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Pre-requisiti di Apprendimento: Intervento Riabilitativo Neuropsicomotorio su un gruppo di bambini in età prescolare con diagnosi di diversa eziologia

Questo progetto nasce dall’idea di voler potenziare e perfezionare i prerequisiti di apprendimento nei bambini con sviluppo atipico per il loro ingresso alla Scuola primaria. In questo studio sono stati inseriti 10 bambini con un’età compresa tra i 4 e i 6 e con diagnosi di diversa eziologia. La scelta dei casi da inserire è stata effettuata tramite l’utilizzo delle seguenti valutazioni: test delle Abilità Prassiche e della Coordinazione Motoria (APCM), il Test di percezione visiva e integrazione visuo-motoria (TPV) e il Test dei concetti di relazione spazio-temporale (TCR). In seguito, solo 7 sono risultati idonei per l’inserimento nello studio e hanno iniziato un periodo di trattamento dal mese di Maggio a Settembre 2019. Tutti i bambini inoltre hanno avuto un inquadramento generale di assessment cognitivo tramite la somministrazione delle scale Griffiths Mental Development Scales (GMDS) durante il mese di Aprile 2019.

 

LE DIAGNOSI DEI CASI CLINICI

Nello studio sono stati inseriti 7 soggetti con diagnosi di eziologia differente:

  • Disabilità Intellettiva
  • Disturbo di Linguaggio
  • Disturbo dello Spettro Autistico

La Disabilità Intellettiva

La definizione di Disabilità Intellettiva secondo il DSM-V viene definita come una condizione clinica eterogenea a eziologia pre o peri o postnatale caratterizzata da: deficit dello sviluppo intellettivo, ridotta capacità di far fronte alle richieste adattive sociali ed ambientali ad esordio prima dei 18 anni.

Secondo il DSM-V, devono venir soddisfatti i seguenti 3 criteri:

  1. Deficit delle funzioni intellettive, come il ragionamento, la soluzione di problemi, la pianificazione, il pensiero astratto, il giudizio, l’apprendimento scolastico o l’apprendimento dall’esperienza, confermato sia da valutazione clinica che da prove d’intelligenza individualizzate e standardizzate.
  2. Deficit del funzionamento adattivo che si manifesti col mancato raggiungimento degli standard di sviluppo e socioculturali per l’indipendenza personale e la responsabilità sociale. Senza supporto continuativo i deficit adattivi limitano il funzionamento in una o più attività della vita quotidiana, quali la comunicazione, la partecipazione sociale e la vita indipendente, in più ambiti diversi, come la casa, la scuola, il lavoro e la comunità.
  3. Insorgenza dei deficit intellettivi e adattivi nell’età evolutiva.

L’organizzazione cognitiva nei bambini con Disabilità Intellettiva appare fortemente disarmonica in rapporto ad una mancata integrazione delle competenze nella funzione simbolica, quindi i processi di conoscenza non si trasformano in capacità adattive mature. L’evoluzione disarmonica del profilo di sviluppo delle diverse competenze evidenzia le seguenti caratteristiche:

  • Dissociazione all’interno della competenza linguistica che, pur evolvendo in produzione verbale attraverso l’espansione delle strutture linguistiche, non evolve in comprensione verbale attraverso il processo di decontestualizzazione (è funzionale all’interno di attività routinarie ma pressoché utilizzata per programmare e guidare azioni nuove). Il linguaggio si sviluppa nella sua funzione comunicativa ma in modo scisso dalla funzione di verifica e di controllo delle azioni e del pensiero. Inoltre, è presente un impoverimento delle prattognosie che non integrandosi con attività simbolico linguistiche, evolvono solo negli aspetti esecutivi a danno di quelli ideativi.
  • L’attività prassica non evolve in una capacità anticipatoria di pensiero attraverso la rappresentazione mentale.
  • Evoluzione atipica del gioco che rimanendo ancorato all’uso funzionale, concreto, degli oggetti ed a modalità imitative, tende a trasformarsi in attività stereotipate.
  • La capacità simbolica non matura in una vera capacità trasformativa non integrando gli aspetti prassico-costruttivi dell’oggetto.
  • Precoce dissociazione delle condotte esplorative dovute alla non integrazione tra sviluppo gestuale-prassico e posturo-cinetico.
  • Disturbo attentivo che sembra strutturarsi sia attraverso una non integrazione dello sguardo con le condotte esplorative, manipolatorie e spaziali, sia attraverso una selezione atipica degli stimoli con particolare predilezione per quelli avulsi dalla comunicazione sociale.
  • Isolamento sociale caratterizzato da attività stereotipate che si fermano ad un contatto superficiale con gli oggetti.

In base al grado di compromissione, possiamo inquadrare quattro livelli di gravità (lieve, moderato, grave ed estremo).

