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IL CASO DI G. - Oltre la diagnosi

Anamnesi

Il caso di G. viene sottoposto all'attenzione di Davide e Golia Onlus nel Settembre 2011, su indicazione dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona e della Neuropsichiatria Infantile di Firenze. I motivi dell'invio riguardano la presenza di un ritardo psicomotorio nel contesto della Sindrome di Sturge Weber (SSW), associata a sospetta Sindrome di Klippel Trenaunay (SKT).

Durante il primo colloquio con i genitori emerge che la gravidanza è decorsa regolarmente e che è stato eseguito il test della translucenza nucale, il quale ha dato esito negativo. Il parto, avvenuto alla quarantesima settimana di età gestazionale più un giorno, è stato invece piuttosto difficoltoso: è risultato necessario indurlo per ben tre volte, tuttavia si è trattato di un parto eutocico.

Alla nascita i parametri vitali sono eccellenti, tanto che l'indice Apgar si attesta sul valore di 9/10; l'altezza e il peso rientrano nel range della normalità, mentre la circonferenza cranica, di 36 centimetri, è compatibile con un quadro di macrocefalia. Vista l'evidenza degli angiomi viene subito posta la diagnosi di SSW, che inizialmente si ipotizza, come detto, associata a SKT, la quale tuttavia non verrà mai confermata. Si decide quindi di ricoverare G. per una settimana, al fine di effettuare i dovuti esami ecografici ed oculistici; per approfondire le problematiche che questi ultimi mettono in evidenza, la famiglia viene indirizzata all'Istituto Gaslini di Genova, presso il quale si reca a tre giorni dalla dimissione post partum. Il ricovero in questa sede avviene, tuttavia, soltanto sei mesi dopo: qui vengono evidenziati gli angiomi intracranici e quello coroideo, localizzato all'occhio sinistro; in generale tutto l'emilato sinistro è più colpito, nonostante la SSW sia bilaterale. In un secondo momento anche il glaucoma, complicanza tipica della malattia, si manifesterà ipsilateralmente. Nel frattempo, intorno ai cinque mesi, G. acquisisce la posizione seduta. All'età di otto mesi e mezzo si verificano le prime crisi epilettiche che, dopo un iniziale periodo di ricovero all'AOU Meyer, inducono i genitori a rivolgersi all'AOU Integrata di Verona, dove G. viene presa in carico dal professor Dalla Bernardina. Il ricovero permette di individuare la politerapia necessaria a controllare l'epilessia, che si manifesta con crisi diverse la cui origine è nella regione parieto-occipitale sinistra. La presenza di angiomi localizzati sia nel territorio frontale e mascellare, sia a livello dell'arto inferiore sinistro, dell'avambraccio sinistro e della mano destra, in associazione con l'asimmetria del volto e con le peculiari alterazioni encefaliche rilevate tramite RMN, conferma la diagnosi di SSW di tipo 1, caratterizzata da alterazioni tanto a livello cutaneo quanto a livello leptomeningeo. Al momento del colloquio presso Davide e Golia Onlus, G. ha già iniziato una terapia laser per il trattamento degli angiomi cutanei a Brescia, la quale implica la necessità, dopo ogni seduta, di somministrare un ulteriore farmaco per le microustioni provocate al corpo. I genitori riferiscono che lo svezzamento è iniziato quando la bambina aveva sei mesi, ma all'età di undici mesi l'alimentazione di G. prevede ancora, seppure in maniera ridotta, l'allattamento al seno, che è per lei consolatorio. Il sonno è adesso regolare, mentre la bambina appariva più agitata nei momenti che precedevano le crisi, le quali, dopo l'inizio della terapia farmacologica, non si sono per il momento ripresentate. Il ritardo dello sviluppo si manifesta su più fronti, inficiando le acquisizioni motorie (a undici mesi non è presente, ad esempio, alcuna modalità di spostamento), la produzione verbale (consistente in rari gorgheggi e vocalizzi), le modalità di esplorazione e interazione ed il ritmo dell'azione.

L'intervento neuropsicomotorio contribuisce, nei mesi successivi, a favorire l'emergenza di alcune importanti evoluzioni: a quattordici mesi G. inizia a gattonare e poche settimane dopo acquisisce la statica eretta; poco più tardi attua lo shuffling, a quindici mesi e mezzo si rileva la comparsa del gesto deittico e progressivamente si ha un incremento delle capacità esplorative. Nell'Aprile del 2012, all'età di un anno e mezzo, compare la produzione di sillabe e un mese dopo la bambina inizia a camminare; si ripresentano tuttavia le crisi epilettiche, che comportano una transitoria regressione globale delle competenze. A minare la costanza dell'intervento concorrono anche le frequenti infezioni respiratorie, che debilitano la bambina e la costringono a casa, oppure ne determinano il ricovero in ospedale.

In questo stesso periodo G. inizia la musicoterapia e pochi mesi dopo, una volta concluso il trattamento presso la ASL, viene attivato dalla famiglia un intervento privato di fisioterapia domiciliare. A Novembre 2012 pronuncia le sue prime parole e la comprensione verbale appare molto migliorata. Nel tempo la politerapia per la gestione dell'epilessia viene adeguata in base all'accrescimento e alle necessità emerse. A Marzo 2013 G. inizia la psicomotricità in acqua e questo stesso mese rappresenta il punto di partenza della nostra esperienza insieme.

