I Videogiochi in Riabilitazione in Età Evolutiva: i nativi digitali, prove di efficacia, controversie, realtà virtuale
I nativi digitali
Come accennato nel capitolo precedente, la scelta di approfondire un tema recente come quello dei videogiochi, è dovuta al fatto che le nuove generazioni vivono questi dispositivi con una quotidianità tale, che li ha ormai resi parte integrante della loro vita.
L'espressione “nativi digitali” è stata coniata da Mark Prensky per indicare la generazione di chi è nato e cresciuto in corrispondenza della diffusione delle nuove tecnologie informatiche; si tratta, in genere, di persone giovani, che non hanno avuto alcuna difficoltà a imparare e fare proprio l’utilizzo di queste tecnologie.
L'espressione nativi digitali viene dalla corrispondente espressione inglese “digital native”, in cui si sono accostati due elementi: digital che significa relativo ai mezzi informatici e native che significa nativo, indigeno. Esiste poi anche l’espressione di “immigrati digitali”, che va ad indicare le persone che quando queste nuove tecnologie si sono diffuse erano già adulte e che hanno manifestato maggiore difficoltà, se non impossibilità di fare propria e di impadronirsi della conoscenza e dell'uso dei nuovi mezzi e quella di “tardivi digitali” che va ad indicare i più anziani, quello cresciuti senza tecnologia e tuttora diffidenti rispetto alla stessa (Valeria della Valle, 2015).
La differenziazione più significativa tra tutti questi soggetti è proprio il diverso approccio mentale che hanno verso le nuove tecnologie, che permette alle nuove generazioni di sentirsi padroni della tecnologia, aspetto significativo anche pensandone all’utilizzo clinico e riabilitativo, proprio perché sentirsi padroni della tecnologia aumenta nel soggetto una partecipazione attiva alle proposte, cosa ancor più vera nel caso dei videogiochi, che aggiungono per definizione la componente ludica a quella di solo esercizio (Marc Prensky, 2001).
I videogiochi
Parlando più nello specifico dei videogiochi, fulcro di questo progetto sperimentale, possiamo pensare prima di tutto a definirli, come software in grado di riprodurre su una piattaforma informatica (PC o consolle) una realtà simulata a carattere ludico, di diverso genere, con cui il videogiocatore può interagire, attraverso strumenti di input (mouse, tastiera, joypad). Si tratta di software molto articolati, con differenti possibilità di gioco, individuale, fra più giocatori e/o contro un computer animato da intelligenza artificiale (IA). Si tratta di risorse fisiche o digitali che possono essere installate sui sistemi fissi, oppure riprodotte attraverso delle cartucce all’interno di strumenti portatili (Treccani.it).
Anche le tematiche e le tipologie sono in costante evoluzione, con generi e meccaniche di gioco completamente diverse tra loro e differenti abilità richieste al giocatore. L’AESVI (Associazione Editori Sviluppatori Videogiochi Italiani, 2001) ha fatto propria questa classificazione:
- «azione e avventura», genere a sua volta suddivisibile in filoni indicati con i nomi «punta e clicca», «enigmi», «survival horror», «nasconditi e spara», «combattimenti spaziali» e «adventure», che si basano sul concetto di spelunking, ‘andare per spelonche';
- «sport»: gli sport possono essere individuali, nei quali il giocatore impersona sempre lo stesso personaggio (come nel tennis o nel golf), o collettivi, dove il giocatore si identifica con i vari componenti la sua squadra e le sue competenze passano da un giocatore all'altro a seconda di quale sia l'alias (l'alter ego digitale) in possesso di palla;
- «guida e gare»: un sottogenere sportivo, che ha sue peculiarità nello svolgimento e nella «regia», cioè in quello che il giocatore vede sullo schermo e le sue modalità d'interazione;
- «sparatutto in prima persona»: ciò significa che il giocatore si identifica in un personaggio con i cui occhi vede l'azione, in una ripresa in soggettiva;
- «piattaforme e puzzle»: per «piattaforma» si intende la lunga serie di impalcature, ponti, burroni, scale, trampolini ecc. che il personaggio deve attraversare, in scorrimento orizzontale da sinistra a destra e/o orizzontale dal basso in alto, come nei giochi classici bidimensionali, o in versione tridimensionale, come in quelli più recenti;
- GDR o RPG (cioè «giochi di ruolo» o «role playing games»): sono giochi in cui la componente narrativa è molto sviluppata, e derivano direttamente dagli eponimi giochi di carte o con soldatini inventati negli anni Settanta a partire dal Dungeons & Dragons di Gary Gygax;
- «strategia» (o STR, «strategia in tempo reale», in inglese RTS, «real time strategy»): più che un genere di gioco si tratta di una modalità ludico-narrativa, per la quale il giocatore deve svolgere una serie di operazioni complesse, per esempio senza farsi scoprire dai NPC (non- playing characters, ‘personaggi non giocanti', cioè gli avversari digitali creati dal computer),
- «simulazioni» (volo, guida ecc., con una perfetta attenzione alla riproduzione realistica);
- i cosiddetti «God game», in cui il protagonista può essere il sindaco di una città, il manager di una società, perfino un'astratta entità trascendente e gestire il campo d'applicazione dei suoi poteri demiurgici, che si tratti di una squadra, di una civiltà dalla preistoria al viaggio nello spazio o di un pianeta intero.