  1. Disabilità Intellettiva lieve (QI del soggetto compreso tra i 70 e i 50)
  2. Disabilità Intellettiva moderata (QI del soggetto compreso tra i 50 e i 35)
  3. Disabilità Intellettiva grave (QI del soggetto compreso tra i 35 e i 20)
  4. Disabilità Intellettiva gravissima o profonda (QI del soggetto inferiore al 20)

I quattro livelli di gravità andranno valutati per ognuno di questi tre domini:

  • Dominio concettuale: comprende competenze linguistiche, abilità di lettura, scrittura, matematica, ragionamento, memoria e anche conoscenze generiche.
  • Dominio sociale: riguarda la capacità empatica, il giudizio sociale e interpersonale, la capacità di comunicazione, la capacità di fare e mantenere amicizie e capacità similari.
  • Dominio pratico: concerne la gestione di ambiti personali come il sapersi prendere cura di sé stessi, la responsabilità sul lavoro, la gestione del denaro o le attività svolte nel tempo libero. Si include anche l’aspetto organizzativo della scuola e dei compiti di lavoro.

 

Il Disturbo di Linguaggio

Il disturbo di linguaggio consiste nella difficoltà in comprensione, produzione ed uso del linguaggio nei bambini dopo i 3 anni di età, prima si parla di Ritardo semplici di Linguaggio. Il disturbo di linguaggio è definito primario o “specifico” quando non sono identificabili fattori causali noti, quando non è riconducibile a nessuna patologia. Per questo è fondamentale effettuare una diagnosi con cura, esplorando tutti gli ambiti dello sviluppo del bambino per escludere eventuali compromissioni (sensoriali, maturativi, neurologici), malattie e condizioni ambientali svantaggiose come contesti socialmente carenti. La diagnosi deve tener conto dell’evoluzione nel tempo, andando a monitorare il tipo e il ritmo di cambiamenti per poter distinguere un ritardo semplice di linguaggio, un parlatore tardivo o un vero e proprio disturbo specifico.

Nel Manuale diagnostico ICD-10, vengono distinti diversi sottotipi di disturbo specifico di linguaggio:

  • Disturbo specifico di articolazione dell’eloquio: condizione nella quale l’uso dei fonemi è inappropriato rispetto all’età cronologica con un normale sviluppo delle abilità lessicali e grammaticali (ritardo sul piano fonologico); I tre criteri per porre diagnosi di questo disturbo sono:
    • La comprensione e l’espressione del linguaggio, valutate con test standardizzati, sono comprese entro il limite di due deviazioni standard (DS) per l’età del bambino.
    • La capacità di articolare suoni verbali valutata con test standardizzati è oltre 2 (DS) sotto il livello appropriato per l’età del bambino.
    • La capacità di articolare suoni verbali è almeno 1 (DS) sotto il QI non verbale valutato con test standardizzati.
  • Disturbo del linguaggio espressivo: nel quale la capacità di esprimersi è marcatamente al di sotto del livello atteso quindi si presenta un vocabolario ridotto, una struttura immatura della frase, errori sintattici e vi possono essere anomalie nell’ articolazione ma la comprensione è intatta; I criteri per porre diagnosi di questo disturbo sono:
    • La capacità di comprensione del linguaggio, valutata con test standardizzati, è compresa entro il limite di 2 (DS) per l’età del bambino.
    • La capacità di esprimersi mediante il linguaggio, valutata con test standardizzati, è oltre 2 (DS) sotto il livello appropriato per l’età del bambino.
    • La capacità di esprimersi mediante il linguaggio è almeno 1 deviazione standard sotto il QI non verbale valutato con test standardizzati.
  • Disturbo del linguaggio recettivo: che consiste in un deficit più o meno grave della comprensione verbale associato a grave deficit espressivo.

In tutti queste tipologie un criterio importante è quello di esclusione rappresentato da QI non verbale, valutato con un test standardizzato, < 70. Ad essi si associano altri criteri fondamentali per la definizione di disturbo specifico di linguaggio come assenza di deficit sensoriali, assenza di disturbi neurologici come epilessia, paralisi cerebrale infantile, lesioni cerebrali, assenza di anomalie strutturali o funzionali all’apparato fono articolatorio e assenza di disturbi della relazione.

La prognosi di un bambino che presenta un ritardo di linguaggio ha tre possibili percorsi evolutivi nella fascia di età prescolare (4/5/6 anni). Può sfociare in un ritardo semplice del linguaggio (secondo la definizione classica), cioè un ritardo transitorio che si normalizza spontaneamente entro 36-38 mesi. In questo caso i bambini vengono definiti come ‘’Late bloomers’’. Un'altra possibile evoluzione è che il ritardo di linguaggio evolva in un DSL (Disturbo specifico di linguaggio) per i quali la diagnosi e la prognosi si precisano intorno a 4 anni e in cui l'intervento riabilitativo è fondamentale ed è tanto più efficace quanto più è precoce. Infine, possiamo trovare i cosiddetti ‘’Late talkers’’ ovvero i parlatori tardivi. Essi presentano un ritmo lento dello sviluppo linguistico soprattutto a livello lessicale e morfo- sintattico. A 24 mesi producono meno di 50 parole e a 30 mesi non fanno ancora combinazioni di 2 parole.

