CONCLUSIONI - L'impatto dell'utenza straniera nei servizi di Neuropsichiatria Infantile
Il "Progetto Migranti" come risposta ai bisogni della nuova utenza
Si è potuto notare dalle rilevazioni effettuate, che l'utenza straniera che accede ai servizi di Neuropsichiatria Infantile e che è in carico in ambito Neuropsicomotorio, è andata pian piano aumentando e rappresenta attualmente una dinamica che coinvolge non solo l'Italia, ma anche gli ambiti riabilitativi. Si sono dovuti quindi ipotizzare dei programmi d'aiuto per questa nuova utenza che usufruisce dei Servizi di NPI. A partire dal 2008 è stato presentato un progetto finanziato dalla regione Lombardia, che fornisce una formazione specifica per i terapisti inseriti nell'ambito della riabilitazione dell'età evolutiva, che hanno a che fare con pazienti di origine straniera. Una prima risposta a questo nuovo flusso di utenza nei vari Servizi è stato proprio il "Progetto Migranti", il quale consente una formazione specifica ai terapisti che lavorano con soggetti provenienti da Paesi stranieri, in modo da potere fornire una risposta appropriata ai bisogni di ogni singolo paziente. Si procederà ora a presentare il "Progetto Migranti" e le sue teorie metodologiche di base.
"Progetto Migranti": Migrazione e disagio psichico in età evolutiva
L'Italia sta oggi affrontando la difficile transizione verso una società multietnica e multiculturale. La migrazione, anche se scelta come occasione per migliorare le proprie condizioni di vita, è comunque un evento traumatico e produce effetti profondi a livello psichico e sociale, che coinvolgono più generazioni di migranti.
All'interno ddi tale fenomeno i bambini e gli adolescenti sono spesso i portatori del disagio più esplicito ed esprimono una sofferenza non sempre correttamente decodificata anche per la mancanza, sino ad oggi, di strumenti di valutazione psicologica culturalmente sensibili. I Servizi socio-sanitari italiani sono stati investiti di una nuova e urgente domanda di aiuto, che ha richiesto una riconsiderazione delle teorie e pratiche di incontro, dalla valutazione clinica fino alla progettualità terapeutica. Queste nuove dinamiche e bisogni, consentono di riflettere sull'entità della domanda di aiuto dei bambini e adolescenti migranti e sulla loro fatica di appartenere a due mondi culturali.
Perchè è nato il "Progetto Migranti"
Il "progetto Migranti" è nato in seguito ad alcune rilevazioni effettuate sul territorio Lombardo, in cui si è registrato un aumento significativo di accessi ai servizi di NPI da parte di utenti di origine straniera. Estendendo la questione a tutto il territorio Italiano, si è osservato che la popolazione migrante nel nostro Paese è in costante aumento; dal Gennaio 2011 sono infatti residenti in Italia 4.536.000 soggetti stranieri, rappresentanti il 7,5% della popolazione totale. Confrontando tale dato con la rilevazione effettuata nel corso dell'anno precedente (2010), si è verificato un incremento del 7,45% di soggetti stranieri migrati nel nostro Paese (in aumento anche il numero di soggetti minorenni). Andando ad analizzare la loro provenienza, si osserva che le zone geografiche maggiormente interessate al fenomeno dell'emigrazione sono quelle dell'Europa dell'Est (Romania, Polonia e Ucraina), dell'Asia (Cina, Filippine e Pakistan), e quelle dell'Africa Settentrionale (Senegal, Tunisia e Marocco). Ritornando alla questione relativa agli accessi ai servizi di Neuropsichiatria Infantile nella regione Lombardia, in questi ultimi anni, si è registrato un consistente aumento dell'utenza straniera totale. In seguito alle rilevazioni effettuate all'interno di alcune UONPIA sparase sul territorio Lombardo, si è osservato che il numero di pazienti stranieri che usufrusicono di tali servizi nella zona di Milano e Brescia è di circa il 30% dell'utenza totale. Nei servizi dislocati nella provincia di Lodi invece la percentuale tende ad abbassarsi, ma rappresenta comunque il 18% dei pazienti in carico. Si è quindi accertato che gli utenti di origine straniera rappresentano una porzione significativa ed importante del totale dei pazienti che accedono ai servizi di Neuropsichiatria Infantile in Lombardia. Con il passare del tempo si sono manifestate alcune difficoltà da parte del personale delle varie UONPIA relative alla diagnosi e alle terapie con questo tipo di utenza. Si è quindi ipotizzato, per tutta questa serie di motivi, di creare un progetto in cui si vada a formare le varie figure professionali presenti nelle varie strutture di NPI, in modo da poter fornire un servizio quanto più adeguato ai bisogni di salute dell'utenza straniera.
