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Disturbi Generalizzati dello Sviluppo (DGS)

INDICE PRINCIPALE

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Disturbi Generalizzati dello Sviluppo

I Disturbi Generalizzati dello Sviluppo sono una categoria diagnostica che comprende un gruppo di disordini caratterizzati da una distorsione dello sviluppo di base che riguarda la comunicazione, verbale e non verbale, la capacità sociale e l’attività immaginativa. Sono compromesse oltre tutto, le funzioni psicologiche di base come l’attenzione, la percezione sensoriale, l’umore e il funzionamento intellettivo.

I sistemi che permettono di classificare questi disturbi sono:

  • l’INTERNETIONAL CLASSIFICATION OF DISEAS (ICD), pubblicata dal World Healt Organization l’edizione più recente (ICD-10,1993);
  • il DEVELOPMENTAL AND STATISTICAL MANUAL OF MENTAL DISORDERS (DSM), pubblicato dall’American Psychiatric Association ed oggi arrivato alla sua quarta edizione (DSM-IV, 1994).

Secondo la classificazione del DSM-IV all’interno dei Disturbi Generalizzati dello Sviluppo si trovano i seguenti distinti disordini:

  • Il disturbo Autistico;
  • Il disturbo di Asperger;
  • Il disturbo di Rett;
  • Il disturbo Disintegrativo dell’Infanzia;
  • Il disturbo Generalizzato dello Sviluppo non altrimenti specificato.

L’ICD-10 invece raggruppa questi disturbi sotto la dicitura di Sindromi ad Alterazione Globale dello Sviluppo Psicologico.

Oltre alle cinque sindromi elencate sopra, inserisce anche:

  • Autismo Atipico;
  • Sindrome Iperattiva Associata a Ritardo Mentale.

Prima di analizzare il quadro clinico dell’Autismo Infantile faremo un breve excursus sugli altri disturbi elencati.

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SINDROME DI ASPERGER

Identificata dal pediatra austriaco Hans Asperger nel 1944, la sindrome è caratterizzata da una compromissione dell’interazione sociale, dei comportamenti e degli interessi analoga a quella dell’Autismo, in assenza di compromissione cognitiva e linguistica o di disturbi del comportamento adattivo. Infatti, il Q.I. di queste persone è uguale o superiore alla media, tanto che ci si riferisce a questo disturbo anche con l’espressione “Autismo ad Alto Funzionamento”.

Si osserva però una compromissione qualitativa nell’interazione sociale come:

  • marcata compromissione nell’uso dei diversi comportamenti non verbali (lo sguardo, l’espressione mimica, i gesti e le posture che regolano l’interazione sociale);
  • mancanza di   condivisione  di  interessi con altre persone;
  • incapacità di   sviluppare   relazioni   con   i  coetanei adeguate;

Presenta inoltre:

  • interessi e attività ristrette e ripetitive;
  • rituali rigidi e specifici;
  • manierismi motori   stereotipati   e ripetitivi,      localizzati (es. sbattere o torcere le mani  o  le  dita), o generalizzati a tutto il corpo;
  • preoccupazioni per le parti di oggetti;
  • un linguaggio spesso non prosodico e stereotipato, scarsamente comunicativo con un   pensiero   confuso   o   centrato  su  temi  idiosincratici;
  • sviluppo motorio rallentato, con goffaggine e

La prevalenza del disturbo non è certa; si registra una netta prevalenza del sesso maschile sul femminile (4-10: 1). Il riconoscimento del quadro e forse l’insorgenza sono un po’ più tardive che nell’Autismo.

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SINDROME DI RETT

La sindrome di Rett, descritta nell’anno 1966 in Austria e riscontrata con certezza solo nelle femmine, con un’incidenza di 1: 10.000-15.000, è una grave patologia genetica (mutazione nel gene MECP2) legata al sesso e caratterizzata da un’inadeguata crescita cerebrale.

Dopo un periodo di sviluppo normale per i primi sei mesi di vita, si assiste ad una perdita o ad un netto rallentamento delle cognizioni precedentemente acquisite, con una microcefalia acquisita. Una caratteristica della sindrome è la progressiva perdita delle capacità manuali finalistiche, con uno sviluppo di attività stereotipate.

Lo sviluppo del linguaggio, sia sul versante espressivo che di comprensione, risulta gravemente compromesso. In realtà una forma di comunicazione non verbale  è garantita dalla persistenza dello sguardo estremamente comunicativo. La durata media della vita è ridotta, anche per frequenti infezioni delle vie respiratorie o per cause cardiache.

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DISTURBO DISINTEGRATIVO DELL’INFANZIA

Fu identificato dallo psichiatra austriaco Theodore Heller che diede alla condizione il nome di “demenza infantile”. I soggetti affetti da questo disturbo presentano uno sviluppo apparentemente regolare per i primi due anni di età; presentano fino all’età di due anni o più, normali capacità nella comunicazione, nelle relazioni sociali, nel gioco e nell’adattamento all’ambiente. Dopo i primi due anni di vita (ma prima dei 10 anni) il bambino va incontro ad una perdita clinicamente significativa di capacità di prestazioni acquisite in precedenza in almeno due delle seguenti aree:

  • espressione o ricezione del linguaggio;
  • capacità sociali o comportamento adattivo;
  • gioco;
  • capacità motorie;
  • controllo sfinterico.

L’esordio può essere acuto (giorni o settimane) oppure lentamente progressivo (mesi). Il periodo di regressione è generalmente di 6-9 mesi, seguito successivamente da un plateau e talora da un modesto recupero, in particolare nell’ambito del linguaggio espressivo. Si associano di regola grave ritardo mentale, frequenti anomalie EEG e/o epilessia. Il funzionamento sociale, comunicativo e comportamentale è analogo a quello dell’Autismo.

