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Profili di Sviluppo Motorio nello Sviluppo Atipico

Disturbi dello Spettro dell’Autismo

Definizione

“L’autismo è una sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo, biologicamente determinato, con esordio nei primi tre anni di vita. Le aree prevalentemente interessate sono quelle relative alla comunicazione sociale, all’interazione sociale reciproca e al gioco funzionale e simbolico”. (ISS-SNLG, 2011)

Classificazione nosografica

L’ICD-10, International Statistical Classification of Diseases (Classificazione Internazionale dei Disturbi e delle Malattie) dell’OMS classifica tali disturbi in: Autismo Infantile (F84.0), Autismo atipico (F84.1), Sindrome di Rett (F84.2), Sindrome Disintegrativa dell’infanzia di altro tipo (F84.3), Sindrome iperattiva associata a ritardo mentale e movimenti stereotipati (F84.4), Sindrome di Asperger (F84.5), Altre sindromi da alterazione dello sviluppo psicologico (F84.8), Sindrome non specificata da globale alterazione dello sviluppo psicologico (F84.9).

Secondo il DSM-IV TR (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, 2004) si parla di “Disturbi Pervasivi dello Sviluppo” che si distinguono in: disturbo autistico, disturbo di Asperger, disturbo disintegrativo della fanciullezza (o disturbo di Heller), disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato e sindrome di Rett.

DSM IV-TR

 

ICD-10

 

Disturbo Autistico

299.00

Autismo infantile

F84.0

 

 

Autismo Atipico

F84.1

Disturbo di Rett

299.80

Sindrome di Rett

F84.2

Disturbo disintegrativo della fanciullezza

299.10

Disturbo disintegrativo dell’Infanzia di altro tipo

F84.3

 

 

Sindrome iperattiva associata a Ritardo mentale e movimenti stereotipati

F84.4

Disturbo di Asperger

299.80

Sindrome di Asperger

F84.5

 

 

Altre sindromi da alterazione dello sviluppo psicologico

F84.8

Disturbo Pervasivo dello Sviluppo Non Altrimenti Specificato (incluso l’Autismo Atipico)

299.80

Sindrome non specificata da globale alterazione dello sviluppo psicologico

F84.9

Tabella 7: Classificazione dei “Disturbi generalizzati dello Sviluppo” per DSM IV e ICD-10.

I sintomi sulla cui base è possibile diagnosticare l’autismo sono:

  1. Compromissione qualitativa dell’interazione sociale;
  2. Compromissione qualitativa della comunicazione verbale e non verbale;
  3. Modalità di comportamento, interessi e attività ristretti, ripetitivi e stereotipati.

Ora con il DSM-5, Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), nuova edizione pubblicata a maggio 2013, questi sottotipi sono stati riuniti in un’unica categoria denominata “Disturbi dello Spettro dell’Autismo” (ASD – Autism Spectrum Disorders), 299.00.

Un’altra novità introdotta dal DSM-5 sono i criteri diagnostici, che da tre sono stati ridotti a due:

A. Deficit persistenti della comunicazione sociale e dell’interazione sociale in molteplici contesti:

  1. Deficit della reciprocità socio-emotiva: vanno da un approccio sociale anomalo e dal fallimento della normale reciprocità della conversazione ad una ridotta condivisione di interessi, emozioni o sentimenti, all’incapacità di dare inizio o di rispondere a interazioni sociali.
  2. Deficit dei comportamenti comunicativi non verbali utilizzati per l’interazione sociale: vanno dalla comunicazione verbale e non verbale scarsamente integrata ad anomalie del contatto visivo e del linguaggio del corpo o deficit della comprensione e dell’uso dei gesti, ad una totale mancanza di espressività facciale e di comunicazione non verbale.
  3. Deficit dello sviluppo, della gestione e della comprensione delle relazioni: difficoltà di adattare il comportamento per adeguarsi ai diversi contesti sociali, difficoltà di condividere il gioco di immaginazione e fare amicizia, assenza di interesse verso i coetanei.

B. Pattern di comportamento, interessi o attività ristretti, ripetitivi:

  1. Movimenti, uso degli oggetti o eloquio stereotipati o ripetitivi, per esempio stereotipie motorie semplici, mettere in fila giocattoli o capovolgere oggetti, ecolalia, frasi idiosincratiche.
  2. Insistenza nella sameness (immodificabilità), aderenza alla routine priva di flessibilità o rituali di comportamento verbale o non verbale, per esempio estremo disagio davanti a piccoli cambiamenti, difficoltà nelle fasi di transizione, schemi di pensiero rigidi, necessità di percorrere la stessa strada o mangiare lo stesso cibo ogni giorno.
  3. Interessi molto limitati, fissi che sono anomali per intensità o profondità, per esempio forte attaccamento o preoccupazione nei confronti di oggetti insoliti, interessi eccessivamente circoscritti o perseverativi.
  4. Iper o iporeattività in risposta a stimoli sensoriali o interessi insoliti verso aspetti sensoriali dell’ambiente, apparente indifferenza a dolore/temperatura, reazione di avversione nei confronti di suoni o consistenze tattili specifici, annusare o toccare oggetti in modo eccessivo, essere affascinati da luci o da movimenti.
    La diagnosi di Disturbo dello Spettro Autistico richiede la presenza di almeno tre sintomi nella categoria dei “deficit della comunicazione sociale” e di almeno due in quella dei “comportamenti ripetitivi”.

C. I sintomi devono essere presenti nel periodo precoce dello sviluppo.

D. I sintomi causano compromissione clinicamente significativa del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti.

E. Queste alterazioni non sono meglio spiegate da disabilità intellettiva (disturbo dello sviluppo intellettivo) o da ritardo globale dello sviluppo. La disabilità dello sviluppo e il disturbo dello spettro autistico spesso sono presenti in concomitanza; per porre diagnosi di comorbilità il livello di comunicazione sociale deve essere inferiore rispetto da quanto atteso per il livello di sviluppo generale.

