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VALUTAZIONE DELLO SCHEMA CORPOREO - I disturbi dello schema corporeo

Generalmente per valutare lo schema corporeo viene richiesto al bambino di denominare le varie parti del corpo su di sé, sull’altro e su una bambola o anche di disegnare la figura umana. Queste prove ci informano sulla conoscenza del corpo che ha il bambino; però bisogna tener presente che questa conoscenza è dovuta all’insegnamento ricevuto e quindi può esserci anche un apprendimento meccanico che non corrisponde effettivamente ad uno schema corporeo già strutturato. Per una valutazione più accurata si può osservare lo sviluppo di alcune capacità quali afferrare o lanciare una palla, correre o saltellare, poiché per queste attività occorre una conoscenza dei segmenti corporei che si impegnano nonché una corretta organizzazione spaziale degli stessi. Ancora, si può chiedere di imitare dei gesti compiuti dall’esaminatore sia che riguardino il corpo intero oppure le sole mani. L’imitazione ci mostra la capacità del bambino di identificare i rapporti spaziali dei segmenti corporei nell’altro e rapportarli a sé e quindi alla conoscenza del proprio corpo.

In particolare, sono importanti le indagini sulla conoscenza e l’uso delle dita poiché, come detto in precedenza, uno dei disturbi specifici dello schema corporeo è l’agnosia digitale.

R.C. Russo (1994), ha messo a punto il “Test per l’uso selettivo delle dita” che consiste di dodici prove di imitazione (fig. 3-3); i gesti da imitare non devono richiamare particolari significati per evitare facilitazioni dovute ad una precedente conoscenza. Durante ogni prova, il modello dell’esaminatore viene mantenuto per il tempo dell’esecuzione. Dai risultati si evince che nella fascia di soggetti dell’età di 11-12 anni, l’uso selettivo delle dita appare evoluto più o meno alla pari di quello di un adulto.

Test per l’uso selettivo delle dita

Oltre all’imitazione di gesti si valuta anche quella di posture: si fa assumere al bambino ad occhi chiusi una postura, si chiede di memorizzarla e dopo averla scomposta, di ripeterla, valutando così anche l’uso delle afferenze propriocettive.

Poi c’è la localizzazione degli stimoli: si chiede al bambino di localizzare la parte corporea toccata dall’esaminatore; anche questa prova va eseguita tenendo gli occhi chiusi, e si indaga così la capacità di discriminare le informazioni tattili.

C’è poi lo studio del DISEGNO. La rappresentazione grafica si può realizzare quando sia presente la funzione simbolica, una abilità manuale fine, una adeguata organizzazione spazio-temporale e un avvenuto processo di lateralizzazione.

Il primo segno grafico compare nel bambino all’incirca intorno ai diciotto mesi con lo “scarabocchio”; lo “schema uomo” invece non può comparire in epoca tanto precoce quando l’immaturità intellettiva  impedisce la ricerca delle forme.

Intorno ai tre anni il disegno della figura umana è povero sia per la scarsa conoscenza del proprio corpo sia per la insufficiente coordinazione occhio-mano; a quest’epoca le forme geometriche usate per rappresentare l’uomo sono quasi sempre il cerchio, ma anche il triangolo o il rettangolo e il quadrato, e gli arti possono essere scollegati dalla figura.

Dai tre ai quattro anni fa la sua comparsa l’omino “cefalopode” costituito da un cerchio che rappresenta la testa su cui sono attaccate braccia e gambe; il tronco è assente; all’interno del cerchio alcuni segni stanno ad indicare naso, occhi e bocca.

Un primo abbozzo di tronco compare verso i quattro anni e mezzo insieme anche alla dita.

A cinque anni si arricchiscono i tratti facciali e al tronco sono collegate esattamente le braccia e le gambe; si trovano a quest’età anche elementi del vestiario.

A sei anni l’altezza della figura è superiore alla larghezza; oltre alle mani è presente il collo.

