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Mio figlio presenta disturbi nell'area della NEURO e PSICOMOTRICITÀ - Che cosa devo fare?

Aspetti generali della Trisomia 21 detta anche Sindrome di Down (SD)

Aspetti genetici

Tra le innumerevoli alterazioni genetiche attualmente conosciute, la Trisomia 21 si pone tra le più frequenti, rappresentando il principale fattore eziologico di disabilità intellettiva. Essa è un’anomalia cromosomica di tipo autosomico non ereditario, determinata da un eccesso di DNA nella dotazione genetica individuale, più precisamente dalla presenza di una copia aggiuntiva del cromosoma 21 o di una sua parte. Le ragioni di questa alterazione genomica sono pressoché sconosciute; l’unico fattore che si è rivelato essere correlato con l’avvenimento di questo fenomeno è l’età materna. Più chiari sono, invece, i processi per cui lo zigote o uno dei gameti viene corredato da materiale genetico aggiuntivo: alla base di questo fenomeno ci sarebbero tre meccanismi che sono la trisomia libera, la traslocazione e il mosaicismo.

Approssimativamente il 95% dei soggetti con Trisomia 21 sono casi di trisomia libera, che si caratterizza per la presenza di un intero cromosoma 21 soprannumerario. Tale condizione per la maggior parte delle volte è conseguente a una non disgiunzione dei cromosomi omologhi materni durante la meiosi I, che comporta la generazione di un ovulo con 24 cromosomi anziché 23. Al momento della fecondazione, quindi, l’unione dei corredi genetici dei gameti maschile e femminile comporterà la formazione di uno zigote con un cariotipo di 47 cromosomi, anziché 46.

Differente è il caso della traslocazione, che rappresenta circa il 3% dei casi. Riferito alla Trisomia 21, si tratta più spesso di una traslocazione robertsoniana nel cariotipo dei gameti di uno dei genitori, per cui il braccio lungo del cromosoma 21 si fonde a un altro cromosoma acrocentrico, cioè caratterizzato da un centromero posto all'estremità (più frequentemente si tratta dei cromosomi 13, 14, 15, 21 o 22). Una persona con una traslocazione è fenotipicamente normale ma durante la gametogenesi ha un'alta probabilità di creare un gamete con un cromosoma 21 soprannumerario e quindi, al momento della riproduzione, di avere un bambino con Sindrome di Down. La condizione dovuta alla traslocazione è spesso definita come Sindrome  di  Down  familiare  ed  è  indipendente  dall'età  della  madre. Il restante 2% delle forme di Trisomia 21 è rappresentato dai casi di mosaicismo. Questa condizione si verifica dopo il concepimento, conseguentemente ad un errore casuale nella segregazione dei cromosomi omologhi. Durante i processi mitotici si vengono a creare dunque due linee cellulari distinte: una con il normale corredo diploide e una con un corredo genetico trisomico. La percentuale di cellule anomale sarà direttamente proporzionale alla precocità della mutazione e il  soggetto presenterà un fenotipo sintomatologico molto variabile, con delle sfumature riferibili alla Sindrome di Down.

 

Epidemiologia

Con un’incidenza mondiale annua di oltre 200.000 casi (Christianson, 2006), la Trisomia 21 è una delle anomalie genetiche più comuni. I dati più recenti in ambito europeo, risalenti a rilevazioni del 2015, stimano che la prevalenza di soggetti affetti da Trisomia 21 sia di 22,09 per 10.000 nati (EUROCAT, 2017).

Uno studio sulla prevalenza dei soggetti affetti, però, risulta molto complesso in quanto è necessario considerare che i dati utili al calcolo (tasso di nati vivi, tasso di nati morti, aborti spontanei e interruzioni di gravidanza per anomalie fetali) sono fortemente disomogenei e influenzati da una serie di fattori.

Innanzitutto, i numeri variano fortemente in base alle diverse zone geografiche. Secondo i dati riportati da Christianson (2006) si rileva una maggiore frequenza di bambini affetti in Paesi a medio e basso reddito, stimando una prevalenza che può raggiungere i 2-3 casi per 1000 nati (doppia rispetto a Paesi ad alto reddito). Le differenze geografiche sono dovute anche alle diverse possibilità giuridico-sanitarie di interruzione volontaria di gravidanza. In paesi dove l’aborto terapeutico è vietato, infatti, sembra esserci una maggiore presenza di casi con Trisomia 21 rispetto a nazioni in cui l’aborto è legale. Ad esempio, i dati EUROCAT (2017) registrano una prevalenza di 18,73 nati vivi su 10.000 nascite nella nazione di Malta, dove l’aborto non è legale, mentre si registra una prevalenza compresa tra i 5,57 e i 13,29 nati vivi su 10.000 nascite in Francia dove è possibile scegliere di abortire.