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DISTURBO GENERALIZZATO DELLO SVILUPPO NON ALTRIMENTI SPECIFICATO (NAS)

In quest’ultima classe, sono collocati tutti i disturbi con caratteristiche simili a quelle dell’autismo che presentano condizioni differenti rispetto alle classi precedenti. Quest’ atipicità si manifesta o in rapporto all’epoca di insorgenza (oltre i 3 anni), o in rapporto alla sintomatologia che non raggiunge la soglia prevista per l’Autismo.

Secondo il DSM-IV fanno parte di questa categoria i disturbi con una grave e generalizzata compromissione dello sviluppo dell’interazione sociale reciproca o delle capacità di comunicazione verbale e non verbale, o quando sono presenti comportamenti, interessi ed attività stereotipati, ma non sono “qualitativamente e quantitativamente sufficienti per una diagnosi di Autismo o di altri DGS” (Levi et al. 2005).

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Definizione e Caratteristiche Cliniche

Definizione

La parola “Autistico” è l’aggettivo che Eugene Bleuler ideò per descrivere la chiusura in se stessi dei pazienti schizofrenici; infatti, l’etimologia della parola “Autismo” deriva da: “Autos” che significa “se stesso” e “ism” che indica uno stato o qualsiasi condizione, dunque, la traduzione letterale della parola è “stato di chiusura in sé stesso”. Ma è solamente nel 1943 che Leo Kanner, uno psichiatra infantile della Jhons Hopkins University, utilizzò il termine Autismo per indicare una specifica sindrome da lui osservata in 11 bambini che erano chiusi in se stessi e avevano problemi di socializzazione, comunicazione e comportamentali, che chiamò “autismo infantile precoce”.

Hans Asperger, quasi contemporaneamente a Kanner, ma indipendentemente da lui, utilizzò il termine “autistichen psychopathen” (Asperger, 1944) per definire un disturbo che interessava una determinata popolazione infantile con sintomatologia in gran parte simile a quella descritta da Kanner per i suoi soggetti, ma con capacità cognitive nettamente superiori.

Oggi l’Autismo è considerato come una sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo biologicamente determinato, con esordio nei primi tre anni di vita. Le aree prevalentemente interessate sono quelle relative all’interazione sociale reciproca,  all’abilità  di comunicare idee e sentimenti e alla capacità di stabilire relazioni con gli altri.

Secondo il DSM-IV per fare diagnosi di Autismo devono essere presenti almeno sei punti nelle tre aree principali:

1) compromissione qualitativa dell’integrazione sociale, manifestata da almeno due dei seguenti sintomi:

  1. a) marcata compromissione nell’uso di svariati comportamenti non verbali, come lo sguardo diretto, l’espressione mimica, le posture corporee e i gesti che regolano l’interazione sociale;
  2. b) incapacità di sviluppare relazioni con i coetanei adeguate con il livello di sviluppo;
  3. c) mancanza della ricerca spontanea della condivisione di gioie, interessi o obbiettivi con altre persone;
  4. d) mancanza di reciprocità sociale o emotiva;

2) compromissione qualitativa della comunicazione manifestata da almeno uno dei seguenti punti:

  1. a) ritardo o totale mancanza dello sviluppo del linguaggio parlato;
  2. b) in soggetti con linguaggio adeguato, marcata compromissione dell’abilità di iniziare o sostenere una conversazione con altri;
  3. c) uso del linguaggio stereotipato e ripetitivo o linguaggio eccentrico;
  4. d) mancanza di giochi di simulazione vari e spontanei o di giochi di imitazione sociale adeguati al livello di sviluppo;

3) Modalità di comportamento, interessi e attività ristretti ripetitivi e stereotipati, come manifestato da almeno uno dei seguenti sintomi:

  1. a) eccessiva dedizione a uno o più tipi di interessi ristretti e stereotipati anormali per intensità o per focalizzazione;
  2. b) aderenza del tutto inflessibile a inutili abitudini o rituali specifici;
  3. c) manierismi motori stereotipati e ripetitivi;
  4. d) persistenza e eccessivo interesse per parti di oggetti.

L’esordio deve verificarsi prima dei tre anni.

Caratteristiche cliniche

Il quadro clinico principale nell’autismo presenta una carenza di interesse e di reciprocità con gli altri; tendenza all’isolamento e alla chiusura.

Una caratteristica dello sviluppo sociale di questi bambini è la limitatezza dei comportamenti di attaccamento e la mancanza relativamente precoce di un legame affettivo con una persona: se sono lasciati in un ambiente ignoto con sconosciuti, non dimostrano nessuna ansia di separazione. Kanner a proposito del loro isolamento dice: “il disturbo più evidente è l’incapacità dei bambini di rapportarsi nel mondo usuale alla gente sin dai primi momenti di vita. Il bambino per quanto possibile, trascura, ignora, taglia via tutto ciò che viene dall’esterno.”

In età scolare la loro tendenza a ritirarsi in se stessi può essere diminuita, ma permane un’incapacità a giocare con i coetanei  e a fare amicizia. Alcuni soggetti mostrano improvvisi cambi di umore con scoppi di riso o pianto senza ragione apparente e senza esprimere pensieri congrui con il sentimento espresso. Si osservano aggressività, scatti di ira e comportamenti autolesivi scaturiti da cambiamenti o richieste .

Esistono tre tipologie di relazione in questi bambini: quella “isolata”, quella “passiva” e quella “eccentrica”; la prima rimanda all’immagine classica di un bambino “chiuso in una campana di vetro”, in cui, sia a scuola che a casa, non sembra rispondere agli stimoli, offerti dai compagni o dagli adulti. La seconda tipologia, quella “passiva”, si riferisce al bambino che accetta indifferentemente gli approcci sociali offerti dagli altri, senza una reale complicità. L’ultima tipologia, lo “strano”, è un bambino con comportamenti sociali presenti ma inappropriati:

usa un comportamento familiare con persone sconosciute,  o frasi completamente decontestualizzate (Lorna Wing, 1981 e 1986).