- «picchiaduro» (in inglese «Beat'em all», ‘colpiscili tutti'): giochi di combattimento in cui si impersona un guerriero (uomo, donna, mostro, alieno, cyborg ecc.) e ci si batte contro altri giocatori o contro il computer in scenari disparati.
Oltre ai generi, i videogiochi subiscono anche una classificazione in base al tipo di contenuti che presentano e alla certificazione rilasciata dal PEGI (Pan European Game Information – Informazioni paneuropee sui giochi) relativa alla fascia di età alla quale il gioco può essere destinato. Una serie di icone riportate solitamente sulla confezione o nella scheda di descrizione del gioco, forniscono tutte le indicazioni a riguardo.
I videogiochi in riabilitazione: prove di efficacia
Come accennato nel capitolo precedente, la ricerca in riabilitazione ormai da alcuni anni è orientata verso metodiche riabilitative nuove, innovative, che ha abbracciato anche l’utilizzo dei videogames.
Proprio per le loro caratteristiche intrinseche infatti i videogiochi hanno la possibilità di stimolare funzionalità varie e differenti, che siano esse motorie o cognitive.
Gli studi prodotti in questi anni sull’efficacia di questi strumenti sono molti, con risultati diversi e talora contrastanti.
L’applicazione riabilitativa più diffusa e studiata è probabilmente quella a scopo fisioterapico per il recupero di abilità motorie, in particolar modo dopo l’introduzione della console Wii che ha sviluppato una serie di attività e di comandi, basati sulla simulazione d’azione e sull’attività motoria in prima persona. Il telecomando Wii, infatti, trasmette tramite infrarossi ad una barra collegata alla console, che registra i movimenti compiuti dall’utente e li riproduce su schermo, facendo in modo che sia il giocatore in carne ed ossa a determinare in ogni sfumatura, l’azione del personaggio virtuale. La console di Nintendo ha portato sul mercato anche un nuovo strumento: la Balance board, una pedana che funziona tramite un meccanismo di riconoscimento delle forze applicate sulla sua superficie che determinano il movimento del personaggio virtuale. Nel dettaglio, l’hardware, funziona come una pedana di forza utilizzata nei laboratori per lo studio della cinematica, pur lavorando a pesi e frequenze nettamente inferiori: con lo spostamento e la rilevazione delle forze
applicate e la trasmissione di queste dalla pedana alla console via bluetooth, il software è in grado di riconoscere il centro di pressione e quindi il centro di massa del soggetto e di delinearne un tracciato, in base allo spostamento del soggetto. Il dispositivo, per poter essere utilizzato in maniera appropriata, dispone di giochi progettati appositamente per il suo utilizzo, che sono stati trasportati anche nel setting riabilitativo. La riabilitazione con Balance board viene usata soprattutto per consentire il recupero di funzioni motorie, come l’equilibrio, risultando particolarmente efficace nell’avviare, o riavviare, il paziente alla percezione dello sbilanciamento, allo spostamento del carico e ad una coordinazione funzionale del movimento (Young e al., 2011).
Questi risultati si fanno significativi, sia perché generalizzabili anche a soggetti in età più avanzata, che in termini pratici, perché si tratta di una piattaforma a basso costo e ad elevata portabilità, con un impatto importante in termini di costi del servizio.
Nella recente review di D. J. Goble, B. L. Cone, B. W. Fling (2014) viene evidenziata l’efficacia dell’intervento con la balance board sull’equilibrio, in tutti e 19 gli studi selezionati, senza conseguenze negative o effetti collaterali. L’unica criticità nei dati analizzati è la tipologia di studi, che prevedevano campionature ridotte e/o applicazioni individuali.