La diagnosi nosografica

Le malattie neurocutanee

Le malattie neurocutanee o neurocristopatie, definite come facomatosi sino alle prime decadi dello scorso secolo, sono un gruppo di condizioni congenite, ereditarie o sporadiche, principalmente caratterizzate da alterazioni della cute e del sistema nervoso, cui spesso si associano anomalie di altri organi formatisi a partire da foglietti embrionali differenti. Sono patologie etiologicamente riconducibili a mutazioni geniche, preminentemente di un proto oncogene o di un gene soppressore tumorale, la cui espressione a livello cellulare è di tipo recessivo anche nelle forme a trasmissione autosomica dominante. L'esordio della sintomatologia, ampiamente variabile anche nei soggetti affetti di una stessa famiglia, avviene generalmente nelle prime epoche della vita; le caratteristiche cliniche principali, comuni alla maggior parte di queste malattie, sono rappresentate dalla facilità a sviluppare neoplasie e dall'interessamento neurocutaneo. Sul fronte neurologico i sintomi più frequentemente osservati sono l'epilessia, i disturbi motori, il ritardo mentale, i disturbi dell'apprendimento, la sindrome da deficit dell'attenzione e iperattività e il disordine autistico. In generale si tratta di patologie croniche e perlopiù progressive, che richiedono la presa in carico globale del paziente e dei suoi familiari; stabilire la prognosi è spesso difficile, giacché la variabilità fenotipica e l'impossibilità di prevedere se, come e in quali tempi si svilupperanno le complicanze determinano una grande incertezza rispetto all'evoluzione nei singoli pazienti.  È al contempo fondamentale, proprio perché il decorso può essere del tutto asintomatico o con sintomi lievi, non ingenerare eccessive preoccupazioni nei familiari, quanto piuttosto renderli edotti del rischio esistente per le specifiche età, così come del rischio genetico.

La possibilità di fare diagnosi in epoca prenatale è diversa per le diverse malattie: talvolta si ricorre all'identificazione dell'aplotipo a rischio, talvolta si utilizza l'analisi molecolare, ma l'impossibilità attuale a predire la gravità di alcuni quadri patologici limita enormemente questa pratica diagnostica.

La Sindrome di Sturge-Weber

Al novero delle neurocristopatie deve essere indubbiamente ascritta la Sindrome di Sturge-Weber (SSW), altresì detta angiomatosi encefalofaciale, una malattia non ereditaria, congenita, rara (tanto che l'incidenza è stimata a 1/50.000, pur aumentando sino al 3% nei soggetti con nevo vinoso [8]), progressiva, con ampia variabilità nell'esordio e nell'espressività fenotipica, fatto che rende difficile la prognosi neurologica a distanza.

Clinicamente il sintomo più evidente è l'angioma vinoso, detto anche angioma piano o nevus flammeus, che può essere mono o bilaterale e si localizza a livello facciale, in corrispondenza della cute innervata dalle branche trigeminali (più spesso lungo l'oftalmica e la mascellare), caratterizzandosi per un colorito che può variare dal rosa chiaro al rosso intenso. Esso è causato da un'anomala proliferazione di capillari e vasi venosi aberranti e tortuosi, che nella forma classica della patologia si ritrova ipsilateralmente anche alivello leptomeningeo, dove l'angiomatosi è generalmente ubicata in sede occipitale e occipito-parietale e colpisce la più interna delle meningi, la pia madre.

Circa il 50% dei pazienti presenta inoltre, perlopiù entro il primo anno di vita, il glaucoma, determinato anch'esso dall'estensione della malformazione vascolare, che in questo caso interessa la membrana coroidale e porta alla chiusura della camera anteriore.

Le crisi epilettiche, sintomo di presentazione della patologia nel 70-90% dei bambini sotto l'anno, sono di tipo parziale motorio con o senza generalizzazione secondaria, o generalizzato tonico-clonico, o entrambi, ma dopo il secondo anno di vita si manifestano soltanto nel 14% dei pazienti. La loro importanza sta nel fatto che la precocità dell'esordio e l'elevata frequenza delle crisi correlano con l'entità del ritardo mentale, prerogativa piuttosto frequente, così come il ripetersi delle crisi lateralizzate contribuisce all'instaurarsi permanente dell'emiparesi; esiste poi la possibilità, in associazione con l'epilessia e un'intensa cefalea, che in questi soggetti si verifichino episodi stroke-like, ovvero transitorie riduzioni o interruzioni dell'irrorazione sanguigna in determinate aree cerebrali, dovute alle anomalie vascolari. In numerosi pazienti le crisi sono farmacoresistenti e, nonostante le controversie in merito a questo tipo d'intervento, si ricorre talvolta al trattamento chirurgico, consistente nell'emisferectomia.
Un altro sintomo evidente, anche se più raro e meno caratteristico, è l'anormale crescita facciale (Greene et al., 2009), la cui risultante è talvolta una manifesta asimmetria.