La possibilità di scegliere se interrompere la gravidanza nel caso di un figlio affetto è fortemente legata anche alle possibilità di diagnosi prenatale. Ad oggi esistono diverse tecniche di diagnosi che permettono di conoscere in anticipo eventuali anomalie genetiche del feto, ma esse non sono ugualmente distribuite tra le diverse nazioni. L’unione tra possibilità di diagnosi prenatale e scelta di interruzione di gravidanza comportano una notevole influenza statistica e notevoli differenze tra le stime di prevalenza e i casi effettivamente osservati di soggetti con Sindrome di Down. Inoltre, feti affetti da Trisomia 21 vanno spesso incontro ad aborto spontaneo, soprattutto nelle prime 12 settimane di gestazione oppure decedono nel primo periodo post-natale o ancora nascono morti. Secondo lo studio di Savva e collaboratori (2006) la percentuale di feti persi in gravidanza tra la decima settimana di gestazione e la data del termine è in media del 32%, mentre si abbassa al 25% nel periodo tra la sedicesima settimana di gestazione e la data del termine. Questi eventi influiscono ulteriormente sulla stima della prevalenza dei soggetti affetti.

Oltre a questi fattori, è stato riconosciuto che l’età materna abbia una forte influenza sulla percentuale di nascite di bambini con Trisomia 21. A questo esempio si riporta lo studio di Loane e Morris (2013) che afferma che nel tempo, l’età materna al momento della gravidanza è aumentata e con essa è incrementato il numero di gravidanze con trisomia, tra cui quella del cromosoma 21. Allo stesso tempo, la possibilità di diagnosi prenatale e conseguentemente la possibilità di scelta se interrompere o meno la gravidanza, ha fatto sì che non ci fossero evidenti cambiamenti nel numero di bambini nati vivi affetti dalla sindrome. I dati riportati dallo studio, però, dimostrano comunque come l’età avanzata della madre abbia un’influenza sulla prevalenza dei casi. Innanzitutto si è calcolata, sulla base del numero di nascite con Trisomia 21, una rate ratio di 17.3 tra le madri di oltre 40 anni e le madri con età compresa tra i 25 e i 29 anni, che delinea una maggiore incidenza di questi casi quando la madre ha un’età più matura. Meno consistente è la differenza tra i range di età materna 35-39 anni e 25-29 anni, tra i quali è stata calcolata una rate ratio di 5,5. Se pure il valore indica una differenza non tanto netta, ci dimostra ancora una volta quanto sia influente l’età della madre sull’incidenza delle nascite di bambini con Sindrome di Down.

 

Aspetti clinici

La Trisomia 21 si caratterizza per alcune particolarità anatomo-morfologiche e funzionali. Alcune di queste sono propriamente tipiche della sindrome (come i tratti dismorfici), mentre altre condizioni non si verificano soltanto in soggetti affetti da tale patologia, ma in essi si presentano con maggior frequenza.

Sebbene la diagnosi certa si basi sull’analisi citogenetica, alcune caratteristiche anatomo-morfologiche sono sufficientemente tipiche da poter essere considerate dei criteri di orientamento diagnostico. In particolare, questi criteri sono utili allo svolgimento dell’esame obiettivo del neonato, così come descritto prima da Hall, nel 1966, e poi da Fried nel 1980, che tra i diversi segni hanno identificato come fondamentali alla definizione fenotipica caratteristiche quali il profilo facciale piatto con sella nasale larga e appiattita, l’ipotonia muscolare generalizzata, l’iperlassità articolare, la plica nucale lassa, l’epicanto, le anomalie auricolari, la clinodattilia, il solco palmare unico e la lingua protrudente (Ambrosetti e Gualandri, 2008).

Oltre alle caratteristiche fenotipiche sopra descritte, i soggetti con Trisomia 21 possono presentare diversi tipi di malformazioni o alterazioni funzionali, soprattutto a carico dei sistemi cardiocircolatorio e gastro-intestinale; frequentemente sono affetti anche da deficit sensoriali dell’udito o della vista con diversi gradi di gravità.

Nei bambini con Trisomia 21, le più frequenti malformazioni sono le cardiopatie congenite. Come affermato anche dalle “Linee Guida Multidisciplinari per L’assistenza Integrata alle Persone con Sindrome di Down e alle loro famiglie”, (EDSA, 2005), ne è affetto circa il 50% dei neonati sindromici, che rappresentano il 7% di tutti i bambini con cardiopatia congenita. Tra le malformazioni più frequenti si annoverano i difetti del setto atrioventricolare (circa il 45% dei Down cardiopatici) e i difetti interventricolari (attorno al 30% dei Down cardiopatici); meno frequenti ma comunque presenti sono i difetti interatriali (7%), tetralogia di Fallot (3,5%) e pervietà del dotto arterioso (3,5%).

Nella maggior parte dei casi, le cardiopatie sono accompagnate da complicanze a livello del sistema respiratorio: « Le cardiopatie che provocano un iperafflusso polmonare sono le più frequenti; i bambini affetti da queste forme di cardiopatie divengono sintomatici in età precoce, sviluppando un’ipertensione polmonare arteriosa, cardiomegalia, cirrosi epatica e scompenso cardiaco congestizio» (EDSA, 2005)

L’ipertensione polmonare è una conseguenza della cardiopatia, poiché quest’ultima provoca la creazione di una comunicazione tra le camere del cuore destro e del cuore sinistro che può far aumentare il flusso sanguigno nel piccolo circolo, danneggiando le cellule endoteliali dei vasi polmonari. In questo modo le cellule endoteliali diminuiscono la produzione di ossido nitrico (un importante vasodilatatore) e non riescono più ad assolvere alla funzione di vaso regolazione necessaria alla diminuzione della pressione.