Per quanto riguarda la condivisione di esperienze, piaceri e interessi, possiamo dire che molto spesso questi bambini non presentano attenzione alle persone presenti nella stanza e, sebbene consapevoli della loro presenza, manifestano per queste meno interesse di quello rivolto ad oggetti inerti (Surian, 2005).

Nei soggetti autistici fin dalle prime fasi del loro sviluppo possono non presentare sorriso sociale e  postura anticipatoria per essere presi in braccio; fanno un uso anomalo dello sguardo, con scarso interesse per il volto umano. Inoltre, è deficitaria la funzione “proto-dichiarativa” che riguarda i comportamenti di attenzione condivisa cioè quegli atteggiamenti che servono al bambino non solo per ottenere un oggetto, ma anche per condividerlo con un interlocutore (Baron-Cohen, 1989; Camaioni, 1993; Bernabei et al., 1996).

Le abilità motorie, sia globali che fini, appaiono in genere ben organizzate. Tuttavia, in questi individui possono essere presenti difficoltà motorie quali goffaggine o difficoltà nelle autonomie personali ed una difficoltà nell’usare in maniera funzionale oggetti di vita quotidiana, sono presenti movimenti stereotipati tra cui, ad esempio,  lo sfarfallamento delle mani che si manifesta in situazioni di stress e difficoltà. Nell’acquisizione delle competenze psicomotorie presentano uno sviluppo disomogeneo;

possono raggiungere un livello più avanzato nella permanenza dell’oggetto rimanendo molto indietro nell’esecuzione degli schemi d’azione (Bernabei et al. 1999). Infatti, questi individui tendono ad utilizzare l’oggetto in maniera ripetitiva e stereotipata oppure pongono eccessiva attenzione agli aspetti parziali e perdono facilmente il significato delle loro azioni (Diomede et al.2003); per questo motivo non riescono a sviluppare le rappresentazioni operative e le abilità a formare e manipolare materiale simbolico, inoltre, sono alquanto compromesse le competenze imitative (Levi, 2000).  Gli autistici in genere hanno la tendenza ad essere percettivamente attratti da singoli particolari a scapito della globalità dello stimolo e questo fa sì che utilizzino le capacità prassiche in modo limitato ed atipico. L’ipotesi accreditata è che si tratti di un deficit integrativo, centrale nelle disfunzioni percettive e sensoriali, che renderebbe il soggetto artistico inabile a coordinare ed integrare i diversi tipi di stimoli per costruire un quadro “funzionale” del mondo. Dando, infatti, a un bambino di 3 o 4 anni con sviluppo atipico un oggetto quale ad esempio un camion, quest’ ultimo si impegnerà a lungo nell’osservazione di alcune parti dell’oggetto quali le ruote o il movimento circolare di questi ultimi senza impegnarsi in un’attività di gioco. Anche nell’osservazione di stimoli sociali quali il volto, l’attenzione di questi bambini sembra andare ai dettagli piuttosto che alla configurazione complessiva.

Gli autistici presentano peculiarità sensoriali: ipersensibilità o iposensibilità a certi stimoli. Ad esempio, possono sentire  fastidio per certi cibi in bocca oppure tapparsi le orecchie allo squillo del telefono e ignorare il suono di una sirena di allarme (Frith, 1996).

Tra i sintomi distintivi dell’Autismo vi è uno sviluppo comunicativo alquanto deficitario. L’interazione triadica e l’attenzione condivisa sono i primi aspetti che sono colpiti nello sviluppo comunicativo. Questi bambini possono guardare il partner solo quando sono impegnati in uno scambio diadico o in un gioco simbolico, come lanciarsi una palla. Però non sono capaci di utilizzare l’attenzione condivisa, non alternano lo sguardo tra il partner e l’oggetto in una situazione di forte bisogno. Inoltre, non si servono dell’espressione facciale dell’adulto in situazioni ambigue. Quindi si può dire che i “soggetti con Autismo sono capaci di utilizzare lo sguardo nella comunicazione con l’altro, ma manca loro la capacità di usare lo sguardo per condividere con l’altro l’attenzione su un evento esterno” (Camaioni, 2002).  Un’altra caratteristica di questi bambini è la presenza di un disturbo nello sviluppo del linguaggio: l’eloquio è atipico e idiosincratico e i significati non sono utilizzati nella memoria e nei processi di comprensione verbale, che si evidenzia maggiormente a livello sintattico e narrativo. La comprensione del linguaggio parlato può oscillare tra una completa incomprensione ad una comprensione solo di alcuni aspetti non verbali, quali il tono, il ritmo della voce, oppure, possono comprendere parole e frasi più semplici ed utilizzate più frequentemente, ma non accedono al contenuto simbolico delle parole.

Alcuni studi hanno dimostrato che l’indice più predittivo dell’evoluzione del disturbo, soprattutto a distanza, è proprio il livello di comprensione verbale (Levi, 1997). La produzione verbale, se è presente, appare caratterizzata da una discreta organizzazione fonologica con una caduta importante a livello semantico e sintattico (Levi, 2000).

Secondo Prizant (1983) i bambini autistici nell’apprendere il linguaggio mettono in atto “una strategia Gestalt”, cioè “imitano blocchi non-analizzati oppure unità linguistiche composte di molte parole, e in seguito dividono queste unità in segmenti che hanno significato. Infatti, le loro prime frasi sono tipicamente rigide”. Quindi, ponendo attenzione in modo selettivo al linguaggio, traducono immediatamente il linguaggio udito in linguaggio parlato, senza che avvenga un’elaborazione mentale. La conseguenza è che siano perfette da un punto di vista fonologico e sintattico, ma non divengono parte di un significato globale.

