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Perché il termine “NEUROPSICOMOTRICISTA” viene associato al "Terapista della NEURO e PSICOMOTRICITÀ dell’Età Evolutiva" ?

Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva - INQUADRAMENTO TEORICO

Core Competence

Indice

Il Core Competence del Corso di Laurea in Terapia della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva è stato costruito a partire dalle indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dalle Linee Guida Nazionali inerenti la Professione, proponendo strategie di formazione e metodologie di valutazione innovative che facilitino i formatori della definizione e nell’implementazione degli obiettivi educativi e di idonei strumenti di valutazione.

Il corso di Laurea in Terapia della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva prevede una formazione in termine di globalità, che vuol dire pensare ad un adattamento che va al di là della disabilità fisica o psichica del bambino, coinvolgendo in modo sistemico l’intero processo di sviluppo della persona; cioè delle capacità di considerare, per ogni fascia d’età, l’equilibrio complessivo e l’integrazione di tutte le funzioni e le competenze, nonché l’interazione tra evoluzione della patologia e stadio di sviluppo.

Ciò è indispensabile per due ordini di motivi:

  • Il disordine per il quale il bambino viene inserito nel percorso riabilitativo rappresenta un compenso dinamico, che nasce dall’interazione di molteplici funzioni, ciascuna della quali si trova in una fase attiva di maturazione, differenziazione e crescita. Questo perché in ciascun disordine neuroevolutivo il percorso riabilitativo deve tener conto anche del compenso che si attiva per far fronte all’organizzazione delle funzioni che la patologia determina e contribuisce in modo dinamico alla definizione del profilo di disabilità e del profilo di sviluppo.
  • La “persona” cui ci si vuole e ci si deve rivolgere è un individuo che sta faticosamente costruendo il suo sviluppo. Pertanto il TNPEE dovrà considerare la differente organizzazione del profilo di sviluppo nelle diverse fasi evolutive in relazione al disturbo e alle funzioni emergenti.

Il terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva deve pertanto possedere conoscenze metodologiche specifiche per la valutazione dell’interrelazione tra funzioni affettive, funzioni cognitive, funzioni sensoriali e funzioni motorie per ogni singolo disturbo neurologico, neuropsicologico, neurosensoriale e psicopatologico dell’età evolutiva e per il loro recupero funzionale; deve inoltre possedere le conoscenze delle caratteristiche proprie delle patologie che si modificano in rapporto allo sviluppo; deve saper svolgere attività terapeutica, utilizzando tecniche specifiche all’interno delle diverse patologie, fasce d’età e singoli stati di sviluppo.

 

 

Competenze del Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva

Indice

Il terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva è una figura professionale che svolge attività di abilitazione, riabilitazione e prevenzione nei confronti di disabilità dell’età evolutiva (fascia di età 0 -18 anni) con riferimento alle categorie diagnostiche classificate nell’ ICD-10 e nel DSM V.

La cornice teorica all’interno della quale opera il TNPEE è rappresentata dal Modello bio-psico-sociale della disabilità suggerito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

I riferimenti operativi per l’individuazione degli obiettivi dell’intervento del TNPEE sono forniti dalla Classificazione Internazionale del Funzionamento, delle Disabilità e della Salute – Versione Bambini ed Adolescenti (ICF-CY), elaborata dall’OMS.

Il Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva, pertanto, svolge:

Attività di prevenzione

Interviene nella duplice prospettiva: a) di “prevenire” sviluppi atipici nella situazioni di rischio, sia biologico che sociale; b) di “prevenire” processi di esclusione del soggetto con disabilità, favorendo la generalizzazione delle competenze apprese nel setting terapeutico agli abituali contesti di vita.

Attività di abilitazione

Interviene sullo sviluppo di funzioni non ancora acquisite, favorendo l’emergere delle abilità: motricità, apprendimento e applicazioni delle conoscenze, comunicazione, interazioni e relazioni interpersonali, al fine di garantire le attività e la partecipazione del soggetto all’ambiente in cui è inserito.

Attività di ri-abilitazione

Interviene nel recupero delle funzioni che per ragioni lesive o patologiche sono state ridotte o compromesse attuando interventi terapeutici-riabilitativi nelle menomazioni delle funzioni.

 

Ambiti Competenze Trasversali

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L’assoluta trasversalità di applicazione di queste competenze all’interno dell’agire professionale, rende importante occasione di apprendimento, l’esperienza pratica diversificata in ogni setting, tipologia di paziente o problema di salute e in ogni fascia di età evolutiva.

Gli ambiti di competenze trasversali vengono riassunte nei seguenti punti:

Gestione e Management

Comprende tutti gli strumenti gestionali (risorse umane/strutturali/ tecnologiche, informazioni, aspetti organizzativi ed economici) indispensabili per la corretta attuazione dell'agire quotidiano del TNPEE, attraverso l'adozione dell'approccio per problemi e processi. Si promuoveranno le seguenti azioni: gestire il problema e saper prendere decisioni, gestire il proprio lavoro nella struttura in cui si opera, identificare e gestire il rischio clinico ed infine operare con qualità gestendo tempi, spazi, risorse e piani di lavoro. Risulta di fondamentale importanza adottare le Linee Guida, i Protocolli e le procedure per uniformare le modalità operative professionali, secondo i principi dell'EBM.

Formazione e Autoformazione

Comprende le seguenti competenze: sapere identificare il bisogno formativo, gli obiettivi di apprendimento e formazione e valutarne il raggiungimento; assumere la responsabilità della propria e altrui formazione e sviluppo professionale; riflettere e autovalutarsi nella implementazione delle conoscenze, competenze e abilità.

Comunicazione e Relazione

Comprende le competenze sviluppate nella comunicazione e nella relazione con il bambino, attraverso lo sviluppo di modalità verbali e non verbali; la comunicazione e costruzione di una proficua relazione con le famiglie e i caregivers, la comunicazione e costruzione di una proficua collaborazione interprofessionale.

Responsabilità Professionale

Comprende, a partire dalla consapevolezza del proprio ruolo professionale, l'impegno etico e deontologico, l'assunzione di responsabilità del professionista verso il singolo e verso la comunità, la sensibilità culturale e il rispetto dei valori e delle scelte delle persone.

 

La presa in carico del bambino in terapia neuropsicomotoria

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La presa in carico si connota come l’insieme delle attenzioni, degli interventi (sanitari e sociali) e delle condizioni (organizzative e giuridiche) che, per l’intero arco della vita della persona, garantiscano la costante e globale valutazione delle sua abilità e dei suoi bisogni e predispongano le azioni atte a garantire la massima partecipazione alla vita sociale, economica e culturale, in relazione allo sviluppo di abilità raggiunte e potenziali.

La presa in carico neuropsicomotoria si caratterizza di due momenti: inizialmente avviene la valutazione del paziente che giunge al servizio e, successivamente, dopo la discussione del caso in equipe multidisciplinare, si stende un programma riabilitativo neuropsicomotorio che guiderà il percorso di terapia.

 

Processo diagnostico

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Criteri di classificazione delle patologie: ICD 10 e DSM V

I criteri di classificazione delle patologie sono: la classificazione ICD-10 (International Classification of Diseases), ovvero la classificazione internazionale delle malattie e dei problemi correlati, stilata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS-WHO) ed il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, noto anche con la sigla DSM V, derivante dall'originario titolo dell'edizione statunitense Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, uno dei sistemi nosografici per i disturbi mentali o psicopatologici più utilizzati di tutto il mondo, sia nella pratica clinica che nell’ambito della ricerca.

Disabilità intellettive (F79)

Con la nuova pubblicazione del DSM V, il ritardo mentale diventa disabilità intellettiva (o disordine dello sviluppo intellettivo nei primi anni di vita).

“La disabilità intellettiva è un disturbo con esordio nel periodo dello sviluppo che comprende deficit del funzionamento sia intellettivo che adattivo negli ambiti concettuali sociali e pratici”.1

Per fare diagnosi devono essere soddisfatti i tre seguenti criteri:

  1. Deficit delle funzioni intellettive (ragionamento, problem solving, pensiero astratto, apprendimento scolastico e apprendimento dall’esperienza) confermato sia dalla valutazione clinica che dalla somministrazione di un test di intelligenza individuale.
  2. Deficit del funzionamento adattivo consistente in un mancato raggiungimento degli standard di sviluppo e socioculturali per l’indipendenza personale e la responsabilità sociale. Senza supporto continuativo i deficit adattivi limitano il funzionamento in una o più attività della vita quotidiana, quali la comunicazione, la partecipazione sociale e la vita indipendente, in più ambiti diversi, come la casa, la scuola, il lavoro e la comunità.
  3. Insorgenza dei deficit intellettivi e adattivi nell’età evolutiva.