Da un punto di vista classificatorio si riconoscono tre tipi di sindrome, tutti potenzialmente gravati dalla presenza del glaucoma:

  • TIPO I: sia manifestazioni cutanee che encefaliche;
  • TIPO II: angioma facciale senza interessamento leptomeningeo;
  • TIPO III: angioma leptomeningeo;

Al ritardo mentale si associano disturbi comportamentali (della condotta, deficit d'attenzione, iperattività, aggressività, comportamento oppositivo) e del tono dell'umore: s'ipotizza che questi disturbi conseguano, oltre che al ripetersi delle crisi epilettiche, alle calcificazioni corticali e sottocorticali e all'atrofia cerebrale determinate dalla cronica e progressiva ipossia della corteccia, che dipende a sua volta dalle anomalie del flusso ematico riconducibili alle caratteristiche proprie dell'angiomatosi.

Il follow up dei casi diagnosticati richiede l'esame oculistico periodico, la RM ogni 6 mesi/1 anno, la valutazione neuromotoria ogni 6 mesi e la valutazione cognitiva almeno all'ingresso nella scuola materna e in quella elementare; gli EEG e gli adeguamenti terapeutici dell'epilessia dovranno essere programmati in base alla frequenza e gravità delle crisi, così come l'eventuale invio ai centri di neurochirurgia dell'epilessia (Mastropaolo, Serra, Demelas, 2004).

L'osservazione / valutazione neuropsicomotoria

Nel Marzo del 2013 G. ha iniziato il trattamento neuropsicomotorio individuale da circa un anno e mezzo, con minor costanza nei periodi di particolare debilitazione fisica, conseguendo comunque una serie d'importanti risultati. Quando, pochi mesi prima, l'ho conosciuta per caso durante un tirocinio curriculare, non ho potuto esimermi dal far domande sul suo quadro clinico, riconducendo immediatamente le sue caratteristiche fenotipiche alla sindrome genetica dalla quale è affetta. Adesso, pronto a intraprendere con lei un percorso di lunga durata, rischio io stesso di cadere vittima di quella trappola che assoggetta il proprio modo di pensare alle categorie rigidamente definite della nosografia medica. Devo dunque svincolarmi dai rischi connessi a un'ottica troppo rigida, indossando lenti più adatte a comprendere chi sia G., con e oltre la SSW. Per far questo mi vengono in aiuto i primi strumenti che, in ordine di tempo, il neuropsicomotricista adotta per esercitare opportunamente la propria professione: decido di ricorrere a due diverse schede che mi guidino nell'osservazione e nella realizzazione di un ritratto quanto più realistico possibile della bambina.

La prima di esse è la scheda di osservazione psicomotoria Berti-Comunello, pensata come uno strumento operativo per la formulazione, la verifica e la rielaborazione del progetto terapeutico. Essa risponde alla filosofia secondo cui l'osservazione non rappresenta soltanto una fase preliminare del contratto terapeutico, ma è parte integrante del processo abilitativo. È suddivisa in tre sezioni:

  • Competenze del bambino: individuare i livelli delle competenze significa non focalizzare i deficit, e quindi non aggredire il sintomo, ma rilevare ciò che il bambino sa e fa, cioè utilizzare le sue produzioni come strumenti dell'interazione e basi da cui partire per facilitare il suo sviluppo e il miglioramento del suo rapporto con la realtà.
  • Caratteristiche del bambino: permettono di tracciare un profilo individualizzato del paziente e suggeriscono come intervenire; riguardano le modalità di utilizzo delle competenze prese in esame per esprimersi e rapportarsi con l'altro ed il mondo esterno, nell'ottica di tracciare un profilo al contempo specifico e globale.
  • Interazione terapeutica: riguarda la descrizione generale, e quindi necessariamente interpretativa, della diade bambino-terapista, in relazione alle dinamiche che governano le loro interazioni.

(Berti, Comunello, Savini, 2001)

La seconda è invece la scheda di osservazione/valutazione neuropsicomotoria Gison, più schematica della precedente e volta ad assegnare un punteggio quantitativo (da 0 a 4) per ciascuna competenza, indagando le cinque diverse aree di seguito riportate.

  • Area affettivo-relazionale
  • Area comunicativo- linguistica
  • Area motorio- prassica
  • Area neuropsicologica
  • Area cognitiva e modalità di gioco

È presente infine una sezione descrittiva legata alle eventuali atipie comportamentali, consistenti in stereotipie, gergolalie, ecolalie, interessi atipici e comportamenti ripetitivi e/o ritualistici.

(Gison, Di Matteo, Minghelli)

 

I due resoconti che seguono sono il risultato dell'osservazione svolta da Martedì 26 Marzo a Martedì 9 Aprile 2013, in quello che abbiamo definito come il momento T1.  

Scheda di osservazione psicomotoria Berti-Comunello

Il passaggio dalla posizione prona a quella supina e viceversa è possibile in autonomia, ma con una certa difficoltà determinata principalmente dalla gestione del capo, a causa delle sue dimensioni. Dalla posizione prona la bambina flette le ginocchia e, sostenendosi sugli arti superiori, si sbilancia di lato per assumere infine la posizione seduta, che riesce a mantenere senza appoggio e con un buon equilibrio. Da qui tanto il ritorno alla posizione di partenza quanto l'assunzione della posizione supina sono possibili senza particolari difficoltà. Il passaggio dalla posizione supina a quella seduta avviene invece attraverso lo step intermedio della posizione prona, e mai in modo diretto. Dalla posizione eretta G. è capace di sedersi anche a terra senza la necessità di appoggi come sedie, cubi o il corpo del terapista, flettendo il tronco in avanti, cercando il pavimento con la mano sinistra e assumendo poi la posizione quadrupedica, dalla quale si sbilancia e si siede generalmente col podice sui calcagni; poiché il passaggio le risulta difficoltoso, qualora sia disponibile una superficie che la faciliti, la bambina preferisce tuttavia farvi ricorso. Si alza da terra aggrappandosi all'adulto oppure passando in half-kneeling e sostenendosi a un appoggio, mentre è in grado di alzarsi in piedi da una sedia senza difficoltà.

