Il punto di vista della psicomotricità
In questa rapida carrellata sulla comunicazione non verbale ho tenuto conto soprattutto delle conclusioni a cui la psicologia sperimentale e sociale sono giunte attraverso una serie di studi. Ho anche cercato, a tratti, di mettere in luce il punto di vista della psicomotricità.
Vorrei ora tracciare maggiormente una differenziazione tra tali concezioni, fermo restando che le acquisizioni della psicomotricità (che mi sembrano più simili a quelle di altre discipline come la psicoanalisi e al fenomenologia) e quella della psicologia sperimentale devono integrarsi nel sapere e nell'operare dello psicomotricista.
La psicologia sperimentale distingue la funzione comunicativa dei vari elementi del linguaggio non verbale da quella indicativa ed espressiva. Per questa disciplina il comportamento non verbale deve essere leggibile come codice, prima di potergli attribuire un significato di comunicazione. Il processo di comunicazione interpersonale coinvolge l'uso di canali per la trasmissione dei messaggi e di codici che veicolano i messaggi. Senza canali e codici non vi è comunicazione.
Gran parte degli sforzi operati dalla psicologia sperimentale e dalla psicologia sociale hanno avuto per fine la codificazione degli elementi non verbali della comunicazione. Ciò, in teoria, è possibile se si ammette per ogni comportamento non verbale un significato univoco o, se si vuole, più significati soggetti a vari fattori controllati.
Alla base di tale concezione c'è un'idea di uomini come esseri uguali o molto simili nei loro meccanismi psicologici e quindi anche in quelli di decodificazione degli stimoli e di codificazione dei messaggi. I processi psichici per la psicologia sperimentale sono considerati misurabili e quantificabili al pari dei processi naturali. Questa ha come oggetto di indagine nient'altro che i fatti, le loro leggi e le loro cause immediate e non si preoccupa di ricercare, al di là dei fatti, l'essenza dell'essere o l'esistenza di altre "entità" nascoste.
Da ciò consegue la riduzione del fenomeno psichico a livello di puro evento materiale, la scomposizione della vita interiore di un individuo in una catena di processi di cui si indagano i meccanismi e si fissano le leggi di funzionamento, il fine ultimo è quello di ricostruire la vita psichica nella sua totalità a partire da un certo numero di elementi.
Tutto ciò mi sembra non cogliere la vera essenza dell'essere umano. Ogni uomo è qualcosa di irripetibile, di non prevedibile, non scomponibile in tanti meccanismi che pure si possono individuare. Credo che la scomposizione della vita psichica e la descrizione delle sue manifestazioni sia possibile non già in riferimento ai suoi elementi ma alla vivente connessione del tutto.
Da queste due concezioni derivano due metodi di indagine opposti: la spiegazione e la comprensione. La prima è l'operazione generalizzante attraverso cui viene posta in luce la connessione causale tra gli oggetti esterni dell'esperienza sensibile, la seconda è il procedimento mediante il quale l'esperienza individuale, nella sua globalità, può essere rivissuta e riprodotta simpateticamente dagli altri. La conoscenza dei meccanismi della comunicazione, d'altra parte, poco o nulla ci dice sull'intenzionalità comunicativa che è collegata, invece, all'essere dell'individuo nella sua totalità e al suo essere in rapporto con l'altro.
Per lo psicomotricista è la comprensione dell'essere nella sua totalità e l'intenzionalità che esso esprime che va ricercata. I codici, a questo fine, sono di scarso aiuto.
Viene allora spontaneo chiedersi come si realizza tale comprensione. Lo psicomotricista dispone il suo corpo all'ascolto, il corpo si pone all'ascolto dell'altro corpo, l'essere dell'altro in un corpo genera messaggi continui che investono il corpo e l'essere del terapista creando in esso una risonanza emotiva. E' tale effetto che permette una comprensione empatica, un "sentire" l'altro. Solo in un secondo momento è possibile, attraverso un'analisi di tali effetti, la comprensione razionale. E' chiaro che, in questo senso, viene meno quella distinzione tra funzione indicativa ed espressiva da un lato e funzione comunicativa dall'altro che la psicologia sperimentale e sociale propongono.
Del corpo come strumento di ascolto parlerò più avanti (vedi capitolo "Corpo e comunicazione").
Indice |
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INTRODUZIONE | |
Capitolo 1 | La comunicazione non verbale e la terapia psicomotoria |
1.1 Prossemica | |
1.2 Sguardo | |
1.3 Movimento (Gesto, Tono, Mimica) | |
1.4 Paralinguistica | |
1.5 Postura | |
1.6 Il punto di vista della psicomotricità | |
1.7 La terapia psicomotoria, il corpo, la relazione | |
Capitolo 2 | La comunicazione verbale in terapia psicomotoria |
Capitolo 3 | Corpo e comunicazione |
Capitolo 4 | Il silenzio del corpo |
Capitolo 5 | Alcune riflessioni sul concetto di fraintendimento |
Capitolo 6 |
Il linguaggio della psicomotricità e quello di altre discipline |
Capitolo 7 | La parola grido |
Capitolo 8 | Presentazione del caso: Jessica - Diagnosi |
8.1 Alcuni riferimenti sull'Autismo | |
8.2 Dati Anamnestici - Jessica | |
8.3 Prima Osservazione - Jessica | |
8.4 Seconda Osservazione - Jessica | |
8.5 Progetto Psicomotorio | |
8.6 Tre parametri squisitamente psicomotori | |
CONCLUSIONI | |
BIBLIOGRAFIA | |
Tesi di Laurea di: Silvia CARILLO |