Gli esiti di queste possibili evoluzioni del ritardo di linguaggio sono diversi: possiamo assistere a recupero completo entro i 5-6 anni di età, a un disturbo persistente che comporta un elevato rischio di trasformazione in disturbo specifico di apprendimento in età scolare o a un disturbo settoriale che colpisce una sola componente linguistica come ad esempio un disturbo fonologico isolato.

 

Il Disturbo dello Spettro Autistico

I Disturbi dello Spettro Autistico (ASD) sono un gruppo di disturbi di natura neurobiologica. Il termine ‘’spettro’’ sottolinea come il disturbo può colpire ciascuna persona in modo differente variando da una lieve a una grave sintomatologia. L’autismo è stato per anni erroneamente considerato un disturbo dovuto a inadeguate relazioni nell’ambiente familiare dipendenti dal comportamento dei genitori (origine psicodinamica). Attualmente la posizione scientifica condivisa a livello internazionale considera l’autismo una sindrome comportamentale associata a un disturbo dello sviluppo del cervello (porta con sé alterazioni della struttura e delle funzioni nervose) e della mente (include alterazioni dello sviluppo psico-cognitivo ed emozionale) con esordio nei primi tre anni di vita e che accompagna il soggetto per tutta la durata della vita. Benché non ci sia ancora una risposta effettiva sull’origine del Disturbo, sono stati svolte numerose ricerche tenendo in considerazione sia fattori genetici che ambientali e sono state proposte diverse teorie per la comprensione delle problematiche cognitive e relazioni del Disturbo dello Spettro Autistico:

  • Teoria della Mente (Baron Cohen et al., 2000): Possedere una teoria della mente significa attribuire stati mentali (pensieri, emozioni, credenze, desideri) a sé stessi e agli altri e prevedere, quindi, il comportamento altrui sulla base dei propri stati mentali interni. Baron Cohen e la Frith hanno dimostrato che i bambini autistici sarebbero incapaci di rappresentare lo stato mentale di sé stessi e altrui e che quindi mancherebbe la capacità di espressione mimica e corporea, l’intersoggettività e il gioco simbolico.
  • Teoria della debole coerenza centrale (Frith et al., 1994): consiste in una predisposizione cognitiva a focalizzare l'attenzione sui dettagli piuttosto che sulle figure/oggetti nella loro interezza. Una conseguenza di questo stile cognitivo è che il cambiamento di un dettaglio in una situazione può comportare il non riconoscimento di una situazione come già sperimentata e rende il soggetto inflessibile ad accettare cambiamenti.
  • Teoria delle funzioni esecutive (Pennington et al., 1996): Alcuni aspetti del disturbo autistico sembrano associati ad un danneggiamento neurologico della corteccia prefrontale. Questa area del cervello sembra essere coinvolta nelle capacità di pianificazione, controllo dell'impulso, memoria procedurale. L' ingestibilità, soprattutto a livello emotivo, che deriva da queste disfunzioni ostacola una elaborazione efficace delle situazioni nel corso del loro svolgimento e la capacità di problem-solving.

La diagnosi di Autismo viene solitamente formulata facendo riferimento alle due principali classificazioni internazionali dei disturbi mentali: il DSM - Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) e l’ICD – International Classification of Diseases (Classificazione Internazionale dei Disturbi e delle Malattie) dell’OMS - Organizzazione Mondiale della Sanità.

Precedentemente, nel DSM-IV si parlava di “Disturbi Pervasivi dello Sviluppo” che si distinguevano in: disturbo autistico, sindrome di Asperger, disturbo disintegrativo della fanciullezza (o disturbo di Heller), disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato e sindrome di Rett. Ora con il DSM-V questi sottotipi sono stati riuniti in un’unica categoria denominata “Disturbi dello Spettro Autistico” (ASD – Autism Spectrum Disorders), ad eccezione della sindrome di Rett che è stata posta tra i disturbi neurologici.

Con il DSM-V le categorie di sintomi vengono ridotte a due:

  • Deficit persistente nella comunicazione sociale e nell’interazione sociale;
  • Comportamenti e/o interessi e/o attività ristrette e ripetitive.

La diagnosi di Disturbo dello Spettro Autistico richiede la presenza di almeno tre sintomi nella categoria dei “deficit della comunicazione sociale” e di almeno due in quella dei “comportamenti ripetitivi”.