A livello pneumologico, si osserva anche un’elevata frequenza per le infezioni delle vie respiratorie che possono facilmente complicarsi e richiedere un’ospedalizzazione o peggiorare al punto di essere causa di morte.

Sebbene siano rare, rivestono comunque una notevole importanza anche le malformazioni gastrointestinali, tra le quali si annoverano la stenosi duodenale, che si verifica nel 4-7% dei neonati con SD, e il megacolon congenito, presente in circa il 3.4% dei bambini sindromici (EDSA, 2005). I disordini strutturali non sono l’unica alterazione che si manifesta nei soggetti con sindrome di Down. Si possono osservare anche alcuni disordini funzionali del tratto gastro-intestinale. Tra questi possiamo ricordare le difficoltà di alimentazione (presumibilmente dovute alla combinazione di ipotonia, incoordinazione della deglutizione, protrusione della lingua, palato ogivale, ridotto spazio orofaringeo e coane nasali di dimensioni ridotte) e il disturbo da reflusso gastroesofageo, che si presenta con maggior frequenza rispetto ai neonati sani, forse in correlazione col quadro di ipotonia generalizzata. I disordini strutturali e funzionali del tratto gastrointestinale possono causare un ritardo di crescita staturo- ponderale, caratteristico della sindrome di Down, che si evidenzia maggiormente nei primi due anni di vita e nella fase di pubertà (Ambrosetti e Gualandri, 2008).

Insieme ai disturbi gastrointestinali, concorrono nel ritardo di crescita anche i disordini cardiaci e alcuni disordini di tipo endocrino. In particolare, si è osservato che i soggetti con Trisomia 21 soffrono, più frequentemente di altri, di ipotiroidismo congenito e acquisito. Diversi studi si sono focalizzati anche sulla produzione di ormone della crescita (GH) e di somatomedina (IGF), entrambi necessari per un’adeguata crescita corporea e per lo sviluppo del sistema nervoso. Gli studi avrebbero riscontrato principalmente una minore produzione di IGF, associata a una normale produzione di GH.

Altra nota caratteristica della sindrome sono le alterazioni del sistema muscolo- scheletrico, che comprendono sempre la lassità legamentosa e l’ipotonia muscolare. In associazione spesso si presentano piede piatto, ginocchio valgo e instabilità della rotula che possono essere causa di difficoltà nella deambulazione e di seri problemi statici, come scoliosi e cifosi.

Nei soggetti con Trisomia 21 si riscontrano anche deficit sensoriali, prevalentemente di tipo visivo e uditivo. Sono difetti che possono manifestarsi anche nella popolazione normale, ma che nei soggetti con sindrome di Down si presentano con una maggiore frequenza. Tra i difetti visivi si annoverano prevalentemente vizi di rifrazione, strabismo e cataratta congenita. Tra i difetti uditivi, invece, si presentano maggiormente difetti di conduzione e patologie dell’orecchio medio.

Infine, caratteristica costante della sindrome di Down è la disabilità intellettiva, che può presentarsi con forme e gravità molto variabili tra diversi soggetti. Tendenzialmente, i soggetti trisomici, nel contesto   delle competenze neuropsicologiche, presentano migliori competenze visuo-spaziali e di elaborazione di informazioni di tipo non verbale. Le maggiori difficoltà si riscontrano nel momento in cui un compito richiede un alto livello di integrazione delle informazioni e l’uso di una memoria di lavoro verbale.(Griego, 2015) È frequentemente descritto che con l’avanzare dell’età si abbia un calo sul piano del pensiero astratto e delle capacità logiche, spesso accompagnato dall’insorgere di disturbi neuropsichiatrici e di sindromi convulsive. Una quantità sufficientemente rilevante di soggetti presenta anche la malattia di Alzheimer con un’età di insorgenza più precoce rispetto alla popolazione normale e con una frequenza che aumenta progressivamente dopo i 50 anni.

 

Caratteristiche dello sviluppo

Il normale sviluppo psicomotorio del bambino consiste nel progressivo raggiungimento di acquisizioni fondamentali nella sfera  motoria, linguistica, affettiva,  emozionale  e  sociale  (Ruggeri  e Franzoni, 2012). Con sviluppo psicomotorio definiamo il processo evolutivo che il movimento costruisce per l’adattamento all’ambiente. In questo processo il movimento stabilisce interconnessioni con altre funzioni dello sviluppo creando una linea evolutiva autonoma individuale attraverso dei marcatori psicomotori (Ambrosini, 2015). Possiamo inoltre dire che lo sviluppo psicomotorio si identifica come “…il processo attraverso il quale avviene l’organizzazione progressiva delle funzioni, che conferiscono al soggetto la capacità di adattamento alle richieste ambientali” (Ambrosini, 2008). È soprattutto nei primi anni di vita del bambino che si osservano tutte queste modificazioni caratterizzate dalla continua integrazione delle diverse aree di competenza.

