Tesi di Laurea

  • Flessibilità mentale e presa di prospettiva

    L'empatia può essere causata da una varietà di situazioni, per esempio nel vedere un'altra persona in difficoltà o in disagio, immaginando il comportamento di qualcun altro, nella lettura di un racconto in un libro di narrativa o nel vedere un report TV movimentato. Tuttavia, in queste condizioni, l'empatia richiede alla persona di adottare più o meno consapevolmente il punto soggettivo di

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  • Nuovi orientamenti nello studio dell’empatia ed individuazione di specifici sottosistemi

    Sottosistemi dell’empatia

    L’empatia è la capacità di riconoscere, comprendere e condividere gli stati emotivi dell’altro ed è considerata alla base di una genuina e reciproca relazione umana. Non si tratta di un sistema unitario, ma piuttosto un gruppo libero di sistemi neuro cognitivi parzialmente dissociabili. In particolare, si possono fare tre grandi divisioni: empatia cognitiva

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  • Quadri clinici legati al deficit di empatia

    Molti sudi hanno evidenziano il substrato neurobiologico alla base delle diverse componenti dell’empatia ed avvalorano l’ipotesi che lesioni a differenti strutture corticali e subcorticali possono portare ad un’alterazione dell’empatia.

    Diversi disturbi psichiatrici, e non solo,  sono associati a deficit di empatia. In questo capitolo ne prenderemo in considerazione alcuni

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  • Disturbi di personalità

    Il termine “personalità” deriva dal latino “persona”, cioè maschera. Etimologicamente, dunque, la personalità sarebbe un’amplificazione delle caratteristiche individuali del personaggio rappresentato dall’attore, in modo che il pubblico sapesse quali atteggiamenti e comportamenti aspettarsi da lui.

    Alcuni tratti del nostro modo di pensare, di fare esperienza e di comportarci tendono a

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  • Disturbi dello sviluppo

    Tra i disturbi dello sviluppo in età evolutiva verranno menzionate alcune patologie che risultano presentare un deficit legato all’empatia, cosiddette “primarie”. Nel particolare: i disturbi dello spettro autistico (facendo riferimento anche e soprattutto all’alto funzionamento) ed i disturbi della condotta.

    Unitamente a questi si porrà l’accento anche su alcuni disturbi in cui la

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  • Disturbi “secondari” dell’empatia

    In molte situazioni psicopatologiche può verificarsi una compromissione dell’empatia. In altre parole, non c’è un disturbo primario dell’empatia, ma c’è una disattenzione verso gli stati mentali dell’altro. I disturbi d’ansia, i disturbi dell’umore, e l’alessitimia ne sono degli esempi.

    I disturbi d'ansia sono stati per lungo tempo considerati forme di nevrosi , ovvero un insieme

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  • Modalità di approccio ai disordini dell’empatia e strategie terapeutiche

    Aspetti generali della riabilitazione nel bambino

    “ La parola neuropsicomotricità si presenta affascinante nella sua intenzione di conciliare i due termini estremi della concezione dualistica della persona umana. Concezione che la cultura di questo secolo stempera via via sotto l'impulso di esperienze e fenomeni che hanno visto riproporsi sempre più energicamente l'interazione

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  • CONCLUSIONI - Empatia: origine, significato e disordini

    In questo elaborato è presentato un quadro esplicito per ciò che riguarda l’empatia e le patologie legate alla sua carenza o alla sua mancanza. La riabilitazione neuropsicomotoria mira a far emergere delle competenze, in questo caso empatiche, attraverso l’utilizzo di strategie e facilitatori.

    In altre parole, tramite il “gioco” il bambino entra in relazione con il mondo esterno, con

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  • BIBLIOGRAFIA - Empatia: origine, significato e disordini
    1. American Psychiatric Association, “DSM-IV-TR, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali”, Tex Revision, Masson, Milano, 2001;
    2. Armony J. L., Servan-Schreiber D., Romanski L. M., Cohen J. D., & LeDoux J. E. “Stimulus generalization of fear responses: Effects of auditory cortex lesions in a computational model and in rats”. Cerebral Cortex, 7, anno 1997
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  • INTRODUZIONE - Il dialogo tonico e il dialogo sonoro

