Le attività
Nel metodo Soubirain, come in tutti gli altri metodi psicomotori, lo strumento fondamentale di valutazione nella pratica è il gioco spontaneo che si sviluppa all’interno del setting.
Il gioco nasce come libera espressione del paziente, che deve poter interagire con gli attrezzi posizionati negli spazi elencati sopra, facendone l’utilizzo che meglio crede; sarà accortezza dello psicomotricista, prestare attenzione alla loro collocazione e ad eventuali limiti delle funzioni cognitive o motorie. Durante la seduta, il paziente può scegliere o meno di interagire con lo psicomotricista, qualora decide di farlo l’interazione diventa dialogo tonico, riproponendo emozioni e vissuti che possono essere rielaborati attraverso il proprio ritmo personale. In questa situazione, allo psicomotricista verranno richieste capacità di ascolto, di imitazione e di osservazione, qualità che egli dovrà aver acquisito durante un solido percorso formativo che impone la capacità di integrare le informazioni acquisite dall’osservazione e dalle varie prove di valutazione, in modalità funzionale all’ambiente nel quale il paziente è inserito, sia esso bambino, adolescente o anziano.
Secondo Vecchiato (2007), il gioco può assumere tre caratteristiche che determinano la qualità dell’investimento del soggetto nella relazione: quando al gioco viene data priorità al movimento, al tono muscolare ed il background emotivo ed affettivo assumono rilevanza, influenzando la qualità del movimento, si parla di gioco senso motorio; il gioco diventa simbolico quando, la qualità della relazione costruita dal paziente con lo psicomotricista o con altri componenti del gruppo (se si tratta di un intervento di questo tipo) assume caratteristiche emozionali contrastanti, come dipendenza, attaccamento, rifiuto, aggressività, scontro eccessivo; aspetti relazionali che attingono direttamente ai significati del soggetto.
Quando nel gioco viene data enfasi alle relazioni di gruppo, Vecchiato (2007) lo definisce gioco di socializzazione. Lo si può notare spesso nei gruppi di psicomotricità che vengono svolti in ambito educativo-preventivo, oppure in ambito in ambito clinico: in questo contesto il soggetto manifesta le proprie difficoltà emotive e relazionali con due modalità; o tende ad isolarsi rispetto agli stimoli del gruppo evitando confronti e scambi, oppure si rifugia eccessivamente nel gruppo, soprattutto nelle fasi più dinamiche, per evitare attività individuali che lo metterebbero in contatto con se stesso e con i propri vissuti (Vecchiato, 2007).
Al pari del gioco, il metodo Soubirain propone la grafo motricità all’interno della pratica psicomotoria, in quanto permette la mobilizzazione dei vissuti a livello affettivo ed emotivo mantenendo l’espressione sul piano del linguaggio non verbale.
La grafomotricità, intesa come insieme di proposte da svolgersi attraverso l’attività grafica, s’inserisce nel setting psicomotorio in quanto produzione spontanea e personale.
Si tratta di un’attività che evolve nel corso dell’infanzia parallelamente alla personalità, organizzandosi secondo delle tappe ben definite, che possono essere prese come indicatori del livello maturativo raggiunto dal soggetto stesso (Boscaini, 1995).
La maturazione grafo motoria inizia con i primi tracciati omolaterali (15-21 mesi) rappresentati da tratti dritti; si passa poi ai tracciati etero laterali (22 mesi-3 anni) nei quali il bambino esperimenta le cicloidi allungate, l’epicicloide e l’ipocicloide, per giungere grazie all’affinamento dei giochi motori con ibridi ed arabeschi, al disegno figurativo, che evolverà parallelamente al pensiero simbolico. L’organizzazione grafomotoria si articola sia ad un livello motorio, per passare ad uno percettivo sino ad arrivare ad uno simbolico che trova la sua massima espressione nella scrittura.
Il tracciato grafico è un prodotto originale ed è da valutare non solo come espressione motoria e cognitiva, ma anche affettiva (Boscaini, 1995, Crispiani e Giaconi, 2006): il prodotto del gesto grafico è espressione del sé sia sul piano vegetativo-motorio attraverso la pulsione grafica, che sul piano comunicativo-sociale nel momento in cui diventa comunicazione di un contenuto; é espressione della maturazione neuro-motoria e affettivo-relazionale, che si esprime attraverso la qualità del gesto e del contenuto. La conoscenza acquisita si esprime attraverso il gesto grafico, diventa linguaggio e mette in risalto la capacità ed il modo in cui il soggetto integra le percezioni (Crispiani e Giaconi, 2006).
Strettamente connesso con la psicomotricità e la grafo motricità, il rilassamento si inserisce all’interno della seduta psicomotoria (Soubirain, 1978) come mezzo attraverso il quale il soggetto può percepire le proprie variazioni toniche, affinché egli possa imparare a prevederne i vissuti, imparando a gestirli nel suo contesto vitale. Il compito principale è quello di far prendere coscienza al soggetto delle proprie sensazioni cinestesiche e propriocettive che vanno ad attivare il processo di apprendimento sensoriale, mentre il fine della terapia tramite il metodo stesso, è quello di far raggiungere un’autonomia al paziente relativamente alle proprie manifestazioni fisiologiche, anche se negative, alimentandone la fiducia e sostenendolo oltre la prima fase che può rivelarsi molto ansiogena ( Soubirain, 1978).
