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CONCLUSIONI - L’importanza del counseling ed il ruolo del TNPEE nel trattamento abilitativo del bambino con ritardo dello sviluppo neuropsicomotorio in assenza di segni neurologici. Realizzazione del manuale “Imparare Giocando: ... "

Lo studio condotto ha voluto analizzare l’efficacia del counseling nel trattamento abilitativo del neonato e del lattante con ritardo neuropsicomotorio al fine di produrre del materiale cartaceo da fornire alla famiglia come riferimento concreto rispetto alle indicazioni suggerite nel corso degli incontri.

Per il raggiungimento di questo obiettivo è stato scelto un campione di bambini, ricoverati presso l’OIRM perlopiù per interventi chirurgici, al quale fosse stata riscontrata una difficoltà nelle acquisizioni delle competenze neuropsicomotorie. Il campione è stato monitorato durante il ricovero, nel quale ha ricevuto un trattamento diretto ad opera del TNPEE, e nel periodo post-dimissione attraverso follow-up periodici.

Il focus dello studio è stata l’attività di counseling attraverso la quale si è cercato di trasmettere, verbalmente, con dimostrazioni pratiche e attraverso del materiale cartaceo, le informazioni necessarie per promuovere lo sviluppo del bambino. In ogni caso le indicazioni sono state personalizzate ed individualizzate secondo le difficoltà del singolo bambino.

In considerazione dell’età dei pazienti coinvolti in questo lavoro il counseling è stato rivolto direttamente alle famiglie costituendo un ponte tra queste e il professionista, collegamento reso necessario dalle ridotte possibilità di beneficiare di trattamenti diretti a causa di finanziamenti sempre più limitati ai servizi pubblici. In età evolutiva, infatti, risulta fondamentale la partecipazione della famiglia nel percorso riabilitativo in quanto i caregivers devono imparare, nella quotidianità, ad occuparsi del loro bambino, dall’accudimento in senso stretto alla scelta dei giochi da proporre. Questo appare fondamentale in quanto nei primi anni l’intervento precoce può consentire al bambino di risolvere le proprie difficoltà normalizzando il processo di sviluppo. A tale proposito bisogna considerare il ruolo attivo e propositivo del bambino che è il protagonista della propria crescita. La famiglia deve imparare a comprendere le necessità del proprio piccolo, modificarsi in rapporto a queste e fornire adeguate risposte in quanto fonte primaria di cure e supporto.

La letteratura conferma gli effetti positivi del coinvolgimento della famiglia nel trattamento riabilitativo: l’efficacia viene rilevata sulla base dell’evoluzione positiva del quadro neuropsicomotorio. Nella mia esperienza di tirocinio pratico ho potuto assistere, gradualmente, ai miglioramenti, in termini di competenze motorie, cognitive e relazionali, apportati attraverso l’attuazione dei consigli forniti durante i follow-up direttamente nel contesto di casa ad opera dei genitori. Come riferito dai caregivers stessi, le informazioni suggerite hanno consentito loro di imparare a giocare con il loro bambino, li hanno guidati negli acquisti dei giochi e delle attrezzature, hanno modificato le modalità di accudimento e hanno rafforzato la relazione genitore-bambino.

In questa direzione, per continuare a supportare i genitori, si è deciso di creare il manuale “Imparare Giocando: come promuovere la crescita del tuo bambino”, frutto di questa tesi, che contiene indicazioni di care posturale e di attrezzature e giochi adatte alle diverse fasce di età, da 0 a 18 mesi. Il lavoro si basa sui concetti esposti prima, ovvero sul coinvolgimento diretto della famiglia nello sviluppo del proprio bambino, sulla propositività del bambino stesso, e sul ruolo del terapista come riferimento e guida.

La proposta è quella di utilizzare il manuale nella pratica clinica valutandone i suoi punti di forza e le sue debolezze per adattarlo, eventualmente, ad ulteriori esigenze. Inoltre, risulterebbe interessante ampliare la sua diffusione ai professionisti del settore. Infine appare necessaria la traduzione del manuale in altre lingue, principalmente l’inglese, in modo che sia maggiormente accessibile alle famiglie di nazionalità diverse dei bambini ricoverati poiché, in molti casi, il linguaggio rappresenta un ostacolo alla relazione terapeutica. In quest’ottica sarebbe opportuno adattare lo strumento alle necessità delle diverse culture; il multiculturalismo infatti fa ormai parte del contesto clinico e riabilitativo.

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