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    Il non-verbale espresso dal linguaggio del corpo e il non verbale espresso dagli aspetti prosodici del

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  • Dalla voce udita alla voce prodotta

    Per iniziare questo percorso, è prima di tutto necessario chiedersi che cosa sia la voce. Non è facile dare una definizione esaustiva di questo termine. Sembra qualcosa di scontato, ma in realtà, ogni volta che si affronta l’argomento “voce”, ognuno ne sceglie un aspetto e la definisce in base a precise caratteristiche che, però, non la descrivono in toto. Solitamente con il termine

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  • La voce udita nella vita fetale, in principio era il suono

    In passato si pensava che il feto non fosse in grado di utilizzare i propri organi di senso e che questi potessero funzionare solo dopo la nascita. Il feto era visto come un essere psichicamente indifferenziato, incapace di vivere esperienze sensoriali proprie [2].

    Questo tipo di concezione statica è stata poi sostituita da una più dinamica: grazie al progresso tecnologico e agli

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  • Lo sviluppo della voce nel primo anno di vita: la voce prodotta

    Sono avida di voci, che siano leggere o pesanti, scure o chiare, le amo per la loro straordinaria capacità di farsi corpo [16].

    Quando un bambino nasce l’unico suono che la madre e i medici anelano di sentire è la sua voce. Il primo vagito, il primo pianto del bambino testimoniano che respira, che è vivo. La voce

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  • La voce e le categorie psicomotorie

    Nell’intervento terapeutico neuro e psicomotorio esistono delle categorie tipiche mediante le quali vengono analizzate le azioni del bambino, in termini di qualità. Queste “grandi categorie riassumono la comunicazione relazionale, essenzialmente non verbale” [20]...

  • La voce parlata e la voce cantata

    Tutta la musica è, nella sua origine, vocale… le variazioni della voce sono il risultato fisiologico di variazioni del sentimento [36].

    La voce, come abbiamo visto, è un sistema complesso che si configura come mezzo fondamentale per la comunicazione. Spesso si parla di voce ‘parlata’ e di voce ‘cantata’ come se si riconoscessero due tipi differenti di voci

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  • La voce in Terapia - Il Dialogo tonico e sonoro

    Nella prima parte di questo lavoro è stato analizzato lo sviluppo della voce. E’ stato così possibile giungere alla consapevolezza del rilievo della voce nei rapporti vissuti dalla triade, già durante l’età gestazionale. Il percorso di crescita e di integrazione della voce con tutte le altre componenti dello sviluppo si identifica come un percorso naturale, fatto di interscambi, di variazioni

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  • In Dialogo con bambini "Speciali"

    Questo vale per la maggior parte dei bambini, ma non per tutti. Ci sono infatti alcuni bambini ‘speciali’ ed è intorno alla loro esperienza che sorgono alcune domande importanti: questi meccanismi sono presenti anche nei bambini con disabilità? Cosa accade all’interno della diade?

    Le modalità comunicative e relazionali di un bambino con disabilità sono spesso distorte. Il processo di

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  • Casi Clinici - Il dialogo tonico e il dialogo sonoro

     

    I casi clinici riportati nel mio lavoro sono stati in questo contesto eliminati per questione di privacy.

     

    Dal Dialogo Tonico al Dialogo Sonoro

    I bambini con cui ci troviamo a lavorare hanno molto spesso delle difficoltà di dialogo: bambini autistici, bambini con paralisi, bambini affetti da disturbi del linguaggio o della comunicazione, bambini che presentano disturbi sensoriali. Questi piccoli perdono, o molto spesso non acquisiscono nemmeno, le regole fondamentali e le modalità primarie di approccio con l’altro, di scambio, di

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  • Obiettivi del trattamento - Il dialogo tonico e il dialogo sonoro

    L’osservazione e l’interazione con i bambini durante il tirocinio ha fatto emergere quali siano gli obiettivi principali nel trattamento neuro e psicomotorio di cui, indipendentemente dalla diagnosi e dalla patologia del paziente, si cerca di promuovere il raggiungimento.

