale importanza nell’adulto.(4)(44)

Nel caso di pazienti in età evolutiva è necessario tenere in considerazione altri fattori: l’elasticità delle ossa craniche e le crisi epilettiche. Nei bambini l’elasticità delle ossa del cranio è maggiore poiché le suture non sono ancora del tutto saldate ciò può proteggere l’encefalo, ma di conseguenza è maggiore la possibilità che si sviluppino degli ematomi subdurali, quindi ipertensione endocranica. Inoltre, nei bimbi la soglia epilettogena è inferiore quindi la probabilità di comparsa di crisi comiziali è maggiore(45). Il 30-45% dei casi che presentano crisi epilettiche sono dovuti a trauma cranico esposto, invece la percentuale diminuisce se il trauma è chiuso. La crisi comiziale può comparire anche anni dopo il trauma cranico.(14)

Presenteremo successivamente i possibili deficit riscontrabili in seguito ad una cerebrolesione acquisita, suddivisi per aree.

Area motoria e sensoriale

Gli esiti delle cerebrolesioni dipendono dal’area cerebrale colpita e dall’entità del danno. Per quanto concerne i danni fisici, si possono presentare problemi muscolari quali ipertono, ipotono e/o ipostenia che, in aggiunta alle lesioni dei nervi cranici, causano alterazioni nella motricità: atteggiamenti e passaggi posturali, spostamenti, coordinazioni semplici e complesse, motricità fine e segmentaria, equilibrio statico e dinamico. Si possono quindi riscontrare paresi specifiche in un arto, emiparesi, diparesi, tetraparesi.

Anche le sensibilità possono risultare alterate: visive, uditive, tattili, propriocettive, olfattive e gustative.

Area degli aspetti generali del comportamento e interazione sociale

In seguito ad una lesione cerebrale, comunemente insorgono disturbi comportamentali e psicologici. Questi problemi sono sia direttamente connessi alla lesione di alcune aree, soprattutto dei lobi frontali provocando la “sindrome frontale”, sia conseguenza dell’ospedalizzazione, dei cambiamenti riscontrabili dopo la lesione (difficoltà motorie, sensoriali), la conseguente necessità dell’utilizzo di compensi e la difficoltà nel rientro scolastico/lavorativo. I sintomi di solito appartengono alla categoria psichiatrica e sono ansia e depressione reattiva, il paziente può anche lamentare cefalea, scarsa resistenza alla fatica, eccessiva difficoltà nell’eseguire qualunque lavoro, senso di scoraggiamento ed iperattività agli stimoli emozionali con improvvisi cambi d’umore e disforia, infine possono presentare discontrollo degli impulsi interiori.

Il comportamento può essere oppositivo e provocatorio, iperattivo o ipoattivo, può essere irrequieto, passivo o aggressivo, ecc.

Per quanto concerne i traumi cranici, è tipica conseguenza la sindrome frontale che si evidenzia con difficoltà sia nella pianificazione che nella flessibilità di pensiero. Inoltre sono presenti perseverazione comportamentale, scarso giudizio critico, deficit nel ragionamento astratto, ridotta capacità logica e difficoltà nell’intelligenza sociale. Riguardo la sfera emotiva, spicca un comportamento apatico, perdita di iniziativa, indifferenza verso l’evento traumatico occorso oppure, al contrario, comportamento disinibito, impulsivo fino a sfociare nell’aggressività. In età evolutiva, la sindrome frontale si manifesta per lo più con comportamento iperattivo, disturbi attentivi e delle funzioni esecutive con conseguente difficoltà negli apprendimenti.(46)

Area del linguaggio

Il linguaggio può essere assente o poco intellegibile, possono comparire solo vocalizzi o esserci afasie. La comprensione può essere compromessa, o totalmente o solo su richieste semplici.

Infine, anche la comunicazione non verbale può risultare alterata a causa di spasticità, ipotono e deficit sensoriali.

Area cognitiva e neuropsicologica

In età evolutiva, il quadro neuropsicologico e l’outcome non sono migliori rispetto all’adulto in particolar modo se la lesione avviene prima del compimento del quarto anno d’età.(47) Numerosi sono i deficit che si possono riscontrare a livello di memoria, di attenzione, di percezione visiva o uditiva. Per quanto concerne le funzioni esecutive possono essere più o meno alterate alcune funzioni come la capacità di analisi, pianificazione, controllo, la flessibilità di pensiero, le strategie esecutive, l’uso di facilitazioni, l’autocorrezione, l’inibizione di risposte automatiche, ecc …

Infine, anche la logica operatoria può essere compromessa in seguito all’evento traumatico.

Area prassico - simbolica

In ultimo, i deficit possono inficiare l’area prassico-simbolica, infatti si riscontrano numerose compromissioni a livello di relazione con lo spazio, quali orientamento nei luoghi sconosciuti, condivisione di spazi e rappresentazione di concetti spaziali. Vi è anche una compromissione a livello temporale, quindi condivisione del tempo, tempo consono dedicato all’attività, tempo codificato e ritmo. Infine possono essere deficitarie la relazione con gli oggetti, lo schema corporeo e le prassie (orali, transitive, intransitive, costruttive e grafiche).

 

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