Soubirain, ha definito pedagogico il proprio metodo di rilassamento, in quanto applicabile al di là della fase del sostegno di un disturbo psicomotorio e pertanto inseribile in un contesto di prevenzione primaria.
L’autrice, nel definirne meglio le caratteristiche ha aggiunto due aggettivi identificano gli ambiti nei quali è utilizzato: si parla di rilassamento psicomotorio nel bambino e adolescente, poichè il bisogno fondamentale di questa fascia d’età è di percepirsi attraverso il corpo; rilassamento psicosomatico nell’adulto, perchè egli riconosce soprattutto la funzione tonica e le reazioni vegetative ad essa collegate (Soubirain, 1978). L’obiettivo del rilassamento è la ricerca di un equilibrio tonico ottimale, in funzione del tono costituzionale di ciascuna persona (Lemarie, 1977).
Per Soubirain (1978), la terapia psicomotoria è inscindibile dal rilassamento poiché insieme contribuiscono alla costruzione della personalità del soggetto. Il rilassamento terapeutico Soubrain, è un’esperienza che va vissuta prevalentemente a livello corporeo e si può svolgere sia individualmente che in piccoli gruppi con quattro partecipanti al massimo.
Il metodo prevede tre fasi: la prima è quella dell’immobilità, nella quale il soggetto viene invitato a mettersi nella posizione che lui ritiene più confortevole ed invitandolo a mantenerla ad occhi chiusi senza muoversi. Lo si invita a prestare attenzione ai punti di contatto con il suolo, tracciando mentalmente una mappa a partire dai talloni, polpacci, le cosce, il bacino, il tronco, le spalle, le braccia e le mani per giungere al capo. La seconda fase, detta anche del controllo (Soubirain, 1978) prevede che, quando il soggetto ritiene di aver raggiunto lo stato di rilassamento completo, se lo desidera, possa aprire gli occhi, invitando l’operatore ad avvicinarsi e fare delle leggere mobilizzazioni delle articolazioni, in questo modo il soggetto può confrontare sensazioni soggettive e sensazioni oggettive provenienti dall’operatore durante la mobilizzazione. Dopo tale fase, il soggetto può richiudere gli occhi e restare in ascolto per tutto il tempo necessario prima della ripresa, quando (terza fase) vi sarà la verbalizzazione di ciò che ha percepito sullo stato della propria condizione tonica, in altre parole, se ciò che il paziente percepiva come rilassamento, era realmente tale anche durante la mobilizzazione. Soubirain propone l’utilizzo del disegno come mezzo da associare alla verbalizzazione per esprimere il proprio stato d’animo; ciò che è importante secondo l’autrice è il vissuto del corpo che viene comunicato attraverso la parola o l’atto grafico.
Ciò che differenzia questo metodo da altri é che agisce direttamente sullo schema corporeo in modo inequivocabile: durante il rilassamento non è raro percepire il proprio corpo che si sposta nello spazio (Soubirain, 1978), provare delle sensazioni simili alla levitazione di oscillazione o che il corpo si allunghi e si deformi in qualche modo particolare. Ne emergono sensazioni riguardanti il vissuto corporeo personale, che rimandano direttamente al dialogo-tonico e che l’operatore accoglie con estrema attenzione, evitando di alimentare vissuti di frammentazione che porterebbero con sé sentimenti ansiogeni. La presa di coscienza di queste reazioni personali permette di dare al rilassamento una connotazione psicosomatica, poichè conduce la persona ad una conoscenza maggiormente approfondita di se stesso.
Nencini e Meneghini (2011) affermano che le limitazioni dell’applicazione del rilassamento in ambito terapeutico possono essere legate al rischio dell’attivarsi di vissuti di frammentazione ed all’attivazione di stati depressivi; tuttavia, anche in seguito a situazioni fortemente traumatiche, il rilassamento può generare vissuti positivi come, ad esempio la gratitudine per essere sopravissuti, l’amore intenso per i propri cari, ecc. L’evento critico, quindi, non annulla l’emozionalità positiva; e gli autori affermano che in alcuni individui questa potrebbe avere la forza per ristabilire in modo più rapido lo stato di benessere.
Se l’attività di gioco è comune a tutta la pratica psicomotoria indipendentemente dall’indirizzo e dal target di utenti ai quali si rivolge, la grafomotricità e rilassamento sono attività proprie del metodo Soubirain (1978).
Durante l’esperienza psicomotoria l’operatore deve essere in grado di adoperare il proprio corpo come mediatore della relazione, e deve avere anche le competenze ed i mezzi necessari per quantificare l’utilità della pratica all’interno del processo evolutivo dei pazienti. Nel paragrafo successivo verranno elencati alcuni strumenti di valutazione adeguati allo scopo.
Indice |
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Capitolo 1 |
La plasticità Cerebrale |
1.6 Lateralità |
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Capitolo 2 |
L'Approccio Psicomotorio |
2.3.2 Il setting |
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2.3.3 Le attività |
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Capitolo 3 |
L'approccio psicomotorio in un caso di medulloblastoma |
3.2 Il caso di K. |
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Tesi di Laurea di: Giovanna BONAVOLONTA |