    Quando ho avuto la possibilità di inserirmi direttamente nel trattamento di questi bambini, ho concentrato la mia

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  • Dialogo Tonico e Sonoro: semplicemente Ninna-nanna

    La sintesi di Dialogo Tonico e Dialogo Sonoro si palesa in un rito tanto semplice quanto antico: la ninna-nanna.

    La ninna-nanna è un rituale che madre e bambino costruiscono insieme fin dai primi giorni di vita e ha una duplice valenza: è utile per far rilassare o addormentare il bambino, è significativa per la relazione.

    “Nella ninna nanna la funzione dell’addormentamento si

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  • CONCLUSIONI - Il dialogo tonico e il dialogo sonoro

    Al termine di questo percorso sembra opportuno ripercorrere brevemente il cammino svolto.

    La prima parte del lavoro è stata dedicata ad approfondire lo sviluppo della voce.

    E’ emerso in questo modo come la voce sia connessa allo sviluppo emozionale, relazionale e dialogico fin dalla fase gestazionale. La diade madre-bambino si struttura sul contatto corporeo, sul

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  • APPENDICE - L’identità sonora

    In questo capitolo vengono riportate alcune informazioni fino a questo momento sul concetto di Identità Sonora (ISO). Conoscere l’ISO di un individuo potrebbe permettere, per esempio, ai terapisti di interagire e di rapportarsi con lui, sintonizzandosi sulle sue caratteristiche sonore. Attualmente esistono delle ricerche teoriche in merito, ma è ridotto il campo di applicabilità delle stesse

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  • BIBLIOGRAFIA - L’importanza della voce nella terapia neuro e psicomotoria

    BIBLIOGRAFIA 

     

    Amitrano A., La voce: Uno strumento dei professionisti che promuovono la salute, Springer Ed., Roma 2010, p. 39-44.

    Berti E. - Comunello F. – Savini P., Il contratto terapeutico in terapia psicomotoria, Edizioni Junior, s.l 2001, p 40-49, 124-128.

    Berti E. - Comunello F. –Nicolodi G., Il

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  • Genitorialità, famiglia e disabilità

    La nascita di un bambino e, di conseguenza, la trasformazione della coppia coniugale a quella genitoriale, comporta quasi sempre un periodo di crisi, poiché questo evento richiede di mettere in gioco le capacità di adattamento dei singoli individui e della precedente relazione.

    Il modo in cui la coppia affronta tale cambiamento e riesce a riorganizzarsi, includendo nel proprio mondo

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  • Presentazione del Centro - Il Centro A.P.R. (Associazione Pistoiese per la Riabilitazione)

    Il Centro A.P.R. (Associazione Pistoiese per la Riabilitazione) di Montecatini Terme è un distaccamento dell’Associazione A.P.R di Pistoia, un’organizzazione non lucrativa di utilità sociale (ONLUS), costituita dal 1963, con lo scopo di svolgere attività di assistenza sanitaria finalizzata a favorire il pieno sviluppo di coloro che si trovano in situazioni di

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  • Introduzione - L’importanza del gioco nella relazione madre-bambino

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    Ho iniziato a seguire N., un bambino di 3 anni e 4 mesi con un quadro

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  • Anamnesi e informazioni cliniche - Il caso di N.

    N. è nato il 9 gennaio 2008 da una prima gravidanza normodecorsa con parto spontaneo eutocico espletato alla 38° settimana. Il peso alla nascita era 3600 g, lunghezza 50 cm, circonferenza cranica 34 cm e indice di Apgar 9-10.

    È stato eseguito un tampone vaginale che è risultato positivo per infezione da Streptococco, per cui madre e bambino hanno effettuato una terapia antibiotica. È

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  • Il progetto riabilitativo - Intervento neuropsicomotorio individuale

    Il principio fondamentale di ogni terapia consiste nell’accompagnare il bambino nel suo personale percorso di sviluppo, facilitando l’acquisizione di nuove competenze, a partire dal livello di competenza già raggiunto. Per questo è molto importante, per progettare ed attuare un intervento valido, basarsi sull’osservazione del comportamento spontaneo del bambino, in modo tale da individuare e

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  • Il progetto riabilitativo - Intervento parallelo sulla coppia madre-bambino

    In seguito alle nostre osservazioni ed alle problematiche emerse nella relazione fra N. e la mamma abbiamo valutato la possibilità di proporre un intervento parallelo all’intervento individuale, rivolto specificatamente alla coppia madre-bambino.