Principali obiettivi del "Progetto Migranti"
Si sono ipotizzati alcuni obiettivi fondamentali ai fini di fornire un adeguato servizio alla nuova utenza dei centri di NPI nel territorio Lombardo. Il primo obiettivo che è stato formulato riguarda l'individuazione e la comprensione dei bisogni di salute dei pazienti immigrati che accedono al servizio. Per riuscire a raggiungere tale obiettivo, sarà necessaria una formazione specifica e adeguata per ciascun operatore presente nell'Equipe riabilitativa. Una volta raggiunti questi primi due obiettivi fondamentali, starà ai vari terapisti strutturare percorsi diagnostico - terapeutici specifici e procedure interinstituzionali condivise individualizzati per ciascun paziente di origine straniera. I tre obiettivi appena presentati risultano essere le condizioni necessarie per la nascita di una clinica che si potrebbe definire "transculturale", in cui si cerca di comprendere i bisogni speicifici di salute per ciascun utente immigrato e in seguito, grazie ad un'appropriata formazione da parte del terapista, accogliere tale bisogno e progettare un percorso diagnostico – riabilitativo che vada a migliorare la condizione di fragilità del paziente in questione, andando dove necessario, a coinvolgere anche servizi ed istituzioni del settore terziario che contribuiscano al miglioramento dello stato di salute del soggetto immigrato. Una volta raggiunti questi tre obiettivi basilari, si dovrà fornire a tutta l'utenza straniera la possibilità di accedere alle varie UONPIA in modo analogo a quello della popolazione residente. Dare la stessa possibilità d'accesso ad entrambe le utenze, significa facilitare l'accesso ai Servizi per i pazienti di origine straniera. Questo incentiverà a migliorare l'appropriatezza degli invii alla UONPIA, così come a migliorarne il timing e le modalità di invio. Il "Progetto Migranti" mira anche a garantire una qualità delle cure per i pazienti immigrati analoga a quella della popolazione residente. Per riuscire a raggiungere tale obiettivo, sarà necessario migliorare l'appropriatezza, la tempestività e continuità dei percorsi di cura in un'ottica interculturale. Adottando quello che si potrebbe definire un approccio "transculturale", risulterà più facile migliorare l'accettabilità degli interventi delle UONPIA per gli utenti migranti, favorendo così la continuità della presa in carico dall'età evolutiva a quella adulta. Ultimo obbiettivo, ma non per questo meno importante, sarà quello relativo ad una raccolta stabile di dati epidemilogici approfonditi per la programmazione sanitaria.
Il lavoro di rete
Il Progetto ha avviato un processo di riflessione per la creazione di pratiche condivise, coordinate e integrate tra i Servizi, in funzione di una presa in carico adeguata ai bisogni di salute mentale dei migranti in età evolutiva. La molteplicità delle culture in arrivo e quindi delle diverse domande di prese in carico, ha suggerito da subito l'importanza della collaborazione di tutti i servizi che si occupano di minori, nell'ottica di potere disporre di tutte le competenze già in opera e di costruire una mentalità nuova .Ne è risultata una mappatura di tutto quello che esiste nella zona di Milano che ha consentito l'incontro e il confronto tra operatori abituati a lavorare per lo più chiusi nel proprio territorio. Un aspetto di fondamentale importanza rilevato in questi anni di progetto "sperimentale", è stato quello di coinvolgere, all'interno di un intervento riabilitativo, più figure professionali ed istituzionali. Nel corso del tempo tale questione è stata non solo confermata, ma è diventata necessità assoluta: non è possibile rispondere ai bisogni di cura dei minori migranti senza pensare ad un intervento capillare di rete che sia di collaborazione continua nel rispetto dei ruoli e delle competenze di ciascuno.