Rispetto alla Trisomia 21, da numerosi studi risulta che questi bambini hanno un profilo di crescita specifico che può essere sintetizzato in una caduta, di variabile significatività, sul piano cognitivo e delle competenze linguistiche, soprattutto della produzione verbale, e una relativa normalità delle competenze visuo-percettive e motorio-prassiche, comunque caratterizzate da un ritardo (Contardi e Vicari, 1995).

Sviluppo motorio

Una delle principali caratteristiche fenotipiche dei bambini con Trisomia 21 è l’ipotonia, che può essere accompagnata da lassità dei legamenti e persistenza dei riflessi arcaici. Questi aspetti influenzano molto lo sviluppo delle abilità motorie che rispetto ai coetanei sani si caratterizza per una più lenta acquisizione delle principali tappe. Il ritardo maggiore si osserva nel raggiungimento della posizione seduta e in quella eretta e nella possibilità dalla posizione prona, seduta o eretta di compiere altri tipi di azione. Le differenze nelle acquisizioni motorie, rispetto a bambini sani, sono molto più accentuate dopo i 3 mesi di vita. Inizialmente, i bambini sindromici raggiungono le principali tappe allo stesso modo dei loro coetanei. Successivamente, però, mostrano dei rallentamenti, soprattutto per quanto riguarda i cambi posturali e l’allineamento del capo e del tronco.

In posizione prona si osserva un ritardo abbastanza consistente nella mobilità e nella capacità di compiere rotolamenti. Riescono a sollevarsi sugli avambracci solo attorno ai 6 mesi e compiono i primi rotolamenti da prono a supino attorno agli 8 mesi. I bambini sani si sollevano sugli avambracci attorno ai 4 mesi e compiono i loro primi rotolamenti attorno ai 6 mesi. Mentre normalmente i bambini possono restare seduti allineando il capo al tronco già ai 3 mesi, raggiungendo l’autonomia nel mantenimento di questa postura e nello spostamento a partire da essa attorno ai 7-8 mesi, i soggetti con Trisomia 21 riescono a mantenere la postura seduta solo attorno ai 5 mesi e ne acquisiscono l’autonomia e la capacità di cambi posturali attorno ai 10 mesi. Anche nel mantenimento della postura eretta, i bambini sindromici riescono ad allineare il capo mentre vengono sostenuti da un adulto solo attorno ai 6 mesi, cioè con 3 mesi di ritardo rispetto alla norma. Con lo stesso ritardo si presentano anche l’acquisizione della postura eretta autonoma e del cammino, acquisite da questi bambini solo dopo i 12 mesi (secondo una revisione presentata da Vicari nel 2006 il cammino viene acquisito in un range di età che spazia dai 17 ai 74 mesi), epoca in cui invece raggiungono la possibilità di compiere il cammino costiero. Nei bambini sani il compimento dell’anno di vita corrisponde in media con l’acquisizione della postura eretta autonoma e del cammino, preceduti dal cammino costiero attorno ai 10 mesi di vita. (Pereira, 2013).

Oltre agli elementi sopra citati, concorro presumibilmente al ritardo dello sviluppo motorio alcune difficoltà di equilibrio. Shumway-Cook afferma in suo studio del 1985 che i disordini di equilibrio sono legati a un tempo di latenza delle risposte posturali maggiore rispetto a quello di bambini normodotati di pari età. Chen e collaboratori (2015) in un compito di reaching ha reso più esplicite le fasi in cui i bambini Down presentano delle variazioni rispetto alla norma. Partendo dalla postura eretta coi piedi appoggiati su una pedana dinamometrica disposti alla larghezza delle spalle, i soggetti esaminati dovevano raggiungere e premere un bottone posto di fronte a loro a distanze diverse, calcolate all’ 80%, al 100% e al 120% della lunghezza del loro braccio. I soggetti non potevano spostarsi dalla posizione di partenza. Secondo i risultati, i bambini con Sindrome di Down mostravano un’oscillazione del corpo con uno spostamento del centro di pressione comparabile con quella di soggetti sani ma aumentava il tempo della fase anticipatoria, che precedeva la fase di raggiungimento del bottone, in tutte le tre situazioni. Inoltre, riducevano l’oscillazione del corpo nel caso in cui l’obiettivo fosse più distante, sfruttando strategie che permettono di creare un maggiore margine di sicurezza. Questo fattore può segnalare un bisogno dei soggetti con Trisomia 21 a prevenire eventuali perdite di equilibrio.