    Il nostro obiettivo era quello di coinvolgere la madre di N. chiedendole di presenziare ad alcune sedute insieme al bambino e di partecipare

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  • Descrizione dell’intervento - L’importanza del gioco nella relazione madre-bambino

    Prima di presentare nel dettaglio il lavoro che ho svolto con N. e la madre, vorrei fare alcune premesse che costituiscono, in un certo senso, lo sfondo comune a tutte le sedute da me condotte e la base razionale del mio progetto d’intervento.

    Il gioco, come ho già detto precedentemente, è stato l’ingrediente primario di ogni seduta, nonché lo

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  • Prima seduta “ Il corpo”

    La proposta

    Per la prima seduta di terapia con N. e la madre ho pensato di proporre un’attività che integrasse un lavoro sul riconoscimento delle parti del corpo con un gioco di manipolazione di materiale plastico.

    All’inizio della seduta ho utilizzato un librino per bambini con le illustrazioni delle varie parti del corpo  che ho mostrato a N. chiedendogli di indicare ogni

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  • Seconda seduta “Il percorso”

    La proposta

    Per il secondo incontro con N. e la madre ho pensato di proporre un’attività di tipo prevalentemente motorio che favorisse l’esperienza corporea sia nella motricità di spostamento sia nella motricità fine.

    Allo stesso tempo, però, non

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  • Terza seduta “Il mare”

    La proposta

    Ho deciso di incentrare la terza seduta con N. e la madre su un’attività di tipo grafico-pittorico, scegliendo come cornice di gioco il tema del mare.

    Per costruire un contesto simbolico all’interno del quale introdurre, poi, l’attività, ho scelto di iniziare la seduta guardando insieme al bambino un libro con le illustrazioni dei pesci, che aveva anche alcune

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  • Quarta seduta “La cucina”

    La proposta

    Per questa quarta seduta avevo intenzione di introdurre il gioco simbolico, utilizzando come oggetti o le macchinine, o i coccini, o i bambolotti, o qualsiasi altra cosa adatta al gioco del “far finta di”.

    Sapevo bene che questa modalità di gioco era ancora molto immatura nel bambino e che, quindi, per riuscire a giocare, sarebbe stato necessario un intervento

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  • Conclusioni - L’importanza del gioco nella relazione madre-bambino

    Al termine del periodo di tirocinio, mi trovo a riflettere su quanto il mio lavoro con N. e la madre, che si è svolto, comunque, in un tempo considerevole di circa cinque mesi, appaia, in realtà, appena iniziato.

    La fase osservativa-valutativa ha richiesto uno sforzo notevole, che ci ha permesso, però, di riuscire ad inquadrare la problematica in termini piuttosto precisi e realistici

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  • Commento al video- L’importanza del gioco nella relazione madre-bambino

    La prima sequenzadi video (primi 35 sec.) è un estratto della seduta di osservazione in stanza di terapia.

    Vediamo la madre di N. che mostra un libro al bambino, limitandosi però ad indicare gli oggetti raffigurati nelle pagine e a chiedere a N. di dire come si chiamano; si nota come il bambino sia, in realtà, poco interessato a questo tipo di attività e come, alle

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  • Bibliografia - L’importanza del gioco nella relazione madre-bambino
    • Abidin R.R. (2010),PSI Parenting Stress Index. Manuale. Adattamento italiano a cura di Guarino A., Di Blasio P., D’Alessio M., Camisasca E. e Serantoni G., Firenze, Giunti O.S. Organizzazioni Speciali.
    • Bailey D.B., Skinner
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  • Ringraziamenti - L’importanza del gioco nella relazione madre-bambino

    Ho deciso di aggiungere questa paginetta finale nel rispetto di un’usanza che, oramai, sembra essere entrata definitivamente nella prassi, ma che sento di condividere solo a patto che venga lasciata a chi scrive l’assoluta libertà di personalizzarla come meglio crede.