Formazione degli operatori
La formazione prevista per ciascun operatore inserito in un Servizio aderente al "Progetto Migranti" si divide un due moduli differenti. Il primo riguarda una formazione di base, mentre il secondo fornisce una formazione di tipo specialistico, che consente agli operatori di acquisire gli strumenti diagnostici e i concetti fondamentali della clinica transculturale che gli consentiranno di effettuare un intervento mirato e più specifico per l'utente di origine immigrata.
Servizi inclusivi e di comunità
La presenza e la partecipazione di istituzioni nel lavoro di rete nella presa in carico di pazienti stranieri, consente al terapista o al responsabile del caso di usufruire di alcuni Servizi specifici non realizzati ad hoc per questo tipo di utenza, ma abilitare quelli già esistenti in modo che vadano a rispondere al nuovo bisogno manifestato dai pazienti immigrati. In questo modo si procede alla trasformazione di questi servizi in risorse per tutti gli utenti.
Wrap Around
Con il termine "Wrap Around" si intende in questo specifico caso il tentativo di accogliere la multiproblematicità e la multiculturalità attraverso percorsi e reti tra Servizi piuttosto che istituzionalizzare il soggetto immigrato in questione. In questo modo si rende il paziente più autonomo e meno legato a regole restrittive, mantenendo comunque un approccio di lavoro basato sul lavoro di rete. In altre parole si evita di istituzionalizzare il paziente straniero, favorendo una responsabilizzazione del soggetto, consentendogli di provvedere "autonomamente" alla propria salute usufruendo di una serie di Servizi che sono continuamente in contatto tra loro e monitorano l'andamento del paziente.
La Clinica Transculturale
Nel corso degli anni si è palesata la necessità di conoscere l'esperienza di altri Paesi, già meta di migrazione da paesi in via di sviluppo, e di adattarli alla situazione italiana. La Francia, per esempio è stata per decenni interessata dalla migrazione di Magrebini, e per questo motivo è stato importante riferirsi (all'inizio del percorso transculturale) a quella esperienza. Quello che sta succedendo in questi ultimi decenni in Italia, è differente tanto per epoca, quanto per provenienza. I flussi migratori che interessano il Bel Paese giungono da tutte le parti del mondo e quindi pongono problematiche culturali fortemente diversificate. E' risultato utile attingere anche alle esperienza che l' Italia ha fatto con l'emigrazione interna del secondo dopoguerra, che ha imposto già allora una modalità di approccio alla cura del disagio mentale caratterizzato da flessibilità e attenzione alla cultura di provenienza.
La clinica Transculturale ha fornito dunque gli strumenti teorici per la costruzione di una mentalità nuova che poi ha avuto una ricaduta inevitabile su tutto il modo di lavorare dell'equipe. Si sono quindi andati ad individuare 3 concetti chiave della Clinica Transculturale, in modo da favorire la nascita di un nuovo approccio terapeutico e riabilitativo.