Il DSM V enfatizza la necessità di usare valutazioni cliniche e standardizzate nella diagnosi di disabilità intellettiva, basando la severità dell’impairment sul funzionamento adattivo piuttosto che solamente sul QI (il funzionamento adattivo determina il livello di supporto necessario).

Inoltre rimuove dai criteri diagnostici i punteggi ottenuti ai test per il QI, ma incoraggia ad inserire tale dato nella descrizione del profilo cognitivo del soggetto, permettendo così che i punteggi dei test non vengano utilizzati come fattore di definizione delle abilità generali di un soggetto senza considerare in maniera adeguata i livelli di funzionamento.

La disabilità intellettiva comporta impairment nelle abilità mentali globali che incide sul funzionamento adattivo in tre aree o domini:

  1. Dominio concettuale: include le abilità di linguaggio, lettura, scrittura, matematica, ragionamento, conoscenza, memoria. Durante lo sviluppo, anche in età prescolare, si possono riscontrare deficit di linguaggio e prerequisiti dell’apprendimento. Nei bambini in età scolare si possono osservare: progressi negli apprendimenti molto lenti, orientamento temporale e uso del denaro marcatamente limitato.
  2. Dominio sociale: si riferisce a consapevolezza dei pensieri e sentimenti altrui, empatia, giudizio sociale, capacità nelle relazioni interpersonali, capacità di fare e mantenere amicizie. Non vi sono differenze significative in età prescolare; mentre i bambini in età scolare riportano difficoltà nell’apprendimento miste, difficoltà di orientamento spazio-tempo e/o nel problem solving.
  3. Dominio pratico: include l’autogestione come la cura personale, le responsabilità lavorative, la gestione del denaro, attività ricreazionali, organizzazione di compiti scolastici e lavorativi.

Per la diagnosi almeno un dominio del funzionamento adattivo deve essere compromesso in modo da rendersi necessario un supporto al soggetto in un ambito (scuola, lavoro, casa, comunità).

Disturbi della Comunicazione (F80)

Per parlare di disturbi della comunicazione è utile tenere in considerazione il significato di:

  • Eloquio: produzione espressiva di suoni che prevede articolazione, fluenza e voce.
  • Linguaggio: forma, funzione, utilizzo di sistema convenzionale di simboli con regole di comunicazione.
  • Comunicazione: comportamento verbale o non verbale, intenzionale o no, che influenza comportamento, idee attitudini dell’altro.

I disturbi della comunicazione nel DSM V includono:

  1. Disturbo del linguaggio (disturbo dell’espressione e disturbo misto di espressione e ricezione), include i seguenti criteri:
    1. Difficoltà persistenti nell’acquisizione e nell’uso di diverse modalità di linguaggio dovute a deficit della comprensione o della produzione, con lessico ridotto, limitata strutturazione di frasi, compromissione delle capacità adattive.
    2. Capacità di linguaggio inferiori all’età in modo significativo e quantificabile, che portano limitazioni funzionali dell’efficacia della comunicazione, partecipazione sociale, risultati sociali e prestazioni professionali.
    3. Esordio nel periodo precoce di sviluppo.
    4. Difficoltà non attribuibili a: compromissioni di udito, disfunzioni motorie, altre condizioni mediche o neurologiche, disabilità intellettiva o ritardo globale dello sviluppo.
  2. Disturbo della fonazione (fonetico-fonologico), include i seguenti criteri:
    1. Persistente difficoltà nella produzione dei suoni dell’eloquio (interferisce con l’intellegibilità dell’eloquio o impedisce la comunicazione verbali di messaggi).
    2. Limitazioni dell’efficacia della comunicazione.
    3. Esordio nel periodo precoce dello sviluppo.
    4. Difficoltà non attribuibili a: condizioni congenite o acquisite e altre condizioni mediche.
  3. Disturbo della fluenza del linguaggio ad insorgenza nell’infanzia (balbuzie), include i seguenti criteri:
    1. Alterazioni della normale fluenza e della cadenza dell’eloquio, che sono inappropriate per l’età dell’individuo e per le abilità linguistiche, persistono nel tempo e sono caratterizzate dal frequente e marcato verificarsi di uno (o più) dei seguenti elementi: ripetizioni di suoni o sillabe; prolungamenti dei suoni delle vocali e/o consonanti; interruzione di parole; blocchi udibili o silenti; circonlocuzioni; parole pronunciate con eccessiva tensione fisica; ripetizioni di intere parole monosillabiche.
    2. L’alterazione causa ansia nel parlare o limitazioni dell’efficacia della comunicazione, della partecipazione sociale, o del rendimento scolastico, individualmente o in qualsiasi combinazione.
    3. L’esordio dei sintomi avviene nel periodo precoce dello sviluppo.
    4. Non attribuibile a deficit motorio o deficit sensoriali, danni neurologici, medici o altri disturbi mentali.
  4. Disturbo della comunicazione sociale (pragmatica), include i seguenti:
    1. Presenti difficoltà nell’uso sociale della comunicazione verbale e non verbale: assenza di scopi sociali, di adeguatezza al contesto o alle esigenze di chi ascolta, di regole di comunicazione o narrazione, uso di segnali per regolare l’interazione, infine incapacità di comprendere ciò che non è esplicitato.
    2. Limitazioni funzionali della comunicazione.
    3. Esordio precoce di sviluppo, i deficit possono non manifestarsi pienamente in età prescolare.
    4. Non attribuibile ad altre condizioni mediche o neurologiche, disturbo dello spettro autistico, disabilità intellettiva, ritardo globale.
  5. Disturbo della comunicazione non specificato, si applica alle manifestazioni in cui i sintomi caratteristici del disturbo non soddisfano pienamente i criteri per uno dei disturbi della comunicazione.

Disturbo dello Spettro Autistico (F84)

Il disturbo dello spettro autistico è un nuovo disturbo del DSM V, che riunisce il disturbo autistico (autismo), il disturbo di Asperger, il disturbo disintegrativo dell’infanzia, il disturbo di Rett e il disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato, precedentemente descritti nel DSM IV.

È caratterizzato da deficit in due ambiti principali:

  1. deficit nella comunicazione sociale e nelle interazioni sociali,
  2. pattern di comportamento, interessi e attività limitati e ripetitivi.
  1. Deficit persistente nella comunicazione sociale e nell’interazione sociale, pregresso e attuale, in molteplici contesti, manifestato dai seguenti fattori:
    • Deficit di reciprocità socio-emotiva.
    • Deficit dei comportamenti comunicativi non verbali.
    • Deficit di sviluppo e di mantenimento delle relazioni.
  2. Pattern di comportamento, interessi o attività ristretti, ripetitivi, come manifestato da almeno due dei seguenti fattori:
    • Movimenti, uso degli oggetti o uso dell’eloquio stereotipati o ripetitivi.
    • Insistenza nella sameness (immodificabilità), aderenza alla routine o a rituali di comportamento verbale o non verbale, resistenza a cambiamenti.
    • Interessi limitati, fissi o anomali per intensità o profondità.
    • Iper- o iporeattività in risposta a stimoli sensoriali o interessi insoliti verso aspetti sensoriali dell’ambiente.
  3. I sintomi devono essere persistenti dalla prima infanzia, ma possono non manifestarsi pienamente prima che le esigenze sociali eccedano le capacità limitate.
  4. I sintomi causano compromissione clinicamente significativa del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti.
  5. Queste alterazioni non sono meglio spiegate da disabilità intellettiva o da ritardo globale dello sviluppo. La disabilità intellettiva e il disturbo dello spettro autistico spesso sono presenti in concomitanza; per fare diagnosi di comorbilità di disturbo dello spettro autistico e di disabilità intellettiva, il livello di comunicazione sociale deve essere inferiore rispetto a quanto atteso per il livello di sviluppo generale.

Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (F90)

Nel DSM V sono molti i cambiamenti apportati ai criteri diagnostici del disturbo da deficit di attenzione/iperattività (DDAI). Sono stati aggiunti degli esempi alle voci del criterio per facilitare l’applicazione nell’arco della vita; la descrizione dell’età d’esordio è stata modificata; i sottotipi sono stati sostituiti da specificatori della manifestazione che corrispondono direttamente ai sottotipi precedenti; ore è permessa una diagnosi in comorbilità con disturbo dello spettro autistico; è stata modificata la soglia dei sintomi (cutoff di 6) sia per l’iperattività, che per l’impulsività. I criteri diagnostici sono del DDAI sono:

  1. Presenza di un pattern persistente di disattenzione e/o iperattività-impulsività che interferisce con il funzionamento o lo sviluppo (i sintomi totali sono 18, 9 per la disattenzione e 9 che caratterizzano l’iperattività e l’impulsività; per poter fare diagnosi devono essere presenti sei (o più) dei sintomi, che a loro volta devono essere persistiti per almeno sei mesi con un’intensità incompatibile con il livello di sviluppo e che ha un impatto negativo diretto sulla attività sociali, scolastiche/lavorative.
  2. Diversi sintomi di disattenzione o di iperattività-impulsività erano presenti prima dei 12 anni.
  3. Diversi sintomi di disattenzione o di iperattività-impulsività si presentano in due o più contesti.
  4. Vi è una chiara evidenza che i sintomi interferiscono con, o riducono, la qualità del funzionamento sociale, scolastico/lavorativo.
  5. I sintomi non si presentano esclusivamente durante il decorso della schizofrenia o di un altro disturbo psicotico e non sono meglio spiegati da un altro disturbo mentale.

Disturbo Specifico dell’Apprendimento (F81)

Il disturbo specifico dell’apprendimento unisce le diagnosi del DSM IV di disturbo della lettura, disturbo del calcolo, disturbo dell’espressione scritta e disturbo dell’apprendimento non altrimenti specificato. I deficit di apprendimento nelle aree della lettura, dell’espressione scritta e del calcolo, sono codificati come specificatori separati. I deficit di lettura vengono descritti a livello internazionale come dislessia, i deficit del calcolo come discalculia.

Per fare diagnosi di disturbo specifico dell’apprendimento è necessario tenere in considerazione i diversi criteri:

  1. Difficoltà di apprendimento e nell’uso di abilità scolastiche, come indicato dalla presenza di almeno sei di uno dei seguenti sintomi, che sono persistenti per almeno sei mesi, nonostante la messa a disposizione di interventi mirati su tali difficoltà:
    • Lettura delle parole imprecisa o lenta e faticosa.
    • Difficoltà nella comprensione del significato di ciò che viene letto.
    • Difficoltà nello spelling.
    • Difficoltà nell’espressione scritta.
    • Difficoltà nel padroneggiare il concetto di numero, i dati numerici o il calcolo.
    • Difficoltà nel ragionamento matematico.
  2. Le abilità scolastiche colpite sono notevolmente e quantificabilmente al di sotto di quelle attese per l’età cronologica dell’individuo, e causano significativa interferenza con il rendimento scolastico/lavorativo, o con le attività della vita quotidiana.
  3. Le difficoltà di apprendimento iniziano durante gli anni scolatici ma possono non manifestarsi pienamente fino a che la richiesta rispetto a queste capacità scolastiche colpite supera le limitate capacità dell’individuo.
  4. Le difficoltà di apprendimento non sono meglio giustificate da disabilità intellettive, acuità visiva o uditiva alterata, altri disturbi mentali o neurologici, avversità psicosociali, mancata conoscenza della lingua dell’istruzione scolastica o istruzione scolastica inadeguata.

Disturbo da Comportamento Dirompente, del Controllo degli Impulsi e della Condotta (F91)

I disturbi da comportamento dirompente, del controllo degni impulsi e della condotta, sono un nuovo capitolo del DSM V che riunisce disturbi precedentemente compresi nel DSM IV come: “Disturbi solitamente diagnosticati per la prima volta nell’infanzia, nella fanciullezza o nell’adolescenza” (cioè disturbo oppositivo-provocatorio, disturbo della condotta e disturbo da comportamento dirompente non altrimenti specificato) e il capitolo “Disturbi del controllo degli impulsi non classificati altrove” (cioè disturbo esplosivo intermittente, piromania e cleptomania).

Questi disturbi sono tutti caratterizzati da:

  • problemi di autocontrollo
  • problemi delle emozioni
  • problemi dei comportamenti

Sindromi (Q00 – Q99)

Le sindromi genetiche sono numerose e diverse nelle loro cause e manifestazioni. Il termine sindrome indica la presenza di diversi sintomi, genetica, poiché si riferisce ad una mutazione relativa a porzioni piccolissime di un gene, indica la presenza di una trasformazione che interessa il DNA. Il problema principale è che si tratta di porzioni minuscole che contengono informazioni genetiche estremamente rilevanti per il sano sviluppo dell’individuo.

La ricerca negli ultimi anni, grazie alla tecnologia, ha potuto confermare con maggiore certezza l’esistenza, le caratteristiche di alcune sindromi e l’aumento della loro frequenza nella popolazione.

Le cause possono essere tantissime e, come spesso accade, non sempre è possibile determinarle con certezza. Alcune cause sono da ricercare nell’età sempre maggiore dei genitori, che aumenta il rischio di complicazioni durante la gravidanza, altre nei fattori ereditari, nella presenza di malattie e di rischio ambientale: altrettanto determinante nell’alimentare il pericolo di sviluppare una sintomatologia organica su base genetica.

Le sindromi vengono collocate all’interno dell’ICD-10 nel capitolo “Malformazioni congenite, deformazioni e anormalità cromosomiche”, che comprende:

  • Malformazioni congenite del sistema nervoso (Q00-Q07)
  • Malformazioni congenite dell’occhio, dell’orecchio, della faccia e del collo (Q10-Q18)
  • Malformazioni congenite del sistema circolatorio (Q20-Q28)
  • Malformazioni congenite del sistema respiratorio (Q30-Q34)
  • Schisi del labbro e del palato (Q35-Q37)
  • Altre malformazioni congenite del sistema digestivo (Q38-Q45)
  • Malformazioni congenite degli organi genitali (Q50-Q56)
  • Malformazioni congenite del sistema urinario (Q60-Q64)
  • Malformazioni congenite e deformazioni del sistema muscoloscheletrico (Q65-Q79)
  • Altre malformazioni congenite (Q80-Q89)
  • Anormalità cromosomiche, non altrimenti classificate (Q90-Q99)

Disordini Motori

Per quanto riguarda i disordini motori, possiamo trovare due categorie distinte a seconda della gravità, della causa e della tipologia.

I disordini motori possono essere sia legati a disordini neurologici acquisiti o congeniti, parliamo quindi di (1) “disturbi del sistema nervoso”, sia ad immaturità dello sviluppo neurologico, parliamo in questo caso di (2) “disturbo evolutivo specifico delle abilità motorie”.

Vediamo ora in maniera più approfondita le due diverse classificazioni.

1. Disturbi del Sistema Nervoso (G00-G99)

Il capito dell’ICD-10, riferito alle malattie del sistema nervoso, comprende: malattie infiammatorie del sistema nervoso centrale (G00-G09), disturbi episodici e parossistici (G40-G47), disturbi dei nervi, delle radici e dei plessi nervosi (G50-G59), polineuropatie (G60-G64), paralisi cerebrale (G80-G83) e altri disordini del sistema nervoso (G90-G99).

2. Disturbo Evolutivo Specifico delle Abilità Motorie (F82)

La definizione afferma: “Disturbo nel quale la principale caratteristica è una grande compromissione dello sviluppo della coordinazione motoria, che non è spiegabile interamente nei termini di un ritardo intellettivo generale o di uno specifico disturbo neurologico congenito o acquisito. Tuttavia, in molti casi, un accurato esame clinico mostra marcate immaturità nello sviluppo neurologico, come movimenti coreiformi degli arti senza appoggio, o movimenti speculari ed altri aspetti motori associati, o ancora segni di scadente coordinazione dei movimenti fini e grossolani” 2.

Nei criteri di inclusione rientrano:

  • Sindrome del bambino goffo
  • Disturbo evolutivo della coordinazione
  • Disprassia evolutiva

Vengono esclusi:

  • Anormalità dell’andatura e della mobilità
  • Incoordinazione, secondaria a ritardo mentale

 

Strumenti di osservazione e valutazione

 Indice

ADI-R - Intervista per la diagnosi differenziale dei disturbi dello spettro autistico.