Il rotolamento è possibile, ma quasi mai osservabile in conseguenza delle difficoltà già esposte nei passaggi tra posizione prona e posizione supina; la bambina gattona con facilità e velocemente, anche se ormai il cammino, benché caratterizzato da un equilibrio instabile e da una scarsa coordinazione, è divenuto la modalità privilegiata per gli spostamenti. Sebbene l'età di G. non consenta ancora di parlare di una vera e propria lateralizzazione, si rileva un impiego elettivo della mano sinistra, la cui motricità fine è più adeguata rispetto a quella della controlaterale, che risulta invece piuttosto impacciata, spesso chiusa a pugno se inutilizzata, come si può notare perlopiù durante il cammino; tuttavia essa non è del tutto aperta neppure quando viene impiegata per l'appoggio (ad esempio al tavolino). Anche nella prensione si rileva un certo divario tra le mani: con la sinistra è possibile e frequente la pinza secondaria, mentre con la destra, che G. usa perlopiù se deve afferrare due oggetti contemporaneamente, viene eseguita la prensione digito-palmare e, più raramente, la pinza primaria.

Sul fronte della produzione linguistica è frequente il ricorso a vocalizzi modulati, con motivazioni spesso ben riconoscibili, e G. pronuncia di tanto in tanto un numero piuttosto limitato di parole singole, riferite a persone e a oggetti presenti nel contesto in cui si trova, sempre ricorrendo alle strategie di semplificazione ("Macco" per Marco, "occa" per bocca etc). Non vi sono da questo punto di vista disturbi specifici: a dispetto del ritardo nel suo sviluppo, compatibile col quadro generale, la produzione verbale non presenta caratteristiche patologiche. La comprensione è senz'altro migliore rispetto alla produzione e risulta molto sensibile alla variazione dell'intonazione di voce: riguarda parole singole, perlopiù riferite a ciò che è presente, e in misura minore messaggi semplici di più parole, sempre ben contestualizzati. Conosce il nome del terapista, ma lo utilizza raramente per richiamarne l'attenzione, privilegiando i vocalizzi e la comunicazione agita. Risponde quasi sempre alle richieste che le vengono poste in maniera negativa, fatto che testimonia la sua forte oppositività: la negazione è generalmente aprioristica, indipendente dal fatto che le siano proposte o meno attività che possano esserle gradite. Talvolta commenta le proprie azioni provocatorie con un "no", che imita in maniera differita il rimprovero del terapista, del quale ripropone anche l'intonazione.

Ricerca visivamente l'adulto soprattutto quando intende provocarlo o nei momenti di protesta, consistenti in brevi pianti e nella produzione di vocalizzi lamentosi. Guarda spesso l'oggetto, ma soltanto se si trova nel suo campo visivo, senza mai mantenervi l'attenzione troppo a lungo; l'esplorazione visiva dell'ambiente è governata da uno scarso interesse, che non viene mai focalizzato su elementi specifici e rimane spesso afinalistico. Riconosce il neuropsicomotricista e la stanza di terapia, mentre la sua comprensione dei rapporti temporali resta limitata a un'incipiente capacità di orientarsi rispetto a un prima e a un dopo. Riconosce la propria immagine allo specchio e discrimina gli oggetti per dimensione e per colore, fatto quest'ultimo che risulta evidente nella scelta dei pennarelli; predilige l'arancione, che afferra e talvolta nomina ("one"). Qualche volta accetta gli oggetti proposti, ma li manipola raramente con le mani: tende ad afferrarli, trasportarli in giro per la stanza e poi lanciarli, oppure li mette in bocca con finalità provocatorie più che esplorative. Non li restituisce mai spontaneamente e di rado accetta degli scambi, sempre su richiesta del terapista. È in grado di prevedere gli effetti di alcune azioni che compie, specie le reazioni comportamentali dell'adulto, che sfida apertamente.

Le tracce del movimento, cioè i segni grafici prodotti col pennarello, sono scarabocchi che conseguono ad azioni di tipo causa-effetto, senza alcuna attribuzione di significato, cui la bambina non dà nessuna importanza: questo, tuttavia, è compatibile con l'età di G.  Spesso colora deliberatamente il tavolo e accompagna l'azione con uno sguardo di sfida diretto al terapista. L'utilizzo del materiale plastico è fine a se stesso e culmina generalmente nella suddetta esplorazione orale, che ha il significato di una provocazione.

L'assetto posturale di G. è poco variabile ma funzionale allo scopo, la sua ricerca di attenzione è infrequente e mediata dalle modalità già esposte. La mimica gestuale è molto limitata, concordante con la mimica facciale quando presente; quest'ultima è invece non molto ampia, ma coerente e ben intelligibile. I passaggi posturali prima elencati sono lenti e facilmente prevedibili, in virtù dell'assenza di grosse variazioni esecutive.

