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Prima seduta di osservazione in stanza di terapia

Abbiamo voluto integrare l’osservazione fatta durante il soggiorno estivo a Marina di Massa con un’osservazione in stanza di terapia, durante una prima seduta di gioco libero a cui ha partecipato anche la madre di N.

All’inizio della seduta, la terapista ha fornito alla signora delle indicazioni sul tipo di attività e sulle caratteristiche del setting: a lei era richiesto di giocare con il bambino come se fosse a casa propria, facendo i giochi che solitamente fanno insieme, con la possibilità di utilizzare qualunque oggetto presente in stanza; durante questa attività, la terapista sarebbe rimasta in disparte, facendo da “spettatrice”, senza intervenire per non distrarre N., ed io avrei avuto un ruolo di “regista”, restando lì con loro, ma senza farmi troppo coinvolgere nel gioco per non alterare l’interazione spontanea fra madre e figlio.

Come primo gioco la terapista ha proposto la scatola degli animali; poi, in un secondo momento, sono stati usati i librini illustrati (la mamma aveva riferito che da qualche tempo N. si divertiva a guardarli e a sfogliare le pagine); infine, come ultimo gioco, è stato scelto il pulmino con i bambolotti, proposto sempre dalla terapista.

N. non ha manifestato segni di perplessità né di particolare gioia vedendo che la mamma rimaneva in stanza con noi (invece di rimanere fuori come tutte le altre volte), ma ha accettato con serenità e piacere la sua presenza.

Nel corso della seduta egli si è mostrato, come sempre, molto disponibile alla relazione; appena entrato ha iniziato a giocare con un pallone trovato per terra in mezzo alla stanza: lo lanciava alla mamma che era seduta sul lettino e che, calciandolo con i piedi, lo rimandava a N. Il bambino sembrava molto divertito da questo gioco di scambio, rideva quando la palla tornava a lui e subito correva a prenderla per lanciarla di nuovo verso la mamma. Anch’io poi sono stata coinvolta nel gioco quando, casualmente, la palla è rotolata verso di me, che stavo in un angolo della stanza a disporre la telecamera, senza interagire con loro.

Appena è entrata la terapista e si è messa a parlare con la madre di N., il bambino ha iniziato a correre e a saltare da una parte all’altra, a tirare la palla verso l’alto per passarci sotto, a rotolarsi sul materasso e a guardarsi allo specchio. Ho notato che questo comportamento tende a ripresentarsi ogni volta che l’adulto che stava giocando con lui smette per un attimo di dedicarsi al gioco, come, ad esempio, in questo caso, per parlare con la terapista.

Nel complesso mi sembra che N. abbia capacità attentive abbastanza adeguate alla sua età (pur sempre con il contenimento dell’adulto): difficilmente si distrae durante un gioco, riesce a mantenere l’attenzione condivisa su un’attività per tempi piuttosto lunghi, distraendosi solo quando l’adulto non lo considera o quando gli vengono fatte richieste troppo difficili (come, ad esmpio, quando gli viene chiesto di nominare oggetti che non conosce, contare, ecc.).

Il bambino non è in grado di organizzare il gioco da solo, di prendere iniziative o di fare proposte di gioco strutturato: senza la guida dell’adulto, N. mette in atto sequenze di gioco molto semplici, di tipo quasi esclusivamente sensomotorio (con o senza oggetti), motorio (ad esempio, giochi con la palla) e, talvolta, pre-simbolico (ad esempio, far galoppare i cavalli).

Anche le proposte della madre, però, mi sono sembrate abbastanza povere: in tutt’e tre le parti della seduta (animali, librini, pulmino), non sono quasi mai emerse sequenze di gioco simbolico vero e proprio e, nonostante cambiassero gli oggetti, il tipo di gioco era comunque rigido e stereotipato e veniva riproposto sempre con le stesse modalità.

