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Promuovere la comunicazione nei Bambini Autistici NON Verbali

"Ero cieco mentalmente, non conoscevo la
grammatica delle relazioni, non capivo
le reali intenzioni degli altri,
anche se usavo il linguaggio,
è in questo nodo che sta il segreto
della condizione autistica.
Da molti punti di vista ero un idiota,
ero socialmente un idiota".
(Lapo Marini, 2007)

Modalità di trattamento per i Bambini Autistici

 

Nel capitolo precedente è stato spiegato come predisporre lo spazio e come organizzare il tempo della stanza di terapia per facilitare la comunicazione con i bambini autistici. Dopo un’accurata valutazione e conoscenza del bambino, il terapista è in grado di conoscere i materiali che lo distraggono e lo angosciano o, al contrario, che lo stimolano in modo positivo, e di predisporre l’ambiente in modo tale da far emergere comportamenti positivi per l’adattamento del bambino.

In questo elaborato sarà proposta una modalità di intervento per quei bambini autistici che non arrivano all’utilizzo della parola e che hanno, inoltre, notevoli deficit a carico degli elementi che compongono la comunicazione non verbale. Questi bambini fanno fatica a riferirsi agli altri per comunicare, anzi non ne sentono l’esigenza e non capiscono il motivo di questo tipo di contatto con le altre persone. Quindi per questi bambini esiste una doppia difficoltà: non solo devono essere apprese modalità di comunicazione più efficaci, ma soprattutto, non è ancora stata raggiunta l’idea di fondo di comunicazione (Volkmar, 2004); perché sapere comunicare è qualcosa di più che essere capaci di parlare o di mettere le parole in modo corretto, è l’abilità di far sapere a qualcuno che si vuole qualcosa, di raccontare un fatto, di descrivere un’azione e di riconoscere la presenza dell’altro. Tutto ciò può essere in maniera verbale o non verbale, attraverso i gesti, attraverso l’uso dei segni o indicando un’immagine o una parola scritta (Kathleen Ann Quill, 1995).

Per favorire un vero progresso nella comunicazione, la funzione stessa della comunicazione dovrebbe essere ritenuta più importante della forma o della struttura. Troppo spesso gli autistici vengono indotti alla produzione corretta di certi suoni, parole, segni, persino una “frase completa” senza che abbiano idea dell’ intenzionalità (Volkamr, 2004). Perciò qualsiasi intervento dovrebbe promuovere in questi bambini l’iniziativa comunicativa, facilitando l’assunzione del ruolo di emittente così come quello di ricevente.

Esistono molti aspetti importanti che i bambini non verbali dovrebbero acquisire per essere dei comunicatori migliori, ed in particolare:

 

(1) Comprendere la causa e l’effetto

La comprensione delle relazioni causa-effetto è legata al fatto che il bambino riconosca o meno che il suo comportamento può avere un chiaro effetto sugli altri e sull’ambiente circostante. Nella comunicazione, se il bambino non capisce questo tipo di relazione, avrà difficoltà a richiedere aiuto per raggiungere un oggetto o per comunicare i suoi bisogni. Senza questo tipo di ragionamento, il piccolo non può richiedere determinati comportamenti o oggetti agli altri, cosa che invece costituisce uno dei primi atti comunicativi dello sviluppo tipico. È importante quindi disporre per questi bambini attività che prevedono a ogni causa un suo effetto, in modo tale che si formi un minimo scambio comunicativo.

(2) Desiderare di comunicare

Spesso i bambini che non utilizzano il linguaggio verbale, manifestano scarsa volontà di comunicare con un’altra persona, dal momento che una delle loro difficoltà principali è l’incapacità di entrare in relazione con gli altri in modo convenzionale. Spesso non si accorgono della loro presenza o non mostrano particolare interesse verso di essi. Una delle ragione per cui questo si verifica si ricollega alla scarsa comprensione dei nessi causa-effetto descritta sopra. Se il bambino non comprende che qualcuno altro lo può aiutare, o se non capisce che le sue azioni possono produrre l’effetto di ottenere qualcosa, non sentirà un forte bisogno di entrare in relazione con gli altri. Spesso i genitori anticipano e rispondono troppo velocemente ai bisogni di questi bambini; danno al bambino tutto ciò di cui hanno bisogno, senza aspettare che egli comunichi con loro.