Non c’è però solamente la riabilitazione motoria tra le applicazioni sanitarie dei videogiochi, infatti un’altra importante realtà di utilizzo è quella dell’empowerment cognitivo: attraverso le prestazioni videoludiche diventa possibile allenare una o più funzioni cognitive che necessitano di supporto. Per loro natura, i videogames, di qualsiasi genere essi siano, richiedono infatti l’attivazione di diverse abilità nello stesso momento e questo consente di stimolare in tempi rapidi, più funzioni cognitive, ottenendo un risultato soddisfacente, in tempi relativamente brevi.
Ad oggi sono molti gli studi avviati per comprendere la reale efficacia di queste applicazioni; uno fra i lavori più interessanti è quello di R. Trinchero (2014), in cui viene attivato un percorso specifico di potenziamento cognitivo che si avvale del gioco computerizzato per migliorare le performance, con conseguenze a ricaduta sulla performance scolastica. Obiettivo ultimo del percorso è quello di raggiungere un miglioramento funzionale, per rendere più efficaci i processi cognitivi e le attività computerizzate rappresentano una palestra per esercitare e potenziare una vasta gamma di funzioni cognitive, che vanno dall’attenzione visiva e l’elaborazione visuo-spaziale, alle funzioni esecutive, alle capacità di apprendimento e di memoria. (C.S. Green, D. Bavelier 2007, 2012)
Infine fra gli studi di efficacia molte evidenze riguardano il principio della teleriabilitazione, in grado di apportare un sostegno importante all’estensione dell’intervento riabilitativo anche al di fuori delle mura della struttura operativa, pur mantenendo sempre vivo il controllo del professionista sul paziente.
Controversie legate ai videogiochi
Nonostante le prove di efficacia descritte nel paragrafo precedente, molti sono anche i limiti a tale pratica, a partire da una immagine non sempre positiva attribuita agli stessi, un po’ per la loro natura di intrattenimento e un po’ per la loro capacità di tenere “attaccate” per ore le persone allo schermo, considerato un limite reale e una forma di danneggiamento della corteccia cerebrale. In uno studio di D. H. Han, S. M. Kim, S. Bae, P. F. Renshaw, J. S. Anderson (2015) viene infatti evidenziato che esistono delle modificazioni strutturali a carico del cervello dei videogiocatori, in particolare una salience network molto sviluppata, ovvero un’area cerebrale responsabile dell’approccio ai cambiamenti repentini alle nuove informazioni e al focalizzarsi sugli eventi importanti grazie anche alla coordinazione tra udito e vista, con però anche effetti negativi come una difficoltà maggiore nel rimanere concentrati e un aumento della distraibilità.
Questi ricercatori hanno coniato il termine di Internet gaming disorder, per intendere una gravissima forma di dipendenza, che spinge il soggetto al gioco compulsivo, ai limiti in cui anche i bisogni più basilari vengono trascurati.
Al momento le risposte non sono certe, almeno per quanto riguarda la teoria dello sviluppo della silence network nel cervello dei videogiocatori; tuttavia è vero che i videogiochi sono stati annoverati tra le nuove forme di fonte di dipendenza, al pari del fumo, dell’alcool e delle droghe.
Altri studi si sono concentrati invece sul rapporto fra i videogiochi e la violenza, per verificare una credenza abbastanza diffusa che afferma che i videogiochi rendano violente le persone che ne fanno uso. Tale affermazione, pur non essendo inconfutabile, è stata confermata da una ricerca dell'Università dello Iowa, pubblicata sul “Journal of Experimental Social Psycology”, che è giunta alla conclusione che chi gioca con videogiochi violenti diventa meno sensibile alla violenza presente nel mondo reale (N. L. Carnagey, C. A. Anderson, B. J. Bushman; 2006).
Videogiochi, realtà virtuale e riabilitazione in età evolutiva
I nuovi sistemi immersivi e i simulatori di realtà virtuale stanno interessando anche la riabilitazione in età evolutiva, analogamente a quanto detto per l’adulto soprattutto per la potenzialità insita nei materiali di calare il bambino in una realtà adatta alle sue esigenze, che consente la simulazione di situazioni di vita quotidiana, che rendono il trattamento riabilitativo ecologico, stimolando una reazione naturale da parte del bambino che ne viene coinvolto.