Un’altra novità apportata dal DSM-5 è l’attribuzione di un livello di gravità, basato sulla compromissione della comunicazione sociale e sui pattern di comportamento ristretti, ripetitivi:

  • LIVELLO 3: è necessario un supporto molto significativo
  • LIVELLO 2: è necessario un supporto significativo
  • LIVELLO 1: è necessario un supporto

Inoltre è opportuno specificare se:

  • Con o senza compromissione intellettiva associata
  • Con o senza compromissione del linguaggio associata
  • Associato a una condizione medica o genetica nota o a fattore ambientale
  • Associato a un altro disturbo del neurosviluppo, mentale o comportamentale
  • Con catatonia

Motricità e Disturbi dello Spettro dell’Autismo

I soggetti affetti da ASD, oltre alla classica triade sintomatologica, risultano avere una motricità con connotazioni atipiche, per livelli espressivi e talvolta anche nella sua componente prassico-esecutiva.

In letteratura sono descritte numerose osservazioni cliniche riguardo a deficit neurologici. In particolare è presente un ritardo nell’acquisizione delle funzioni motorie primarie, che si manifesta nella difficoltà a organizzare in modo fluido e coordinato una serie di movimenti. I bambini con autismo risultano così scoordinati, goffi e maldestri, incapaci di portare a termine in contemporanea programmi motori differenti, iperattivi (Esposito e Venuti, 2008).

Dallo studio di Teitelbaum (1992) si dimostra che, in alcuni casi, le principali tappe motorie vengono raggiunte in ritardo e sono caratterizzate da uno sviluppo immaturo o da un pattern motorio anomalo. Rispetto ai bambini con sviluppo normotipico, i soggetti con autismo mostravano un certo grado di asimmetria dei movimenti, che coinvolgevano braccia e gambe durante il cammino.

Tali segni risultano maggiormente evidenti in condizioni cariche di stress o in situazioni dove sono presenti molteplici stimolazioni ambientali.

I sintomi motori maggiormente esibiti da soggetti con DSA sono i movimenti ripetitivi e stereotipati dell’intero corpo, degli arti e delle dita (Bauman, 1992).
Come disturbo motorio si considera anche l’assenza delle espressioni facciali, tipica dei ASD e l’uso deficitario della gestualità (Leary & Hill, 1996).

Queste teorie descrivono come nei ASD, l’esistenza di disturbi motori comprometta l’abilità di padroneggiare un repertorio gestuale-espressivo condiviso (mancanza di capacità imitative, disprassia motoria e disordini attentivi).

Altri segni neurologici di minor entità riguardano la coordinazione della motilità fine: movimenti coreiformi delle estremità, incoordinazione del movimento di opposizione del pollice.

Inoltre i bambini con autismo mostrano una persistenza dei riflessi “primitivi” (presenti nel neonato) e alterazioni del tono muscolare. Sono infatti stati descritti come ipotonici. (Bauman, 1992)

Leary e Hill (1996) hanno proposto una teoria generale dei disturbi del movimento presenti dei ASD. Dall’analisi della letteratura emergeva che i disturbi motori avrebbero un impatto significativo sulle caratteristiche principali della patologia. Seguendo le categorie utilizzate in diversi strumenti per l’assessment neuro-motorio, gli autori raggrupparono i sintomi motori dei ASD in tre livelli:

  • Disturbi della funzione motoria generale come anomalie posturali, alterazioni del tono muscolare e comparsa di movimenti involontari (tics);
  • Disturbi dei movimenti volontari, movimenti diretti ad uno scopo (azioni): difficoltà nella pianificazione motoria, movimenti spontanei ripetitivi, difficoltà linguistiche;
  • Disturbi dei movimenti involontari, pervasivi.

Studi successivi hanno ulteriormente mostrato come il disturbo autistico comporti anche deficit di organizzazione del movimento. In particolare è stata evidenziata la ridotta capacità del loro sistema motorio a compiere efficaci previsioni sia sulle perturbazioni che l’ambiente può indurre sul movimento, sia viceversa sugli effetti che il loro movimento avrà sull’ambiente (Schmitz et al, 2003).

Dal punto di vista neuro-anatomico viene dimostrato che tutti i modelli di controllo e di apprendimento motorio sono un prodotto di molteplici regioni cerebrali: il cervelletto, i gangli della base, incluse diverse aree della corteccia sede di circuiti parieto-frontali, sono le sedi in cui sono state riscontrate alterazioni anatomo-funzionali di rilievo nei soggetti affetti da autismo:

  • Le anomalie dei lobi parietali determinano perdita di controllo, disordine delle funzioni esecutive e disordine di memoria di lavoro;
  • Le anomalie frontali impediscono l’attenzione condivisa, l’immaginazione, a favore di una rigidità di condotta e comportamenti non funzionali e ripetitivi;
  • Un cattivo funzionamento del sistema limbico, e nello specifico dell’ippocampo e dell’amigdala, determina un’alterata incapacità di capire le emozioni e una disturbata capacità di immagazzinare i ricordi legati all’esperienza motoria;
  • Un anomalo funzionamento del cervelletto determina disprassia, anomalie dei movimento oculari e ipo-ipertonicità.

Recenti studi conferiscono al sistema motorio un ruolo chiave nel mediare la capacità di eseguire e comprendere le intenzioni altrui, ma anche nelle capacità di imitazione. E’ dunque plausibile ipotizzare che il danno a carico di tali meccanismi possa essere alla base dei deficit riscontrati nell’autismo.

Diversi autori hanno proposto che alcuni tra i sintomi autistici (ad es. la difficoltà di comprensione delle intenzioni degli altri, le risposte inappropriate al comportamento osservato) derivino da un deficit nel “meccanismo specchio”. I neuroni specchio sono neuroni ‘visuo-motori’ scoperti inizialmente nelle scimmie e successivamente nell’uomo anche se in quest’ultimo è più opportuno parlare di meccanismo specchio, un sistema deputato alla cognizione sociale attraverso la capacità di “rispecchiamento” o di “risonanza motoria” (Rizzolatti et al, 1996).