Anche nell’acquisizione di competenze fino-motorie e prassiche si possono osservare ritardi e atipie. Secondo i dati riportati da Frank e Esbensen (2015) le abilità richieste nel disegno e nella scrittura, nell’uso delle forbici e nell’autonomia nel mangiare e vestirsi (scelte facendo riferimento alla scala Bayle-3 e al protocollo di osservazione clinica del centro in cui hanno selezionato il campione) vengono raggiunte dai bambini con Sindrome di Down a un’età doppia o ancora più tardi rispetto a quello che succede in bambini normodotati. Già a partire da abilità come trasferire un oggetto da una mano all’altra o prendere e rilasciare intenzionalmente si evidenziano range di età per il raggiungimento della competenza che vanno rispettivamente da 12 a 18 mesi e da 22 a 36 mesi, nettamente superiori ai range di età comprese rispettivamente tra 5 e 7 mesi e 13 e 15 mesi caratteristici dei bambini sani. Queste prime differenze creano un divario che va allargandosi man mano che i bambini crescono e le richieste sul piano fino-motorio si fanno più complesse.

Sul piano più strettamente prassico, Contardi e Vicari (1995) suggeriscono che le difficoltà dei bambini con Trisomia 21 sembrano non derivare dal ritardo di sviluppo motorio ma dal grado del deficit cognitivo che comporta delle difficoltà sul piano esecutivo degli schemi prassici, a cui si somma la mancata integrazione dello strumento linguistico come guida alla programmazione dell’atto motorio. Inoltre, come tutti i bambini con disabilità intellettiva, essi presentano una difficoltà persistente nell’uso autonomo e spontaneo di schemi prassici posseduti e nell’integrazione dell’atto prassico all’interno di una mappa di significati. Le maggiori difficoltà si pongono quindi sul piano della variabilità di produzione e dell’uso degli schemi costruttivi.

Sviluppo neuropsicologico

È soprattutto durante il primo anno di vita che lo sviluppo motorio ha un forte legame con lo sviluppo di altre aree, come quella cognitiva e quella sociale. È dunque comprensibile come un ritardo nell’acquisizione delle principali tappe motorie possa avere un’influenza anche sullo sviluppo di altre funzioni come quella cognitiva. Come già esposto, nei bambini con Trisomia 21 si osservano ritardi nelle acquisizioni motorie appena dopo i 3 mesi di vita.

Similmente, i primi ritardi nell’area cognitiva si osservano già nel periodo senso- motorio, cioè nei primi due anni di vita. Secondo Vianello (2006), l’intelligenza senso-motoria e simbolica compaiono in questi bambini con un‘età media che è circa il doppio rispetto a quella con cui si presentano in bambini normodotati. Nello specifico, Vianello ricorda due studi che hanno valutato le abilità di diversi soggetti. Il primo, condotto da Pizzoli e collaboratori nel 2001, ha seguito quarantotto casi di bambini con Sindrome di Down nei primi anni di vita, valutandone le acquisizioni attraverso l’uso della scala Uzgiris-Hunt. Ne è emerso che, in termini di età mentale nelle situazioni prese in esame, i bambini con Trisomia 21 in media risolvono problemi e compiti cognitivi senso-motori e simbolici a un’età quasi doppia rispetto ai bambini normodotati:

Tabella 1

 

Comportamenti che                            Età media di riferimento                 Età media S. di Down (mesi)

evidenziano atti di attività o              (mesi)

intelligenza senso-motoria o simbolica

 

Afferra l’oggetto aprendo la

mano

 

Trova un oggetto parzialmente nascosto

 

Tira un supporto per prendere un oggetto

 

Compie azioni con intenzionalità sociale

 

Trova un oggetto dopo uno spostamento invisibile

 

Costruisce una torre di due cubi

 

Mette degli oggetti in una tazza e li rovescia per farli uscire

 

Gioco simboli vero e proprio

 

5                                                            10

 

6                                                            11

 

8                                                            15

 

11                                                          20

 

13                                                          23

 

14                                                          28

 

14                                                          29

 

24                                                          30

 

Nel secondo studio, condotto da Sestili, Moalli e Vianello su un gruppo di dieci ragazzi con Trisomia 21, sono state osservate età di acquisizione di competenze di pensiero logico anche in questo caso doppie rispetto alla norma, come mostrato in tabella:

Tabella 2

 

Prove                                                     Età media di riferimento                 Età media S. di Down (anni) (anni)

 

Seriazione di quattro ulteriori casette in una seriazione già effettuata con cinque

 

Conservazione del numero con cinque bottiglie e cinque bicchieri

 

Quotità con dieci gettoni rossi e dieci gettoni blu

 

Conservazione del numero con dieci gettoni rossi e dieci gettoni blu

 

Classificazione in due gruppi di otto cartoncini diversi per forma, colore e dimensione

 

Conservazione delle quantità con due palline di plastilina

 

5                                                             12-13

 

4                                                             10-11

 

5                                                             12-13

 

5                                                             12-13

 

4 o meno                                               8-9

 

5                                                             10-11

 

Lo studio ha inoltre sottolineato che i soggetti Down, se forniti di una buona educazione e istruzione, sono in grado di acquisire competenze scolastiche quali la lettura, la scrittura e il calcolo a un livello assimilabile a quello di bambini di prima elementare (ma anche di quarta se siamo nel caso di un’età mentale di circa 7 anni). Queste tre abilità sono acquisite diversamente, con maggiori difficoltà per la scrittura e il calcolo.