Innanzitutto è fondamentale avere bene in mente cosa si intende con il termine "cultura"; secondo la concezione moderna, col termine cultura si può intendere quel bagaglio di conoscenze e di pratiche acquisite ritenute fondamentali e che vengono trasmesse di generazione in generazione. Andando ad analizzare più approfonditamente tale concetto, si può definire la "cultura" come un processo dinamico in cui le tradizioni e il bagaglio di conoscenze possedute dai genitori (più in generale dagli individui adulti di un nucleo familiare), vengono trasmesse alla/e nuova/e generazioni. Una volta interiorizzate le tradizioni tramandate dai padri, la nuova generazione potrà ampliare il proprio bagaglio culturale (attraverso viaggi, incontri con altre culture), farle proprie e tramandarle in un secondo momento alla generazione successiva. La "cultura" risulta quindi essere un processo dinamico in cui ciascun soggetto appartenente ad un determinato gruppo culturale, condivide con essi le tradizioni comuni; nonostante un bagaglio di competenze, conoscenze e tradizioni comuni a ciascun individuo di tale comunità, ognuno è in grado di modificare o ampliare le proprie tradizioni culturali, senza però mai abbandonare il gruppo originario. Riconsocere la natura dinamica della "cultura", consente di fare alcune riflessioni sul ruolo che essa ricopre nelle istanze psichiche del soggetto immigrato. Qualsiasi individuo che si trovi in un nuovo Paese, dovrà fare i conti con le modalità di accoglienza del mondo culturale in cui si trasferisce. Non solo il tipo di accoglienza che il nuovo "mondo" fornisce all'immigrato potrà essere differente rispetto al proprio, ma potranno anche essere differenti altri parametri relativi al modo di vivere, di comunicare, di approcciarsi. Nel caso in cui le differenze culturali vengano apprese ed interiorizzate da parte del soggetto immigrato, questo prevederà un periodo in cui l'individuo andrà in qualche modo a "sospendere" la propria identità culturale. In altre parole affinchè il soggetto immigrato possa interiorizzare le tradizioni culturali del nuovo Paese in cui vive, sarà necessario un periodo di adattamento (non perfettamente quantificabile), in cui l'individuo andrà a mettere in stand – by la propria identità culturale, così da poterla in seguito modificare. Talvolta questi processo psichici non si verificano nel soggetto immigrato, il quale apparentemente accetta le norme culturali vigenti nel nuovo Paese, ma inconsciamente crea una piccola società (quasi sempre identificata con la propria famiglia), in cui rimangono vive le tradizioni e le norme culturali del Paese di provenienza del "capo famiglia". Tale processo di separazione tra mondo esterno (e relative tradizioni e norme culturali), e quello al nucleo famliare, può esporre in maniera significativa non tanto i soggetti adulti che hanno affrontato il viaggio migratorio sia psicologicamente che geograficamente, bensì i propri figli ad una fragilità nella costruzione della propria identità che in diversi casi può portare a manifestazioni patologiche.
Un secondo aspetto che bisogna tenere sempre in considerazione è quello relativo al trauma migratorio e alle conseguenze dirette e indirette che questo può provocare. Il trauma migratorio spesso riguarda in maniera diretta i soggetti adulti, i quali decidono di abbandonare il proprio Paese, alla ricerca di condizioni di vita più favorevoli. Questo viaggio porta con se delle conseguenze a livello psichico non indifferenti; ogni individuo infatti reagirà in maniera differente di fronte alle novità del nuovo Paese e della nuova cultura in cui è andato a vivere. Il soggetto immigrato potrà quindi sviluppare alcune difficoltà o resistenze alle novità cui è esposto, o al contrario si adatterà in maniera adeguata al contesto socio – culturale del nuovo Paese. Molto spesso però si sono rilevate alcune difficoltà e fragilità negli individui stranieri, i quali in un secondo momento potrebbero trasmettere in maniera indiretta ai propri figli, generando così una situazione in cui il disagio socio – culturale del genitore, si trasforma in disagio/disturbo psichico dell'adulto e in un secondo tempo anche del bambino, con manifestazioni e tempistiche differenti.