La capacità di comprendere le azioni ed emozioni degli altri, di imitare per imparare, sembra derivare dal particolare funzionamento del meccanismo specchio che si attiva non solo quando si svolge un’azione finalizzata ma anche quando si osserva un’azione simile svolta da un altro individuo (Gison et al, 2012).

Il “sistema mirror”, fornendo una copia motoria dell’azione osservata, appare essere il candidato neurale ideale non solo della comprensione dell’azione altrui ma anche della capacità di imitare gli altri. Chiare evidenze in favore di questa ipotesi, provengono da numerosi studi che mostrano come questo sistema sia coinvolto nella ripetizione di azioni fatte da altri ma anche nell’apprendimento per imitazione. Mentre la ripetizione immediata di un’azione osservata è sostenuta quasi esclusivamente dal sistema specchio, l’apprendimento per imitazione richiede l’intervento del lobo prefrontale, in particolare dell’area 46, il cui ruolo sarebbe quello di combinare atti motori elementari in schemi motori più complessi. (Cattaneo et al, 2007).

I deficit motori precoci descritti potrebbero anche ostacolare lo sviluppo linguistico nei bambini con autismo, infatti bambini autistici che faticano ad imparare a sedersi, gattonare o camminare tendono ad avere difficoltà anche nell´apprendimento e produzione del linguaggio parlato.

È possibile che lo sviluppo delle abilità grosso motorie crei delle opportunità per lo sviluppo del linguaggio, nonostante i meccanismi alla base del legame tra le abilità grosso motorie e lo sviluppo del linguaggio siano sconosciute (Bedford et al, 2015). Per esempio, il passaggio dal gattonamento alla deambulazione libera le mani rendendole così utilizzabili per fare gesti ed indicare oggetti, e permette ai bambini di muoversi verso oggetti o persone che catturano il loro interesse (Walle & Campos, 2014).

 

Disabilità Intellettiva

Definizione

Il termine “Disabilità intellettiva” è stato introdotto dal DSM 5, andando a sostituire il termine precedente di “Ritardo Mentale”, e rappresenta una condizione patologica di insufficienza evolutiva psichica che limita lo sviluppo cognitivo, l’apprendimento e soprattutto la capacità di adattamento all’ambiente.

La capacità di adattamento è stata definita come l’insieme degli attributi che rendono un soggetto capace di funzionare nella società, quindi una serie di abilità necessarie per raggiungere l’autonomia personale e la responsabilità all’interno di una comunità.

Attualmente si tende a parlare di “capacità adattive” e ne sono state identificate 10:

  • Capacità di comunicare
  • Capacità di cura personale
  • Capacità di vita domestica
  • Competenze Sociali
  • Uso delle strutture della comunità
  • Capacità di autoregolazione
  • Capacità di tutela della propria salute e incolumità
  • Capacità di impiego funzionale delle acquisizioni scolastiche
  • Gestione del tempo libero
  • Gestione del lavoro

Si tratta di un gruppo di sindromi non omogenee che, pur differenziandosi per eziologia, decorso e quadro clinico, presentano tutte come caratteristica comune una disabilità intellettiva che riduce la capacità e la possibilità di socializzazione (Sciarretta L., 2016).
In base al criterio eziologico si possono classificare:

  • Su base genetica (sindrome di Williams, sindrome di Down, sindrome di X-fragile)
  • Fattori lesionali sia a seguito di infezione pre e post natale (rosolia, sifilide, herpes, meningite, encefalite, AIDS pediatrica, microcefalia, idrocefalia),
  • Fattori ambientali (sindrome feto-alcolica, radiazioni, anossia, traumi da parto…)
  • Fattori di privazione culturale e familiare.

Classificazione

Secondo i criteri diagnostici del DSM IV-TR tale disturbo prendeva ancora il nome di “Ritardo Mentale”, e per essere diagnosticato doveva soddisfare tre criteri:

Criterio A: presenza di un funzionamento intellettivo significativamente al di sotto della media, che è definito dal quoziente di intelligenza ottenuto tramite la valutazione di uno o più test di intelligenza standardizzati somministrati individualmente.

Criterio B: presenza di concomitanti deficit o compromissioni nel funzionamento adattivo attuale in almeno due delle seguenti aree: comunicazione, cura della propria persona, vita in famiglia, capacità sociali/interpersonali, uso delle risorse della comunità, autodeterminazione, capacità i funzionamento scolastico, lavoro, tempo libero, salute e sicurezza.

Criterio C: l’esordio prima dei 18 anni.

Per il DSM IV-TR in base al QI (quoziente intellettivo), ottenuto a seguito della somministrazione di test di intelligenza standardizzati, si può classificare il disturbo in:

  • Funzionamento Borderline (Q.I. tra 84 e 70).
  • RM lieve (Q.I. tra 69 e 55-50) 85% dei ritardi.
  • RM medio (Q.I. tra 50-55 e 35-40) 10% dei ritardi.
  • RM grave (Q.I. tra 35-40 e 20-25) 3-4% dei ritardi.
  • RM gravissimo (Q.I inferiore 20-25) 1-2% dei ritardi.

Secondo il DSM-5 la disabilità intellettiva (disturbo dello sviluppo intellettivo) è un disturbo con esordio nel periodo dello sviluppo che comprende deficit del funzionamento sia intellettivo sia adattivo negli ambiti concettuali, sociali e pratici.