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Eziologia

L’eziologia dell’Autismo non è ancora nota e non è possibile identificare una causa singola alla base dell’Autismo. Numerosi studi suggeriscono che l’Autismo abbia una base multigenetica, ma i meccanismi della trasmissione genetica non sono ancora noti. “Inoltre, essendo l’Autismo considerato, quale sindrome definita in termini esclusivamente  comportamentali, si configura come la via finale comune di situazioni patologiche di svariata natura e con diversa eziologia” (Levi et al. 2005). Nel 1945 Kanner descrive l’Autismo come un disturbo innato privo di associazioni con patologie organiche e con il ritardo mentale.

Ciò che appare chiaro oggi è che l’Autismo è un anomalia dello sviluppo, con basi biologiche ormai accertate. Prove evidenti di alterazione organica sono la frequenza elevatissima di crisi epilettiche, che colpiscono almeno un terzo di questi pazienti, le anomalie riscontrate all’E.E.G., il frequente riscontro di nistagmo, idrocefalo, pregresse meningiti o encefaliti. Diverse ricerche hanno identificato un’influenza genetica, confermata attraverso studi condotti su popolazioni di gemelli. Si è dimostrata una concordanza per l’Autismo dal 37% al 69% in coppie di gemelli monozigoti, contro lo 0% tra i gemelli dizigoti (Folstein et Rutter, 1977).

Inoltre, negli ultimi anni è stata dimostrata l’associazione dell’Autismo con una serie di anomalie cromosomiche (la Sindrome da X-Fragile, la Sclerosi Tuberosa e la Fenilchetonuria). E’ stato messo in evidenza che anche un virus possa essere la causa di Autismo. L’esposizione ad infezioni  quale Rosolia, Herpes-virus e Citomegaloviris possono causare disordini del sistema immunitario.

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Modelli Interpretativi

Nel ventennio successivo alla scoperta dell’Autismo le teorie psicodinamiche furono il principale punto di riferimento nello studio di questo disturbo. L’attenzione venne posta sull’alterazione del rapporto madre-bambino. Alcuni studiosi sostennero che il disturbo fosse un meccanismo di difesa attuato dal bambino: il figlio percepisce nella madre un desiderio di annullarlo, da cui scaturisce una paura eccessiva ed ossessiva di essere annientato dal mondo. A partire dagli anni ’60 le critiche verso questo modello si fanno sempre più aspre: i genitori vengono colpevolizzati ingiustamente e non si riscontrano tratti patologici o di personalità significativamente diversi nei genitori dei bambini affetti rispetto a quelli dei bambini non affetti. Negli ultimi anni sono state sviluppate diverse teorie interpretative che cercano di spiegare come funziona la mente autistica (Levi et al.2005). Tra queste ipotesi troviamo:

La teoria socio-affettiva

Questa  teoria  considera  l’uomo  con una predisposizione innata per interagire con gli altri.     Si tratta di un bisogno primario, che appartiene al corredo genetico del bambino.     Quindi, secondo la teoria socio-affettiva, nei bambini con questa patologia esisterebbe “una incapacità innata” ad interagire con l’altro. Di conseguenza ciò comporta: “un deficit del linguaggio”; “un deficit della cognizione sociale”; “una compromissione dei processi di simbolizzazione” e una difficoltà “a riconoscere gli stati mentali dell’altro” (Levi  2005).

Deficit della teoria della mente

Sul finire degli anni '80 fu proposto un modello cognitivo basato sulla teoria della mente, proposta da Uta Frith, che è rappresentato da quel complesso di meccanismi che consentirebbero all’uomo di comprendere gli stati mentali altrui e propri e di prevedere in base a questi il comportamento umano.

Sono stati mentali i pensieri, i desideri, le opinioni, le intenzioni, i sentimenti, cioè tutti quei contenuti invisibili che possono essere conosciuti, soltanto se suggeriti dai comportamenti, oppure, se esplicitamente vengono espressi da chi li detiene.

Secondo tale teoria, negli individui con Autismo si evidenzia una difficoltà nell’attribuire correttamente all’altro stati mentali come conoscenze o credenze. Di conseguenza questi soggetti hanno un pensiero esclusivamente concreto, basato solo su eventi della realtà direttamente osservabili (Frith, 1996).

Debolezza della coerenza centrale

Incapacità, nel bambino autistico, di cogliere lo stimolo nel suo complesso, un’elaborazione segmentata dell’esperienza, difficoltà ad accedere dal particolare al generale e una polarizzazione esasperata su frammenti di esperienza (Levi et al., 2005). La Coerenza Centrale è la capacità di organizzare le multiformi esperienze derivanti dall’interazione con la realtà in un unico sistema integrato ed organizzato. Nel bambino autistico, invece la percezione della realtà è frammentata, con “un’incapacità a cogliere il significato dello stimolo nel suo complesso” (Levi et al., 2005). Quindi, l’ipotesi di un Deficit della Coerenza Centrale sostiene che le persone artistiche mancano di quella forza, costrutto ipotetico da verificare, che potrebbe aiutare a dare significato alla “gestalt” a discapito dei dettagli.

Deficit delle funzioni esecutive

Queste funzioni si riferiscono alle abilità che sono “determinanti nell’organizzare e pianificare” i problemi. I comportamenti di funzione esecutiva includono: progettare, controllare gli impulsi, inibire le risposte non adeguate, flessibilità di pensiero e azione... I bambini autistici hanno difficoltà nell’attivare un appropriato problem solving allo scopo di raggiungere un obiettivo futuro. L’ ipotesi di un deficit nell’ autismo è stata avanzata in seguito all’osservazione in questi bambini di condotte ripetitive e rigide, stereotipie motorie, difficoltà della pianificazione e programmazione, causato proprio da un deficit in tali abilità. (Levi et al., 2005).