All'interno di una relazione d'aiuto sia il paziente (colui che richiede aiuto), che il terapista (colui che fornisce supporto e aiuto al richiedente), sono soggetti attivi e interagenti. Concentrando tutta l'attenzione sulle dinamiche psichiche e gli aspetti legati al trauma migratorio o al nuovo contesto culturale, si rischia di mettere in secondo piano il terapista come portatore di una propria cultura e tradizione. Nel momento in cui i due entrano in interazione, si vanno ad incontrare non solo due soggetti fisici, ma anche due entità portatrici di proprie istanze psichiche e proprietà socio – culturali insite nel proprio essere. Il terapista in quanto soggetto che deve fornire aiuto e supporto al proprio paziente, deve compiere un decentramento culturale, un operazione molto importante e fondamentale ai fini della relazione terapeutica e della buona riuscita della terapia. In altre parole l'operatore deve riuscire ad accantonare per la seduta di terapia quei pregiudizi, sterotipi o giudizi negativi sulla cultura del paziente in trattamento, cercando di accoglierlo nella sua totalità di soggetto portatore di una cultura differente dalla propria, ma non per questo sbagliata o inferiore. L'operatore deve svolgere il proprio intervento cercando di liberare la propria mente da qualsiasi preclusione culturale, nel tentativo di comprendere la componente culturale del paziente e del possibile problema legato ad essa.
Il ruolo dell'Equipe multidisciplinare
Nel tentativo di sviluppare un nuovo tipo di intervento che vada a migliorare la salute dell'individuo straniero nel suo complesso, si è vista la necessità di adottare una modalità di intervento che prevede la presenza di più figure terapeutiche. Questo tipo di approccio multimodale deve essere in primis sperimentato ed attuato all'interno delle UONPIA che proprio in considerazione dell'alto numero di accessi di migranti, risultano essere i servizi privilegiati, tanto per l'osservazione del fenomeno, quanto per la necessità di intervento immediato. Da qui allora l'uso di un approccio clinico multidisciplinare che attinge da una nuova mentalità, perlatro già consolidata nelle UONPIA, proprio perché la presa in carico di soggetti in età evolutiva deve per sua natura avere caratteristiche di elasticità e flessibilità. Sono stati individuate diverse figure terapeutiche che andranno a far parte dell'Equipe multidisciplinare; gli specialisti che dovranno essere presenti sono: Neuropsichiatra Infantile, Psicologo/a, Logopedista, Fisioterapista, Neuropsicomotricista ed eventualmente un mediatore linguistico culturale.
Primi risultati relativi al "Progetto Migranti"
In seguito alla partecipazione da parte di 7 UONPIA sparse sul territorio Milanese (e relativi Servizi associati), si sono ottenuti risultati interessanti, grazie anche all'adozione di alcune nuove strategie terapeutiche e a cambiamenti che hanno portato ad un miglioramento sia per quanto riguarda l'utenza straniera, ma anche quella italiana. Innanzitutto si è osservato un netto calo dei drop – out da parte dei pazienti immigrati; in altre parole il nuovo dispositivo di cura adottato e basato su alcuni principi della clinica transculturale, ha portato ad una diminuzione dei casi di abbandono di terapia. In secondo luogo grazie alla condivisione e al continuo interscambio tra le NPI e i Servizi aossicati (ASL, strutture del settore terziario...), è stato possibile effettuare una riorganizzazione di alcuni materiali utilizzati all'interno delle varie strutture (come ad esempio la traduzione di cartelli in altre lingue). Si è quindi giunti all'adozione da parte dei vari operatori all'iterno dei diversi servizi, di strumenti e test diagnostici adeguati e adattati per ogni singolo caso o gruppo culturale o linguistico di appartenenza. Sono andate quindi a fromarsi e in seguito a consolidarsi i rapporti tra i diversi Servizi; questo ha portato alla formazione di protocolli intra ed inter istituzionali che hanno consentito una maggiore comunicabilità tra i vari centri ed istituzioni. Grazie al lavoro e all'istituzione di un'Equipe multidisciplinare è stato possibile elaborare ed utilizzare PDTA (Profili Diagnostici Terapeutici Assistenziali) specifici. I PDTA sono uno strumento di gestione clinica usato per definire il migliore processo assistenziale finalizzato a rispondere a specifici bisogni di salute, sulla base di raccomandazioni riconosciute, adattate al contesto locale, tenute presenti le risorse disponibili. Grazie all'utilizzo di un nuovo dispositivo terapeutico basato su diversi principi della clinica Transclturale, è stato possibile progettare e successivamente fornire interventi speicifici e mirati, così da andare a prendersi cura della salute del soggetto e degli eventuali aspetti familiari socio – culturali ad essi legati.