Devono essere soddisfatti i seguenti tre criteri:

  1. Deficit delle funzioni intellettive, come ragionamento, problem solving, pianificazione, pensiero astratto, capacità di giudizio, apprendimento scolastico e apprendimento dall’esperienza, confermati sia da una valutazione clinica sia da test di intelligenza individualizzati e standardizzati.
  2. Deficit del funzionamento adattivo che porta al mancato raggiungimento degli standard di sviluppo e socioculturali di autonomia e di responsabilità sociale. Senza un supporto costante i deficit adattivi limitano il funzionamento in una o più attività della vita quotidiana, come la comunicazione, la partecipazione sociale e la vita autonoma, attraverso molteplici ambienti quali casa, scuola, ambiente lavorativo e comunità.
  3. Esordio dei deficit intellettivi e adattivi durante il periodo di sviluppo.

A seconda del livello di gravità, il disturbo può essere classificato come:

  • Lieve
  • Moderato
  • Grave
  • Gravissimo

Quindi la disabilità intellettiva non è un solo disturbo dell’intelligenza, ma una complessa condizione clinica, che operando nella fase cruciale dello sviluppo evolutivo, condiziona in modo massiccio l’evoluzione complessiva del soggetto, della personalità e del comportamento adattivo, e delle sue relazioni sociali per il resto della sua vita.

Motricità e Disabilità Intellettiva

I soggetti con disabilità intellettiva possono presentare dei disagi e ritardi più o meno gravi anche nell'ambito motorio. Tali disagi sono in parte imputabili a deficit di tipo fisico e di controllo neuromotorio, in parte dovuti al ritardo cognitivo.

Le manifestazioni variano in base all’età e alla gravità del ritardo cognitivo. Per esempio, i bambini più piccoli possono presentare goffaggine e ritardo nel raggiungimento delle tappe fondamentali dello sviluppo motorio (per es., camminare, gattonare, stare seduti, allacciarsi le scarpe) che risulta più evidente e più precocemente manifesto in caso di ritardo moderato-grave, e che invece è più sfumato o addirittura non comporta una significativa compromissione nel ritardo lieve.
Con la crescita i bambini più grandi possono mostrare difficoltà nei pattern motori più complessi, come nel modellismo, nel giocare a palla o intraprendere un’attività sportiva, o nello scrivere.

Per quello che riguarda l’esecuzione del movimento possono manifestarsi difficoltà a causa di alcune limitazioni strutturali a volte associate alle varie sindromi o conseguenti ad esiti di lesioni cerebrali che hanno interessato anche la componente motoria oltre quella cognitiva.

In alcune sindromi è presente infatti una manifesta lassità legamentosa associata ad ipotonia muscolare, che condizionano sia il raggiungimento delle principali tappe evolutive che l'acquisizione dei prerequisiti funzionali del movimento.

Da studi ed osservazioni, infatti, è evidente la presenza in questi soggetti di uno schema di marcia, ragion per cui, le difficoltà nel compito motorio sono imputabili all'ipotonia ed alla carenza di equilibrio.

Questo si può riscontrare anche a causa di un deficit delle funzioni esecutive, quell’insieme di abilità che permettono all’individuo di anticipare, progettare, stabilire obiettivi finalizzati ad uno scopo e, se necessario, modificare il proprio comportamento per adeguarsi a situazioni nuove; ci permettono di gestire in modo organizzato tutte le nostre funzioni cognitive. (Sabbadini, 1995)

Questi aspetti sono una delle cause sottostanti sia al livello cognitivo inferiore alla norma, sia alla mancata capacità adattiva dell’individuo con questa patologia, e ciò può interferire anche sulle abilità motorie.

I bambini con disabilità intellettiva presentano, rispetto a quelli con sviluppo tipico, un funzionamento del sistema attentivo difficoltoso con un maggiore effetto interferenza, segno di una minor efficacia dei meccanismi di controllo che consentono l’inibizione di risposte motorie automatiche in favore di una risposta adattiva più funzionale. Tali problematiche possono riguardare sia la focalizzazione, quando il soggetto dà attenzione a stimoli irrilevanti ai fini del compito di apprendimento, sia la stabilità dell’attenzione, quando si ha uno spostamento continuo dell’attenzione da un aspetto all’altro della situazione con gravi ripercussioni sulla qualità dell’apprendimento.

Sono molte numerose le sperimentazioni che mettono in risalto consistenti deficit anche a livello della memoria di lavoro nei bambini con ritardo mentale. Questi deficit interessano sia gli aspetti di memoria visiva e uditiva sequenziale che, soprattutto, l’utilizzo spontaneo delle strategie di memoria; questo può portare a tempi lunghi di apprendimento di una sequenza motoria più complessa, che una volta eseguita viene subito dimenticata e non interiorizzata.

Quindi fattori riguardanti la carenza di schemi memorizzati a cui fare riferimento o problematiche di richiamo e caricamento di tali schemi dalla memoria a lungo termine, possono portare a grandi difficoltà nella fase di adattamento degli schemi motori alle esigenze della situazione, e quindi a strategie perseveranti.

La mancanza di flessibilità porta il bambino alla difficoltà di adattamento all’ambiente e alle richieste nuove con la tipica esecuzione di atti rigidi, stereotipati, poco controllati e ad un modo di agire generalmente impulsivo e iperattivo, con mancanza di autocontrollo e autoregolazione.

Per questo tali bambini presentano una generale difficoltà nell’organizzazione motoria, che porta ad una incapacità a pianificare adeguatamente una serie di compiti in un contesto spaziale e temporale e a mantenere il programma motorio, inibendo interferenze, per il raggiungimento di uno scopo (Sabbadini, 1995).

Il bambino con disabilità intellettiva presenta anche difficoltà nell'elaborazione dello schema corporeo e delle relazioni spazio-temporali. Come schema corporeo si intende la percezione e la rappresentazione del corpo che consente di usarlo in modo appropriato per i vari compiti cui è sollecitato. Esso è importante nelle competenze motorio-percettive perché offre le coordinate corporee ed è anche in relazione con la costruzione delle conoscenze spaziali per poter organizzare gli spostamenti (Wille & Ambrosini, 2008).

