Postura
E' forse il più arcaico canale di comunicazione extraverbale, infatti, in essa è grande la componente innata. La postura rappresenta il modo di porsi verso l'altro, o meglio il modo di disporsi. La psicologia sperimentale si è occupata molto del ruolo della postura rispetto alla presentazione dello status e come indicatore dell'atteggiamento più o meno positivo nei confronti dell'altro. Molti studi, poi, hanno analizzato l'uso delle differenti posture da parte di individui dì sesso diverso.
Per lo psicomotricista le posture sono importanti all'interno della relazione ed inoltre egli stabilisce una differenza nell'uso della postura nel bambino e nell'adulto. Alcuni autori (Berti, Comunello e Nicolodi, 1988) affermano che si può parlare di postura solo quando il bambino ha raggiunto la stazione eretta, in quanto solo allora vi può essere una certa integrazione dei vari segmenti corporei in una unità. Ritengo che tale discorso rischia di essere fuorviante, in quanto una dimensione posturale è rinvenibile a qualsiasi età ed essa, inequivocabilmente, esprime la disposizione del bambino verso il mondo; inoltre, dal settimo mese in poi, il bambino che ha superato la fase simbiotica, si trova nella fase di separazione- individuazione.
Il passaggio tra queste due fasi è possibile proprio perché il bambino riesce ad integrare i vari segmenti corporei in una unità. E questa unità che si separa e si individua e ciò non potrebbe essere se non si fosse raggiunta tale integrazione. Nei bambini affetti da psicosi simbiotica, il mancato passaggio alla separazione ed individuazione è dovuto proprio ad una integrazione deficitaria delle varie parti del corpo in una unità fatta e questo rende tali bambini continuamente bisognevoli del collante simbiotico che solo può permettere un sentimento di unità.
Possiamo allora dire che l'acquisizione di certe tappe dello sviluppo psicomotorio permette al bambino l'uso di una gamma sempre più vasta di atteggiamenti posturali. D'altra parte, come si può negare la caratteristica di postura al modo in cui il lattante o, comunque il bambino di età inferiore a sei mesi, si pone, ad esempio, nel momento dell'allattamento. Si tratta di posture massive, globali, molto dipendenti dal tono muscolare ma pur sempre posture. Si potrebbe dire che, nei primi mesi di vita, la postura e il tono muscolare in qualche modo coincidono. A partire già dal controllo del capo, esse cominciano a separarsi, diventando due canali differenti, se pur collegati, della comunicazione non verbale.
Tralascio la classificazione delle posture che la psicomotricità ha individuato, in quanto la ritengo un riferimento acquisito da ogni psicomotricista. Vorrei, invece, porre la dimensione posturale in relazione allo spazio. Se immaginiamo che ogni corpo occupa un certo volume di spazio, potremo vedere che questo volume si dilata o si restringe a seconda della postura e, in questo senso, la postura è indicativa anche di come l'individuo vive lo spazio.
Nello spazio condiviso, la postura ìndica la disponibilità dell'individuo ad accogliere nel "suo spazio" l'altro o ad entrare nello "spazio altrui". Se osserviamo le posture che assumono, contemporaneamente in ogni momento, due individui che interagiscono, noteremo come esse siano complementari quando la relazione è buona, sembrerebbe quasi che ad ogni concavità creata dalla postura nello spazio immediatamente adiacente il corpo di uno corrisponda una convessità nello spazio adiacente al corpo dell'altro, quasi come per gli incastri dei tasselli di puzzle. Ciò non si verifica nel caso di una relazione cattiva o difficile. Là dove, nel caso precedente, la postura dei due interagenti esprimeva disponibilità, ora esprime chiusura, oppositività, difficoltà di apertura.
Come si è visto, la postura non è solo il modo di presentarsi al mondo (ciò è vero nel primo istante dell'incontro) ma anche, momento per momento, disponibilità-indisponibilità e, quindi, intenzionalità rispetto al mondo. Dall'analisi delle varie posture che lo psicomotricista opera a partire dalle sensazioni provenienti dal suo corpo e generate dal disporsi dell'altro, è possibile in ogni momento una comprensione, che è innanzitutto un "sentire", della relazione.
Indice |
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INTRODUZIONE | |
Capitolo 1 | La comunicazione non verbale e la terapia psicomotoria |
1.1 Prossemica | |
1.2 Sguardo | |
1.3 Movimento (Gesto, Tono, Mimica) | |
1.4 Paralinguistica | |
1.5 Postura | |
1.6 Il punto di vista della psicomotricità | |
1.7 La terapia psicomotoria, il corpo, la relazione | |
Capitolo 2 | La comunicazione verbale in terapia psicomotoria |
Capitolo 3 | Corpo e comunicazione |
Capitolo 4 | Il silenzio del corpo |
Capitolo 5 | Alcune riflessioni sul concetto di fraintendimento |
Capitolo 6 |
Il linguaggio della psicomotricità e quello di altre discipline |
Capitolo 7 | La parola grido |
Capitolo 8 | Presentazione del caso: Jessica - Diagnosi |
8.1 Alcuni riferimenti sull'Autismo | |
8.2 Dati Anamnestici - Jessica | |
8.3 Prima Osservazione - Jessica | |
8.4 Seconda Osservazione - Jessica | |
8.5 Progetto Psicomotorio | |
8.6 Tre parametri squisitamente psicomotori | |
CONCLUSIONI | |
BIBLIOGRAFIA | |
Tesi di Laurea di: Silvia CARILLO |