Secondo il DSM-V il Disturbo dello Spettro Autistico deve soddisfare i criteri A, B, C e D:

  1. Deficit persistente nella comunicazione sociale e nell’interazione sociale in diversi contesti, non spiegabile attraverso un ritardo generalizzato dello sviluppo e manifestato da tutti e tre i seguenti punti:
    1. Deficit nella reciprocità socio-emotiva che va da un approccio sociale anormale e insuccesso nella normale conversazione (botta e risposta) attraverso una ridotta condivisione di interessi, emozioni, percezione mentale e reazione fino alla totale mancanza di iniziativa nell’interazione sociale.
    2. Deficit nei comportamenti comunicativi non verbali usati per l’interazione sociale, da una scarsa integrazione della comunicazione verbale e non verbale, attraverso anormalità nel contatto oculare e nel linguaggio del corpo, o deficit nella comprensione e nell´uso della comunicazione non verbale, fino alla totale mancanza di espressività facciale e gestualità.
    3. Deficit nella creazione e mantenimento di relazioni appropriate al livello di sviluppo (non comprese quelle con i genitori e caregiver); che vanno da difficoltà nell’adattare il comportamento ai diversi contesti sociali attraverso difficoltà nella condivisione del gioco immaginativo e nel fare amicizie fino all’apparente assenza di interesse per le persone.
  2. Pattern di comportamenti, interessi o attività ristretti e ripetitivi come manifestato da almeno due dei seguenti punti:
    1. Linguaggio, movimenti o uso di oggetti stereotipati o ripetitivi, come semplici stereotipie motorie, ecolalia, uso ripetitivo di oggetti, o frasi idiosincratiche.
    2. Eccessiva fedeltà alla routine, comportamenti verbali o non verbali riutilizzati o eccessiva riluttanza ai cambiamenti: rituali motori, insistenza nel fare la stessa a seguito di piccoli cambiamenti.
    3. Interessi altamente ristretti e fissati, anormali in intensità o argomenti: forte attaccamento o interesse per oggetti insoliti, interessi eccessivamente persistenti o circostanziati.
    4. Iper o ipo-reattività agli stimoli sensoriali o interessi insoliti verso aspetti sensoriali dell’ambiente: apparente indifferenza al caldo/freddo/dolore, risposta avversa a suoni o consistenze specifiche, eccessivo annusare o toccare gli oggetti, attrazione per luci o oggetti roteanti.
  3. I sintomi devono essere presenti nella prima infanzia (ma possono non diventare completamente manifesti finché le esigenze sociali non oltrepassano il limite delle capacità).
  4. L’insieme dei sintomi deve limitare e compromettere il funzionamento quotidiano.

 

STRUMENTI DI VALUTAZIONE

La scelta della casistica del progetto è stata effettuata tramite l’utilizzo dei seguenti test di valutazione: le scale Griffiths Mental Development Scales (GMDS) per ottenere un inquadramento generale di assessment cognitivo, il test delle Abilità Prassiche e della Coordinazione Motoria (APCM), il test di percezione visiva e integrazione visuo-motoria (TPV) e il test dei concetti di relazione spazio-temporale (TCR).

 

Griffiths Mental Development Scales (GMSD)

Le Griffiths Mental Development Scales nascono nel 1954 come strumento di valutazione dello sviluppo infantile per bambini da 0 a 24 mesi seguite poi dalla forma estesa utilizzabile dai 2 agli 8 anni. L’ edizione più recente (Griffiths III) invece analizza lo sviluppo in bambini da 0 a 71 mesi. Le Griffiths quindi vengono somministrate per ottenere un profilo di sviluppo del bambino allo scopo di definire reali obiettivi generali e particolari del percorso educativo e riabilitativo e per mettere in evidenza i progressi del soggetto rispetto all’evoluzione spontanea oppure in relazione ad un trattamento abilitativo-terapeutico.

Le GMSD-ER II edizione (2-8 anni) prendono in considerazione le seguenti aree dello sviluppo:

  • Locomotoria: permette all’esaminatore di valutare le abilità grosso-motorie del bambino, comprese quelle di mantenersi in equilibrio e di coordinare e controllare i movimenti. Gli items da somministrare includono attività diverse a seconda dell’età del bambino, quali salire e scendere le scale, calciare una palla, saltare.
  • Personale-sociale: valuta le abilità del bambino in attività della vita quotidiana, il livello di autonomia e cura di sé e la capacità di interagire con altri bambini. Include prove come vestirsi e svestirsi, saper usare le posate e conoscere informazioni personali come nome, sesso, età.
  • Linguaggio: stabilisce se le capacità linguistiche espressive e recettive sono in linea con l’età cronologica. Viene chiesto al bambino di denominare oggetti, ripetere frasi, descrivere un’illustrazione e rispondere ad una serie di domande.
  • Coordinazione occhio-mano: comprende diversi items che valutano le abilità motorie fini, la destrezza manuale e la percezione visiva. Gli esercizi sono infilare perline, piegare e tagliare un foglio, ricopiare figure geometriche, scrivere lettere e numeri.
  • Performance: questa scala è costituita da prove che permettono di osservare e misurare le capacità del bambino a livello di consapevolezza visuo-spaziale, velocità di esecuzione e precisione. La maggior parte degli items proposti sono a tempo come ad esempio costruzione con i cubetti, tavolette ad incastro e riproduzione di sequenze di modelli.
  • Ragionamento pratico: indaga la capacità del bambino nella risoluzione di problemi pratici, nell’affrontare problematiche di tipo morale e logico-sequenziale e nel comprendere concetti matematici di base.

 

Test di percezione visiva e integrazione visuo-motoria (TPV)

Il TPV (Hammill, Pearson & Voress, 1993) è un test che misura abilità visuo-percettive e visuo-motorie in bambini dai quattro ai dieci anni di età. Si basa su una concezione della percezione non come fattore unitario, ma come interazione di diversi fattori che si sviluppano in maniera relativamente indipendente tra di loro. Comprende due aree, una di percezione visiva e una motoria, ciascuna composta da 4 subtest.

Gli items relativi alla capacità visiva a motricità ridotta sono:

  • Posizione nello spazio: misura la capacità di individuare le caratteristiche comuni a due figure
  • Completamento di figure: si tratta di riconoscere una figura-stimolo che non è stata completata. Questo subtest si basa sul principio psicologico della chiusura delle forme (Gestalt)
  • Discriminazione figura-sfondo: misura la capacità di discriminazione visiva attraverso il riconoscimento di una figura-stimolo mascherata in uno sfondo sempre più complesso, in cui è necessario estrarre i dettagli rilevanti eliminando le informazioni meno importanti
  • Costanza della forma: riconoscimento di una figura-stimolo tra altre modificate in dimensione, posizione ed ombreggiatura

I subtest di integrazione visuo-motoria sono:

  • Rapporti spaziali: lo scopo di questo item è quello di riprodurre delle figure-stimolo collegando dei punti sistemati a distanze regolari e in uno spazio predeterminato
  • Copiatura e riproduzione: consiste nella copiatura e nella riproduzione grafica di una figura stimolo
  • Velocità visuo-motoria: misura la rapidità con cui il bambino riesce a tracciare determinati segni distinti all’interno di diverse figure geometriche. Il bambino ha il compito dio associare correttamente i segni alle figure, discriminarli visivamente e monitorare il lavoro prima dello scadere del tempo.
  • Coordinazione occhio-mano: misura la capacità di tracciare linee dritte e curve all’interno di uno spazio delimitato

Al termine della somministrazione, sono presenti tre indici riepilogativi:

  • Quoziente di percezione visiva generale (QPVG) dato dalla somma dei punteggi standard di tutti gli otto items del test. Esso rappresenta la misura più accurata dell’espressione ‘percezione visiva’’. Totalizzare un buon punteggio significa possedere elevate abilità visuo-percettive e una buona coordinazione occhio-mano.
  • Quoziente di integrazione visuo-motoria (QIVM). Si ottiene dalla somma dei punteggi standard dei subtest relativi alla Coordinazione occhio mano, Copiatura/ Riproduzione, Rapporti spaziali, Velocità visuo-motoria e Costanza della forma.
  • Quoziente di percezione visiva "a motricità ridotta" (QPVMR): misura la percezione visiva quando il soggetto può reggere un limitato carico motorio e si ottiene dalla somma degli items relativi alla Posizione nello spazio, Figura-sfondo, Completamento di figura e Costanza della forma.

I risultati del TPV sono utili per documentare la presenza e il livello di deficit percettivi visivi nel bambino, per individuare soggetti su cui intervenire ulteriormente e per verificare successivamente l’efficacia di eventuali programmi di intervento.

 

Test delle Abilità Prassiche e della Coordinazione Motoria (APCM)

Il test APCM è il protocollo di valutazione delle abilità prassiche e della coordinazione motoria. La prima versione comprende un’età di somministrazione da 3 a 8 anni mentre la seconda, più attuale, permette di valutare gli aspetti dello sviluppo motorio e prassico sin dall’età dei 24 mesi. La prima versione è divisa in 3 sezioni corrispondenti a diversi intervalli di età: 3,0 a 4,6 anni / 4,7 a 6,0 anni / 6,1 a 8,0 anni.

La valutazione si articola in 3 specifiche sezioni di osservazione, le funzioni di base:

  • Recettività sensoriale;
  • Respirazione, ovvero coordinazione respiratoria;
  • Postura.