L'uso dello spazio è ampio, ma la sua differenziazione ha luogo soprattutto per opera del terapista, che semantizza con parole e azioni le diverse aree della stanza. La zona del gioco sensomotorio è quella che G. privilegia, tuttavia non la ricerca allo scopo di svolgere delle attività, quanto piuttosto per adagiarvisi dopo essersi allontanata dall'adulto. Non costruisce spazi di alcun genere in maniera autonoma.

Guardando invece alla valenza interpersonale dello spazio, G. ricerca la vicinanza del terapista quasi esclusivamente allo scopo di utilizzarlo per aiutarsi nello svolgimento di un'azione, oppure per raggiungere un obiettivo al di fuori della sua portata. A eccezione di questa circostanza, la bambina non mostra particolari reazioni all'avvicinamento o all'allontanamento del neuropsicomotricista, accettandone tuttavia il contatto corporeo, dal quale si svincola però dopo un tempo relativamente breve. Tollera malvolentieri il movimento passivo e le manipolazioni e presenta delle difficoltà ad abbandonarsi al piacere sensomotorio, reagendo con un aumento globale del tono e con vocalizzi di protesta.

Il ritmo dell'azione tende a essere lento e monotono e la permanenza in un'attività è generalmente breve, così come il tempo di attesa che G. riesce a sostenere: per questi motivi si hanno frequenti interruzioni dell'attività.

Il tono di base è basso, come pure il tono prevalente nell'azione e nell'interazione; non si riscontrano grosse variazioni in rapporto a oggetti o a persone.

Il volume e il tono della voce sono modulati e l'intonazione è variabile in relazione alle circostanze e allo stato d'animo della bambina.

G. fa uso principalmente di oggetti conosciuti, con fini perlopiù sensoriali e sensomotori, accompagnandone l'utilizzo con lo sguardo e raramente anche nominandoli. Se le vengono sottratti, inizialmente li rivendica con vocalizzi di protesta o cercando di riafferrarli, ma poco dopo desiste e ricerca altri oggetti.

Non sono presenti stereotipie, nonostante la stessa azione possa essere ripetuta più volte, per poi essere rapidamente interrotta e mai più ripresa fino al termine della seduta. Non chiede mai aiuto, anche se tende a cercare rifugio in un secondo adulto, se presente, nel caso in cui il terapista non la assecondi. È interessata all'azione dell'altro, alla quale spesso sovrappone la propria, soltanto se questo le si rivolge direttamente, oppure in presenza di grande enfasi, e di rado asseconda le nuove proposte. Qualche volta imita le azioni dell'adulto, specie se esortata, e lo scopo delle sue azioni, comunemente riconducibile alla sua manifesta provocatorietà, per questo motivo è spesso prevedibile. 

Sul piano emotivo e comportamentale partiamo dalla considerazione che G. è una bambina apertamente oppositiva e provocatoria, come testimoniano alcune delle dinamiche già esposte, e che tende a manifestare il proprio disagio soprattutto in relazione al distacco dalla figura materna: la parola "mamma" è quella più spesso pronunciata durante le sedute, quasi sempre in concomitanza con pianti e lamenti che possono durare anche per molto tempo, in genere interrotti all'improvviso e poi ripetuti. Per catturare il suo interesse è necessario guidarne le azioni con fermezza, definendo dei chiari confini che la aiutino a non perdere la concentrazione. Talvolta manifesta la propria soddisfazione sorridendo, ma raramente si abbandona al piacere del gioco.

  • Venendo a quest'ultimo cogliamo l'occasione per fare un inciso: le competenze e le caratteristiche fin qui esposte sono state osservate perlopiù all'interno di una cornice di gioco, per cui possiamo asserire che il gioco stesso ne ha rappresentato il contesto osservativo; la presente scala si propone tuttavia di indagare, tra le altre cose, anche il gioco di per sé, ergendolo da pretesto per l'osservazione ad oggetto osservato, ovvero attribuendogli il significato di ambito a sé stante, con delle prerogative specifiche che meritano un'attenta valutazione. Fin dall'osservazione il gioco si profila dunque, nella sua duplice accezione, come elemento centrale della terapia neuropsicomotoria.

Nel caso di G. il gioco spontaneo osservato è principalmente di tipo esplorativo e in una certa misura sensomotorio (afferra gli oggetti e li lancia); riconosce spesso la cornice ludica proposta dall'adulto, ma difficilmente vi si adatta. La tendenza prevalente è quella al gioco solitario, in virtù soprattutto delle difficoltà che la bambina mostra a instaurare interazioni che prevedano uno scambio. Sceglie giochi ripetitivi, coinvolgenti gli oggetti usuali che tende a ricercare all'interno della stanza. Accetta giochi sensomotori che prevedono disequilibri, ma tende a irrigidirsi e ad interromperli entro pochi minuti. È in grado di fare giochi di costruzione semplici, con oggetti di grandi dimensioni come i coni di carta, che incastra disponendoli verticalmente. Se il terapista le propone dei giochi d'imitazione (consistenti ad esempio nel preparare e consumare un pasto), G. tende a non inserirsi nella cornice di gioco e a utilizzare gli oggetti impiegati per fini esplorativi. Per il momento sono assenti tanto il gioco simbolico quanto il gioco di ruolo.