Relativamente al controllo motorio, infine, si registrano carenze connesse sia alla trasmissione dell’impulso nervoso afferente, a volte reso difficoltoso da specifiche patologie associate al sistema nervoso centrale, sia alla sua decodifica. Il bambino con disabilità intellettiva risulta molto più dipendente del bambino normodotato da input esterocettivi, proprio per la difficoltà di interpretare feedback (Vio & Lo Pregi, 2014).

I problemi motori incidono negativamente sull'evoluzione e la manifestazione dell'intelligenza. Questi bambini dimostrano difficoltà nell'evoluzione e manifestazione degli schemi prassici seppur con modalità differenti. Gli stessi presentano difficoltà nello sviluppo posturo-cinetico, connesso alle particolari difficoltà di esecuzione neuromotoria ed al loro deficit cognitivo.

 

Disturbi del Linguaggio

Introduzione

Acquisire una lingua è un processo molto complesso che coinvolge gran parte della prima infanzia di un bambino. Seppur in maniera a volte difficoltosa, e con un’enorme variabilità interindividuale, i bambini verso i 5 anni d’età padroneggiano le regole della propria lingua madre (Tomasello, 2003).

Tuttavia per alcuni di essi imparare a parlare correttamente è un processo gravato da enormi difficoltà. È questo il caso di bambini con Disturbo del Linguaggio.

Ma la presenza di un disturbo del linguaggio nei bambini può essere manifestazione clinica di quadri patologici molto diversi, e ciò che li accomuna è la difficoltà di tradurre il pensiero in parole, e soprattutto in parole fluenti, dove i suoni si susseguono nella sequenza corretta.

Classificazione

Secondo il DSM-IV-TR (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, 2004) si parla di “Disturbi della Comunicazione”, che si distinguono in: Disturbo della Espressione del Linguaggio, Disturbo Misto della Espressione e della Ricezione del Linguaggio, Disturbo della Fonazione, Balbuzie e Disturbo della Comunicazione Non Altrimenti Specificato.

Disturbo della Espressione del Linguaggio

Le caratteristiche linguistiche in tale disturbo variano a seconda della sua gravità e dell’età del bambino. Queste caratteristiche includono una compromissione dello sviluppo del linguaggio espressivo, che risulta limitato sul piano quantitativo, un vocabolario limitato, errori nel trovare le parole o nel lessico, frasi accorciate, strutture grammaticali semplificate o omissioni di parti importanti di frasi.

Esistono degli importanti criteri diagnostici che possono essere così riassunti:

Criterio A: i punteggi ottenuti con misurazioni standardizzate, somministrate individualmente, dello sviluppo della espressione del linguaggio, sono sostanzialmente inferiori rispetto a quelli ottenuti dalle misurazioni standardizzate sia dell’abilità intellettiva non verbale che dello sviluppo della ricezione del linguaggio.

Criterio B: le difficoltà nell’espressione del linguaggio interferiscono con i risultati scolastici o lavorativi o con la comunicazione sociale.

Criterio C: non risultano soddisfatti i criteri per il Disturbo Misto della Espressione e della Ricezione del Linguaggio o per un Disturbo Pervasivo di Sviluppo.

Disturbo Misto della Espressione e della Ricezione del Linguaggio

La manifestazione principale è una compromissione dello sviluppo del linguaggio sia ricettivo che espressivo.

Il deficit di comprensione è la caratteristica principale che differenzia tale disturbo dal precedente, ma le menomazioni della comprensione del linguaggio possono apparire meno evidenti. Può sembrare che il bambino non senta o che non presti attenzione mentre gli si parla, può eseguire ordini in maniera scorretta o rispondere in maniera inadeguata alle domande.

Il DSM-IV-TR identifica i seguenti criteri diagnostici:

Criterio A: i punteggi ottenuti con misurazioni standardizzate, somministrate individualmente, dello sviluppo sia della espressione che della ricezione del linguaggio sono sostanzialmente al di sotto di quelli ottenuti dalle capacità intellettive non verbali.

Criterio B: le difficoltà di ricezione e espressione del linguaggio interferiscono con i risultati scolastici o lavorativi o con la comunicazione sociale.

Criterio C: non sono soddisfatti i criteri per un Disturbo Pervasivo dello Sviluppo.

Disturbo della Fonazione

Il Disturbo della Fonazione è caratterizzato da errori di produzione fonetica, cioè di articolazione, che comportano l’incapacità di formare i suoni dell’eloquio in modo corretto, il che porta ad un deficit nella categorizzazione linguistica dei suoni dell’eloquio. Possono essere presenti omissioni, sostituzioni o distorsioni di suoni.
Sono stati identificati i seguenti criteri diagnostici:

Criterio A: incapacità di utilizzare i suoni dell’eloquio attesi n base al livello di sviluppo.

Criterio B: difficoltà nella produzione dei suoni dell’eloquio interferiscono con i risultati scolastici o lavorativi o con la comunicazione sociale.

Balbuzie

All’inizio della Balbuzie il soggetto che parla può non essere consapevole del problema, sebbene la consapevolezza e anche l’anticipazione timorosa del problema possono svilupparsi in seguito. Il soggetto può tentare di evitare la balbuzie con meccanismi linguistici, come alterando la velocità dell’eloquio o evitando certe parole o suoni. Inoltre esse possono essere accompagnate da movimenti muscolari (per esempio ammiccamenti, tremori, tic, scosse del capo). Inoltre condizioni come ansia e stress possono aggravare il deficit già presente.

Tale disturbo può essere riassunto nei seguenti criteri diagnostici del DSM-IV-TR:

Criterio A: presenza di un’anomalia del normale fluire e della cadenza dell’eloquio, caratterizzata dal frequente manifestarsi di uno o più di questi elementi:

  1. Ripetizioni di suoni e sillabe;
  2. Prolungamento di suoni;
  3. Interiezioni;
  4. Interruzione di parole;
  5. Blocchi udibili o silenti;
  6. Circonlocuzioni;
  7. Parole emesse con eccessiva tensione fisica;
  8. Ripetizione di intere parole monosillabiche.