Lo studio di Wright e collaboratori (2006) offre un ulteriore spunto di riflessione rispetto al primo periodo di sviluppo, rivolgendo le proprie attenzioni su tre aspetti che hanno una forte influenza sullo sviluppo dal periodo senso-motorio al periodo pre-operatorio, che sono la permanenza dell’oggetto, l’imitazione e il gioco simbolico o di finzione. Wright e collaboratori si sono interessati di osservare la principale modalità di apprendimento alla base di situazioni come la ricerca di un oggetto nascosto e il gioco simbolico spontaneo, cercando di comprendere se le abilità imitative, fortemente presenti nei comportamenti dei bambini Down, avessero un’influenza positiva sullo sviluppo di queste due competenze. Gli sperimentatori hanno creato due gruppi di diciotto bambini, uno comprendente bambini Down con un’età cronologica media di 25,9 mesi e un’età mentale media di 14,8 mesi (secondo la scala Bayley), l’altro comprendente bambini normodotati con un’età cronologica e un’età mentale medie di 12,8 mesi. Lo studio è stato sviluppato a partire da tre esperimenti. Nel primo esperimento venivano usati dei giocattoli che lo sperimentatore doveva nascondere in contenitori, prima attraverso movimenti visibili e poi con movimenti invisibili al bambino. In una seconda fase  del primo esperimento al bambino venivano proposti solo i gesti usati per nascondere un oggetto ma senza che esso fosse realmente presente. Il secondo esperimento prevedeva tre situazioni distinte dall’uso di tre set diversi di materiali (teli, bicchieri rovesciati collegati a delle leve, bicchieri rovesciati). In questo caso hanno cercato di proporre ai soggetti situazioni in cui la strategia imitativa non potesse avere successo nella ricerca dell’oggetto (in particolare la condizione che presentava al bambino un sistema di leve richiedeva l’uso di una strategia differente, cioè la comprensione del rapporto mezzo-fine che doveva portare all’uso della leva come mezzo per sollevare il bicchiere rovesciato e far comparire l’oggetto nascosto). Per l’ultimo esperimento, invece, venivano messi a confronto momenti di gioco simbolico spontaneo con momenti di gioco in cui il bambino imitava un’azione prodotta dall’adulto, che fosse però    in   contrasto   con   l’idea    che   stava    nascendo   dal   bambino. Dai primi due esperimenti è emerso che i bambini Down cercavano l’oggetto nascosto attraverso una strategia di tipo imitativo e cioè basandosi sulle azioni fatte dallo sperimentatore più che sulla rappresentazione mentale degli spostamenti spaziali dell’oggetto. Infatti, i bambini Down cercavano l’oggetto nascosto anche quando lo sperimentatore non aveva in mano nulla e nella condizione del secondo esperimento che usava un sistema di leve, questi soggetti mostravano una performance nettamente minore rispetto ai bambini normodotati. Nel terzo esperimento si è osservato invece che, nonostante fossero presenti momenti di gioco spontaneo con una frequenza simile a quella dei soggetti normodotati, era molto frequente che i bambini Down seguissero le azioni proposte dallo sperimentatore in contrasto con la loro azione di gioco.

Da queste osservazioni gli autori sono arrivati alla conclusione che i bambini con Sindrome di Down avessero una preferenza per l’uso di strategie di risoluzione nella ricerca di un oggetto nascosto e nel gioco simbolico di tipo imitativo più che di tipo rappresentazionale. La preferenza per uno stile imitativo, che potremmo definire anche come concreto o sociale, può riflettere difficoltà sul piano rappresentativo. Un minore coinvolgimento in aspetti più ipotetici e cognitivi del compito può essere dovuto al fatto che quegli aspetti non si siano ancora pienamente sviluppati nel bambino come forme di rappresentazione mentale. La preferenza per un approccio più legato ai segnali tangibili e sociali e quindi un repertorio di rappresentazioni mentali atipico possono essere segnali che spiegano il motivo per cui questi bambini seguano traiettorie di sviluppo, nell’area cognitiva, anomale.

Sempre parlando di gioco spontaneo, Contardi e Vicari (1995) affermano che il bambino con Trisomia 21 raramente ricerca l’aiuto dell’adulto per ottenere gli effetti desiderati e ciò, verosimilmente, concorre a provocare un rallentamento nell’acquisizione dell’abilità. Oltre a questo, si inserisce una difficoltà attentiva. Infatti, durante le attività ludiche, pur essendo in grado di porre attenzione sostenuta ai giocattoli, i bambini con Trisomia 21 non riescono contemporaneamente a monitorare gli elementi presenti nell’ambiente a differenza di quanto fanno i bambini sani e l’inserimento di elementi di novità non produce modificazioni e flessibilità degli schemi già in atto (anche se questo ultimo concetto sembra in contrasto con quanto esposto nello studio precedente, è necessario sottolineare che si tratta di situazioni diverse. Nell’esperimento citato precedentemente, si offre al bambino un modello imitativo di uno schema ludico, mentre nella situazione qui appena esposta non si specificano quali siano gli elementi di novità. Si potrebbe quindi trattare di elementi non direttamente inseriti dagli sperimentatori o offerti al bambino senza che essi assumessero validità di modello). Carente sembra anche il monitoraggio dell’attenzione, in quanto i bambini selezionano spesso particolari non rilevanti né utili alla soluzione di un problema.