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Epidemiologia

L’Autismo si presenta con una frequenza che varia dai 4-6 casi su 10.000 bambini (Fombonne et al. 1997), fino a 10-20/10.000, a seconda dei criteri adottati nella diagnosi. Il disturbo colpisce più frequentemente il sesso maschile (con un rapporto maschi:femmine di 3:1); qualora colpisca le femmine, di solito vi è associato un grave ritardo mentale. Si manifesta in tutti i paesi del mondo, in tutte le culture e nelle famiglie di qualunque livello sociale ed economico (Fonte SINPIA 2005).

Significative modifiche dei dati epidemiologici relativi all'autismo nel corso degli ultimi venti anni, impongono una revisione critica delle possibili cause di tale sindrome, ma soprattutto una rivisitazione dei possibili strumenti di prevenzione e cura.

Fino al 1980 si contavano dai 3 ai 5 autistici diagnosticati come tali entro il terzo anno di vita, ogni 10.000 nati, e la percentuale di bambini che mostravano segni di ritardato sviluppo psicomotorio e comunicativo sin dai primi mesi di vita, era superiore a quella dei soggetti che dopo 18-20 mesi di sviluppo normale cominciavano a perdere le acquisizioni motorie e linguistiche per scivolare più o meno rapidamente nella sintomatologia autistica.

Il primo significativo cambiamento statistico-epidemiologico si può collocare nel quinquennio 1980-1985, quando fu possibile verificare due importanti variazioni rispetto ai rilievi precedenti: il raddoppio dei casi di autismo, ed il pareggio della percentuale di quelli definibili insorti come tali, con quelli cosiddetti di autismo regressivo.

Nel decennio successivo, i dati sono diventati ancor più allarmanti e significativi: dai 3-5 autistici su 10.000 nati, si è passati a 30-35 su 10.000; e i casi di autismo regressivo (che fino al 1980 rappresentavano un terzo del totale) hanno raggiunto il 75% contro il 25% delle forme che potremmo definire congenite.

Una disamina critica di simili dati non può che portarci ad ipotizzare l'insorgenza di nuovi fattori capaci di innescare una sindrome autistica, fattori non solo e non più di tipo genetico o comunque in grado di agire a livello prenatale, ma fattori (predisponenti o, soprattutto, scatenanti) responsabili di un innesco più ritardato nel tempo rispetto ai primissimi mesi di vita, e più precisamente in un periodo compreso tra i 18 ed i 24-30 mesi di età del bambino.

Tali fattori possono essere sostanzialmente identificabili in:

  • alterazioni del sistema immunitario
  • danni gastrointestinali
  • intossicazioni da metalli pesanti,

considerandoli talmente collegati ed embricati tra loro, da non poter definire una successione cronologica della loro entrata in scena nell'innescare le premesse di una sindrome autistica regressiva.

Il caso esemplificativo più eclatante (e forse statisticamente più incidente) è quello del danno provocato al sistema nervoso centrale dal timerosal, eccipiente a base di mercurio contenuto nelle preparazioni farmaceutiche della maggior parte dei vaccini.

Studi effettuati in molti paesi e da diversi autori hanno evidenziato che la somministrazione simultanea di molti vaccini ad un bambino di pochi mesi di vita, provoca non solo un accumulo eccessivo di mercurio, che non tutti i bambini sono in grado di smaltire efficacemente, ma provoca anche uno stress al sistema immunitario, la cui alterazione condiziona anche un normale funzionamento e sviluppo cerebrale.

I danni intestinali possono riconoscere diverse origini, che vanno dall'abuso di antibiotici, prescritti per i più vari motivi (sempre proprio necessari?), all'effetto lesivo del virus del morbillo contenuto nel vaccino antimorbillo, generalmente somministrato insieme a quello antiparotite e antirosolia, in grado di provocare quella che l'inglese Wakefield ha descritto per primo come "enterocolite morbillosa" da vaccino.

Un intestino fortemente danneggiato, non riesce più a filtrare le macromolecole contenute nel glutine e nella caseina, per cui il bambino viene a trovarsi nelle condizioni di un celiaco (intollerante cioè al glutine ed ai prodotti che lo contengono) nonché di un intollerante al latte e derivati.

Si è poi scoperto che, allo stesso tempo, la maggior parte dei soggetti autistici è carente di una proteina, la metallotionina, che ha, tra le sue funzioni, quelle di disintossicare l'organismo dal mercurio ed altri metalli pesanti, di favorire lo sviluppo neuronale, di aiutare le normali funzioni gastrointestinali, nonché (altro elemento distintivo degli autistici) regolare i livelli ematici di rame e zinco; ed infatti nel 90% degli autistici è stato rilevato un eccesso di rame e deficit di zinco.

Ecco dunque come (in sintesi) fattori congeniti e danni acquisiti si combinano fra loro per innescare una sindrome autistica, elevando fortemente l'incidenza di tale affezione rispetto a quando il numero degli insulti esterni era più ridotto.

CRITERI DIAGNOSTICI

Ma facciamo un passo indietro. Quali sono i criteri diagnostici per definire autistico un bambino?

  • Esordio della sintomatologia entro i trenta mesi di vita.
  • Carenza globale di reattività nei confronti di altre persone.
  • Assenza di linguaggio, o deficit grossolani nel suo sviluppo.
  • Capacità di parlare, quando presenti, distorte e particolari(ecolalie, inversioni di pronomi...).
  • Disturbi comportamentali di vario tipo, quali reazioni bizzarre all'ambiente, stereotipie, autoaggressività e/o eteroaggrassività.

