Osservazione e valutazione - Il caso di N.
Il bambino presenta un quadro funzionale di ritardo globale dello sviluppo associato ad un importante disturbo del linguaggio espressivo e recettivo.
La funzione attentiva risulta piuttosto fragile ed incostante: è sempre necessario il contenimento dell’adulto per aiutare il bambino a concentrarsi su un compito e a portarlo a termine senza disperdersi; con la facilitazione dell’adulto, la permanenza in un’attività può essere, comunque, anche molto prolungata.
La capacità di organizzare l’attività ludica in modo autonomo è scarsa: N. non riesce, da solo, a pianificare e a mettere in atto un gioco strutturato e finalizzato. Il gioco spontaneo si inserisce prevalentemente nel livello sensomotorio: le capacità di rappresentazione e simbolizzazione, non ancora sviluppate a causa dell’immaturità cognitiva, determinano l’assenza del gioco di finzione nel repertorio ludico del bambino.
Per quanto riguarda le competenze emotivo-relazionali, N. è, nel complesso, un bimbo molto socievole e disponibile all’interazione con l’altro; alcuni comportamenti osservati in determinate situazioni, lasciano pensare che N. non sia molto differenziato a livello affettivo: le manifestazioni di protesta sono sempre molto controllate (ad esempio, alla separazione della madre), così come le espressioni di gioia (ad esempio, quando torna dalla mamma alla fine dell’ora di terapia), non mostra disagio in compagnia di estranei e riesce a consolarsi facilmente, quando è triste, anche con persone diverse dalle figure di riferimento.
Fin dalle prime sedute di terapia a cui ho partecipato, N. ha accettato tranquillamente la mia presenza in stanza. Soltanto le prime volte si è mostrato un po’ diffidente quando rimaneva da solo in stanza con me: interrompeva l’attività che stava facendo e mi osservava immobile senza reagire in alcun modo alle mie proposte di interazione (ad esempio, se gli chiedevo qualcosa, gli sorridevo, provavo a fargli il solletico o a continuare il gioco che stava facendo prima che la terapista si allontanasse), ma non mostrava comunque segni di angoscia o di paura, anzi restava nella stanza, non piangeva, né chiamava la terapista.
Quando la terapista era presente, invece, N. si è mostrato da subito molto disponibile alla relazione con me: non aveva difficoltà a coinvolgermi nelle sue attività su richiesta della terapista e, successivamente, anche di sua iniziativa.
Ho notato lo stesso comportamento anche fuori dalla stanza di terapia, in quei pochi minuti di attesa prima dell’inizio della seduta. I primi tempi N. rimaneva sempre vicino alla madre (di solito in braccio) e se, appena arrivava, gli andavo incontro per salutarlo, lui si nascondeva dietro di lei. Dopo le prime volte, però, il bambino è riuscito a tranquillizzarsi e a separarsi dalla mamma: mi sorrideva appena entrava, mi cercava per giocare, veniva vicino a me per farsi fare il solletico, per farsi acchiappare, ecc.
È capitato rarissime volte che N. arrivasse al Centro contrariato e che non volesse essere lasciato con la terapista; in questi casi, comunque, la protesta è sempre stata molto contenuta: inizialmente il bambino rifiutava di separarsi dalla madre o dalla nonna, ma senza piangere né urlare, e, se la terapista lo prendeva e lo portava nella stanza, cercando di distrarlo, N. riusciva a consolarsi facilmente e subito cominiciava a giocare con tranquillità.
Durante l’ora di terapia N. ha continuamente bisogno di essere guidato in tutte le attività: la terapista deve essere sempre vicina per dirgli cosa fare e per aiutarlo a mantenere l’attenzione sul compito, altrimenti N. si distrae subito, perdendo completamente il target. Non è capace di organizzarsi in modo autonomo, per cui, se non è affiancato da un adulto, il bambino manifesta comportamenti molto caotici, poco strutturati e poco finalizzati.
Non è comunque un bambino oppositivo: mostra le sue preferenze per alcuni giochi rispetto ad altri, ma accetta sempre volentieri tutte le attività che la terapista propone; se un gioco non gli piace non lo rifiuta, ma tende a distrarsi più facilmente dopo breve tempo.
Per quanto riguarda alcuni atteggiamenti provocatori che talvolta emergono sia con la terapista che con la madre, ho avuto l’impressione che spesso, più che al fatto di essere un bambino dispettoso o disubbidiente, essi siano legati ad una reale difficoltà di comprensione delle richieste o di associazione del comando verbale al comportamento voluto.
Mi sono trovata molto bene con N. fin dalle prime volte, non ho avuto alcuna difficoltà ad interagire con lui e credo di essere riuscita a costruire una relazione di fiducia, serena e piacevole per entrambi, quindi valida anche ai fini riabilitativi.
Indice |
INTRODUZIONE |
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CONCLUSIONI |
COMMENTO AL VIDEO |
BIBLIOGRAFIA |
Ringraziamenti |
Tesi di Laurea di: Rachele SFORZI |