L'incontro in sala d'attesa ha generalmente una durata breve, salvo nei casi – a dire il vero frequenti – nei quali la separazione dalla mamma risulta particolarmente difficoltosa; il terapista si avvicina a G. e la invita a seguirlo, la bambina lo guarda e pronuncia il suo nome, ma spesso si aggrappa al genitore e inizia a piangere e a gridare. La madre tende a colloquiare di G. col terapista e talvolta propone di entrare in stanza, ma questa misura, alle volte adottata nei mesi precedenti, adesso non è più necessaria.

La seduta inizia con la preparazione della bambina e la scrittura del suo nome e di quello del terapista su apposite targhette adesive, applicate poi sul petto dei due. Le attività della seduta sono proposte dal neuropsicomotricista, che talvolta accetta però le richieste ludiche della bambina e le inserisce in una cornice ben strutturata: alla volontà di G. di utilizzare un dato oggetto può corrispondere, ad esempio, l'inserimento dello stesso in un gioco rappresentativo, oppure in un gioco sensomotorio più articolato e impegnativo. La parte conclusiva della seduta si caratterizza per la presenza di un altro rituale, consistente nella preparazione dell'appuntamento per la settimana successiva. Il distacco dal terapista viene accettato di buon grado da G., che torna volentieri dalla mamma e protesta con forza se questa non è presente all'uscita.

Scheda di osservazione / valutazione neuropsicomotoria Gison

Per quanto arbitraria, l'assegnazione di un punteggio numerico, quindi la valutazione quantitativa di un parametro, si pone a garanzia di una più acuta capacità di analisi rispetto alle competenze effettive del paziente e agli eventuali progressi compiuti nel tempo dallo stesso. Al potere di guida descrittiva proprio della scheda Berti-Comunello si aggiunge, grazie all'utilizzo della scheda Gison, la possibilità di prendere atto in maniera più precisa dell'efficacia legata al progetto riabilitativo intrapreso. Quest'ultima collima a sua volta, nel caso di un corretto impiego, con una responsabilizzazione del terapista, posto di fronte ai risultati del proprio lavoro e all'eventuale necessità di rivedere le strategie utilizzate.

Riportiamo di seguito la tabella per l'individuazione del livello di presenza delle competenze, che spiega il significato dei diversi punteggi.

 

n.v.

Non valutabile

Non è attualmente valutabile in riferimento all'età

0

Assente

Non è attualmente raggiunta

1

Gravemente alterata

E' riscontrabile solo in presenza di facilitazioni

2

Alterata

E' emergente ma non strutturata

3

Lievemente alterata

E' presente ma risulta vulnerabile allo stress

4

Adeguata

E' adeguata all'età e presente in qualsiasi condizione

 

Per ogni area indagata vengono sinteticamente indicati i facilitatori e le strategie necessari per favorire l'emergenza delle competenze prese in esame, nonché le modifiche che ad essi devono essere apportate a questo scopo. Tali parametri psicomotori sono lo spazio, il tempo, gli oggetti, l'azione/imitazione, la voce/linguaggio, il tono, la postura e tutto ciò che di diverso rientra comunque nella suddetta definizione (altro).

Nella valutazione di G. ho scelto di omettere le sezioni più eminentemente descrittive della scheda, il cui compito è già stato ampiamente assolto dalla Berti-Comunello.

 

Area affettivo-relazionale

 

1.1 Stile di attaccamento/separazione

 

Percezione della separazione dalla figura di riferimento

4

Capacità di separazione adeguata all'età cronologica

2

 

Talvolta G. entra in stanza con maggiore facilità, ma tendenzialmente è necessario che il terapista la esorti a più riprese e la accompagni tenendola per mano, intervenendo poi, durante il corso della seduta, con rassicurazioni e diversivi che mettano fine alla ripetizione della parola "mamma".

 

1.2 Segnalatori dello sviluppo comunicativo/sociale

 

Attenzione reciproca

2

Impegno reciproco

1

Intenzionalità e reciprocità nell'intenzione

1

Sguardo referenziale

3

Pointing richiestivi

2

Pointing dichiarativo

2

Attenzione condivisa

1

 

La reciprocità dell'attenzione e dell'impegno è fortemente soggetta alla strutturazione dell'attività, che sortisce i risultati migliori quando è rigida; essa è del resto correlata anche al benessere fisico e alla stanchezza della bambina, che influiscono a tutto tondo sulle sue capacità. Un importante facilitatore è la voce, il cui tono e il cui volume devono essere variabili, in modo tale da mantenere l'interesse di G. sul gioco. La più importante criticità è rappresentata in quest'ambito dall'oppositività della bambina, che si pone continuamente in contrasto col terapista, minando la possibilità di sostenere interazioni sufficientemente buone, e quindi, in primis, di condividere l'attenzione su una stessa attività. Lo sguardo referenziale è presente e molto utilizzato ed anche i pointing, tanto richiestivi quanto dichiarativi, passano quasi esclusivamente per il canale visivo, nonostante il gesto deittico sia presente.