L’ADI-R è un’intervista finalizzata a ottenere una gamma completa di informazioni per la diagnosi di autismo e per valutare i disturbi dello spettro autistico.

È stata progettata per essere usata in combinazione con uno strumento parallelo di osservazione, l’Autism Diagnostic Observation Schedule (ADOS). Vengono utilizzate le descrizioni raccolte relative al comportamento di un soggetto nell’intero corso della sua vita, affinché sia possibile determinare se il suo percorso di sviluppo e le caratteristiche del suo comportamento soddisfano o meno i criteri della diagnosi di autismo o di DSA.

L’ADI-R è rivolto ai genitori o agli educatori di soggetti dalla prima infanzia all’età adulta, con un’età mentale al di sopra dei 2 anni. Si focalizza sull’osservazione sistematica e standardizzata di comportamenti che raramente vengono riscontrati in soggetti non clinici, e principalmente sulle tre aree del funzionamento:

  • Linguaggio e comunicazione;
  • Interazione sociale reciproca;
  • Comportamenti stereotipati e interessi ristretti.

ADOS - Il golden standard per la diagnosi dell'autismo

L’ADOS valuta quasi tutti i soggetti con sospetto di disturbo dello spettro autistico, dai bambini che non parlano agli adulti senza disturbi nella verbalizzazione.

L’ADOS prevede varie attività che permettono all’esaminatore di osservare i comportamenti sociali e comunicativi ai fini della diagnosi di disturbo dello spettro autistico.

L’ADOS è articolata in quattro moduli, ognuno costituito da un proprio protocollo contenente un elenco di attività. Il soggetto viene valutato attraverso un solo modulo a seconda della sua età cronologica e dello sviluppo linguistico.

APCM - Abilità Prassiche e della Coordinazione Motoria

Consente di ottenere un profilo relativo allo sviluppo delle abilità sensoriali-percettive-motorie e del loro grado di integrazione nei bambini dai 3anni e mezzo agli 8 anni.

Anche se la struttura è la stessa si distinguono tre modelli relativamente a tre fasce d’età diverse: la fascia prescolare dei 3,6- 4,6 anni e 4,6-6 anni e la fascia d’età relativa al primo ciclo della scuola elementare, ovvero dei 6-7, 7- 8 anni.

Si articola in 3 specifiche sezioni di osservazione:

  1. Funzioni da base
  2. Schemi di movimento
  3. Funzioni cognitive adattive e gestualità intenzionale

Movement ABC-2 - Lo strumento diagnostico più utilizzato per la valutazione delle difficoltà motorie

La batteria ABC Movement è stata ideata per identificare e quantificare difficoltà del movimento che potrebbero influenzare l'integrazione scolastica e sociale del bambino. Essa fornisce uno strumento utile sia per operazioni di screening che nelle valutazioni individuali, ed offre la possibilità di valutare la presenza di difficoltà motorie nell'intera classe, identificando i bambini "a rischio" e permettendo di valutarli in maniera più accurata attraverso criteri di determinazione del loro livello di abilità motoria in diverse prove. Inoltre, riesce a dimostrare non solo la presenza di alterazioni motorie in soggetti con sindromi neurologiche riconosciute, come paralisi cerebrali, ma riesce anche ad identificare bambini con segni neurologici minori, come la disprassia e l'impaccio motorio, permettendo di quantificare queste difficoltà e di seguire nel tempo l'efficacia del trattamento.

BIA - Batteria italiana per l'ADHD

La BIA (Batteria Italiana per l'ADHD) offre una gamma di strumenti utili per la comprensione dei problemi specifici presentati da bambini disattenti e iperattivi e/o con difficoltà nei processi esecutivi, nel controllo della risposta, dell'attenzione e della memoria.

Questi strumenti possono essere usati per la diagnosi e la specificazione delle difficoltà in bambini con profilo ADHD/DDAI (Attention Deficit Hyperactivity Disorder/Disturbo da Deficit Attentivo e/o Iperattività).

BVN - Batteria di valutazione neuropsicologica per l'età evolutiva

La BVN è una batteria di test per la valutazione neuropsicologica delle principali funzioni cognitive (linguaggio, percezione visiva, memoria, prassie, attenzione, funzioni esecutive superiori, lettura, scrittura e calcolo). Essa consente a psicologi clinici e neuropsicologi sia l'analisi dello sviluppo delle funzioni cognitive in condizioni normali che l'individuazione di particolari patologie evolutive e/o acquisite. È composta da due differenti batterie, suddivise in base all’età: 5-11 anni e 12-18 anni.

Bayley Scales of Infant Development

Le Bayley sono una scala di somministrazione individuale per bambini dai 16 giorni a 3 anni e mezzo di età, che consente di identificare soggetti con ritardo dello sviluppo e che fornisce indicazioni per pianificare l’intervento.

La scala, utilizzando materiale strutturato e semi-strutturato, indaga 5 aree: cognitiva, del linguaggio, motoria, socio-emozionale e del comportamento adattivo. Tra le 5 aree, 3 sono indagate con somministrazione diretta (cognitiva, linguaggio e motoria) e 2 rivolte ai genitori (socio-emozionale e comportamento adattivo).

BENDER

Il test consiste nella copia d’immagini di forme e strutture geometriche semplici, per una valutazione dell’organizzazione spaziale, somministrabile da quattro anni in su; relativo alla percezione visiva e le sue leggi.

BRAZELTON, Esame Neuroevolutivo nel primo anno di vita

La Scala Valutazione del Comportamento neonatale (NBAS) consente di fare una descrizione del comportamento neonatale; è uno strumento che permette anche di aiutare i genitori a comprendere le ragioni e la normalità di questi comportamenti, e a mettere in atto modalità d’accudimento che faciliti l’organizzazione del comportamento del neonato; promuove inoltre la salute della relazione mamma-bambino.

La Scala parte dal presupposto che il neonato è dotato di un repertorio di comportamenti specifici e caratteristici.

Scala di BRUNET-LÉZINE - Scala di Sviluppo Psicomotorio della Prima Infanzia

La Scala comporta un numero elevato d’items; alcuni di essi, non corrispondono ai requisiti di un test ma sono descrizioni di comportamenti spontanei del bambino. Prevede “test e domande”, le domande facilitano molto i primi contatti con i familiari e sembrano specialmente interessanti per determinare l'influenza dell'ambiente sul bambino.

CASD - Checklist for Autism Spectrum Disorder

La CASD è uno strumento di screening, che può essere adottato anche nel processo diagnostico, per la valutazione dei disturbi dello spettro autistico in bambini e adolescenti, indipendentemente dall’età, dal livello cognitivo o dalla gravità dei sintomi. I sintomi riportati nella checklist corrispondono a ognuno dei criteri per i disturbi dello spettro autistico proposti dal DSM-5.

La CASD è composta di 30 sintomi raggruppati, secondo il criterio della rilevanza clinica, nelle seguenti 6 aree: Problemi nell’interazione sociale, Perseverazione, Disturbi somatosensoriali, Atipie della comunicazione e dello sviluppo, Disturbi dell’umore, Problemi di attenzione e sicurezza.

CARS 2 - Childhood Autism Rating Scale

La CARS2 è una scala che identifica soggetti con disturbo dello spettro autistico a partire dai 2 anni di età. Si basa sull’osservazione diretta del comportamento e dei parametri di frequenza, intensità, particolarità e durata che lo caratterizzano. La CARS2 ha dimostrato nel tempo di catturare sintomi fondamentali a cui hanno fatto riferimento tutte le edizioni del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM), rafforzando l’attualità e a solidità dello strumento.

CPTI - Children's Play Therapy Instrument

Il CPTI è stato progettato per misurare il processo che costituisce l’attività di gioco di un bambino.

Il CPTI può essere utilizzato per una maggiore comprensione del gioco normale e patologico, così come per ricavare i profili dei vari tipi di gioco patologico corrispondenti alle categorie riconosciute di diagnosi dell’infanzia e agli stili di personalità.

Il CPTI misura le dimensioni dell’attività di gioco da differenti prospettive: livello descrittivo, livello strutturale e livello funzionale di analisi. Inizialmente, l’attività di un bambino durante la seduta viene suddivisa, in base a osservazioni comportamentali, in cinque categorie che si escludono reciprocamente: Pre-Gioco, Attività di Gioco, Non-Gioco, Interruzione e “non valutabile”. Una singola parte dell’attività di gioco viene ulteriormente valutata utilizzando sottoscale che misurano il livello di sviluppo, le dimensioni cognitive e affettive e le dinamiche della narrazione. Successivamente, si valutano le strategie di difesa e barriera.