Dai sette-otto anni le proporzioni della figura sono decisamente migliori; questa appare anche dinamica e all’interno di un contesto.

Verso i nove anni si può riscontrare nei tratti del viso l’espressione di uno stato d’animo e un maggior dinamismo della figura reso dal profilo.

Oltre quest’età tutti gli aspetti della figura e del contesto tendono a migliorare e ad arricchirsi di più elementi.

Nel momento in cui il bambino rappresenta  le sue immagini, ci offre anche un mezzo per capirlo meglio e “leggere” dentro di lui molto più di quanto non consenta il linguaggio. Per questo il disegno viene utilizzato come reattivo proiettivo nelle diagnosi di personalità. “In particolare, alcuni temi proposti al bambino rappresentano “stimoli standarizzati”che, attraverso studi su ampie popolazioni di soggetti, permettono di rilevare aspetti particolarmente importanti della personalità. Essi sono:

  • · il disegno della figura umana
  • · il disegno dell’albero
  • · il disegno della famiglia”(R. Militerni 1999).

Infine, la valutazione dello schema corporeo può avvalersi dell’osservazione del comportamento del bambino allo specchio che fornisce informazioni anche sul rapporto del bambino con la propria immagine.

Questa indagine molto ben condotta da R. Zazzo nel 1977 ci mostra varie fasi di una evoluzione che va dall’indifferenza del bambino di tre-quattro mesi verso la propria  immagine virtuale al pieno consolidamento e riconoscimento della propria immagine speculare verso i sei-sette anni, passando per tappe importanti quali: la ricerca della immagine reale della madre quando vede quella virtuale, agli otto-nove mesi; l’intensa comunicazione verbale che il bambino stabilisce con la propria immagine virtuale ai dodici-tredici mesi; la ricerca, dai tre ai sei anni, tramite lo specchio di nuove possibilità espressive mimiche e gestuali.

Tutte queste indagini sono rivolte allo schema corporeo.

Riguardo all’immagine corporea, invece, ci si avvale dell’osservazione psicomotoria che fornisce i dati sui livelli e le intensità emozionali, le motivazioni, i rifiuti, le ansie, insomma quegli aspetti emozionali che traducono il vissuto di un bambino attraverso le fasi dello sviluppo. Insieme all’osservazione sono utili dei colloqui con il bambino e un anamnesi che indaghi la storia dello sviluppo psicomotorio, della scolarità e delle varie dinamiche familiari.

Indice

 

PREMESSA

   
Capitolo 1 1 CONCETTO DI "SCHEMA" E DI "IMMAGINE"
  1.1. CENNI STORICI
  1.2. ALCUNE DEFINIZIONI
  1.3. IN SINTESI
  1.4. ALTRI TERMINI DA DEFINIRE
  1.5. IL VISSUTO CORPOREO
Capitolo 2 2 EVOLUZIONE DELLO SCHEMA CORPOREO
  2.1. NEUROANATOMIA
  2.2. PSICOLOGIA
  2.3. LE FASI DELLA STRUTTURAZIONE
  2.4. ALCUNI ASPETTI DELL’ EVOLUZIONE
  2.5. LATERALITA’ E LATERALIZZAZIONE
  2.6. STUDI SULLO SVILUPPO DELLO SCHEMA CORPOREO
Capitolo 3 3 I DISTURBI DELLO SCHEMA CORPOREO
  3.1. COME CLASSIFICARE
  3.2. CHE COSA COMPORTANO TALI DISTURBI
  3.3. VALUTAZIONE DELLO SCHEMA CORPOREO
Capitolo 4 4 SCHEMA CORPOREO : TRATTAMENTO
  4.1. DIVERSI APPROCCI TERAPEUTICI
  4.2. TERAPIA PSICOMOTORIA
  4.3. CONCLUSIONE
   
  BIBLIOGRAFIA e RIFERIMENTI LINKS
   
  Tesi di Laurea di: Luciano MONTEFUSCO

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