LA NORMALITA' DI RIFERIMENTO

Per identificare tempestivamente e correttamente uno stato di anormalità o comunque di ritardo di acquisizione di una serie di abilità, è bene conoscere innanzitutto i termini del loro sviluppo normale.

Peraltro certe cognizioni dovrebbero essere patrimonio di tutti, non solo dei cosiddetti "addetti ai lavori", trattandosi di parametri relativi alla crescita ed all'evoluzione di ogni bambino.

Di norma, quindi, un bambino comincia a produrre suoni vocalici entro i 4-6 mesi di vita (lallazione vocalica), e le prime sillabe tra i 4-5 e gli 8 mesi (lallazione consonantica). La comparsa delle prime parole è prevista entro i 12 mesi.

Fra i 12 ed i 24 mesi, comincia a formarsi il vocabolario, costituito per lo più da parole bisillabiche, nel cui ambito dovrebbero essere articolati correttamente i fonemi occlusivi (P, B, M, T, D, K, GH, N, GN) ed almeno una parte dei costrittivi (F, V, S di sasso, S di rosa, SC, L, R, GL), mentre la frase evolve dallo stadio "parola-frase" alla frase bitermine (soggetto-complemento, verbo-complemento).

A 3 anni, un bambino normale dovrebbe possedere già la frase "soggetto-verbo-complemento", un vocabolario di 500-1000 parole (il grande salto avviene fra i 2 e i 3 anni, quando il vocabolario evolve da un patrimonio di 50 ad uno di 400-1000 parole), e la corretta pronuncia di tutti i fonemi, compresi i semicostrittivi.

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Funzionamento cognitivo

Nei soggetti con Autismo, si possono presentare, in associazione, diversi livelli di QI. Il funzionamento cognitivo condiziona le altre competenze nel corso dello sviluppo, influenzando i percorsi evolutivi dei bambini autistici (Levi, 1999). In questi bambini è possibile riscontrare ampie differenze di sviluppo, presentano in oltre, una discordanza tra, funzioni attivate e funzioni effettivamente possedute. Il livello cognitivo viene suddiviso in tre gruppi:

1° gruppo: bambini con QI uguale o maggiore a 70:

Nei bambini autistici con uno sviluppo cognitivo adeguato o ai limiti della norma l’isolamento è decisamente meno importante anche se le relazioni personali sono caratterizzate da sentimenti contraddittori quali il bisogno di fuggire e il desiderio di avvicinarsi all’altro, la ricerca dell’altro e la paura dell’abbandono. La comunicazione verbale è articolata e flessibile, ma ricca di ecolalie, spesso differite, utilizzate, però, con modalità comunicative; questi bambini sono capaci, anche di attivare un gioco simbolico: per quanto capaci di una comunicazione verbale articolata e flessibile, passano una parte notevole del loro tempo ad imitare comportamenti sociali dei loro familiari; è possibile un gioco di ruoli che mantiene però una connotazione imitativa, che viene spesso confuso con il gioco simbolico.

2° gruppo: bambini con QI tra 40-65

Nei bambini con moderata compromissione cognitiva si osserva una maggiore espansione della produzione linguistica (ricca di ecolalie) a scapito della comprensione verbale, possibile solo per strutture lineari; è presente un uso funzionale e simbolico dell’oggetto anche se, il gioco permane povero e ripetitivo e consiste per lo più nel trasferimento di azioni quotidiane sull’oggetto stesso. Le relazioni sociali sono possibili attraverso strategie di tipo imitativo che diventano il tramite per conoscere ed espandere il rapporto con l’altro. A livello degli

apprendimenti questi bambini arrivano al grafismo rappresentativo e all’utilizzo di frasi SVOC in produzione scritta. Anche in questo caso le strategie che mettono in atto sono basate sui processi imitativi. (Levi et al., 2000).

3° gruppo: bambini con QI inferiore a 35

In questi pazienti si osservano un importante isolamento ambientale, la mancanza di competenze interattive, l’assenza di linguaggio e comprensione verbale, frequenti stereotipie motorie ed una manipolazione rigida degli oggetti.

L’interazione con l’altro è possibile solo se è quest’ultimo ad attivarlo, con la mediazioni di oggetti concreti che suscitino l’interesse del bambino. Le manifestazioni emotive sono “primitive” e oscillano tra piacere e dispiacere. (Levi et al., 2000).

Un’ altra distinzione può essere fatta in base al livello linguistico. Il livello di competenza comunicativa che può essere raggiunto da persone con autismo è strettamente collegato allo sviluppo del comportamento sociale (Garfin et Lord, 1986).

I bambini con disturbo autistico si possono dividere in due gruppi: prelinguistico e linguistico.

Nel primo caso sono raggruppati i bambini che mostrano difficoltà di comunicazione gravissime, questi bambini possono avere solo difficoltà a livello di espressione della parola (prelinguistici) o avere addirittura difficoltà proprio a livello di intezionalità e motivazione cioè non ricercare alcun tipo di relazione sia verbale che non.

Per quanto riguarda il gruppo linguistico sono presenti bambini con livelli di linguaggio emergenti, che mostrano segni di acquisizione di un sistema simbolico convenzionale di comunicazione, e persone con capacità linguistiche che vanno oltre i livelli emergenti e iniziali dell’acquisizione del linguaggio e sono in grado di utilizzare il linguaggio come modalità principale per l’acquisizione e la trasmissione di informazioni e di esprimere i propri bisogni e desideri agli altri. Molti soggetti di questo gruppo sono ecolalici e manifestano altre forme di comportamento verbale non convenzionale .