Dovrebbero essere programmati scambi comunicativi nell’ambito in cui richiedere al bambino di interagire con gli altri.

(3) Qualcuno con cui comunicare

Spesso gli adulti che hanno a che fare con i bambini autistici non verbali assumono il ruolo di iniziatori dello scambio comunicativo mentre al bambino è lasciato il compito di rispondere. Quando i bisogni del bambino vengono soddisfatti ancora prima che lui possa comunicarli, si depriva il bambino del suo partner comunicativo. Dopo alcuni scambi di questo tipo il bambino si aspetta di essere guidato verso il comportamento che lo porta ad ottenere ciò che desidera, senza sforzarsi a prendere l’iniziativa della richiesta.

(4) Qualcosa su cui comunicare

Se il bambino autistico non ha qualcosa su cui comunicare, non comunicherà.

La raccomandazione è di lasciare che sia il bambino a stabilire l’oggetto della comunicazione; il bambino dovrebbe prendere il comando e dirigere l’interazione comunicativa. Quindi sarebbe meglio partire da oggetti o azioni che piacciono al bambino, per poter avere come oggetto di comunicazione qualcosa d’interessante che lo stimoli alla comunicazione. Una volta che la comunicazione è stata avviata, l’operatore può lavorare sull’estensione del vocabolario.

(5) Un mezzo di comunicazione

Per il bambino che non ha acquisito l’uso del linguaggio verbale, imparare a parlare potrebbe non essere il sistema migliore o preferito per comunicare. Svariate ricerche hanno dimostrato che nonostante i bambini con autismo abbiano delle forti difficoltà nell’imparare a parlare, essi sono in grado di comunicare più facilmente quando utilizzano dei sistemi alternativi, come i gesti, il linguaggio dei segni, lo scambio di immagini e pittogrammi, schemi per la comunicazione con parole scritte e ausilii informatici. È importante per l’operatore partire da ciò che sa fare il bambino e dare un senso a quei gesti, posture e segni, per poter poi ampliare le capacità di comunicazione con altri sistemi alternativi, che utilizzano più variabili. Sappiamo che questo tipo di bambini hanno notevoli difficoltà nella gestione delle variabili e la comunicazione ne ha molte e devono essere introdotte al bambino in modo molto graduale.

Studi hanno dimostrato aumenti spontanei nell’uso della parola o delle vocalizzazioni  che vengono osservati tipicamente in circa un terzo o metà di quegli individui che non parlano e che imparano a esprimersi attraverso l’uso di altre modalità. Quindi l’utilizzo della comunicazione non verbale o di comunicazioni alternative non inibisce il linguaggio verbale, anzi lo favorisce (Volkmar, 2004).

L’uso dei segni come sistema di comunicazione ha molti punti di forza ma anche alcuni punti deboli.

Uno dei principali punti di forza è rappresentato dal fatto che nelle fasi iniziali della comunicazione i segni possono essere ideati dal terapista e accoppiati con il rinforzo appropriato. I primi scambi possono essere difficili perché bisogna far apprendere al bambino la relazione del segno con un oggetto o un’azione, però questo è un primo passo per avviare una prima comunicazione.

I segni possono essere utilizzati in qualsiasi contesto e in qualsiasi momento, possono esprimere la necessità del bambino abbastanza velocemente e possono essere facilmente messi in sequenza per ottenere una frase. I segni sono spesso concepiti in maniera tale da assomigliare all’oggetto o all’azione a essi associata, in modo tale da facilitare il bambino autistico, che è molto legato alla realtà materiale e al mondo del concreto. Il limite di questo sistema di comunicazione è nella sua efficacia: per essere un ottimo partner nel linguaggio dei segni bisogna essere bravi nella comprensione di essi e bisogna esserne pratici; inoltre per comunicare il bambino deve recuperare dalla sua memoria il segno appropriato per il contesto in cui si trova. Quindi il bambino non deve avere associati problemi neuropsicologici.