    Non voglio fare ringraziamenti forzati, imposti da una qualsiasi ipotetica “buona norma”, ma voglio ringraziare

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  • Oltre la patologia: un nuovo approccio alle famiglie con figli disabili

    Lo stress, come affermano Knussen e Cunningham (1988),“emerge dalla relazione fra la persona e l’ambiente, che viene valutato come troppo esigente rispetto alle proprie risorse e minaccioso per il proprio benessere”.

    Considerando però che, in molti casi, le fonti di

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  • Le famiglie, protagoniste dell’intervento

    In passato il ruolo delle famiglie nel rapporto con i servizi era considerato in modo spesso ambiguo. Kershow, nel 1965, scriveva che la collaborazione dei genitori nei confronti del percorso riabilitativo del proprio bambino poteva consistere in un impegno concreto, finalizzato a facilitare lo sviluppo armonico del piccolo, ma anche in una semplice

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  • L’intervento centrato sulla famiglia - Riassumendo…

    Volendo riassumere sinteticamente i concetti espressi in questo capitolo, possiamo dire che la presenza di un figlio con una condizione di disabilità richiede alla famiglia di mettere in atto processi di adattamento non facili. È necessario che i genitori siano capaci di ristrutturare le loro modalità di interpretazione degli eventi e di ridefinire le loro

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  • Osservazione e valutazione - Il caso di N.

    Il bambino presenta un quadro funzionale di ritardo globale dello sviluppo associato ad un importante disturbo del linguaggio espressivo e recettivo.

    La funzione attentiva risulta piuttosto fragile ed incostante: è sempre necessario il contenimento dell’adulto per aiutare il bambino a concentrarsi su un compito e a portarlo a termine senza

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  • Applicazione della scheda Berti-Comunello

    Competenze del bambino

     

    Competenze motorie

    Per quanto riguarda la motricità di base, N. ha acquisito tutte le competenze in modo adeguato all’età: esegue i passaggi posturali con facilità e senza bisogno di aiuto o di appoggi, gli spostamenti vengono effettuati utilizzando un

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  • Osservazione e valutazione - Relazione madre-bambino

    La presa in carico di un bambino deve trovare il suo fondamento in uno sguardo “panoramico” verso la persona, facendo in modo che l’attenzione al dettaglio (che deve sempre esserci) non lasci sfuggire la totalità, cioè la globalità di un individuo che non deve essere frammentato ma che, con il nostro aiuto, possa rafforzare la sua integrità. È per questo che,

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  • Prima seduta di osservazione in stanza di terapia

    Abbiamo voluto integrare l’osservazione fatta durante il soggiorno estivo a Marina di Massa con un’osservazione in stanza di terapia, durante una prima seduta di gioco libero a cui ha partecipato anche la madre di N.

    All’inizio della seduta, la terapista ha fornito alla signora delle indicazioni sul tipo di attività e sulle caratteristiche del

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  • INTRODUZIONE - La comunicazione verbale e non verbale

    copertina-tesi-silvia-carillo

    In un'intervista di qualche tempo fa, Jerzy Grotowski, rispondendo all'intervistatrice che gli chiedeva come avesse scelto di far teatro ebbe a

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  • La comunicazione non verbale e la terapia psicomotoria

    Nella trattazione di questo argomento vorrei partire da un assunto: la preponderante importanza della comunicazione non verbale all'interno della pratica psicomotoria. Ma, parlando di comunicazione non verbale, desidererei collocare questo concetto all'interno di un altro assunto, specificamente psicomotorio, che è quello della comunicazione non verbale come linguaggio del corpo. Nel

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  • Prossemica

    La prossemica è lo studio della distanza interpersonale che gli individui mantengono quando interagiscono. Si tratta, a ben vedere, di un aspetto spaziale della comunicazione.

    Tale aspetto ha poco o niente a che fare con la capacità di farsi udire della voce umana. Essa risponde alle dinamiche interpersonali coinvolte e soggìacenti alla comunicazione. La quantità di spazio che le

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  • Sguardo

    Direttamente collegato al canale prossemico vi è lo sguardo e il contatto visivo (che si verifica quando due individui si fissano reciprocamente).

    Se osserviamo due individui intenti ad una conversazione potremo notare come un certo tempo è speso in un contatto visivo tra i due, mentre il restante tempo è dedicato a sguardi non reciproci o all'evitamento dello sguardo.