Criterio B: l’anomalia di scorrevolezza interferisce con i risultati scolastici o lavorativi oppure nella comunicazione sociale.

Nel DSM-5 sono state introdotte alcune variazioni rispetto all’edizione precedente. Infatti i “Disturbi della Comunicazione” includono:

  • Il Disturbo del Linguaggio (che combina il Disturbo della Espressione del Linguaggio e il Disturbo Misto della Espressione e della Recezione del Linguaggio del DSM-IV),
  • Il Disturbo del Suono Vocale (un nuovo nome per il Disturbo della Fonazione)
  • Il Disturbo della Fluidità Verbale ad esordio infantile (un nuovo nome per la Balbuzie).

Inoltre è incluso il Disturbo Sociale (pragmatico) della Comunicazione, una nuova condizione di difficoltà persistente nell’uso sociale della comunicazione verbale e non verbale.

Poiché i deficit della comunicazione sociale sono una componente dei disturbi dello Spettro dell’Autismo (ASD, Autistic Spectrum Disorders), è importante notare che il disturbo della comunicazione sociale (pragmatica) non può essere diagnosticato in presenza di comportamenti, interessi e attività ripetitivi, ristretti e circoscritti.
Parliamo più nello specifico del Disturbo Specifico del Linguaggio (DSL): questa categoria diagnostica si applica a bambini con normale livello intellettivo e senza evidenti problemi neurologici o psichiatrici (sindromi genetiche e disabilità intellettive), che però presentano disturbi nello sviluppo de linguaggio che risulta deficitario con ricadute spesso anche sul versante della comprensione (Leonard, 1998).

In effetti, i disturbi osservabili possono in alcuni casi limitarsi alla produzione, in altri estendersi anche ad aspetti legati alla comprensione oltre ad interessare aspetti diversi della elaborazione del linguaggio (aspetti fonetico-articolatori, fonologici, morfologici, morfosintattici, sintattici, semantici e anche pragmatici).

Questi bambini hanno un udito normale, non presentano segni evidenti di danno neurologico, ai test di intelligenza non verbale ottengono punteggi nei limiti della norma e non hanno comportamenti che suggeriscono la presenza di un disturbo dello spettro autistico; infatti DSL e autismo sono trattati come due disordini distinti, il primo che interessa prevalentemente le regole della lingua ma senza compromissione della vita sociale, il secondo più l’aspetto comunicativo e sociale, inteso come uso pragmatico delle regole di una lingua.

L’identificazione di questi bambini avviene per esclusione di tutta una serie di patologie legate ai disordini dello sviluppo, in primis al ritardo cognitivo. Proprio la dissociazione tra un basso profilo linguistico e un’adeguata intelligenza non verbale ha garantito la presenza del DSL tra i deficit indipendenti dal generale funzionamento cognitivo. Da qui deriva proprio il termine Specifico, adottato per porre l’accento sulla sua natura prettamente linguistica (Marotta & Caselli, 2014).
Tuttavia è vero che alcuni bambini con difficoltà di apprendimento del linguaggio presentano dei sottili deficit in aree come la coordinazione motoria e l’elaborazione cognitiva non linguistica. Inoltre incontrano una serie di difficoltà universali a prescindere dalla lingua, in particolare il loro sviluppo grammaticale procede lentamente, in età scolare sono a rischio di difficoltà di lettura, e il loro disturbo ha conseguenze sociali e emotive.

Nella decima edizione dell’International Classification of Diseases (ICD-10) i Disturbi Specifici dell’Eloquio e del linguaggio vengono descritti nella sezione F80.
Si tratta di disturbi a causa dei quali la normale acquisizione del linguaggio è alterata fin dalle prime tappe dello sviluppo.

Tali deficit non sono attribuibili ad anomalie neurologiche o a meccanismi di produzione della parola, né a disturbi sensoriali, ritardo mentale o fattori ambientali (socio-culturali ed economici).

I disturbi specifici dell’acquisizione dell’eloquio e del linguaggio presentano come sequele una serie di disturbi associati, quali la difficoltà nella lettura e scrittura, problemi nelle relazioni interpersonali e disturbi comportamentali ed emozionali.

Dunque secondo l’ICD-10 (International Classification of Desease) è possibile distinguere tra:

  • Disturbi dell’articolazione del linguaggio (disturbi fonetico-articolatori), (F80.0).
  • Disturbi della produzione senza problemi di comprensione (F80.1), nella quale rientrano difficoltà nella capacità di selezionare parole, accedere alle loro caratteristiche semantiche, morfosintattiche e/o fonologiche-articolatorie.
  • Disturbi misti (F80.2), in cui a problemi di comprensione del linguaggio possono essere associati anche problemi di produzione.

 

DSM IV-TR

COD

DSM 5

COD

ICD-10

COD

Disturbo della Espressione del Linguaggio

 315.31

Disturbo del Linguaggio

 

Disturbo del linguaggio espressivo

F80.1

Disturbo Misto della Espressione e della Recezione del Linguaggio

315.32

315.32

Disturbo della comprensione del linguaggio

F80.2

Disturbo della Fonazione

315.39

Disturbo Fonetico-Fonologico

315.39

Disturbo dell’articolazione dell’eloquio

F80.0

Balbuzie

307.0

Disturbo della Fluidità Verbale

315.35

Balbuzie

F98.5

 

 

Disturbo sociale (pragmatico) della Comunicazione

315.39

 

 

Disturbo della Comunicazione Non Altrimenti Specificato

307.9

Disturbo della Comunicazione senza Specificazione

307.9

Disturbo della Comunicazione Non Altrimenti Specificato

F80.9

 

 

 

 

Afasia acquisita con epilessia (sindrome di Landau Kleffner)

F80.3

Tabella 8: Classificazione dei “Disturbi del Linguaggio” per il DSM IV-TR e il DSM 5.