Gli animali venivano tirati fuori dalla scatola uno ad uno, la mamma chiedeva a N. di dire come si chiamavano (e, a volte, anche di contarli) e poi venivano messi in fila da una parte; nello sfogliare i librini, la signora chiedeva continuamente al bambino di nominare le figure, gli oggetti rappresentati, i colori, ecc.; infine, anche nel gioco del pulmino, la mamma chiedeva a N. di dare un nome a tutti i personaggi, ma, oltre a questo, non era presente una cornice di gioco, uno scopo, una storia ben definita da seguire (all’inizio la signora dice che i bambolotti “fanno una gita al mare”, ma poi, nel corso del gioco, questo filo conduttore viene perso e quando, alla fine, per concludere la seduta rispettando un po’ la coerenza del gioco, la terapista dice: “Adesso fai fare il bagno a tutti i bimbi!”, la mamma dapprima capisce che dovevano lavarsi e allora risponde dicendo a N.: “Fagli fare la doccia, come fai te tutte le sere” , accorgendosi solo dopo del fraintendimento).

Sembra che la signora consideri il gioco come uno strumento principalmente finalizzato allo sviluppo del linguaggio, uno strumento didattico, più che un’attività essenziale alla crescita globale e armonica del bambino. Lei stessa non è mai veramente coinvolta nel gioco, non si lascia andare, non si diverte; si comporta più come una sorta di “terapista-insegnante” che come una mamma.

In alcuni momenti emergono, da parte della signora, segnali di ansia e, forse, di timore del giudizio (anche comprensibili, visto il tipo di contesto) e, talvolta, sembra ricercare nei comportamenti del bambino una conferma del suo essere “buon genitore” e figura di riferimento valida per lui (ad esempio, quando il “bambolotto-mamma” cade dal pulmino, lei dice: “E ora? Come si fa senza la mamma? Non si va più al mare senza la mamma?”).

La sintonizzazione affettiva appare, comunque, complessivamente buona:

  • sia il bambino che la mamma ricercano reciprocamente la vicinanza l’uno dell’altra ® appena N. entra nella stanza portando la scatola degli animali, la mamma scende dal lettino su cui si era seduta e va a mettersi sul materasso accanto al bimbo; per guardare i librini lo prende in braccio; N. spesso si siede sulle ginocchia della madre; segue con attenzione i suoi movimenti; quando la mamma si alza per andare a prendere i libri, lui la segue e poi si rimette seduto accanto a lei.
  • Madre e bambino condividono (anche se non sempre) le stesse emozioni durante il gioco ® quando il “bambolotto-mamma” cade dal pulmino, la signora fa la faccia triste e dice: “Povera mamma, si è fatta la bua!” ; anche Nicola si ferma, interrompe il gioco e fa un’espressione triste.
  • La mamma riesce a capire quando N. si è annoiato di fare un gioco e allora propone di rimetterlo a posto e farne un altro.

 

Indice

INTRODUZIONE
Presentazione del Centro
 
  1. Genitorialità, famiglia e disabilità
    1. La famiglia nei confronti della disabilità 
    2. L'intervento centrato sulla famiglia
      1. Oltre la patologia: un nuovo approccio alle famiglie con figli disabili
      2. Le famiglie, protagoniste dell’intervento
  2. Il caso di N. 
    1. Anamnesi e informazioni cliniche
      1. Il ricovero alla Fondazione "Stella Maris" 
    2. Osservazione e valutazione
      1. Applicazione della scheda Berti-Comunello
        1. Competenze del bambino 
        2. Caratteristiche del bambino
    3. Relazione madre-bambino
      1. Osservazione non strutturata durante il soggiorno estivo a Marina di Massa 
      2. Prima seduta di osservazione in stanza di terapia
    4. Valutazione testistica
      1. Lo strumento  
      2. Struttura del test
      3. Risultati ottenuti alla valutazione della madre di N. e interpretazione dei punteggi
      4. Allegati:
        1. Modulo per le risposte
        2. Foglio di scoring
        3. Foglio di profilo
  3. Il progetto riabilitativo
    1. Intervento neuropsicomotorio individuale
      1. Strategie di intervento e descrizione del percorso riabilitativo
    2. Intervento parallelo sulla coppia madre-bambino
      1. Ipotesi di intervento: il gioco come strumento terapeutico
    3. Descrizione dell’intervento
      1. Prima seduta “ Il corpo”
      2. Seconda seduta “Il percorso”
      3. Terza seduta “Il mare”
      4. Quarta seduta “La cucina”
 
CONCLUSIONI
COMMENTO AL VIDEO
BIBLIOGRAFIA
Ringraziamenti
 
Tesi di Laurea di: Rachele SFORZI

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