Tra le funzioni di base particolare attenzione viene rivolta agli aspetti neurosensoriali quali percezione tattile, uditiva, visiva, in quanto il livello (o la soglia) di percezione varia molto da individuo a individuo. Viene inoltre osservata la qualità della respirazione ed è controllata la postura durante diversi compiti, in quanto essa può essere vista come il risultato dell’immagine corporea e della capacità di rispondere alle tensioni della vita quotidiana; inoltre manifesta il grado di percezione emotiva dell’uomo verso sé stesso. È inoltre importante chiedere e osservare quanto il bambino è in grado di autogestirsi nelle A.V.Q. (Autonomie della Vita Quotidiana) che comprendono sia le prassie del vestirsi, spogliarsi, che le prassie orali (masticazione, deglutizione, ecc.) e la capacità di autorganizzarsi nei giochi o nelle diverse attività che gli vengono richieste quotidianamente (ad esempio se sa salire e scendere le scale autonomamente e se sa andare in bicicletta) Queste osservazioni sono esplicitate nel Questionario per i genitori, accluso al Protocollo. Esso viene utilizzato anche per ricavare informazioni esaurienti su alcuni indicatori di rischio che possono essere utili a definire meglio il quadro clinico come ad esempio: problemi in gravidanza, durante il parto o alla nascita, la prematurità o post-maturità, il basso peso alla nascita e il fattore familiarità. Va anche osservato il comportamento del bambino durante la valutazione e le sue capacità di attenzione al compito, sia come durata dell’attenzione, sia come capacità di autocontrollo.

Le due parti del Protocollo APCM che dovranno essere osservate e valutate con un punteggio da 0 a 2 sono suddivise in: Schemi di movimento e Funzioni cognitive adattive.

La sezione schemi di movimento comprende:

  • Equilibrio (statico e dinamico): contiene sia esercizi statici come quello di stare in equilibrio su un piede solo, sia dinamici come quello di camminare lungo una riga retta o saltare dentro e fuori un quadrato
  • Oculomozione: movimenti oculari e capacità di esplorazione dello spazio dove al bambino viene richiesto di fissare un oggetto prima posto in posizione statica e poi in movimento combinandolo anche con altri oggetti.
  • Movimenti mani/dita: esercizi che dimostrano il grado di maturazione della coordinazione oculo-manuale e della motricità fine. Si valuta ad esempio a capacità di opposizione pollice-indice e pollice-mignolo, l’opposizione del pollice con le altre dita in avanti e poi indietro, l’opposizione del pollice alternando altre dita e il pianotages
  • Sequenzialità esplicita sia motoria-gestuale che visiva: queste prove sono di fondamentale importanza in quanto presuppongono competenze nell’ambito dei rapporti topologici e delle rappresentazioni spaziali.

La sezione Funzioni cognitive adattive invece:

  • Coordinazione dinamica: nelle prove relative al camminare, correre, salire e scendere le scale, calciare una palla con una breve corsa, saltare un ostacolo (una cordicella)
  • Abilità grafo-motorie: riproduzione di linee, copia di figure, griffonages. Durante lo svolgimento di queste prove bisogna anche osservare alcuni elementi come la dominanza manuale, la postura relativa a tutto l’arto implicato e al resto del corpo, l’impugnatura della matita e il movimento delle dita che la sostengono.
  • Abilità manuali: questo settore si compone di una serie di prove (come sciogliere dei nodi, strappare un foglio, tagliare seguendo una linea, lanciare una palla verso un obbiettivo) che prevedono l’integrità di specifiche abilità motorie quali quella di coordinazione fine delle dita delle mani e la coordinazione occhio-mano.
  • Gesti simbolici: indaga le capacità gestuali simboliche su imitazione mediante una serie di specifiche richieste, le cui esecuzioni prevedono alla base l’aver sviluppato una buona rappresentazione, capacità simboliche, ma anche l’indipendenza distale delle dita della mano
  • Movimenti oro-facciali: queste abilità sono importanti soprattutto nei casi in cui sono presenti anche disprassia verbale o disturbi del linguaggio.
  • Abilità costruttive: comprende esercizi come la ricostruzione di figure o costruzione di varie forme (ad esempio: croce, triangolo, quadrato, x) con blocchetti di varie configurazioni seguendo il modello fornito e successivamente senza di esso.

L’attribuzione dei punteggi comprende tre possibilità:

  • Punteggio 0: Non esegue la prova
  • Punteggio 1: Esegue la prova ma non rispetta la consegna precisa data (vedi indicatori qualitativi di riferimento)
  • Punteggio 2: Esegue correttamente la prova

La somma dei punteggi ottenuti in tutte le prove del test porterà a un risultato finale che dovrà essere confrontato con le tabelle contenenti i dati normativi, in quanto è stato validato su un campione di bambini tipici di scuola materna e del primo ciclo della scuola elementare. Se il valore associato dato dal punteggio standard di un subtest è negativo secondo le tabelle di conversione, il bambino per quella determinata abilità si collocherà al di sotto del 5° percentile. Questo percentile rappresenta il limite inferiore della norma.

