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Tappe dello sviluppo della comunicazione e della relazione

"l'intimità è fatta di tante cose; potersi abbracciare,
ricevere delle premure, accettare delle confidenze,
ma anche farne. ma l'intimità deve essere qualcosa
cui ti puoi abbandonare con fiducia,
senza riserve, altrimenti è una spaventosa avventura,
come nuotare in un torrente in piena.
non ho mai sperimentato nulla del genere"
(Lapo Marini, 2007)

 

Le capacità Socio-Comunicative nel bambino con sviluppo tipico e con Autismo

 

 

Nello sviluppo del bambino le competenze comunicative sono correlate con le relazioni che il soggetto intraprende con le altre persone fin dai primi giorni di vita, per questo tratterò parallelamente queste due capacità, che si alimentano a vicenda per tutto lo sviluppo del bambino e che, intrecciandosi, influiscono sul suo modo di interagire e adattarsi all’ambiente.

Studi recenti hanno dimostrato che i bambini fin dal primo mese di vita sono attratti, in modo innato, dal volto umano (Robert V.Kail, 2007): prediligono il movimento degli occhi e delle labbra, le forme rotondeggiante rispetto a quelle spigolose e il contrasto dei colori tra le varie parti del volto.

Per questo motivo i bambini dal primo giorno di vita fino ai tre mesi, passano gran parte del loro tempo nell’osservazione del volto della madre; inoltre la natura ha voluto che la messa a fuoco del bambino alla nascita sia di 20 cm, che è proprio la distanza tra il seno della madre e il volto di quest’ultima. Nel momento dell’allattamento, un momento molto intimo, il bambino e la mamma si osservano a vicenda, imparandosi a conoscere.

Fin dai primi giorni il bambino utilizza dei segnali vocali e corporei, per indicare alla madre i propri bisogni vitali, affinché tale che essa possa soddisfare le sue esigenze. Dopo aver soddisfatto i bisogni fisiologici del bambino, la madre mette in atto delle strategie comportamentali, che riforniscono affettivamente il proprio piccolo e questo, con il passare del tempo, permette la creazione di una relazione privilegiata (intersoggettività primaria).

In queste situazioni, come in altre molto simili, la madre tocca il suo bambino, lo guarda e gli parla, aspettando che il bambino le risponda; questo gioco di sguardi e di vocalizzi sono caratteristiche prelinguistiche dell’ascolto dell’interlocutore e del rispetto del turno, proprio come avviene in una conversazione.

Tra i 4 e i 6 mesi, i vocalizzi con la madre si trasformano in un vero e proprio gioco di scambio; inoltre in questo stesso periodo c’è la comparsa di suoni più complessi come: gridolini , pernacchie e borbottii.

Dal sesto al nono mese, oltre ad essere un periodo importante di acquisizione di abilità motorie, è importante anche l’evoluzione cognitiva e comunicativa del bambino; infatti il piccolo inizia ad interessarsi agli oggetti e a sperimentarli secondo le loro caratteristiche. Inizia a comprendere le relazione causa-effetto: ad una azione corrisponde una reazione; e questo viene trasferito in ambito relazionale, infatti il bambino inizia ad attirare l’attenzione della madre, sapendo che produrrà in lei una risposta comportamentale. Inizia, anche, ad utilizzare il pointing, per indicare un oggetto desiderato e ad osservare la madre prima di agire (referenza condivisa). Inoltre utilizza l’alternanza di sguardo tra l’oggetto d’interesse e la madre, per condividere un’esperienza piacevole con la figura di riferimento (intersoggettività secondaria).

In questo periodo inizia, anche, a rispondere in modo pertinente ai cambiamenti dell’espressione facciale della madre, che ha sperimentato fin dai primi giorni di vita con l’imitazione immediata ( a 32 ore il neonato imita e distingue gesti di protusione della lingua o protusione e apertura della labbra). Dal sesto mese in poi, non si tratta di un’imitazione, che molti studi hanno definito innata, ma di un momento di comunicazione, basato su una sintonizzazione emotiva con la madre.

Questa relazione sicura permette al bambino la sperimentazione di nuove capacità prelinguistiche: infatti i vocalizzi si evolvono in lallazione che, prima del compimento del primo anno di vita, viene variata nelle sue forme ( il bambino utilizza varie consonanti e varie vocali).

Verso il dodicesimo mese il bambino mostra i primi segni di comprensione delle parole e incomincia a produrre i primi suoni simili a parole o proto-parole che, pur avendo una forma fonetica idiosincratica, assumono un significato specifico quando vengono utilizzate in determinati contesti.

Sempre a questa età compaiono altri tipi di gesti, oltre quelli deittici detti prima, che chiamiamo referenziali o rappresentativi: esprimono un’intenzione comunicativa e il loro significato non varia in base al contesto. Si tratta di gesti utilizzati in una varietà di situazioni per riferirsi ad oggetti, eventi e azioni, ad esempio aprire e chiudere la mano per “ciao” o scuotere la testa per “no”.

Verso i 12-13 mesi compaiono le prime parole che inizialmente si riferiscono a persone e oggetti familiari, oppure azioni che il bambino compie quotidianamente (dormire, mangiare). In questo periodo la parola non farà altro che sovrapporsi, come un guanto alla mano, all’insieme di abilità ed eventi già presenti e praticati (Cesarina Xaiz e Enrico Micheli, 2001). Con il tempo le parole verranno usate per indicare il significato di un’itera frase (olofrasi).