ICF-CY - Classificazione Internazionale del. Funzionamento, della Disabilità e della Salute

ICF-CY si delinea come una classificazione che vuole descrivere lo stato di salute delle persone in relazione ai loro ambiti esistenziali (sociale, familiare) al fine di cogliere le difficoltà che nel contesto socio-culturale di riferimento possono causare disabilità. Tramite l’ICF-CY si vuole quindi descrivere non le persone, ma le loro situazioni di vita quotidiana in relazione al loro contesto ambientale e sottolineare l’individuo non solo come persona avente malattie o disabilità, ma soprattutto evidenziarne l’unicità e la globalità. Lo strumento descrive tali situazioni adottando un linguaggio standard ed unificato, cercando di evitare fraintendimenti semantici e facilitando la comunicazione fra i vari utilizzatori in tutto il mondo.

FIGURA DI REY A/B

Scala di sviluppo che esamina l’organizzazione della percezione spaziale nei bambini dai quattro ai sette anni, attraverso la presentazione di una figura geometrica a due livelli di complessità (Rey A/B): si presenta il disegno al bambino perché ne faccia la copia e dopo tre minuti si domanda al bambino di rifare il disegno a memoria.

GMFM - Gross Motor Function Measure

La Gross Motor Function Classification System (GMFCS) prende in considerazione il livello di disabilità rapportato all’età del bambino, e per ogni livello vengono descritte le abilità funzionali e le limitazioni, separate per fasce di età. La GMFCS è costituita da cinque livelli, ognuno diviso in quattro fasce di età: meno di 2 anni, 2-4 anni, 4-6 anni e 6-12 anni.

Il GMFCS è la via principale per descrivere la severità della compromissione motoria nei bambini con PCI.

LAP - Learning Accomplishment Profile

Il test LAP (Learning Accomplishment Profile) permette di stabilire l'entità e le caratteristiche della disabilità intellettiva. Consente di definire il profilo complessivo di sviluppo del bambino in sette aree (abilità grosso-motorie e fino-motorie, prescrittura, abilità cognitive, linguaggio, autonomia personale e abilità interpersonali) comparandolo alle tappe principali dello sviluppo normale tra i 36 e i 72 mesi d'età. Il LAP permette di identificare per ogni bambino gli obiettivi di apprendimento più appropriati derivandoli dalle tappe di sviluppo normale, di misurare i progressi del bambino nelle 7 aree di sviluppo ed infine ricavare informazioni specifiche che siano rilevanti per una programmazione educativa individualizzata (PEI).

LEITER-R

È una scala completamente non verbale, non richiede abilità di letto- scrittura. È adatta in casi di: disabilità intellettiva e disturbi verbali.

La LEITER-R va ad esaminare soprattutto l’intelligenza fluida.

È composta da due batterie standardizzate:

  1. Ragionamento (VR): 10 subtest per la misura di capacità cognitive non verbali legate a: visualizzazione, abilità spaziali e ragionamento
  2. Attenzione e memoria (AM): 10 subtest

Sia VR che AM permettono di ottenere punteggi “di crescita”, non standardizzati con l’età, che misurano anche piccoli miglioramenti in soggetti con gravi deficit cognitivi. Questo consente di poter monitorare nel tempo il bambino e aiuta ad organizzare un progetto educativo/ terapeutico che tenga conto dei deficit e dei punti di forza.

MACS - Manual Ability Classification System

La MACS si rivolge a bambini da 4 anni a 18 anni. Si tratta di un sistema per classificare le capacità del bambino nel manipolare oggetti durante le attività quotidiane; l’identificazione del livello deve avvenire sulla base della conoscenza della prestazione effettiva del bambino durante la vita di tutti i giorni, quindi non dovrebbe essere fatta tramite una valutazione specifica, ma attraverso domande poste a chi conosce il bambino e le sue usuali capacità.

La MACS si propone di rilevare il livello di partecipazione di entrambe le mani nelle attività e non la valutazione di ciascuna mano separatamente.

Vengono individuati cinque livelli di gravità di limitazione funzionale dal più lieve (livello I) al più grave (livello V).

Matrici progressive di Raven

Le Matrici progressive di Raven misurano l’intelligenza non verbale durante tutto l’arco dello sviluppo intellettivo, dall’infanzia alla maturità, indipendentemente dal livello culturale.

Le Matrici costituiscono uno degli strumenti più utilizzati per la misurazione dell’intelligenza “fluida” e richiedono di analizzare, costruire e integrare fra loro una serie di concetti, in modo diretto, senza ricorrere a sottoscale o sommatorie di fattori secondari.

PEP-3 - Psychoeducational Profile

Il PEP-3 valuta la disomogeneità di apprendimento, i punti di forza e di debolezza e le disabilità di sviluppo correlate in bambini con autismo e disturbi pervasivi dello sviluppo e bambini con difficoltà dello sviluppo difficilmente testabili (fascia di età dai 2 ai 12 anni).

Il test è formato da due componenti principali:

  1. La sezione Performance (10 subtest), che fornisce una valutazione dello sviluppo in specifiche aree funzionali e valuta i comportamenti associati all’autismo e ad altri disturbi pervasivi dello sviluppo.
  2. Il Questionario per i genitori (3 subtest), che deve essere compilato prima della valutazione del bambino e raccoglie informazioni sul livello di sviluppo e sui problemi presentati.

GMDS - Griffiths Mental Development Scales

Scale di sviluppo mentale di GRIFFITHS. Le Griffiths misurano aspetti dello sviluppo significativi per l’intelligenza o indicativi della crescita mentale. Divisa in 0-2 e 2-8, con items differenti per le diverse età. I punteggi sono caratteristici di 6 sottoscale.

La media dei punteggi ottenuti nelle singole sottoscale, corrisponde al Quoziente Generale (QG) di sviluppo del bambino.

SON - Scheda di Osservazione / valutazione Neuropsicomotoria

La compilazione della SON avviene dopo l’osservazione diretta del bambino; dall’osservazione dei punti di forza, si passa all’individuazione degli obiettivi terapeutici. Per valutare l'efficacia del trattamento neuropsicomotorio, dopo 6 mesi la Scheda viene ricompilata dall’operatore per osservare gli eventuali cambiamenti di punteggio ed i possibili cambiamenti degli obiettivi terapeutici ed è suddivisa in 6 aree.

STAMBAK

Considera la capacità di riproduzione di strutture ritmiche:

  1. la capacità del bambino di riconoscere ed imitare in differita la struttura ritmica eseguita dall’esaminatore.
  2. la capacità del bambino di riprodurre una struttura ritmica rappresentata graficamente.
  3. la capacità di riprodurre graficamente la struttura ritmica battuta dall’esaminatore.

Si parte da strutture ritmiche semplici e successivamente strutture ritmiche più complesse.

TEST BHK

BHK è lo strumento più conosciuto e utilizzato nella pratica clinica per la quantificazione della disgrafia evolutiva nelle sue componenti: qualità del segno grafico (analisi morfologica) e disfluenza (velocità nella produzione di grafemi). L’analisi della scrittura si articola in 13 parametri che descrivono le caratteristiche dell’atto grafico e permettono l’identificazione del segno «disgrafia». Viene utilizzato all’interno di un inquadramento neuropsicologico più ampio per la diagnosi del disturbo evolutivo specifico di coordinazione motoria e di disturbi specifici di apprendimento nei quali sia implicato un disturbo specifico di scrittura.

Test della Figura Umana (GOODENOUGH)

Si utilizza per valutare l'intelligenza e la conoscenza dello schema corporeo. Viene considerata acquisita una età mentale di 3 anni quando il bambino chiude il cerchio, ogni particolare aggiunto in più aggiungerà 3 mesi di sviluppo intellettivo. Ogni 4 dettagli aggiunti in più aggiungeranno un anno in più di sviluppo mentale.

Test delle Campanelle

Il test è volto a valutare il livello d'attenzione in bambini di età compresa tra i quattro e gli otto anni. La prova, così come viene proposta, potrebbe fornire informazioni circa le variabili velocità e accuratezza nella ricerca. La prova tuttavia non è in grado di fornire informazioni sul tipo di strategia utilizzata, essa può solo informare circa l'eventuale miglioramento nella ricerca condotta dal soggetto.