Alcuni spunti per possibili ricerche future
Nel corso della ricerca (specialmente relativa all'ambito Neuropsicomotorio), si sono potuti osservare alcuni dati interessanti. Innanzitutto si è osservato che la presenza di soggetti stranieri in Italia si ripercuote e manifesta in maniera significativa anche in ambito terapeutico. La cosa più interessante che si è potuta osservare nella rilevazione dai questionari Neuropsicomotori è l'aspetto legato al quadro patologico generale e quello relativo all'utenza straniera. In alcuni casi i due valori percentuali non si discostavano in maniera significativa gli uni dagli altri; è però interessante notare come nella categoria relativa ai disturbi Neuromotori, vi sia una discrepanza significativa tra le due casistiche. Va innanzitutto precisato che non si ha la pretesa di affermare che vi sia una sicura e certa correlazione tra manifestazioni cliniche e provenienza geografica e culturale. In questa sede ci si limita a valutare i dati ottenuti dalle rilevazioni e ad effettuare alcune ipotesi o fornire alcuni spunti per possibili ricerche future. Tornando al confronto tra i valori percentuali dei disturbi Neuromotori nelle due casistiche, si può notare come nel quadro patologico generale, la frequenza di tale disturbo sia dell'11,57% del totale. Per quanto riguarda il valore relativo al quadro patologico nei soggetti stranieri, si osserva che solo il 3,5% degli utenti presenta questo tipo di disturbi. Partendo da questi dati, si nota una netta discrepanza tra i due valori. Si potrebbe ipotizzare una correlazione tra disturbo Neuromotorio e provenienza geografica o culturale? Non avendo avuto la possibilità di approfondire tale questione, ci si limita a sottilneare questa discrepanza tra i due quadri patologici. Sarebbe interessante svolgere un ulteriore indagine riguardante la provenienza del soggetto straniero affetto da disturbo Neuromotorio e potere eventualmente riscontrare una possibile correlazione tra questi due parametri. Non avendo la presunzione di fare conclusioni affrettate basate su una casistica abbastanza limitata, ci si limita a sottilenare tale differenza tra i due quadri patologici relativi ai disturbi Neuromotori.
Un secondo aspetto interessante ricavato dai dati relativi ai due quadri patologici è quello relativo ai disturbi relazionali. Non avendo specificato da quale tipo di disturbo relazionale sia affetto ciascun soggetto, sarà necessario fare delle valutazioni molto generali, in quanto si rischierebbe di giungere a delle conclusioni troppo grossolane ed imprecise. Innanzitutto si deve specificare che la frequenza di questo tipo di disturbi nel quadro patologico generale si aggira intorno al 8,26%. Il dato relativo al quadro patologico in utenti stranieri invece arriva a raggiungere il 12,1% dell'utenza totale. Nonostante non vi sia una netta differenza tra i due valori percentuali, risulta interessante ragionare su alcune questioni relative a tali categorie di disturbi. Sarebbe metodologicamente errato ed eccessivamente semplicistico ipotizzare che la totalità delle manifestazioni cliniche del 12,1% dei pazienti stranieri siano legati a parametri socio – culturali. Sarebbe tuttavia interessante analizzare tale questione in quanto, sicuramente una parte di questi pazienti stranieri avrà sviluppato questo specifico tipo di patologia perchè influenzati da diversi parametri relativi all'attaccamento, ad aspetti emotivo – affettivo – relazionali culturalmente caratterizzati. E' però anche vero che la manifestazione di questo tipo di patologia potrebbe essere una diretta conseguenza di uno stato patologico "inconscio" da parte del genitore del bambino straniero. In altri termini potrebbe essere possibile che il disturbo relazionale del paziente straniero, origini in realtà da alcune difficoltà, questioni irrisolte o traumi (migratorio o altri), legate al passaggio dal proprio Paese d'origine (e le relative tradizioni culturali), ad una nuova Terra e a nuove norme culturali differenti dalle proprie. Si potrebbe anche ipotizzare che questi disturbi relazionali siano la manifestazione clinica di una difficoltà da parte del bambino nel destreggiarsi tra le situazioni del mondo esterno (in cui trascorre alcune ore del giorno), con le realtà familiari. Si potrebbero analizzare anche altri parametri che possono portare alla manifestazione clinica di questo tipo di patologia, ma non è stato possibile in questa sede approfondire tale discussione.