    Che

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  • Movimento (Gesto, Tono, Mimica)

    Sotto questo termine raggrupperò una serie di canali di comunicazione non verbale: gestualità, tono muscolare, mimica. Non mi soffermerò su questi singoli elementi, la cui conoscenza deve appartenere al bagaglio essenziale di ogni psicomotricista, né tratterò gli aspetti e i significati generali.

    Il movimento spesso serve ad attirare l'attenzione dell'altro, ma può servire anche

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  • Paralinguistica

    Si riferisce al come qualcosa viene detto, piuttosto che a ciò che è detto. L'alzarsi e l'abbassarsi del tono di voce, le sottolineature, l'altezza della voce, il ritmo e le esitazioni del discorso sono riferibili a questo concetto. Attraverso questi fattori, lo stesso contenuto verbale può essere espresso in molti modi ed essere ogni volta un messaggio differente. E' addirittura possibile

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  • Postura

    E' forse il più arcaico canale di comunicazione extraverbale, infatti, in essa è grande la componente innata. La postura rappresenta il modo di porsi verso l'altro, o meglio il modo di disporsi. La psicologia sperimentale si è occupata molto del ruolo della postura rispetto alla presentazione dello status e come indicatore dell'atteggiamento più o meno positivo nei confronti dell'altro. Molti

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  • Il punto di vista della psicomotricità

    In questa rapida carrellata sulla comunicazione non verbale ho tenuto conto soprattutto delle conclusioni a cui la psicologia sperimentale e sociale sono giunte attraverso una serie di studi. Ho anche cercato, a tratti, di mettere in luce il punto di vista della psicomotricità.

    Vorrei ora tracciare maggiormente una differenziazione tra tali concezioni, fermo restando che le

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  • La terapia psicomotoria, il corpo, la relazione

    Si può dire, dunque, che la terapia psicomotoria utilizza essenzialmente la funzione tonica. E' evidente come siano riscontrabili i vari elementi della comunicazione non verbale nelle categorie analogiche individuate dalla psicomotricità.

    Lo psicomotricista utilizza il suo corpo per entrare in contatto con il corpo dell'altro e quindi con l'altro, vi è un continuo flusso di messaggi

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  • La comunicazione verbale in terapia psicomotoria

    Se la comunicazione non verbale assume in terapia primaria importanza, che dire di quei momenti in cui la parola affiora nell'interazione tra bambino e psicomotricista? E' evidente che l'aspetto verbale della comunicazione in terapia assume vari significati. E' opportuno che lo psicomotricista sappia riconoscerli per non permettere ad un'area non controllata dell'interazione di produrre

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  • Corpo e comunicazione

    A conclusione di questo rapido excursus sulla comunicazione non verbale e verbale possiamo dire che il corpo emana un flusso ininterrotto di segni e di messaggi che in ogni momento esprimono l'essere. Il nostro corpo viene investito da tali segni e messaggi provenienti dal corpo dell'altro.

    Dobbiamo ora stabilire come tutto ciò diventa comunicazione. A tale questione ho già fatto

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  • Il silenzio del corpo

    Abbiamo visto come il corpo è punto di partenza in ogni istante di un'infinità di segni e segnali, che diventano comunicazione nel rapporto con l'altro; è l'essere che si manifesta ed esprime la sua intenzionalità verso l'altro attraverso il corpo.

    A volte ci si trova ad avvertire, davanti all'altro, una strana sensazione: il corpo dell'altro non emette segnali e segni oppure essi

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  • Alcune riflessioni sul concetto di fraintendimento

    Nei Capitoli precedenti ho avuto modo di trattare della necessità della concordanza tra il linguaggio verbale e quello corporeo in terapia. Ho anche analizzato il significato della discordanza tra i vari canali comunicazionaii. Vorrei ora accennare ad un concetto sul quale mi è capitato di riflettere spesso negli ultimi tempi, concetto che chiamerò, se pure in maniera provvisoria, del

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  • Il linguaggio della psicomotricità e quello di altre discipline

    La pratica psicomotoria è basata su una teoria sottostante, la strutturazione di tale teoria si è lentamente sviluppata nel tempo, attraverso osservazioni e analisi, la cui organizzazione e sistematizzazione ha richiesto l'uso di un linguaggio specifico che permettesse anche la veicolazione della conoscenza. Tuttavia, anche se un pensiero psicomotorio è rinvenibile fin da tempi lontani, la

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  • La parola grido

    Argomento di questo intervento è una riflessione sul significato della parola in terapia psicomotoria. Credo, tuttavia, che quanto dirò possa valere anche per altri tipi di interventi messi in atto con bambini.