 

Test dei Concetti di Relazione spazio-temporale (TCR)

Questo test valuta, dal punto di vista linguistico-recettivo, la conoscenza del soggetto dei principali concetti di relazione sia da un punto di vista spaziale che temporale. È stato realizzato al fine di identificare i deficit nella comprensione di questi concetti nei bambini di età compresa tra i 3 e gli 8 anni. Il TCR valuta 56 concetti attraverso la presentazione di una serie di figure con 3 possibili opzioni, in cui al bambino viene richiesta unicamente la risposta da indicare.

I concetti sono divisi in 4 grandi classi di rapporti tra due o più oggetti:

  • Collocazione relativa allo spazio (sotto/sopra, al centro, destra/sinistra …)
  • Collocazione di eventi in relazione lungo la dimensione del tempo (prima/dopo, primo/ultimo …)
  • Rapporti quantitativi tra oggetti (pochi/molti, più di/meno di …)
  • Dimensioni o qualità particolari di oggetti (lungo/corto, alto/basso …)

Oltre a queste categorie, nel TCR sono stati introdotti altri concetti come: uguale/diverso e con/senza. Il sistema di attribuzione dei punteggi adottato nel TCR, richiede che il bambino risponda correttamente a tutti e due i membri della coppia di opposti per ricevere una valutazione positiva per entrambi (punteggio: 1). Ciò è basato sulla letteratura sperimentale relativa all’apprendimento di questi termini e sulle tendenze di risposta dei bambini e delle loro preferenze per gli aspetti non-linguistici del compito, quando devono rispondere ad istruzioni verbali che includano termini relazionali.

 

INTERVENTO DI GRUPPO E INTERVENTO INDIVIDUALE

Il trattamento riabilitativo può essere suddiviso in due ambiti di intervento: diretto e indiretto.

Il trattamento viene definito ‘’diretto’’ quando coinvolge direttamente il bambino ed è presente una relazione continua e stabile. Solitamente il trattamento diretto viene svolto nella stanza di neuropsicomotricità e va a stimolare i punti emergenti o non ancora acquisiti del piccolo paziente. Con il termine ‘’trattamento indiretto’’ invece, si intendono tutti quegli interventi che vengono fatti non sul bambino ma sulle persone che entrano in relazione, quotidianamente con lui. In particolar modo si focalizza su un counseling/parent training ovvero delle attività di gruppo rivolte ai genitori dei bimbi in difficoltà dove il counseling viene fatto sulla singola coppia fornendo consigli diretti e specifici per il bambino. Inoltre, per trattamento indiretto intendiamo, anche, l’intervento con le scuole, dove si cerca di creare una continuità, con incontri a cadenza stabilità, per fare un bilancio sia delle difficoltà che delle abilità acquisite non solo in stanza di neuropsicomotricità ma anche al di fuori.

Oltre a questa iniziale distinzione, il trattamento riabilitativo può essere ancora suddiviso in due categorie: trattamento individuale o di gruppo. La scelta viene effettuata in base al bambino, alla sua patologia ma anche in base alle sue potenzialità e a quelli che sono gli obiettivi prefissati precedentemente.

Il trattamento individuale permette la creazione di un rapporto 1:1 con l’operatore in cui si lavora su obiettivi specifici scelti dal terapista e prefissati in base alle caratteristiche del proprio paziente. Questo tipo di trattamento può essere scelto nelle prime fasi di riabilitazione perché permette di conoscersi e di creare un rapporto di fiducia ma anche nelle situazioni in cui risulta difficile per il bambino relazionarsi con i suoi coetanei. Durante una terapia individuale verranno mantenute delle routines di accoglienza e di congedo e si svolgeranno delle attività che saranno scelte apposta per il paziente durante un tempo massimo di 45 minuti.

Il trattamento di gruppo invece prevede l’inserimento di bambini con diagnosi anche differenti, ma che necessitano di un intervento riabilitativo globale. All’interno dei gruppi i bambini hanno la possibilità di confrontarsi, relazionarsi e stimolarsi a vicenda aumentando anche le competenze. Un gruppo può essere scelto in base all’età, cronologica o mentale ma anche secondo un obiettivo terapeutico comune: raggruppando bambini che necessitano dello stesso programma riabilitativo avendo la stessa diagnosi o delle difficoltà in determinate aree dello sviluppo. Le sedute di gruppo risultano strutturate con un inizio, una parte centrale e una conclusione come le sedute individuali, ma necessitano di una programmazione iniziale più complessa ed elaborata. Nel programma si descrivono non solo le aree da stimolare (schema corporeo, motricità globale, motricità fine, prassie, grafismo ecc.), ma anche le attività da preparare seduta per seduta, il tipo di giochi da organizzare e il materiale occorrente. Il programma riabilitativo potrà essere modificato, ampliato, focalizzato su altre aree durante lo svolgimento del gruppo, perché i bambini stando in un gruppo possono raggiungere l'obiettivo proposto più rapidamente di quanto previsto o possono far emergere nuove capacità grazie agli stimoli proveniente dai loro coetanei.