In questo gruppo c’è un ulteriore distinzione in due livelli. Nel primo (livello linguistico emergente iniziale) si trovano individui con abilità espressive che vanno dall’emergere di un vocabolario di base permanente di parole singole usate con comprensione e intenzionalità, all’ emissione delle prime frasi di più parole o combinazioni di segni-simboli che dimostrano l’acquisizione di una conoscenza semantico-sintattica iniziale. A questo primo livello, l’ecolalia e altre forme di comportamento verbale non convenzionale possono includere una porzione significativa di espressioni e possono essere utilizzate, insieme a frasi con una o più parole, per funzioni o scopi comunicativi diversi.

Il secondo livello (livelli linguistici più avanzati) varia dalla produzione di espressioni semplici grammaticalmente complete e di diversi tipi di frasi, all’uso del linguaggio come parte di un discorso a livello conversazionale e narrativo. L’elaborazione del linguaggio a livelli più avanzati può riflettere una conoscenza relativamente sofisticata delle strutture linguistiche, nonostante possano rimanere disturbi significativi nella pragmatica o nell’ uso sociale del linguaggio.

Il passaggio dalla comunicazione preverbale al linguaggio può essere lento. Rappresenta il passaggio dalla comunicazione sensomotoria a quella simbolica e le persone con Autismo dimostrano deficit simbolici specifici che hanno influenza sull’acquisizione del linguaggio (Frith, 1989).  Il profilo delle abilità per la maggior parte delle persone con Autismo indica un certo livello di debolezza nella loro capacità simbolica di rappresentazione astratta, soprattutto quando il linguaggio viene usato come una modalità di rappresentazione e quando l’informazione riguarda le persone le situazioni sociali invece della conoscenza di oggetti e del mondo non sociale .

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Diagnosi differenziale

Date le aree di sovrapposizione con altri disturbi dello sviluppo è indispensabile effettuare una diagnosi differenziale per poter impostare una terapia adeguata al tipo di patologia. Per prima cosa l’Autismo deve essere distinto dagli altri Disturbi Pervasivi dello Sviluppo. Il Disturbo di Rett differisce prima di tutto dall’ Autismo per la sua distribuzione tra i sessi; è stato diagnosticato solo nelle femmine, mentre l’Autismo si manifesta più frequentemente nei maschi. Nel Disturbo di Rett si può notare un rallentamento della crescita del cranio, la perdita di capacità manuali finalistiche già acquisite e l’insorgenza di movimenti stereotipati che riguardano soprattutto le mani. Le difficoltà relazionali presentate da questi soggetti, a differenza di quelle tipiche degli autistici, hanno carattere transitorio.

Il Disturbo Disintegrativo della Fanciullezza a differenza dell’Autismo, ha un’ esordio tardivo dove è presente uno sviluppo normale per i primi due anni e successivamente si verifica una perdita delle competenze socio-comunicative e adattive precedentemente acquisite.

Il Disturbo di Asperger rispetto all’Autismo non presenta ritardo nello sviluppo cognitivo e del linguaggio. Inoltre, questo disturbo si differenzia per la caratteristica dell’ interazione sociale, che prevedono la “presenza di una motivazione a rivolgersi all’altro anche se ciò viene fatto in modo eccentrico, unilaterale, verboso e insensibile” .

La Schizofrenia con esordio nella fanciullezza si sviluppa dopo anni di sviluppo normale, infatti, solo occasionalmente ha la propria strutturazione nella prima infanzia. Va sottolineato che una caratteristica di queste forme precoci e rappresentata da una fase prodromica meno acuta, in cui prevalgono difficoltà di inserimento nel gruppo, tendenza all’ isolamento, disinvestimento     del        linguaggio     e      cadute prestazionali .

La Sindrome di Williams e' caratterizzata da severi comportamenti autistici che includono: ritardi dello sviluppo e del linguaggio, sensibilita' eccessiva ai suoni, deficit dell'attenzione e problemi di socializzazione. A differenza di molti individui autistici, quelli affetti da Sindrome di Williams sono abbastanza sociali e soffrono di problemi cardiaci.

La Sindrome da X Fragile e' una forma di ritardo mentale in cui il ramo lungo del cromosoma X e' contratto. Presentano:

ritardi del linguaggio e della parola, iperattivita', scarso contatto di sguardo e stereotipie delle mani (sfarfallamento).

La maggioranza di questi individui opera a livelli medio-moderati.

Con gli anni, le loro peculiari caratteristiche fisiche facciali possono diventare molto prominenti (p.es. volto ed orecchie allungati) e possono sviluppare problemi cardiaci. La comorbidità fra Autismo e X-Fragile è notevole in vari studi ed è su valori dell’8% per i maschi e ancora maggiore per le femmine.

Sindrome di Landau-Kleffner, si tratta di una forma di epilessia caratterizzata da un’afasia acquisita. La regressione nel linguaggio che si osserva, legata anche a comportamenti di rifiuto per la vita sociale e l’interesse selettivo per particolari oggetti, potrebbe creare dubbi diagnostici rispetto all’autismo. Nel Mutismo Selettivo non troviamo la grave compromissione dell’interazione sociale e le modalità ristrette di comportamento, piuttosto le capacità comunicative risultano essere adeguate solo in alcune situazioni. Sebbene i bambini con Autismo siano spesso muti, il loro mutismo non é mai di natura selettiva.

La Demenza ha occasionalmente la propria strutturazione nell'infanzia. Nel caso in cui il bambino soddisfi i criteri completi per disturbo Disintegrativo della Fanciullezza, può essere fatta, oltre a questa diagnosi, anche quella medica, specifica sulle cause della Demenza. Il modello tipico con strutturazione nell'infanzia è il progressivo deterioramento delle funzioni mentali e motorie.

