Sguardo
Direttamente collegato al canale prossemico vi è lo sguardo e il contatto visivo (che si verifica quando due individui si fissano reciprocamente).
Se osserviamo due individui intenti ad una conversazione potremo notare come un certo tempo è speso in un contatto visivo tra i due, mentre il restante tempo è dedicato a sguardi non reciproci o all'evitamento dello sguardo.
Che cosa veicoli lo sguardo è stato oggetto di studi da parte degli psicologi. Una persona che viene fissata può ricambiare lo sguardo o, al contrario, evitarlo.
La presenza di sentimenti positivi per l'altro fa aumentare il contatto visivo, mentre l'imbarazzo lo fa diminuire. Quando in una coppia di interagenti vi è una forte attrazione reciproca, si ha un alto livello di contatto visivo. Se prevale l'imbarazzo, la quantità di contatto visivo è scarso. L'imbarazzo è maggiormente presente quando viene ad essere invasa la sfera privata, per il timore di svelare cose che "non possono essere comprese" dallo sguardo dell'altro.
Un buon grado di vicinanza e di intimità reciproca porta ad una maggiore tollerabilità dello sguardo altrui. In questo senso Si può considerare lo sguardo come una forma di avvicinamento all'altro, mentre lo sfuggire lo sguardo come una forma di allontanamento.
Livelli elevati di contatto visivo equivalgono a livelli elevati di prossimità fisica. Lo sguardo può sostituire il movimento di avvicinamento e ciò è visibile in terapia particolarmente in quei bambini che non hanno possibilità di avvicinarsi (bambini con paralisi). E' evidente che lo psicomotricista deve essere attento allo sguardo del bambino per captare gli avvicinamenti e gli allontanamenti.
Gli effetti della comunicazione prossemica e dello sguardo si sommano. E' possibile, ad esempio, notare come, quando la distanza di uno di questi canali è artificialmente ridotta, gli individui reagiscono con l'aumento compensatorio della distanza sull'altro canale (ad esempio nell'ascensore e sui mezzi pubblici).
Il livello del contatto visivo è in relazione alla durata degli sguardi, alla frequenza con cui ogni interagente interrompe tale contatto. La mancanza di reciprocità tra gli interagenti è evidenziata da una asimmetria del comportamento: uno dei due trascorre più tempo dell'altro a fissarlo o lo fissa frequentemente o più spesso interrompe il contatto.
La psicologia parla a questo proposito anche di relazione di dominanza e di sottomissione tra i due interagenti nel senso che, in un contatto di sguardi, è il meno dominante, ad un certo punto, a distoglierlo.
Ma mi sembra interessante considerare la questione da un altro punto di vista. Guardare una persona significa rivolgersi a lei, prenderla in considerazione. In altre parole, nello sguardo rivolto ad un altro è implicita una intenzionalità. La risposta dell'altro dipende da vari fattori: l'identità dei due interagenti, il contenuto verbale e non verbale del messaggio inviato, la maggiore o minore intimità. Se sì guarda un estraneo, lo sguardo verrà interpretato come un invito a stabilire un rapporto. Questo invito può generare interesse, imbarazzo o rifiuto.
A volte chi guarda tende a confrontarsi con l'altro. Lo sguardo può essere accettato se si vuole intimidire che guarda oppure rifiutato se si vuole evitare il confronto. Ma lo sguardo può indicare anche interesse per l'altro o per le sue azioni. Se questo interesse è reciproco, si avrà un elevato livello di contatto visivo.
Lo sguardo può essere o meno ricambiato. Se non lo è, non si ha nessuna interazione. Se è ricambiato si hanno tre possibilità:
- intensificazione del rapporto, livelli più elevati dì intimità o scontro conflittuale;
- ambivalenza (quando chi è guardato ricambia lo sguardo brevemente e quindi lo distoglie), ciò può indicare accettazione di un rapporto di dominanza o imbarazzo;
- limitazione della risposta visiva al minimo indispensabile necessario per regolare il resto dello scambio che può essere un colloquio.
Lo sguardo ha anche una funzione di controllo durante l'interazione, infatti fornisce, a chi parla o agisce, un feed-back su come un suo messaggio è stato ricevuto. La ricerca, in questo senso, è soprattutto dei segni cli approvazione o disapprovazione.
Di tutto ciò, ancora una volta, il terapista deve tenere conto, inserendo tali acquisizioni nel contesto della situazione terapeutica, tenendo anche presente che lo sguardo produce effetti sia su chi lo invia sia su chi lo riceve.
Lo sguardo è forse il primo canale di comunicazione tra lo psicomotricista e il bambino. E' con lo sguardo che io psicomotricista manifesta la sua intenzionalità rispetto al bambino. Nel primo contatto visivo tra psicomotricista e bambino vi è gran parte del destino della relazione terapeutica.
Indice |
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INTRODUZIONE | |
Capitolo 1 | La comunicazione non verbale e la terapia psicomotoria |
1.1 Prossemica | |
1.2 Sguardo | |
1.3 Movimento (Gesto, Tono, Mimica) | |
1.4 Paralinguistica | |
1.5 Postura | |
1.6 Il punto di vista della psicomotricità | |
1.7 La terapia psicomotoria, il corpo, la relazione | |
Capitolo 2 | La comunicazione verbale in terapia psicomotoria |
Capitolo 3 | Corpo e comunicazione |
Capitolo 4 | Il silenzio del corpo |
Capitolo 5 | Alcune riflessioni sul concetto di fraintendimento |
Capitolo 6 |
Il linguaggio della psicomotricità e quello di altre discipline |
Capitolo 7 | La parola grido |
Capitolo 8 | Presentazione del caso: Jessica - Diagnosi |
8.1 Alcuni riferimenti sull'Autismo | |
8.2 Dati Anamnestici - Jessica | |
8.3 Prima Osservazione - Jessica | |
8.4 Seconda Osservazione - Jessica | |
8.5 Progetto Psicomotorio | |
8.6 Tre parametri squisitamente psicomotori | |
CONCLUSIONI | |
BIBLIOGRAFIA | |
Tesi di Laurea di: Silvia CARILLO |