Test di Cancellazione (Benso & Bracco, 2006)

Il Test di Cancellazione misura le dinamiche attentive, la ricerca visiva e la coordinazione oculo-manuale, con l'intento di isolare deficit attentivi.

Il test è composto da 10 fogli (dei quali 2 fogli di prova e 2 di distrazione) con una griglia che contiene i target mascherati in mezzo a dei distrattori. Il target da ricercare è mostrato in una cella sopra la griglia. Ai soggetti è richiesto di cancellare il target il più velocemente possibile, senza toccare con il pennarello i bordi delle celle. La discriminazione del target può essere facile o difficile. Per ogni foglio viene calcolata la velocità visuo-motoria tramite il rapporto tra due variabili: il tempo richiesto per completare il foglio e il numero di target cancellati.

VMI - Test di Integrazione Visuo-Motoria

Il VMI valuta il modo in cui bambini e ragazzi, dai 3 ai 18 anni, integrano le loro abilità visive e motorie.

Il test parte dalla correlazione tra l’abilità dei bambini di copiare forme geometriche e il loro rendimento scolastico. Si fonda quindi sulla teoria che lo sviluppo dell’intelligenza e dell’apprendimento abbia base sensomotoria.

Il test include due test supplementari: il VMI di Percezione Visiva e il VMI di Coordinazione Motoria, che indagano più specificamente le prestazioni in questi due ambiti di abilità.

TPV - Test di percezione visiva e integrazione visuo-motoria

Il test TPV (Developmental Test of Visual Perception) è uno strumento di valutazione delle capacità visuo-percettive e di integrazione visuo-motoria che nasce dal perfezionamento del classico test Frostig. È utilizzabile nella diagnosi dei disturbi specifici di apprendimento (in particolare per la dislessia e la disgrafia).

TOL - Test Torre di Londra

Il TOL valuta le abilità di decisione strategica e di problem solving in bambini dai 4 ai 13 anni. Si basa sull'utilizzo di uno strumento (contenuto nella scatola) costituito da tre pioli di diversa lunghezza, nei quali sono infilate tre biglie (una rossa, una verde e una blu): il soggetto deve spostare queste biglie in un certo numero di mosse in modo da ottenere la configurazione indicata dall'esaminatore.

È utile nei casi in cui si voglia valutare se il bambino possiede alcune funzioni esecutive, fondamentali tanto nella vita quotidiana, quanto in una serie di apprendimenti complessi (per esempio nella stesura del piano di esecuzione di un compito, nella soluzione di problemi matematici).

UZGIRIS - HUNT, La Valutazione nella Prima Infanzia

Si tratta di un sistema di valutazione particolare, basato sull’osservazione del bambino nel suo ambiente quotidiano. L’idea fondamentale è quella che l’osservazione se guidata da una serie di schemi interpretativi permette di valutare le capacità del bambino nelle diverse età o stadi di sviluppo.

VINELAND - Adaptive Behavior Scales

Le Vineland Adaptive Behavior Scales valutano l'autonomia personale e la responsabilità sociale degli individui dai 6 ai 60 anni, attraverso un'intervista semistrutturata rivolta a genitori e caregiver. Possono essere impiegate per la valutazione sia di normodotati sia di soggetti con disabilità cognitiva e permettono di individuare punti di forza e di debolezza del soggetto in specifiche aree del comportamento adattivo, favorendo la programmazione di interventi individuali educativi o riabilitativi.

 

Valutazione e terapia neuropsicomotoria

Indice

La valutazione neuropsicomotoria è una parte fondamentale della presa in carico del bambino e della sua famiglia; comprende l’osservazione del gioco, che è considerato il tessuto che intreccia le diverse dimensioni dell’esperienza clinica: le interazioni, l’espressività corporea, le funzioni attivate, le motivazioni, le emozioni, gli stili di regolazione; a cui viene integrata, la somministrazione di test neuropsicomotori, la stesura di una diagnosi e un colloquio di restituzione con i familiari.

La terapia neuropsicomotoria per poter essere ritenuta efficace deve essere tempestiva, completa ed intensiva, ma soprattutto deve incidere su tutti i diversi ambiti di vita del bambino; il trattamento infatti deve rispettare le caratteristiche individuali di ogni paziente e deve dunque prendere in considerazione gli elementi propri dell’ambiente di vita del bambino.

Il pensiero comune è quelle di parlare non solo di “ri-abilitazione”, ma anche di “abilitazione” in quanto frequentemente lo scopo del lavoro terapeutico è sia l’acquisizione di funzioni e / o capacità non ancora sviluppate, che il ripristino di quelle attività e capacità che per varie ragioni lesive sono state temporaneamente compromesse.

Per poter esprime tutte le proprie potenzialità ogni bambino ha bisogno di strumenti e tempi personalizzati e parte del lavoro terapeutico svolto dall’operatore è quello di comprendere le caratteristiche soggettive di ciascun piccolo paziente. Sono quattro i principi da seguire per ricercare l’efficacia del trattamento riabilitativo: la tempestività, l’intensità, la globalità e la continuità.

Come la valutazione, così anche la terapia neuropsicomotoria comprende l’utilizzo del gioco come strumento attraverso cui operare, in quanto come già esplicato precedentemente, racchiude le diverse dimensioni dell’esperienza clinica: le interazioni, l’espressività corporea, le funzioni attivate, le motivazioni, le emozioni, gli stili di regolazione.

Anche in terapia neuropsicomotoria, viene integrata la somministrazione di test neuropsicomotori che possono verificare e quantificare l’efficacia e l’efficienza del trattamento.

Le caratteristiche essenziali della presa in carico neuropsicomotoria si possono riassumere in tre termini essenziali: efficienza, efficacia ed evidenza.

  • Efficienza o Effectiveness: questo termine è stato reso con “efficacia nella pratica”, intesa come modalità per erogare materialmente una certa prestazione ai costi più bassi;
  • Efficacia o Efficacy: giudizio, che dipende da fasi sperimentali, circa la validità di una procedura o di una prestazione in termini di esiti di salute e benessere;
  • Evidenza o Evidence: indica le caratteristiche di ciò che si vede chiaramente, che non può essere messo in dubbio o che non ha bisogno di alcuna dimostrazione.

Da qui deriva il concetto di Evidence Based Practice, cioè di pratica sostanziata da prove; specificatamente in ambito medico e riabilitativo si parla di Evidence Based Medicine, e con questa espressione si vuole esprime l'idea di medicina basata sulle evidenze.

La diagnosi nosografica prescinde per definizione dal bambino, inteso come persona portatore del disturbo, e, soprattutto, fornisce scarse indicazioni per la formulazione del programma terapeutico; diventa dunque necessaria un altro tipo di "conoscenza" del bambino, che corrisponde a quella che viene comunemente chiamata diagnosi funzionale, la quale rappresenta un bilancio esaustivo circa le competenze reali ed evidenti del soggetto.3

 

Costruzione del programma terapeutico riabilitativo individuale

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Il programma terapeutico riabilitativo individuale, che accompagna la presa in carico del bambino con patologie neuropsichiatriche, è il risultato di un’organizzazione in cui le scelte operative tra l’equipe multidisciplinare discendono dal confronto tra professionalità e competenze; una presa in carico globale favorisce infatti lo sviluppo armonico del bambino.

È per questo motivo necessaria la collegialità del gruppo operativo che produca un approccio interdisciplinare in grado di individuare i bisogni primari del bambino e le strategie ritenute più idonee per affrontarli. Le caratteristiche del trattamento riabilitativo variano in rapporto al profilo funzionale del bambino e dei suoi bisogni, rispetto alla fase dello sviluppo che sta vivendo.4

In generale il programma riabilitativo deve essere personalizzato, ossia è un piano articolato di interventi specifici per un dato paziente, nel rispetto della sua originalità, questo in modo particolare se si tratta di pazienti in età evolutiva che questa singolarità la stanno ancora costruendo.