Anche Griego e collaboratori (2015) affermano che a livello attentivo, i soggetti con Sindrome di Down presentano una caduta soprattutto per quel che riguarda la selettività attentiva. Questo fattore persiste anche in età adulta sfavorendo la possibilità del soggetto di creare un ordine di priorità, restare concentrato su un compito o di generalizzare la risposta data a tutte le situazioni simili.

Le carenze sul piano attentivo si accompagnano ad altri fattori come l’organizzazione, la velocità di processamento, l’inibizione, l’autocontrollo e la flessibilità. Le difficoltà di organizzazione si concretizzano in una scarsità di strategie di problem solving e di approcci all’apprendimento di nuove competenze. Questo fattore influenza anche l’età adulta in cui si osserva un rallentamento nella capacità di risolvere compiti che richiedono una pianificazione, anche se il risultato può essere comparabile a quello di soggetti normodotati. La lentezza esecutiva si lega anche a un aumento dei tempi di reazione, caratteristica che sembra essere correlata al livello intellettivo del soggetto. A questo si aggiunge uno scarso controllo inibitorio che impedisce il selezionamento delle informazioni utili alla risoluzione e uno scarso auto-monitoraggio dell’azione che impedisce loro di rilevare gli errori nel processo esecutivo. Questi ultimi due aspetti devono essere osservati anche sul piano verbale nel senso che i soggetti con Trisomia 21 risultano meno responsivi a stimoli inibitori di tipo verbale e le capacità di autocontrollo impediscono loro di capire quando non hanno compreso la consegna, necessitando perciò di una nuova spiegazione.

Le problematicità sul piano verbale possono essere riscontrate anche nel funzionamento della memoria. Griego spiega sinteticamente che i soggetti con Sindrome di Down presentano carenze sul piano della memoria di lavoro verbale a favore di una memoria di lavoro visuo-spaziale pressoché intatta. Inoltre, le difficoltà mnemoniche si accentuano quando aumentano le variabili che devono essere processate contemporaneamente. Anche la memoria a lungo termine ha degli aspetti carenti che possono essere sintetizzati in deficit della memoria esplicita, nella codifica e nel recupero delle informazioni. Contardi e Vicari (1995) ci spiegano meglio che, secondo il modello di Baddeley, la Memoria a Breve Termine o Memoria di Lavoro può essere suddivisa in un sistema di elaborazione centrale detto Sistema Esecutivo Centrale e una serie di Sistemi Schiavi che trattengono temporaneamente informazioni appartenenti a una sola modalità sensoriale. Tra i sistemi schiavi possiamo distinguere il Loop Articolatorio e il Taccuino Visuo- spaziale. Il Loop Articolatorio si caratterizza per la presenza di un magazzino fonologico e un meccanismo di reiterazione articolatoria che consentono di acquisire e trattenere informazioni da stimoli uditivi. Questo sistema nei bambini permette di trattenere anche informazioni di tipo visivo che ne entrano attraverso una mediazione articolatoria. Questo fenomeno è chiamato effetto di modalità. Nei bambini con Trisomia 21 sembra mancare questo effetto e anche gli stimoli uditivi sono scarsamente mantenuti per un’ipofunzionalità del meccanismo di reiterazione articolatoria e del buffer fonologico. Meno compromessa è la funzionalità del Taccuino Visuo-spaziale, che consente loro di superare prove di span spaziali (presentate attraverso il test di Corsi). Le difficoltà si osservano anche sul piano visuo-spaziale quando il compito richiede un maggior coinvolgimento del Sistema Esecutivo Centrale, come può succedere in compiti di span inverso. A livello invece di Memoria a Lungo Termine, Contardi e Vicari hanno esaminato soggetti con Trisomia 21 presentando compiti di rievocazione immediata e differita sia per liste di parole sia per brevi racconti. I soggetti esaminati hanno dimostrato di non saper far fronte al compito in quanto utilizzano scarsamente strategie facilitatrici come l’uso di una codifica semantica nel caso di liste di parole o una codifica di tipo linguistico o logico per rievocare i racconti.