Token Economy

La Token Economy è una tecnica di ispirazione psicologica comportamentale, che viene utilizzata per incentivare un certo tipo di comportamento. È una strategia psicoeducativa che si basa su un sistema a punti (i token) che permettono di ottenere dei premi: è un programma strutturato che promuove la messa in atto di comportamenti positivi da parte del bambino facendo scattare in lui il desiderio di ottenere una gratificazione invece dell’utilizzo della paura di subire una punizione. Si basa sul rinforzo positivo e sul ‘’contratto educativo’’: si assegna un token (gettoni, stelline, smile) ogni volta che il bambino esegue un comportamento preventivamente concordato che gli permette di acquisire punti. Il token ha un valore simbolico e costituisce un feedback immediato all’emissione di un comportamento positivo. In seguito al raggiungimento di un determinato numero di token si ottiene un premio: un gioco, una caramella etc. I token si possono solo guadagnare ma non togliere, proprio per non incentivare il rinforzo negativo.

Tale sistema permette di creare un piano allettante ed invogliante che stimolerà il bambino a raggiungere il numero concordato di gettoni per avere il premio stabilito, anche se si tratta di impegnarsi in un’attività a lui non facile se non addirittura ostile. Il vantaggio di questi token è che possono essere consegnati in modo contingente al comportamento adeguato anche quando il rinforzatore non è immediatamente disponibile ma che verrà riscosso in un secondo tempo. Gli obiettivi che si possono raggiungere, grazie alla sua corretta applicazione sono, in generale:

  • Decrementare la frequenza dei comportamenti negativi
  • Aumentare la frequenza dei comportamenti positivi
  • Favorire l’autoregolazione nel soggetto
  • Migliorare le relazioni tra il soggetto ed il gruppo dei pari (classe)
  • Fornire un sistema, visibile e concordato del comportamento del soggetto

La prima cosa da fare per creare un programma di Token Economy è quello di individuare i comportamenti desiderabili che si vogliono incrementare facendo un elenco in ordine di priorità al fine di decidere con quale comportamento iniziare. Sarebbe opportuno iniziare con pochi comportamenti alla volta, iniziando con quelli possibili da ottenere rapidamente per non incorrere in insuccessi. I comportamenti scelti devono evitare etichette generali e specificare cosa devono fare i bambini, devono essere facilmente osservabili e quantificabili.

La strategia Token Economy è una tecnica che ha diverse applicazioni: si utilizza in ambito riabilitativo con bambini che presentano deficit di attenzione o che presentano comportamenti inappropriati al contesto e nella riabilitazione di gruppo per sollecitare l’interesse, la partecipazione e il rispetto delle regole.

La Token Economy è una strategia che può essere utilizzata anche nelle scuole, specialmente nelle classi dove gli insegnanti si trovano a dover fronteggiare situazioni difficili da gestire non riuscendo ad entrare in relazione con i bambini o con un gruppo di essi ma anche per portare a termine il programma didattico nel rispetto delle regole per il benessere degli alunni stessi e della classe in generale. Se la Token Economy viene utilizzata all’interno della classe, può essere usata anche in modalità cooperativa: si raggiunge un premio di classe solo quando tutti i bambini hanno ottenuto un certo numero di gettoni. Questa formula è funzionale quando si desidera favorire un clima di collaborazione tra i bambini, che saranno stimolati ad aiutare i compagni a rispettare le regole per ottenere i punti.

Nel mio progetto di tesi, ho voluto inserire un trattamento in piccolo gruppo utilizzando la Token Economy in ogni seduta per stimolare i bambini al raggiungimento degli obiettivi prefissati. Durante il momento dell’accoglienza, scrivevo i nomi sulla lavagna e durante lo svolgimento della seduta disegnavo una stellina se l’attività era stata svolta correttamente e nel rispetto delle regole. Alla fine, a seconda del numero totale di stelline, era previsto un premio: una caramella, un giochino, un’attività divertente. Questo tipo di strategia mi ha permesso di osservare e di capire come il rinforzo possa essere uno strumento utile alla terapia proprio per incentivare l’attenzione, l’ascolto, la partecipazione alle attività proposte, anche a quelle meno gradite.

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