Un altro mezzo di comunicazione è attraverso gli oggetti. I bambini con autismo spesso utilizzano gli oggetti spontaneamente per comunicare, ma anziché dare l’oggetto a un’altra persona, lo mettono vicino alla cosa desiderata. Un passo avanti sarà quando il bambino inizierà a toccare direttamente l’oggetto desiderato; l’evoluzione successiva, ma molto difficile da vedere negli autistici, viene fatta quando il bambino inizia a spostare lo sguardo tra l’oggetto desiderato e la persona vicino, soprattutto se lo sguardo è accompagnato da un movimento della mano verso il suo obiettivo e/o dal cambiamento nell’orientamento del corpo.

Quindi è importante far apprendere al bambino a dare l’oggetto ad una persona, perché questo lo aiuta a capire che le persone possono essere il mezzo per raggiungere un fine desiderato.

Ancora un altro mezzo di comunicazione possono essere le immagini e i pittogrammi e questo tipo di strategia è chiamata PECS ( Picture Exchange Communication Sistem – sistema di comunicazione attraverso lo scambio di immagini). Questo sistema offre una comunicazione funzionale e immediata. Inizialmente l’operatore osserva e decide quali elementi o quali oggetti sono migliori per facilitare la comunicazione nell’ambiente che circonda il bambino. Successivamente si insegna al bambino ad associare un’immagine all’elemento appropriato. Si richiede al bambino di prendere un’immagine e di porla al terapista, il quale la scambia con l’oggetto che dà al bambino; le figure devono essere messe su un pannello su cui viene attaccato del velcro, dal quale il bambino deve staccare l’immagine prima di darla all’operatore. Per tutto questo è necessario che ci sia un  buon sviluppo cognitivo del bambino, che lo sostenga nella realizzazione di questa richiesta; infatti il bambino deve associare il significato dell’immagine alla figura giusta e sapere che questo porterà un cambiamento nel comportamento altrui. Sono due variabili (il significante e il significato) che i bambini con autismo grave non riescono a gestire e che li porta ad utilizzare mezzi più facili e più tangibili, come i gesti o gli oggetti. Inoltre l’uso di un’immagine ha come prerequisito un certo livello di rappresentazione mentale, che è uno dei deficit del disturbo autistico. Questo sistema di comunicazione ha un insufficiente potere espressivo con funzioni comunicative meno tangibili, come l’espressione emotiva. Invece ottiene buoni risultati se questo sistema viene utilizzato per riferirsi alla sfera del concreto, come oggetti e azioni.

Un buon livello cognitivo, ma anche una buona motricità, è necessaria per i mezzi di comunicazione informatici, però il lato positivo di questi mezzi è che suscitano molta motivazione nei bambini e quindi favoriscono l’iniziativa del loro utilizzo nella comunicazione.

Qui di sopra sono stati spiegati i sistemi maggiormente utilizzati per permettere a un bambino autistico di integrarsi meglio in una situazione interattiva e la scelta di un certo sistema non esclude necessariamente l’introduzione di un latro, anzi per molti bambini sono utilizzati più sistemi per una comunicazione più efficace a seconda del contesto. E’ importante che il sistema selezionato sia adatto al profilo comunicativo per l’individuo in questione (Volkmar, 2004).

Dopo aver mostrato i vari strumenti che vengono forniti al bambino per poter comunicare, come può il terapista promuovere lo sviluppo delle abilità socio-comunicative, cioè quali comportamenti e strategie metodologiche può mettere in campo per poter comunicare in modo efficace con il bambino autistico?

Prima di tutti il terapista deve adattarsi a ciò che propone il bambino, per avere un punto di partenza motivante e interessante per esso, in modo tale da poter sollecitare un’attenzione e un’azione congiunta. Inoltre le interazioni più efficaci sono quelle in cui il bambino si trova vicino al suo partner comunicativo, quindi il terapista deve ridurre gradualmente la prossemica nei suoi confronti. È importante anche ricercare il contatto di sguardo per poter avere la condivisione di un’esperienza. E’ consigliabile entrare nel loro spazio con gentilezza, osservare il loro comportamento per un momento in silenzio e, a quel punto, trasmettere un messaggio.