Tutti gli aspetti fin qui descritti permangono anche in età adulta. Secondo Vianello (2006), quello che succede è che per i soggetti con Sindrome di Down lo sviluppo cognitivo procede con un certo ritmo fino all’acquisizione di prestazioni di pensiero logico equivalenti all’età mentale di 4 o 5 anni per poi rallentare in modo notevole. È bene ricordare, inoltre, che in età adulta si può osservare anche un declino delle competenze cognitive per un aumentato rischio psicopatologico. In un articolo redatto da Breia e dai suoi collaboratori nel 2014 è stato sottolineato il fatto che per alcuni soggetti si può notare un declino del QI, probabilmente dovuto a un deterioramento tipico dell’invecchiamento ma anche a un più alto rischio di demenza. Roizen e Patterson (2003) affermano che segni e sintomi del Disturbo di Alzheimer sono osservabili in circa il 75% dei soggetti Down che supera i 60 anni di età. Inoltre, dopo la quinta decade di vita si possono presentare con maggior frequenza disordini epilettici (58%), cambiamenti di personalità(46%), segni neurologici focali (46%), apatia(36%) e perdita delle capacità comunicative (36%). Questi fattori possono quindi concorrere a un deterioramento delle competenze cognitive acquisite dal soggetto fino a quel momento.

Sviluppo linguistico

Secondo diversi studi i bambini con Trisomia 21, se confrontati a bambini con disabilità intellettiva di eziologia diversa ma di pari gravità e a bambini normali ma di età mentale paragonabile, mostrano un deficit marcato nelle loro competenze linguistiche rispetto alle altre abilità motorie, cognitive e sociali. Il deficit appare più evidente per la produzione che per la comprensione, sebbene vi sia una grande variabilità tra le prestazioni (Contardi e Vicari, 1995). Le prime differenze si osservano già nel primo periodo di sviluppo. Secondo lo studio di Caselli e collaboratori, riportato da Vianello (2006), bambini con Sindrome di Down di età compresa tra 2 anni e 1 mese e 3 anni producono in media gesti e comprendono parole in quantità paragonabile a quella prodotta dai bambini normodotati di età compresa fra 1 anni e 2 mesi e 1 anno e 7 mesi. Rispetto alla produzione di parole, invece, osservano che essa è nettamente inferiore con il livello di sviluppo intellettivo. In generale, la comprensione linguistica è migliore della produzione, che si avvale soprattutto di strumenti non verbali e si caratterizza per la scarsa intelligibilità dei suoni. L’aspetto pragmatico sembra non subire particolari deficit, con una buona motivazione dei soggetti alla comunicazione.

Le abilità linguistiche non vedono particolari miglioramenti fino al range di età compreso tra i 5 anni e 7 mesi e i 6 anni e 6 mesi. In questo periodo, migliorano gli aspetti della produzione e comprensione verbale ma anche aspetti morfologici, fermo restando che il livello di sviluppo è paragonabile a quello di bambini di età compresa tra i 20 e i 25 mesi. È importante sottolineare che le prime frasi vengono prodotte con un bagaglio lessicale circa doppio rispetto ai bambini normodotati, cioè di circa 200 parole, e che però le frasi rimangono spesso incomplete per il mancato utilizzo di funtori come gli articoli, le preposizioni e i pronomi. Permangono difficoltà sul piano fonologico anche se molti suoni della lingua madre vengono articolati adeguatamente.

Per quanto riguarda il periodo che va dai 6 anni fino all’adolescenza, sono stati Fabbretti e i suoi collaboratori, come riportato da Contardi e Vicari (1995) che si sono occupati di osservare i cambiamenti dello sviluppo linguistico di questi soggetti. Nel loro studio hanno selezionato un gruppo di dieci ragazzi con Sindrome di Down di età compresa tra i 6 anni e i 15 anni, paragonati per livello di sviluppo calcolato sulla base della LEM (Lunghezza Media dell’Enunciato) a un gruppo di soggetti sani di età compresa tra i 2 anni e 6 mesi e i 6 anni. Utilizzando tre diversi album con illustrazioni, chiedevano ai bambini di raccontare una storia partendo dalle figure. Dal racconto, gli autori hanno analizzato la qualità del vocabolario, della morfologia e delle strutture sintattiche usate. Quello che ne è risultato è che i soggetti sindromici mostrano molte similitudini con le abilità linguistiche del gruppo di controllo, confermando che il livello di sviluppo linguistico può essere paragonato a quello di bambini in età prescolare. Nello specifico, i soggetti sindromici non presentano sostanziali differenze sul piano lessicale e morfosintattico. Si osserva per lo più una  scarsa  coerenza  e  stabilità di applicazione di alcune  regole morfosintattiche e una più fragile capacità d’uso dei funtori. A questo si somma una produzione fonologica carente e un bisogno di continue sollecitazioni da parte dell’adulto nel costruire un racconto che sia aderente al contesto figurato.

In età adolescenziale e oltre, come descritto dallo studio di Bargagna e collaboratori, citato da Vianello, i soggetti con Trisomia 21 sembrano raggiungere prestazioni lessicali paragonabili a soggetti normodotati di età compresa tra i 6 e i 7 anni, con competenze fonologiche appena inferiori e competenze morfosintattiche che possono variare a seconda dei test dai 3 ai 5 anni. Raggiungendo l’età adulta non è chiaro se ci siano dei miglioramenti ma sembra che non vi siano particolari segni di declino, a meno che non intervengano altri fattori come la demenza o disturbi psichiatrici di varia natura.

 

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