L'utenza straniera e le nuove prospettive in ambito Neuropsicomotorio
Il "Progetto Migranti" consente ai terapisti dei vari servizi di Neuropsichiatra Infantile di ricevere una formazione basata sui principi della Clinica Transculturale prima esposti. Questa risorsa in altre parole, non risulta essere un'esclusiva dei TNPEE, anche se, andando ad analizzare lo specifico caso dell'utenza straniera nella UONPIA in via Aldini, si può notare come la maggior parte dei soggetti immigrati abbia una diagnosi che in un modo o nell'altro, prevede un intervento riabilitativo di matrice Neuropsicomotoria. Se si considerano infatti i casi totali compresi nelle categorie diagnostiche dell'ICD – 10 che vanno da F70 (ritardo mentale) fino a F98 (Disturbi dello sviluppo psicologico & Disturbi comportamentali e della sfera emozionale con esordio abituale nell'infanzia e nell'adolescenza), disturbi che in molti casi prevedono una terapia Neuropsicomotoria, si arriva ad un utenza di 132 (76,3%) su un totale di 173. Non è possibile affermare con certezza che tutti questi soggetti stranieri siano inseriti in terapia Neuropsicomotoria, ma è invece molto probabile che una buona percentuale di questi utenti sia in carico ad un TNPEE. Il "Progetto Migranti" risulta quindi essere una risorsa fondamentale per tutti i riabilitatori in età evolutiva, in maniera particolare per la figura del Neuropsicomotricista. Tale "Progetto" istituito e finanziato dalla regione Lombardia, non deve però essere interpretato come un punto di arrivo per la formazione del terapista e la nascita di un intervento basato sui principi della Clinica Transculturale. Al contrario, il "Progetto Migranti" deve fungere da punto di partenza per sviluppare e fornire un intervento riabilitativo il più possibile adeguato e personalizzato per ciascun paziente, partendo sempre dalle basi teoriche che tale progetto fornisce a ciascuna figura terapeutica. Nel caso specifico della figura del TNPEE sarebbe utile confrontarsi sia con altre figure professionali all'interno di un'Equipe multidisciplinare (cosa che già avviene in alcuni Servizi); ancora più utile e funzionale risulterebbe svolgere degli incontri tra Neuropsicomotricisti di diversa formazione e provenienza geografica (anche provenienti da altri Paesi), in modo da potere confrontarsi e condividere alcune difficoltà od espedienti da utilizzare poi nella pratica terapeutica. Nel corso della stesura di questa ricerca, si sono più e più volte riscontrati riferimenti ad autori come Devereux, Nathan e la Dottoressa Moro (ancora in vita). Nonostante la situazione socio – culturale attuale in Italia sia differente da quella Francese in cui si sono sviluppate le varie teorie relative alla Clinica Transculturale, potrebbe essere utile e molto interessante organizzare degli incontri (anche a scadenza semestrale), in cui ci si possa confrontare tra TNPEE di diversa formazione scolastica, diversa provenienza (in questo caso terapisti Francesi e magari proprio con al Dottoressa Moro), e sopratutto esperienza personale. Andando a condividere e a confrontarsi, sarà possibile andare ad arricchirsi reciprocamente e magari in un futuro più lontano, potere svolgere delle esperienze terapeutiche in cui i ruoli si andranno a ribaltare. In altre parole sarebbe il TNPEE (adeguatamente formato e plasmato dalle esperienze lavorative proprie e altrui), a inserirsi in un Paese diverso dal proprio, con altrettante nuove tradizioni socio - culturali, in cui dovrà essere lui a modificare la propria visione del mondo in funzione sia dell'ambiente in cui sarà inserito, sia del soggetto che avrà in trattamento, attingendo alle proprie conoscenze maturate con l'esperienza in ambito Transculturale e dalle basi teoriche elaborate da Devereux, Nathan e la Dottoressa Moro.