Come trasmettere un messaggio? Bisogna enfatizzare le componenti verbali e non verbali della comunicazione per aumentare la probabilità che il bambino estragga il significato del messaggio. Intonazioni, espressioni facciali e gesti accentuati rendono il messaggio più chiaro. Bisogna rallentare il ritmo in modo tale che i suggerimenti non verbali siano fissati nello spazio e nel tempo, come se fosse un film al rallentatore. Inoltre, se si vuole accompagnare con parole la comunicazione non verbale, bisogna mandare messaggi chiari, semplici e parlando con molta calma. Si sono dimostrate utili delle pause dopo aver trasmesso un messaggio. La pausa fornisce al bambino il tempo per integrare le informazioni e rispondere, ovvero, per organizzare e reperire una risposta.

Per facilitare l’input del messaggio è necessario strutturare lo spazio e il tempo, come già detto, per rendere le azioni e le parole di quel contesto prevedibili e chiare.

Dopo aver stabilito una relazione privilegiata con il bambino e dopo che egli abbia acquisito degli schemi d’azione, il terapista può ampliare le conoscenze del bambino.

Ma come fare? È necessario strutturare l’ambiente in modo tale che sia caratterizzato da un’alta prevedibilità e in esso modificare la routine che si è stabilita nel tempo; modificando gli oggetti, gli eventi, non rispettare i turni o far finta di dimenticarsi di condividere oggetti, violazione della funzione degli oggetti, nasconderli o renderli inaccessibili. Ricercatori hanno scoperto che i bambini comunicano con maggior frequenza durante gli eventi inattesi o destabilizzanti rispetto a quanto non accada durante il gioco semplice. In più, l’evento inaspettato che consiste nel trattenere e non condividere gli oggetti aumenta i tentativi di comunicazione. È anche efficace mettere il bambino in attesa durante un’interazione, per vedere se questo comportamento suscita in lui un “ancora”.

In sintesi nella prevedibilità dell’ambiente, gli eventi inaspettati o di suspance favoriscono la comunicazione.

Indice

 RIASSUNTO
 PREMESSA
  

Capitolo 1 - LE CAPACITA' SOCIO-COMUNICATIVE NELLO NEL BAMBINO CON SVILUPPO TIPICO E CON AUTISMO 

  1. Tappe dello sviluppo della comunicazione e della relazione
  2. Caratteristiche del disturbo della Comunicazione e dell'Interazione Sociale nel Disturbo Autistico  
  3. La Teoria della Mente - Tesi di Laurea 
  4. Ipotesi Neurobiologiche dei Disturbi Socio-Comunicativi nel Disturbo Autistico

Capitolo 2 - MODALITA' DI TRATTAMENTO PER BAMBINI AUTISTICI 

  1. Uno spazio e un tempo per una nuova alleanza con il Bambino Autistico
  2. Promuovere la comunicazione in: 
    1. Promuovere la comunicazione nei Bambini Autistici NON Verbali
    2. Promuovere la Comunicazione nei Bambini Autistici Ecolalici  
    3. Promuovere la Comunicazione nei Bambini Autistici Verbali
  3. Promuovere le Abilità Sociali nei Bambini Autistici
    1. Insegnare ai bambini con autismo a "leggere" le situazioni sociali
    2. Cognitive Picture Rehearsal: un sistema per insegnare l'autocontrollo
  4. TEACCH - Le critiche a questa metodologia

Capitolo 3 - Essere genitori di un bambino autistico: difficoltà di riconoscimento dei segnali di disfunzionamento e difficoltà di risposta ad una diagnosi di autismo

Capitolo 4 - OBIETTIVI DI LAVORO:  

  1. Presentazione della Vineland: Adaptive Behavior Scales - Forma Completa 
  2. Bambini affetti da Disturbi dello Spettro Autistico - Storia clinica dei casi in esame e trattamento riabilitativo
  3. Strumenti e giochi
  4. Risultati della Scala Vineland
  
 CONCLUSIONI
 BIBLIOGRAFIA
 APPENDICE
  
 Tesi di Laurea di: Antonella PALAZZO
    

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