 

Verifica e Dimissioni: la conclusione del servizio

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Il programma parte dalla diagnosi, che non si pone come un momento statico, che si chiude con il processo diagnostico, ma come un momento dinamico che va a valutare i cambiamenti e quindi la verifica del programma stesso. Procede poi con l’individuare, per ciascun paziente, le aree di debolezza, ordinarle in una sorta di ordine gerarchico e definire, in rapporto ad esse, gli obiettivi prioritari dell’intervento. Uno dei momenti fondamentali del processo di presa in carico del paziente è rappresentato dalle verifiche periodiche che permettono di valutare il cambiamento e quindi la validità del trattamento; in età evolutiva permettono soprattutto di monitorare l’armonia dello sviluppo e quindi la rispondenza del setting riabilitativo alle necessità del piccolo paziente.

Parlando di programma terapeutico riabilitativo risulta importante considerare ancora due elementi: il contratto iniziale che viene stipulato, a partire dalla restituzione diagnostica, dal terapista e dal medico referente con i genitori al momento della presa in carico riabilitativa del piccolo paziente; in secondo luogo, una chiara formalizzazione della fine della terapia alla dimissione, sempre da parte del terapista e del medico.

Per quanto riguarda il concetto di dimissione in riabilitazione, è importante non fermarsi di fronte al limite (la disabilità stessa), ma anche non accanirsi contro di esso, aiutando eventualmente il paziente e la famiglia a scegliere di fermarsi; l'accanimento nasce proprio dalla non accettazione del limite, con il rischio di ricominciare a pensare al paziente come “problema” e non come persona.

A questo proposito va sottolineato che spesso in sanità, quindi anche in riabilitazione, il non poter fare i conti con il limite, vuol dire non poter fare i conti con il proprio limite, con la propria onnipotenza. Curare, ossia prendersi cura, non vuol dire necessariamente guarire, ma permettere al paziente di utilizzare tutte le sue possibilità e potenzialità per la migliore qualità di vita possibile.

 

Il setting riabilitativo

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Il termine setting si collega primariamente al mondo della cura e della relazione psicoterapeutica, all’ interno della quale si configura secondo regole e modalità specifiche. Nel pensiero psicoanalitico si distingue tra un setting da definire a prescindere dalle caratteristiche del paziente, che intende regolare numero e periodicità delle sedute, interruzioni, onorario e modalità di pagamento, assenze e comunicazioni al di fuori delle sedute, e un setting come ambiente facilitante, costruito dall’atteggiamento, accudente (holding) dell’analista con il singolo paziente, che è un’area transizionale, aperta, di gioco che non sembra avere particolari regole predefinite.

La psicoanalisi ha individuato nelle caratteristiche e nelle regole, qualificanti la cornice di ogni relazione terapeuta - paziente, un punto imprescindibile a partire dal quale si susciterà il cambiamento del paziente e il suo percorso verso la guarigione. L’attenzione al setting è dunque fondamentale per il processo terapeutico. Il setting «empiricamente si concretizza in una regolazione dell’ambiente, fisico e simbolico, sul piano dello spazio, del tempo, delle relazioni privilegiate».5

Il setting fisico

Il setting riabilitativo è uno spazio preciso, la sala di terapia, il luogo in cui il paziente sperimenta una relazione terapeutica protratta nel tempo e sancita da un contratto terapeutico-riabilitativo. Questo spazio è caratterizzato da vicinanza e permette, sia al terapista che al paziente, di cogliere ogni sfumatura emotiva del processo evolutivo.

L’ ambiente preparato deve permetterci di evidenziare la capacità e il potenziale di quel bambino di stabilire un rapporto con l’altro; eventuali inibizioni, interessi e desideri; il modo in cui il soggetto vive se stesso; il modo come si muove ed agisce; se finalizza e anticipa; se e come comunica utilizzando i mezzi che ha a disposizione, che vanno dall’espressività motoria, verbale e grafica.

Deve essere possibile in questo ambiente pensato osservare come e per quanto tempo il bambino partecipa alle attività, come organizza il movimento, per quanto tempo controlla le posture, se controlla il movimento secondo le situazioni e le azioni, quanto materiale prende e usa, che tipo d’investimento utilizza e come si organizza nello spazio e nel tempo, il bisogno e l’adattamento del bambino a sperimentare, a classificare e a selezionare gli stimoli più importanti, l’adattamento del bambino all’esercizio terapeutico.

Il setting mentale

Sebbene la dimensione fisica dello spazio sia importante, è imprescindibile la sua estensione mentale. E’ fondamentale creare, un ambiente facilitante, uno spazio emotivo, un “contenitore” in grado di permettere al paziente di sentirsi ascoltato, capito e accolto con tutte le sue difficoltà; questo diventa possibile se il terapista sa mantenersi in una posizione di ascolto attivo, sa adattarsi rispettando una distanza ottimale: per il terapista fare spazio mentale, vuol dire creare uno spazio emotivo in cui il paziente senta contenute le sue difficoltà, le sue ansie e le sue angosce, vuol dire poterle percepire e restituire in uno spazio e in un tempo accettabili per lui.

In età evolutiva l’intervento riabilitativo deve essere pensato e sentito dal terapista come un lavoro sul ripristino della capacità creativa e rappresentativa, sul piacere e sull’intenzionalità del movimento, che restituisce al bambino l’idea di una padronanza del proprio corpo e della propria motricità; è una terapia globale perché se il corpo rappresenta la totalità della persona nella sua unità psicosomatica e se il movimento è all’origine ed è l’espressione esteriore dell’intera personalità, allora l’esercizio terapeutico può essere pensato solo in una dimensione di totalità e unità. E’ molto importante che questo diventi una consapevolezza per il terapista quando sta trattando un bambino, qualsiasi sia la sua patologia o disturbo per cui lo abbia preso in carico, perché solo in questo modo il bambino potrà sentirsi e percepirsi nella sua globalità e unicità, solo se così è pensato dal terapista.

Il setting normativo

C’è un’altra dimensione che è altrettanto importante nel setting riabilitativo ed è la dimensione normativa, nella quale rientrano il rispetto di regole fondamentali: ad esempio il rispetto dell’orario e delle scadenze delle sedute, la comunicazione delle assenze e le modalità di comunicazioni al di fuori della sedute.

All’interno di questa dimensione normativa del setting si collocano ancora due elementi importanti: il contratto iniziale e la chiara formalizzazione della conclusione della terapia alla dimissione.

 

Evidence Based Practice: la pratica professionale basata su prove di efficacia

Indice

Per “evidence” si intende un insieme disponibile di fatti o informazioni indicanti che una convinzione o proposta sia giusta o valida; è un fatto o dato (o complesso di dati che può essere usato per prendere decisioni, risolvere problemi, informare un'azione).

Cenni storici relativi a EBP e EBM

Nel 1972 Archibald Cochrane, epidemiologo inglese, sosteneva che i risultati della ricerca avevano un impatto molto limitato sulla pratica clinica e, in un libro che ha lasciato una traccia profonda nella storia della medicina, egli scriveva: "è causa di grande preoccupazione constatare come la professione medica non abbia saputo organizzare un sistema in grado di rendere disponibili, e costantemente aggiornate, delle revisioni critiche sugli effetti dell'assistenza sanitaria".6 In altre parole Cochrane, consapevole della limitatezza delle risorse economiche, suggeriva di rendere disponibili a tutti i pazienti solo gli interventi sanitari di documentata efficacia.

Le prime esperienze di medicina basta su prove di efficacia si sono svolte all’inizio del 1980, grazie al lavoro di un gruppo di ricercatori della MacMaster University dell’Ontario, Canada. Questi ricercatori incominciarono a ridefinire la pratica della medicina con l'obiettivo di permettere un più facile uso delle informazioni. Di fronte a una medicina basata più sull'esperienza clinica che su specifici elementi di prova, e caratterizzata sia da errori individuali che da scarsa documentazione dei risultati, essi proposero di portare la pratica medica nell'ambito di una cultura in cui fosse riconosciuto il valore della corretta registrazione delle informazioni e dei benefici per i pazienti.

La pratica basata sulle evidenze o su prove d’efficacia (in inglese Evidence Based Practice o EBP) è un approccio interdisciplinare alla pratica medica - clinica che si è diffuso in modo ufficiale a partire dal novembre del 1992, quando viene presentato su JAMA il movimento della Evidence Based Medicine; in questo periodo inoltre viene fondata la Cochrane Collaboration, un network internazionale nato per "preparare, aggiornare e disseminare revisioni sistematiche degli studi clinici controllati sugli effetti dell'assistenza sanitaria e, laddove non sono disponibili studi clinici controllati, revisioni sistematiche delle evidenze esistenti”. 7

Il concetto di evidenza ed efficacia si diffuse inizialmente in ambito clinico come medicina basata sulle evidenze (Evidence Based Medicine o EBM) ma successivamente si diffuse anche in altri campi, come l’infermieristica (Evidence Based Nursing), la psicologia, l'odontoiatria, la fisioterapia e l'educazione. Più recentemente nella radiologia, nelle scienze tecnico-radiologiche ed in altri campi.