Tra i 14 e i 24 mesi il linguaggio verbale inizia a prevalere sui gesti e si manifesta la cosiddetta espansione del vocabolario ( il bambino parte con un vocabolario iniziale di 50 parole, per arrivare alla fine di questo periodo a padroneggiare 300 e più parole). Grazie a questo nuovo vocabolario il bambino inizia a fare le prime combinazioni di parole e verso i 24 mesi c’è la comparsa della struttura nucleare della frase, cioè un predicato verbale con i suoi argomenti. Dopo i due anni la struttura nucleare minima si amplia così da includere strutture facoltative, come ad esempio gli avverbi.

Verso i 2-4 anni  la lunghezza degli enunciati aumenta e il discorso del bambino risulta più comprensibile, grazie ad una miglior pronuncia delle consonanti; inoltre inizia l’utilizzo dei primi pronomi.

Con il successivo sviluppo del bambino si verifica un miglioramento qualitativo e quantitativo della comunicazione verbale e non verbale.

Come abbiamo detto precedentemente il bambino fin dalle prime ore di vita è in grado di imitare la mimica della madre e successivamente di riprodurre i gesti osservati a distanza di tempo (verso i 9 mesi). Alla fine del secondo anno di vita, attraverso il gioco del “far finta”, il bambino è in grado di riprodurre intenzioni e comportamenti della madre, assumendo il suo ruolo nelle prime manifestazioni di gioco simbolico.

L’imitazione permette al bambino inferenze implicite, non dichiarative e preverbali, sullo stato dell’altro, base dell’empatia, del “sentire” dell’altro. Questa iniziale conoscenza della mente altrui permette al bambino successivamente di comprendere le intenzioni, le emozioni e gli stati mentali altrui e adeguare il comportamento di conseguenza, per un miglior adattamento alle situazioni esterne.

Nel frattempo, a partire da quel ristretto nucleo iniziale di dialogo faccia a faccia con le figure genitoriali, si sviluppa nel bambino la capacità di gioco, dapprima con le persone vicine e con le parti del suo corpo, poi con gli oggetti, quindi nell’interazione tra oggetti e persone. Le abilità sociali si arricchiscono sempre più e il bambino crea relazioni stabili o temporanee: con i coetanei, con le maestre, quindi stabilisce i primi rapporti d’amicizia e d’affetto. In questo sviluppo si assiste anche alla crescente capacità di risolvere conflitti e problemi di natura interpersonale (Cesarina Xaiz e Enrico Micheli, 2001).

Ciò che il bambino ha sperimentato in una relazione verticale con il genitore, quindi, sarà successivamente investito nella relazione con i coetanei; il bambino trasporterà ciò che ha appreso in ambito familiare in altri contesti e questo gli permetterà di creare nuove relazioni.

In sintesi, le modalità di comunicazione e il modo di relazionarsi con il care-giver, saranno l’impronta su cui il bambino baserà le sue future relazioni. Per avere uno sviluppo sano di questo aspetto non basta solo una buona capacità da parte del care-giver di sintonizzarsi con il proprio figlio, ma ci deve essere una predisposizione biologica che permetta il riconoscimento e l’acquisizione degli altrui segnali.

Indice

 RIASSUNTO
 PREMESSA
  

Capitolo 1 - LE CAPACITA' SOCIO-COMUNICATIVE NELLO NEL BAMBINO CON SVILUPPO TIPICO E CON AUTISMO 

  1. Tappe dello sviluppo della comunicazione e della relazione
  2. Caratteristiche del disturbo della Comunicazione e dell'Interazione Sociale nel Disturbo Autistico  
  3. La Teoria della Mente - Tesi di Laurea 
  4. Ipotesi Neurobiologiche dei Disturbi Socio-Comunicativi nel Disturbo Autistico

Capitolo 2 - MODALITA' DI TRATTAMENTO PER BAMBINI AUTISTICI 

  1. Uno spazio e un tempo per una nuova alleanza con il Bambino Autistico
  2. Promuovere la comunicazione in: 
    1. Promuovere la comunicazione nei Bambini Autistici NON Verbali
    2. Promuovere la Comunicazione nei Bambini Autistici Ecolalici  
    3. Promuovere la Comunicazione nei Bambini Autistici Verbali
  3. Promuovere le Abilità Sociali nei Bambini Autistici
    1. Insegnare ai bambini con autismo a "leggere" le situazioni sociali
    2. Cognitive Picture Rehearsal: un sistema per insegnare l'autocontrollo
  4. TEACCH - Le critiche a questa metodologia

Capitolo 3 - Essere genitori di un bambino autistico: difficoltà di riconoscimento dei segnali di disfunzionamento e difficoltà di risposta ad una diagnosi di autismo

Capitolo 4 - OBIETTIVI DI LAVORO:  

  1. Presentazione della Vineland: Adaptive Behavior Scales - Forma Completa 
  2. Bambini affetti da Disturbi dello Spettro Autistico - Storia clinica dei casi in esame e trattamento riabilitativo
  3. Strumenti e giochi
  4. Risultati della Scala Vineland
  
 CONCLUSIONI
 BIBLIOGRAFIA
 APPENDICE
  
 Tesi di Laurea di: Antonella PALAZZO
    

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