Il Disturbo Ossessivo Compulsivo (OCD) , alcuni fenomeni caratteristici dell’OCD, tra cui l’urgenza di contare e di manipolare numeri, il ripetere all’infinito la stessa azione, l’evitare per paura particolari situazioni, mostra ovvie analogie con le routine ripetitive dei soggetti autistici. La sovrapposizione delle caratteristiche di OCD con quelle dei disturbi dello spettro autistico, può occultare la diagnosi di disturbo dello spettro autistico, a meno che non venga rilevata una dettagliata anamnesi evolutiva del soggetto.

Il Disturbo di Personalità Schizoide è caratterizzato da un isolamento relativo, con però l'abilità a relazionarsi normalmente in alcuni contesti. I disturbi della personalità non sono comunque diagnosticati prima dei 18 anni di età dal corrente standard del DSM-IV.

Il Disturbo di Evitamento di Personalità é caratterizzato da comportamenti ansiosi in situazioni di contatto con le diverse situazioni sociali. Il Disturbo Reattivo dell'Attaccamento di solito segue una storia di violenza o abuso molto gravi che portano il bambino ad una condizione di estrema deprivazione sociale e isolamento ambientale che tendono a scomparire in presenza di un’ ambiente più appropriato. Il Ritardo Mentale rappresenta la diagnosi differenziale più complessa per la forte comorbidità presente nell’Autismo, sia per la possibilità che i bambini con Ritardo Mentale medio e grave presentino nella prima infanzia sintomi simili a quelli dell’Autismo. Diversi studi hanno evidenziato questa unione tra Autismo e Ritardo Mentale (Wing e Gould,1979; Bernabei et al. 1996). L’iniziale impressione di Kanner, cioè che i suoi pazienti con Autismo fossero normali da un punto di vista cognitivo, fu un errore metodologico dovuto al fatto che durante la valutazione questi bambini si dimostravano molto abili, soprattutto nell’esecuzione di prove attinenti competenze visuo-spaziali e  mnemoniche.

Kanner probabilmente supponeva che dovesse esserci un’omogeneità tra tutte le competenze, ed attribuì l’incapacità di assolvere altri compiti a diversi fattori propri del disturbo;

pertanto qualora i bambini fossero usciti dal loro “guscio” sarebbero stati normali. E’ invece accertato che circa il 75% dei bambini con Autismo presenta Ritardo Mentale di gravità variabile, e che la prevalenza dell’ Autismo aumenta al diminuire del quoziente intellettivo (Wing, 1981). Sebbene, però, siano stati avanzati dubbi sulla valutazione cognitiva dei pazienti con Autismo, una serie di studi ha dimostrato che queste valutazioni, se effettuate con test adatti al livello di funzionamento complessivo del soggetto e non solo, per esempio, anche l’età cronologica, presenta una buona validità  (Volkmar e Choen; 1997) .

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Prognosi

Kanner  e  Asperger  precisarono nei loro lavori, che l’Autismo non è un disturbo progressivo ma è comunque permanente e non guarisce, nonostante i progressi nell’adattamento ed i cambiamenti positivi del comportamento. Il bambino con Autismo cresce con il suo disturbo e nuove competenze vengono, sì, acquisite, ma tali competenze sono “modellate” da e sul disturbo nucleare. Quindi la diagnosi di Autismo persiste nel tempo.

E’ stata, comunque, individuata una serie di fattori che hanno valore predittivo. Il più importante di questi è il funzionamento cognitivo, che qualora sia sotto i 55-60 predice un elevato grado di dipendenza del soggetto per tutto il corso della sua vita (Venter et al., 1992).

Una ricerca condotta da Levi et al., nel 1999 sulla relazione tra l’organizzazione delle competenze e il funzionamento cognitivo ha evidenziato che man mano che si procede con lo sviluppo, il funzionamento cognitivo tende a condizionare le altre competenze affermandosi come fattore trainante dello sviluppo. Altro fattore importante è lo sviluppo precoce del linguaggio, predittivo di un buon funzionamento quando compare entro i 5 anni di età .

Un altro elemento riguarda la “regressione” ossia quel fenomeno che si verifica durante lo sviluppo e che si manifesta con una perdita più o meno parziale e definita di competenze dapprima acquisite (Bernabei et al., 1998). La regressione si manifesta come una perdita, più o meno improvvisa, di interesse, di attenzione verso le altre persone e l’ambiente, di parole, di gesti comunicativi ed imitativi, di competenze comunicative.

Con il passare degli anni vi può essere una “diminuzione nella gravità dei sintomi”. La resistenza all’essere toccati, se presente diminuisce con l’età come anche il comportamento di esitamento dello sguardo. Rimane invece invariata l’incapacità di relazionarsi con i coetanei. Inoltre, può manifestare la difficoltà a riconoscere gli stati emotivi dell’altro, il tono di voce e le espressioni facciali, come può verificarsi l’incapacità a comprendere l’impatto negativo del comportamento.

Una piccola parte degli individui autistici “compie progressi regolari conquistando nell’età adulta una parziale o totale indipendenza, pur mantenendo le compromissioni di base in forma lieve”. Per altri, invece, nell’adolescenza o età adulta possono emergere altre difficoltà, quali l’aggressività, oltre a quelle di natura psichiatrica che possono sovrapporsi al nucleo atogenetico. Ad ogni modo, come per tutti i disturbi che insorgono fin dalla prima età, la prognosi, o comunque la condizione del soggetto adulto, sarà determinata dal fatto che il bambino con Autismo affronta i compiti e le crisi evolutive con strumenti mentali disfunzionali.

Il miglioramento della prognosi appare legato principalmente alla precocità e all’adeguatezza dell’ intervento riabilitativo e quindi alla possibilità di effettuare diagnosi precoci e di ricevere adeguati trattamenti.

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