Gli esempi di sistemi immersivi utilizzati anche in età evolutiva più significativi sono il già citato «Cave» (caverna), di utilizzo presso l’Istituto Auxologico Italiano, nella sede Centro Diagnostico e di Ricerca - San Carlo di Milano (MI) e il sistema GRAIL (Gait real-time analysis interactive lab), di utilizzo presso l’Istituto Scientifico Eugenio Medea di Bosisio Parini (LC).
Il GRAIL è un laboratorio di analisi del movimento in ambiente di realtà virtuale, che permette di eseguire l’analisi clinica e l’apprendimento della camminata, utilizzando le tecnologie più recenti, integrate in un unico sistema funzionale. Il sistema si compone di uno schermo a 180° su cui vengono proiettate le immagini di un ambiente, identificato in base alle necessità del bambino e in cui il paziente si muove, camminando realmente su un tappeto a doppia cinghia indipendente e interagendo con l’ambiente, attraverso i marker posizionati sul corpo, che vengono rilevati dalle camere optoelettroniche, che trasferiscono il risultato del movimento al software del programma, che lo riproduce sullo schermo fornendo il feedback a chi guarda.
È inoltre dotato di piattaforme di forza e di un sistema di oscillazione medio-laterale e di beccheggio, che rende ancora più reale il cammino all’interno di paesaggi naturali dissestati e consente la registrazione della capacità di compensazione del paziente alle variazioni improvvise.
I marker posizionati sugli arti superiori consentono anche movimenti di reaching e grasping degli oggetti presenti nell’ambiente virtuale e riprodotti sullo schermo, che consentono l’allenamento dell’arto superiore.
Si tratta di sistemi che richiedono un operatore preparato e formato che conosce l’utilizzo, le funzionalità e le potenzialità offerte dal sotware, in grado di decidere e impostare il lavoro del piccolo paziente.
La potenzialità principale di tutti gli strumenti fin qui descritti e soprattutto dei videogiochi, strumento centrale di questo progetto sperimentale, è data soprattutto dalla possibilità di utilizzare giochi creati appositamente per il paziente, con ambientazioni e obiettivi in grado di stimolare le funzioni di interesse. Proprio per la loro grande varietà, in genere e tipologia, hanno infatti la possibilità di influenzare sia le abilità motorie quanto quelle cognitive, attraverso ambienti studiati ad hoc per tipo di paziente col supporto della realtà virtuale, che rende il trattamento ecologico, influenzando positivamente le risposte del paziente. Sul piano clinico i vantaggi più immediati sono proprio per i pazienti, perché si tratta di risorse che aumentano la motivazione del soggetto, per l’aspetto ludico che caratterizza gli esercizi e la relativa ambientazione.
Ci sono però anche enormi vantaggi per il terapista, per le ampie possibilità di modulare la difficoltà del compito, l’intensità del trattamento e il feedback sensoriale, personalizzando i piani e i momenti del trattamento, con un miglior effetto riabilitativo dato dalla possibilità di monitorare le prestazioni raggiunte e i risultati.
Si tratta infine di attività facilmente trasferibili ad altri contesti, una volta determinati obiettivi, strumenti e livelli e avviato il paziente ad un utilizzo corretto, con alcune sedute di apprendimento, il bambino è potenzialmente in grado di condurre parte della sua riabilitazione in autonomia, con l’aiuto dei propri genitori, trasferendo parte degli obiettivi riabilitativi al domicilio, secondo un modello di riabilitazione per cicli, funzionale alle esigenze dei pazienti e anche a quelle del Servizio perché permette di ridurre la liste di attesa.
In questa direzione si è mosso lo studio sperimentale che verrà presentato in questo elaborato, che ha visto l’applicazione dei videogames in un gruppo di soggetti dislessici, che hanno bisogno di aumentare le loro capacità attentive, di selezione degli stimoli, di esplorazione visiva, al fine di riuscire a migliorare le loro abilità di lettura e hanno usufruito di un percorso accessorio all’intervento classico che si è avvalso dei videogiochi d’azione. Le caratteristiche di questi giochi fanno sì che il soggetto debba tenere sotto controllo una quantità di informazioni visive elevata e prestare attenzione ad eventi improvvisi, il tutto tenendo sotto controllo gli equipaggiamenti disponibili per poter progredire nei livelli propri del gioco (C. S. Green e D. Bavelier; 2007).
Indice |
INTRODUZIONE |
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DISCUSSIONE - CONCLUSIONI |
BIBLIOGRAFIA |
Tesi di Laurea di: Manuel LIVERI |