    La psicomotricità utilizza essenzialmente un linguaggio non verbale, tuttavia, negli ultimi anni, un numero crescente di psicomotricisti, in modo sempre più massiccio, "mette"

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  • Presentazione del caso: Jessica

    Il 05 /03/2001 finalmente arrivo al centro di riabilitazione per dare inizio al progetto coordinato con il docente per quest'ultimo anno di corso.

    Sono ansiosa ed allo stesso tempo spaventata all'idea di incontrare quella bambina che precedentemente frequentava il centro in cui attualmente lavoro e che mi veniva descritta dalla sua ex terapista come difficile, con una diagnosi

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  • Alcuni riferimenti sull'Autismo

    L'Autismo è una malattia che colpisce bambini d'ogni razza, nazione Religione e stato sociale.

    Sulla frequenza di questa malattia ci sono dati discordanti. Alcuni autori riferiscono una frequenza di 418 bambini su 10000 nati con frequenza superiore nei maschi, con un rapporto di 2 a 4. Solitamente le femmine presentano sintomi più gravo quando ne sono affette, con un deficit

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  • Dati Anamnestici - Jessica

    Jessica è la secondogenita di un parto gemellare, nata a Sarno nel settembre del 1990.

    Il padre è morto (per un infarto miocardio) quando la piccola aveva 3 mesi e, a quanto racconta la madre, si trovava in braccio al padre quando è accaduto.

    La madre ha 37 anni, disoccupata ed analfabeta. I fratelli godono di a.b.s.. Nell'anamnesi familiare si riscontra che un fratello della

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  • Prima Osservazione - Jessica

    Il mio primo impatto con questa situazione è stato a dir poco toccante, sia dal punto di vista umano che terapeutico.

    La mia reazione istintiva è stata quella dì non essere in grado "almeno"di interagire con quella bambina così "particolare".

    Jessica mi viene affidata dopo il pranzo nella mensa del centro che frequenta in regime di semiinternato.

    La presi per mano e

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  • Seconda Osservazione - Jessica

    Jessica, dopo alcune sedute, è apparsa irrequieta, ansiosa, turbata da quella situazione, forse tanto stretta quanto dispersiva.

    Non riuscivo a contenerla, a rassicurarla, a prendere in mano, in un certo senso, la situazione. Allora il tono della mia voce ha preso una diversa impostazione, il mio contatto è diventato più forte e tutto questo ha fatto sì che chiedessi aiuto alla

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  • Progetto Psicomotorio

    Non c'è tecnica in Psicomotricità, non ci sono regole fisse, bisogna creare, innanzitutto, una relazione significativa. Ma come?

    Nel caso di Jessica: la bambina incontra una persona, la terapista, che le offre delle attenzioni, un aggruppamento affettivo tonico-sensoriale-emotivo. La stessa deve rispondere ai bisogni della bambina, deve aggiustare modularítà, come tono, postura,

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  • Tre parametri squisitamente psicomotori

    Cercherò ora di approfondire il tema della significatività del rapporto con il bambino autistico o, per meglio dire, cercherò di chiarire in che termini lo Psicomotricista può diventare oggetto significativo, cioè portatore di significati, nell'esistenza del bambino autistico.