 

1.3 Imitazione

 

Schemi imitativi precoci

4

Imitazione di suoni vocalici

4

Imitazione di espressioni facciali

2

Imitazione di gesti codificati

3

Imitazione di azioni con oggetto

2

Imitazione differita

2

 

L'imitazione di suoni vocalici è possibile ma utilizzata ben di rado; il canale mimico-gestuale di G. è scarsamente investito, anche se, quando viene sollecitata, la bambina è capace di salutare con la mano e di imitare altri gesti codificati, come buttare un bacio. Imita le azioni con oggetto soltanto se il terapista le dà ripetutamente l'esempio e la guida fisicamente e verbalmente nello svolgimento del compito, per poi chiederle di ripeterlo da sola. L'imitazione differita è presente, come già detto, in riferimento al no verbale e gestuale adottato dal neuropsicomotricista per rimproverarla.

 

Area comunicativo-linguistica

 

2.1 Output

 

Utilizzo del canale mimico/gestuale

2

Suoni vocalici

4

Lallazione

4

Suoni onomatopeici

3

Parola frase

2

Frase dirematica

0

Fase trirematica

0

Frase corretta

n.v.

Competenze narrative

n.v.

 

G. conosce e pronuncia un numero piuttosto limitato di parole, che utilizza con una buona contestualizzazione, spesso a scopo richiestivo, e che il terapista ripete subito dopo, cosicché la bambina ne acquisisca la forma corretta. Non è ancora presente, tuttavia, un particolare investimento nel canale verbale.

 

2.2 Input

 

Comprensione delle variazioni dell'intonazione di voce

4

Comprensione dei gesti codificati

4

Comprensione di singole parole

3

Comprensione di frasi riferite al contesto

2

Comprensione di frasi riferite a contesti esterni

1

Comprensione di racconti

n.v.

Comprensione del testo letto

n.v.

 

Come già osservato e come frequente nell'esperienza clinica, la comprensione è migliore dell'espressione e risulta buona per quanto riguarda le singole parole e le frasi riferite al contesto, purché strutturalmente semplici e pronunciate in maniera fluida, ma lenta; l'intonazione della voce gioca un ruolo principe nella comunicazione verbale con G., nella misura in cui la sua variabilità è imprescindibile per mantenere l'attenzione della bambina e facilitarne la comprensione.

Area motorio-prassica

 

3.1 Organizzazione posturale e motoria globale

 

Assetto posturale funzionale

3

Regolazione tonica

2

Rotolamento

2

Striscio

3

Quadrupedia

4

Cammino

2

Corsa

0

Salto

0

Scale

n.v.

Lancio e ricezione della palla

2

 

I passaggi posturali sono lenti e talvolta richiedono tappe intermedie per essere portati a compimento, ma l'assetto posturale è funzionale allo scopo. Il tono si mantiene generalmente basso e non va incontro a particolari aggiustamenti in rapporto a oggetti e persone. Il rotolamento è difficoltoso, ancorché possibile, mentre lo striscio è osservabile soltanto per brevissimi tratti in funzione di un riposizionamento. G. è in grado di gattonare rapidamente e in modo coordinato, talvolta accelera leggermente il passo durante il cammino, che si connota per la base allargata e una guardia alta sulle superfici morbide, ma la corsa è ancora del tutto assente. La bambina non riceve la palla, la lascia cadere e poi la riprende e non mostra una buona coordinazione oculo-manuale nel lancio, che comunque è diretto al terapista molto raramente e previo incitamento da parte dello stesso.

 

3.2 Organizzazione della motricità fine

 

Prensione a rastrello

4

Pinza inferiore

4

Pinza superiore

3

Coordinazione occhio-mano

3

Coordinazione bimanuale

2

 

La pinza superiore è osservabile soltanto con la mano sinistra, del resto la più utilizzata; la coordinazione occhio-mano è buona nella prensione e peggiore nel lancio. G. necessita di una guida fisica e verbale per utilizzare in modo coordinato le mani: tende a impiegare sempre la sinistra, ricorrendo alla destra soltanto quando la prima è già impegnata.

 

3.3 Schema corporeo/lateralizzazione

 

Schema corporeo

2

Preferenze d'uso/lateralità

sx

 

3.4 Attività grafico-rappresentative

 

Produzione di segni grafici

3

Produzione di forme circolari chiuse

0

Figura umana

n.v.

Rappresentazioni particolareggiate

n.v.

Scrittura

n.v.

 

La bambina è in grado di nominare alcune parti del corpo e di porgere il piede quando il terapista la invita a farlo, ma la valutazione del suo schema corporeo è resa difficoltosa dal ritardo nello sviluppo del linguaggio verbale. Stando tuttavia al concetto secondo cui la forma circolare è, nel contesto della produzione grafica, una prima rappresentazione di sé, nonché vista la sostanziale assenza di tale elemento nei disegni di G., possiamo affermare che lo schema corporeo della bambina è ancora decisamente immaturo. A conferma di ciò si rilevano scarse capacità imitative rispetto alle posture e alle sequenze motorie proposte dall'adulto.

 

Area neuropsicologica

 

4.1 Percezione, attenzione e memoria

 

Funzione percettiva visiva

4

Funzione percettiva uditiva

4

Funzione percettiva tattile

4

Funzione percettiva visuo-spaziale

3

Attenzione sostenuta

1

Attenzione selettiva

2

Capacità di memorizzazione

3

 

Le funzioni percettive sono in generale integre ed efficienti, mentre la focalizzazione e il mantenimento dell'attenzione sono nodi cruciali e difficoltà conclamate. Per favorirli vengono spesso inseriti nell'attività oggetti che sembrano essere di particolare interesse per G., e in ogni caso è necessario prestare una grande attenzione all'organizzazione degli spazi e dei tempi della seduta, che devono essere opportunamente definiti e gestiti. La bambina dimostra di avere una buona memoria: talvolta nomina i giocattoli impiegati durante l'incontro della settimana precedente e sembra rammentare alcune delle attività svolte in settori specifici della stanza.