Nella pratica clinica viene utilizzata una Classificazione neuropsicologica messa a punto da Rapin e Allen (1988), basata sull’osservazione delle capacità di comprensione e produzione del bambino a tutti i livelli linguistici (fonologico, morfologico, sintattico e semantico) e sulla valutazione delle capacità di comunicazione verbale (pragmatica).

Nella suddetta Classificazione ritroviamo sei principali raggruppamenti di disturbi specifici di linguaggio:

  • Agnosia verbale. Caratterizzata da una difficoltà a decodificare i suoni del linguaggio, con conseguente deficit grave nella comprensione verbale. Anche la produzione linguistica è gravemente compromessa soprattutto a livello fonologico, quale conseguenza delle difficoltà di decodifica verbale.
  • Disprassia verbale. E’ caratterizzata da un disturbo centrale nella programmazione dei movimenti sequenziali necessari alla produzione della parola con difficoltà o impossibilità di trasformare immagini verbali in comandi motori per la produzione del discorso, in assenza di deficit neuromuscolari e di anomalie morfostrutturali a carico dell’apparato bucco-fonatorio.
    La fluenza del discorso risulta fortemente ridotta per la difficoltà a trovare i giusti movimenti degli organi fonatori per emettere una parola, mentre la comprensione risulta meglio conservata.
  • Deficit di programmazione fonologica (ritardo semplice del linguaggio).
    Il bambino sa articolare e sa produrre i singoli suoni della lingua, ma stenta ad organizzarli tra loro rispettando le regole fonologiche per formare le parole.
    Il linguaggio espressivo è fluente; le frasi sono lunghe, intonativamente adeguate, seppure talora scarsamente intellegibili.
    Lo sviluppo delle abilità lessicali e morfosintattiche è sufficientemente integro, così come la comprensione verbale.
  • Deficit fonologico-sintattico (disfasia congenita; analogie con l’afasia di Broca). Sono presenti difficoltà sia espressive che ricettive che non si limitano al sistema fonologico ma si estendono alle componenti morfosintattiche.
    In questa sindrome la comprensione è migliore della produzione. Il ritmo di sviluppo del linguaggio espressivo è lento; viene prodotto un linguaggio olofrastico fino a 3 anni e mezzo/4anni. Le prime espressioni combinatorie compaiono in genere intorno a quest’età e mantengono caratteristiche telegrafiche: enunciati brevi, scarso uso dei verbi, frequente omissione dei funtori grammaticali.
    Lo sviluppo di abilità semantico-lessicali è lento, ma sembra ricalcare il pattern normale.
  • Sindrome da deficit lessicale-sintattico. Caratterizzata da una compromissione prevalente dello sviluppo lessicale e un deficit relativamente meno importante a carico della componente morfo-sintattica. Si possono riscontrare:
    1. anomie;
    2. parafasie semantiche (sostituzione di un termine con un altro appartenente alla stessa categoria semantica);
    3. parafasie fonologiche (difficoltà a fissare in memoria o a recuperare la traccia fonologica);
    4. circonlocuzioni (giri di parole, definizioni d’uso);
    5. deficit persistenti nell’acquisizione dei nomi dei colori.
  • Ritardo specifico del linguaggio. Nella classificazione di Rapin e Allen questo quadro non è trattato come entità nosologica distinta, in quanto la sua autonomia rispetto alle altre sindromi di disordine specifico non è da tutti riconosciuta.
    Va tuttavia segnalato che, sebbene nella pratica clinica i confini non siano sempre facilmente delimitabili, vi è una costellazione di sintomi linguistici ed extralinguistici che risultano sufficientemente tipizzati.
    Sul piano linguistico, si osserva un’importante immaturità espressiva, non si osservano segni di sviluppo atipico e il disturbo tende a risolversi in età scolare.
    Questi bambini mostrano di saper ripetere strutture che non compaiono nel loro repertorio spontaneo. Le capacità recettive sono sempre normali.
  • Sindrome semantico-pragmatica. Questo quadro è quasi sempre associato a disordine cognitivo particolare (come nella sindrome di Williams) o una patologia relazionale, e la sua inclusione tra i disturbi primitivi sembrerebbe ad alcuni studiosi discutibile (Battaglia, 2016).

Motricità e Disturbi del Linguaggio

La letteratura ha indagato sulla prevalenza di una possibile comorbilità di disordini delle abilità motorie in bambini con Disturbo del Linguaggio. Esiste chiaramente una sostanziale comorbilità tra Disturbi Specifici di Linguaggio e scarse capacità motorie, tra cui l’incoordinazione motoria.

In particolare in passato sono stati attuati degli studi in cui venivano somministrate delle prove motorie a bambini con tale disturbo, in particolare per valutare la coordinazione degli arti superiori (Hill, 2001).

È stata pertanto paragonata l'abilità di movimento dei bambini con DSL con quella osservata nei bambini con diagnosi di disturbo di coordinazione (DCD), disturbo dello sviluppo neurologico definito in termini di difficoltà di movimento del bambino rispetto allo sviluppo tipico generale in assenza di qualsiasi condizione medica o malattie neurologiche.

Il gruppo di bambini con Disturbo Specifico di Linguaggio osservati da Hill (1996), mostra maggiori difficoltà in compiti di imitazione di gesti transitivi e intransitivi e nei compiti di coordinazione.

Le difficoltà motorie interferiscono significativamente sulle attività della vita quotidiana come vestirsi, mangiare e camminare così come nell'apprendimento scolastico.
Anche vari studi neurofisiologici e neuropsicologici forniscono prove circa l’esistenza di un legame a livello neuronale tra linguaggio e movimento specialmente dell’arto superiore. Secondo gli studi effettuati da Buccino (2001) la rappresentazione somatotopica degli atti motori manuali transitivi sarebbe parzialmente sovrapposta alla rappresentazione degli atti motori della bocca, in particolare nella parte ventrale della corteccia premotoria e a livello dell’area di Broca. Perciò il controllo manuale e il controllo del linguaggio verbale sono rappresentati in regioni cerebrali limitrofe o addirittura sovrapposte.