Assistenza Sanitaria, medicina e pratica professionale basate su EBP

L' Evidenza Scientifica in medicina costituisce un approccio all'assistenza sanitaria dove “le decisioni cliniche risultano dall'integrazione tra l'esperienza dell'operatore sanitario e l'utilizzo delle migliori evidenze scientifiche disponibili, relativamente all'accuratezza dei test diagnostici, alla potenza dei fattori prognostici, all'efficacia/sicurezza dei trattamenti preventivi, terapeutici e riabilitativi”. 8

L'Evidence Based in ambito sanitario è un processo in cui la presa in cura di un paziente, nella sua unicità, stimola la ricerca dalla letteratura biomedica di informazioni clinicamente rilevanti, diagnostiche, prognostiche, terapeutiche, riabilitative o relative ad altri aspetti della pratica clinica.

Le basi per una medicina basata su prove di efficacia possono essere riassunte nei seguenti principi:

  • L'esperienza clinica e l'istinto sono di importanza fondamentale nella pratica medica. Sussiste inoltre la necessità di registrare l'esperienza clinica in modo riproducibile per rendere acquisibile un corpus di conoscenze;
  • Lo studio della fisiopatologia non rappresenta una base insufficiente per la comprensione delle malattie;
  • Le informazioni cliniche devono sottostare agli elementi di prova.

Questi principi sono ugualmente applicabili da qualsiasi operatore sanitario; in tal senso la pratica professionale basata su prove di efficacia ha come scopo quello di sostenere gli operatori, eliminando tutto ciò che è inefficacie, inadeguato, troppo costoso e potenzialmente pericoloso.

L'attività professionale fondata su prove di efficacia è basata sulla nozione di processo decisionale razionale.

I suoi principi fondamentali sono che tutte le decisioni che riguardano la pratica professionale dovrebbero essere prese:

  1. sulla base di studi di ricerca
  2. selezionati e interpretati secondo gli specifici criteri dell’EBP.

Tali criteri escludono la considerazione di studi teorici e di studi qualitativi considerando invece gli studi quantitativi selezionati in base all’efficacia della prova. La pratica basata sulle evidenze (EBP) “implica prendere decisioni per la promozione della salute o sulla cura integrando le migliori evidenze disponibili con l’esperienza professionale, le caratteristiche, lo stato, i bisogni, i valori e le preferenze dei pazienti che siano compatibili con il contesto ambientale e organizzativo. Le evidenze (o prove d’efficacia) sono costituite dai risultati della ricerca, che derivano dalla raccolta sistematica di dati sulla formulazione di quesiti e sulla convalida delle ipotesi”9. Le attività principali alla base della medicina basata sulle prove d’efficacia possono essere identificate come:

  • porsi domande ed interrogativi (coltivare il dubbio) sulla di pratica professionale che conducono alla sperimentazione scientifica;
  • l’osservazione meticolosa, l’elencazione, e l'analisi descrittiva del caso;
  • registrare e catalogare delle prove per il recupero sistematico.

Risulta infine necessario sottolineare che, nell’ambito della valutazione e terapia neuropsicomotoria, l’applicazione dell’Evidence Based Practice deve essere integrata dall’esperienza professionale di ogni operatore: la pratica professionale basata su prove di efficacia ha lo scopo ultimo di sostenere gli operatori nel processo decisionale, eliminando tutto ciò che è inefficace, inadeguato, potenzialmente pericoloso e troppo costoso, ma non deve sostituirsi al pensiero critico e clinico del professionista sanitario.

Le Linee Guida in Riabilitazione, riferendosi alle idee di efficienza, efficacia ed evidenza e al concetto di Evidence Based Medicine, raccomandano l’uso di strumenti strettamente inerenti l’ambito dell’area funzionale considerata, che siano stati validati internazionalmente, che siano stati adottati da più centri contemporaneamente o che siano stati pubblicati su riviste accreditate del settore. La dichiarazione degli strumenti e delle procedure utilizzate per misurare l’efficacia del trattamento fa parte dei criteri di accreditamento della struttura sanitaria.

Lo strumento che guida la valutazione e che permette di operare una sintesi tra l’osservazione strutturata e quella spontanea è il protocollo osservativo.

I protocolli utilizzano un linguaggio descrittivo e sono divisi in aree funzionali; all’interno di ciascuna sono presenti voci che aiutano l’operatore a focalizzare gli aspetti fondamentali da osservare per la descrizione del funzionamento del soggetto nelle singole aree.

 


  1. American Psychiatric Association, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, quinta edizione, DSM-V, Raffaello Cortina Editore, 2014
  2. World Health Organization, International Statistical Calssification of Diseases and Related Health Problems, 10th Revision (ICD-10), 2008 Edition
  3. R. Militerni, Neuropsichiatria Infantile, 1999, 2003, Idelson - Gnocchi
  4. D. Valente, Fondamenti di riabilitazione in età evolutiva, 2009, 20012, Carocci editore
  5. D. Valente, Fondamenti di riabilitazione in età evolutiva, 2009, 20012, Carocci editore
  6. Cochrane A. “Effectiveness and efficiency. Random reflections on health service”, Nuffield Provincial Hospital Trust, London, 1972.
  7. Chalmers I. “The Cochrane Collaboration: preparing maintaining and disseminating systematic reviews of the effects of health care”. Ann NY Acad Sci, 1993
  8. Sackett DL, Rosemberg WMC, Gray JAM et al, “Evidence-based medicine: what it is and what it isn't”. BMJ, 1996
  9. Rosenberg e Donald, 1995

 

 

Indice
 
INTRODUZIONE
 

PARTE PRIMA: INQUADRAMENTO TEORICO

  1. Core Competence: Competenze del Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva; Ambiti Competenze Trasversali
  2. La presa in carico del bambino in terapia neuropsicomotoria: Processo diagnostico (Criteri di classificazione delle patologie: ICD 10 e DSM V, Disabilità intellettive (F79), Disturbi della Comunicazione (F80), Disturbo dello Spettro Autistico (F84), Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (F90), Disturbo Specifico dell’Apprendimento (F81), Disturbo da Comportamento Dirompente, del Controllo degli Impulsi e della Condotta (F91), Sindromi (Q00 – Q99), Disordini Motori); Strumenti di osservazione e valutazione; Valutazione e terapia neuropsicomotoria; Costruzione del programma terapeutico riabilitativo individuale; Verifica e dimissioni: la conclusione del servizio
  3. Il setting riabilitativo: Il setting fisico; Il setting mentale; Il setting normativo
  4. Evidence Based Practice: la pratica professionale basata su prove di efficacia: Cenni storici relativi a EBP e EBM; Assistenza Sanitaria, medicina e pratica professionale basate su EBP

PARTE SECONDA: PROGETTAZIONE ED ATTUAZIONE DELLO STUDIO

  1. Scopo dello studio
  2. Materiali e metodi utilizzati: Campione; Strumenti (Il questionario conoscitivo dell’ANUPI TNPEE, ICD-10 e DSM V); Disegno dello studio
  3. Risultati: Analisi del questionario (Fascia d’età dei pazienti, Patologie presenti nei minori presi in carico, Il ruolo degli strumenti nella formulazione del programma riabilitativo, Differenze tra i servizi, Differenze tra regioni)
  4. Proposta di un documento suddiviso per patologia e strumenti di valutazione specifici
  5. Discussione dei risultati
  6. Obiettivi e limiti
 
CONCLUSIONI
 
BIBLIOGRAFIA e ALLEGATI
 
 
Tesi di Laurea di: Chiara BURBI 
 
Questo argomento è stato tratto da un'indagine conoscitiva, rivolta ai Soci ANUPI TNPEE (Associazione Nazionale Unitaria Terapisti della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva Italiani) sul tema dell'osservazione e valutazione in ambito neuropsicomotorio, curata dal Comitato Scientifico dell’ANUPI TNPEE e finalizzata ad arrivare a delineare un quadro degli strumenti di osservazione e valutazione e di protocolli attualmente in uso sul territorio nazionale. 

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