 

4.2 Organizzazione spazio-temporale

 

Utilizzo differenziato degli spazi e dei tempi

2

Capacità di pianificare la costruzione di uno spazio ludico

n.v.

Riconoscimento dei rapporti spaziali

3

Capacità di attesa

1

Rispetto dei turni

1

Riconoscimento dei rapporti temporali

2

 

È del tutto assente la costruzione autonoma di uno spazio ludico, le cui caratteristiche sono quindi veicolate dal senso che il terapista cerca di portare nel gioco della bambina. La comprensione dei rapporti spaziali è buona, mentre la capacità di attesa è scarsa e G. vaga spesso per la stanza senza una meta, perdendo l'interesse in quel che il terapista sta facendo. Per questo motivo anche il rispetto dei turni è pressoché nullo, possibile soltanto se il neuropsicomotricista enfatizza la propria azione per mantenere G. nell'attività da spettatrice. La comprensione del nesso tra prima e dopo è ancora debole e parziale, presente in parte soltanto quando il terapista la sostiene ribadendo più volte i rapporti temporali che legano gli eventi della seduta.

 

Area cognitiva e modalità di gioco

 

5.1 Attività riferite agli stadi del periodo sensomotorio

 

Schemi riflessi

4

Reazioni circolari primarie

4

Reazioni circolari secondarie

4

Reazioni circolari secondarie/variazione schemi d'azione

3

Reazioni circolari terziarie

2

Rappresentazioni

1

 

G. tende a prendere, lanciare e talvolta sbattere gli oggetti in reazioni circolari di tipo causa-effetto, ma è piuttosto restia alle variazioni e le sue azioni sono spesso ripetitive; non è in grado di rappresentarsi mentalmente delle sequenze d'azione complesse e di metterle in atto. Un importante facilitatore è l'utilizzo di oggetti a lei graditi che, catturandone l'interesse, riescono a fungere da mediatori per la sperimentazione di attività più complesse. 

 

5.2 Attività ludiche

 

Giochi di scambio tonico-emozionale

2

Gioco funzionale

2

Gioco pre-simbolico

1

Gioco simbolico

0

Gioco di regole

n.v.

 

G. presenta delle grosse difficoltà, già evidenziate a più riprese, nel lasciarsi andare a giochi prettamente sensomotori, che prevedano un contatto diretto col terapista per tempi prolungati; per questo motivo la sperimentazione del piacere sensomotorio rappresenta uno degli obiettivi stabiliti fin dall'inizio del suo percorso. La sua capacità di dedicarsi in senso stretto a giochi di costruzione è buona, ma risulta inevitabilmente minata dall'oppositività che impedisce a G. di accogliere l'attività proposta e di dedicarvisi con attenzione per tempi prolungati. Il gioco rappresentativo è possibile solo in talune circostanze, con opportune delimitazioni spaziali, ripetuti esempi da parte del terapista e guida sia fisica (non sempre benaccetta), sia verbale. Per questo motivo è del tutto impossibile parlare di gioco simbolico.

 

Atipie comportamentali

 

Sono assenti stereotipie, gergolalie, ecolalie e interessi atipici; sono invece presenti comportamenti ripetitivi come staccare le etichette distintive altrui, portare il materiale plastico alla bocca e strappare il pennarello di mano al terapista. Si tratta di comportamenti che tradiscono la manifesta volontà di provocare l'adulto e che incarcerano G. nella propria impossibilità di partecipare armonicamente alla relazione, aprendosi a nuove prospettive di gioco e quindi di sviluppo, integrazione e rinforzo delle competenze.

 


  • [8] Hennedige, Quaba, Al-Nakib, 2008.

 

Indice

 
INTRODUZIONE
 
  1. PREMESSE TEORICHE: Processo diagnostico e diagnosi nosografica; La valutazione neuropsicomotoria; Rete e supervisione; L'importanza della relazione; L'uroboro: un trauma che si morde la coda; Il gioco.
  2. Dalle premesse alla stanza: Presentazione; Collocarsi nello spazio.
  3. IL CASO DI G.: Anamnesi, La diagnosi nosografica, Le malattie neurocutanee, La sindrome di Sturge-Weber; L'osservazione/valutazione neuropsicomotoria, Scheda di osservazione psicomotoria Berti-Comunello, Scheda di osservazione/valutazione neuropsicomotoria Gison.
  4. Il trattamento neuropsicomotorio di G.: Perseguire l'integrazione; Obiettivi del trattamento; Il circolo virtuoso del gioco; Gioco e relazione; Gioco e socialità; Gioco e apprendimento; Ristabilire l'unità.
 
CONCLUSIONI - Precisazioni metodologiche; Osservazione/valutazione finale; Verifica degli obiettivi; Sul serio, per gioco
 
BIBLIOGRAFIA - SITOGRAFIA
 
RINGRAZIAMENTI
 
Tesi di Laurea di: Francesco CANGIOLI

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