Infatti esiste una teoria motoria del linguaggio che sostiene che il parlato sia percepito sulla base di quanto prodotto, piuttosto che a partire dall’analisi di elementi acustici. Esiste perciò una base gestuale del linguaggio verbale, che fa supporre che il linguaggio si sia evoluto da gesti manuali che, rispetto ai suoni, sembrerebbero possedere un maggior numero di legami iconici con oggetti, azioni, proprietà del mondo reale che il linguaggio rappresenta (Liberman, 1967).
Il passaggio dalla forma di comunicazione espressa attraverso i gesti e poi attraverso la voce è stato un passaggio lento e graduale.

Il tramite di questo passaggio è stato dimostrato dalla scoperta di neuroni che inviano doppi comandi alla bocca e alla mano e che controllano contemporaneamente entrambi gli effettori. Questi neuroni sono stati rinvenuti nella zona F5 dell’area premotoria (Rizzolatti, 1996).

Gli studi sui rapporti tra aree cerebrali e linguaggio indicano che le aree della corteccia cerebrale che elaborano le informazioni sensoriali e controllano i movimenti sono anche coinvolte in diversi aspetti delle memorie linguistiche: profferire parole relative ai movimenti attiva aree motorie della corteccia frontale. In sostanza il sistema del linguaggio fa capo a complessi coordinamenti con altri sistemi ed aree del cervello legate alla rappresentazione di oggetti, alla percezione, alla motricità.
Nella filogenesi della locomozione la verticalità ha permesso di liberare gli arti superiori, creando uno stretto rapporto tra mani-capo e mani-occhi. Favorendo lo sviluppo cognitivo e linguistico: man mano che il bambino sviluppa il cammino e la manipolazione si ha un aumento dello sviluppo cerebrale, e costruisce un suo Io sicuro e distinto dall’altro.

L’evoluzione della parola è inseparabile da quella manuale e gestuale in quanto il controllo sull’oggetto è parallelo al controllo dell’espressione verbale; si parla quindi di Coevoluzione Micro e Oro-Motricità. È quindi importante insegnare al bambino a manipolare, perché ciò facilita la motricità fine orale, e viceversa il linguaggio facilita la motricità fine. È fondamentale per il bambino riflettere sui movimenti che svolge e verbalizzarli in ordine preciso in modo che vi sia un maggior controllo nel loro svolgimento.

Alla luce degli studi e delle considerazioni di cui sopra, è stata introdotta una tecnica di riabilitazione del linguaggio, basata prevalentemente su stimoli sensoriali e motori di punti della bocca, della mandibola, del palato per facilitare la maturazione o la ripresa di funzioni motorie collegate alla pronuncia delle parole. Si tratta del PROMPT, Prompts For Restructuring Oral Muscolar Phonetic Targets (Prompt per la Riorganizzazione di Target Fonetici Orali Muscolari), un approccio multidimensionale sviluppato specificatamente per il trattamento cognitivo-comunicativo-linguistici che riconosce nel deficit del controllo motorio articolatorio una parte importante delle difficoltà linguistiche sperimentate dal bambino.

Si utilizza per esempio nel caso di bambini con disprassia evolutiva verbale o con disartria evolutiva, ma anche più in generale, dei bambini con disturbi e ritardi di linguaggio.

I prompt sono input tattili cinestesici che il logopedista fornisce agli organi articolatori del paziente quali mandibola, labbra e lingua. La loro somministrazione avviene sempre all'esterno del cavo orale ed ha come scopo quello di guidare le traiettorie articolatorie, di inibire movimenti estranei, di fornire informazioni sulla durata del movimento articolatorio per ogni singolo fonema e sulla transizione tra un fonema e quello successivo.

I movimenti articolatori corretti e quindi la produzione verbale, vengono ricercati sempre e solo nel contesto di attività comunicativo-linguistiche adatte al livello di sviluppo del bambino ed incorporate nel gioco e nelle routines del quotidiano.

 

Indice

 
 
PREMESSA, ABSTRACT E INTRODUZIONE
 
  1. Lo sviluppo motorio dai 3 ai 6 anni: Coordinazioni Cinetiche Semplici; Coordinazioni Cinetiche Complesse; Coordinazioni Oculo-Motorie; Coordinazioni Oculo-Manuali.
  2. Test per la Valutazione Motoria: BAYLEY-III (Bayley Scales Of Infant And Toddler Development - Third Edition); GMDS–ER (Griffiths Mental Developmental Scales); M-ABC (Movement Assessment Battery for Children); BOT-2 (Bruininks-Oseretzky Test of Motor Proficiency, Second Edition); APCM – 2 (Abilità prassiche e della Coordinazione Motoria, 2° Edizione); TGMD–2 (Test of Gross Motor Development–Second Edition); GOAL (Goal-Oriented Assessment of Lifeskills); SCALA METRICA DI OSERETZKY E GUILMAN; PDMS-2 (Peabody Developmental Motor Scales, Second Edition)
  3. Profili di Sviluppo Motorio nello Sviluppo Atipico: Disturbi dello Spettro dell’Autismo; Disabilità Intellettiva; Disturbo specifico del Linguaggio.
  4. Descrizione del lavoro e Casistica: Materiale e metodo di valutazione; Risultati ottenuti alla valutazione a T0; Discussione dei risultati a T0, obiettivi e metodologia di intervento;
    1. Trattamento neuropsicomotorio: Introduzione: Trattamenti individuali o in piccolo gruppo, Coordinazione generale, Ritmo, corsa, inibizione e controllo, Equilibrio, Coordinazioni oculo-manuali; Psicomotricità in acqua; Trattamento estivo intensivo; Risultati alla rivalutazione a T1 e confronto con T0.
 
CONCLUSIONI
 
BIBLIOGRAFIA
 

Tesi di Laurea di: Chiara MONDINI

 

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