CAPITOLO 1: Storia e basi teoriche della "Clinica Transculturale": Il fenomeno della globalizzazione culturale; Storia e principi della Psicomotricità - La pratica psicomotoria incontra la Psichiatria transculturale; George Devereux: principi e nascita della Psichiatria transculturale - Inconscio della personalità etnica & Inconscio idiosincratico - L'influenza dell'osservatore sull'oggetto osservato & il principio di complementarità - Il complementarismo; Tobie Nathan e l'Etnopsicoanalisi - La psicoanalisi e le teorie intermedie - I saperi tradizionali come scienze esatte - I meccanismi terapeutici; Marie Moro e il ritorno alla Psicanalisi Freudiana - Le ipotesi di fondo - I Principi della Clinica Transculturale - Il dispositivo di cura. CAPITOLO 2: Approcci terapeutici e sviluppo del bambino straniero: Verso un dispositivo di metissage e cosmopolita - Approccio Psicoanalitico di Acouturier e Lapierre - I contributi di Jerome Bruner e Howard Gardner; I genitori e il trauma migratorio - Figli di immigrati ed il meticciato - La costruzione di una propria identità in situazioni di metissage - Neonati e bambini di qui - Vulnerabilità nello sviluppo dell'infanzia, Presentare il mondo, Pensare il mondo; Il bambino esposto - Competenza, resilienza e creatività - La cultura dall'interno - L'essere, il senso, il fare. CAPITOLO 3: Il caso clinico di G.; Presentazione del caso clinico; Storia personale di G, Aspetti socio culturali salienti; La presa in carico - Valutazione psicomotoria - Diagnosi e stesura del progetto riabilitativo - Presa in carico e sviluppi terapeutici; Modificazione della terapia e del progetto - La questione del “segreto” - L'importanza della “storia” - Un innovativo esperimento terapeutico; Risultati, sviluppo e progressione della terapia. CAPITOLO 4: Contenuti della ricerca; CAPITOLO 5: Discussioni; Discussioni e riflessioni sui dati dei questionari Neuropsicomotori - Esperienza lavorativa & difficoltà terapeutiche con pazienti stranieri - Confronto tra flussi migratori ed accesso a servizi di NPI in Lombardia - I due quadri patologici a confronto - Parametri che influenzano la terapia; Discussione sulla casistica della UONPIA in via Aldini - Le due utenza a confronto - Confronto tra i due quadri patologici; Discussioni su Servizi di NPI partecipanti al “Progetto Migranti” - Servizi di Neuropsichiatria Infantile a confronto. CAPITOLO 6: CONCLUSIONI; Il “Progetto Migranti” come risposta ai bisogni della nuova utenza; “Progetto Migranti”: Migrazione e disagio psichico in età evolutiva - Perchè è nato il “Progetto Migranti” - Principali obiettivi del “Progetto Migranti” - Il lavoro di rete - Formazione degli operatori, Servizi inclusivi e di comunità, Wrap Around, La Clinica Transculturale - Il ruolo dell'Equipe multidisciplinare - Primi risultati relativi al “Progetto Migranti”; Alcuni spunti per possibili ricerche future; L'utenza straniera e le nuove prospettive in ambito Neuropsicomotorio
Indice
RIASSUNTO
PREMESSA
BIBLIOGRAFIA
Tesi di Laurea di: Livio Giuseppe CAIANIELLO