    Ricorrerò qui a tre parametri squisitamente psicomotricisti:

    1. lo SPAZIO,
    2. il
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  • La comunicazione verbale e non verbale - CONCLUSIONI

    Ho scritto e riscritto questa parola, "conclusioni", tantissime volte perché, nonostante i tre anni di formazione, nonostante il marcato impegno, è sempre duro tirar fuori quello che si ha dentro. Forse è vero che le parole non bastano e quasi sempre ci si riduce ad usare le stesse, ma è pur vero che l'esperienza, non solo questa descritta e raccontata ma anche quella globale che ho vissuto,

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  • La comunicazione verbale e non verbale - BIBLIOGRAFIA
    1. Aucouturier B., Darrault I., Empinet J.L. « La pratica psicomotoria Rieducazione e terapia » Armando, Roma, 1986
    2. Berti E., Comunello F., Nicolodi G. « Il labirinto e le tracce» Giuffrè, Milano, 1988 
    3. Berti E., Comunello F., « La costruzione del senso » Masson, Milano, 1995
    4. Giordano G.G., Vertucci P., Militerni R., Ferrara R. « Manuale di neuropsichiatria
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  • INTRODUZIONE - Ritardo Psicomotorio: Diagnosi e Progetto Terapeutico

    copertina-tesi-teresa-vitagliano

    Per l'elaborazione di questa tesi sono partita dalla riflessione sul riscontro con una percentuale alta di diagnosi non sempre

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  • LO SVILUPPO PSICOMOTORIO - Aspetti Descrittivi

    lo sviluppo neuro e psicomotorio del Bambino

    Per un corretto approccio alla diagnosi precoce risulta evidente la necessità di conoscere il bambino e il suo

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  • Il Ritardo Psicomotorio - Aspetti Clinico-Descrittivi

    Il ritardo di sviluppo psicomotorio può essere definito in termini generici come la mancata acquisizione di adeguate competenze posturali, cognitive, affettive e/o linguistiche in rapporto all'età cronologica.

    Tale quadro di ritardo molto spesso rappresenta la manifestazione iniziale, il sintomo precoce, di sindromi complesse, quali Insufficienze Mentali, Kinesipatie encefaliche,

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  • Il Ritardo Psicomotorio - Il Processo Diagnostico

    Nel percorso diagnostico, in genere, riveste fondamentale importanza il processo di presa in carico, il quale indica un complesso di interventi finalizzati a conoscere e capire il bambino e il suo disturbo. Si tratta, pertanto, di un processo di conoscenza:

    • conoscenza del disturbo, si tratta di definire il tipo, le caratteristiche, la frequenza e l'intensità del
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  • Il Ritardo Psicomotorio - Il Progetto Terapeutico

    Il processo diagnostico, attraverso le fasi già scritte dell'anamnesi, dell'osservazione e delle indagini strumentali e di laboratorio, permette di raccogliere una serie di informazioni che vengono utilizzate, da un lato, per inserire i sintomi presentati dal bambino in una definita categoria nosografica (diagnosi nosografica), e, dall'altro, per conoscere le aree di forza e quelle di

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  • Il Ritardo Psicomotorio - Analisi di un "Caso Clinico" - Anamnesi e Osservazione

    M. ha attualmente 4 anni e mezzo, ha cominciato il percorso terapeutico (psicomotricità) all'età di 3, con una diagnosi d'entrata di "Ritardo dello Sviluppo Psicomotorio" e Difficoltà Relazionali. La terapia logopedica è stata avviata più tardi, all'età di quasi 4 anni.

    Dalle informazioni raccolte, emerge:

    • allattamento artificiale (non si è attaccato al
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  • Il Ritardo Psicomotorio - Progetto Terapeutico e Modalità d'Intervento

    Al termine del periodo di osservazione (tre-quattro sedute) si procede alla formulazione del progetto terapeutico specifico in cui si propongono:

    • il tipo d'intervento (individuale o di gruppo);
    • le modalità e le aree d'intervento;
    • gli obiettivi da raggiungere;
    • la scansione delle sedute e la previsione della durata;
    • i tempi delle
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  • Il Ritardo Psicomotorio - CONCLUSIONI

    Il caso clinico preso in considerazione presentava inizialmente un quadro di Ritardo dello Sviluppo Psicomotorio e Difficoltà Relazionali.

    I versanti particolarmente compromessi erano quelli delle competenze cognitive, del linguaggio verbale sia in input sia in output e della sfera affettivo-relazionale.

    Il bambino ha cominciato la terapia psicomotoria mirata a migliorare

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  • Il Ritardo Psicomotorio - BIBLIOGRAFIA
    1. Gison G , Bonifacio A. — L'approccio psicomotorio nelle disabilità evolutive minori. Convegno sulle disabilità evolutive dei minori e dei disturbi dell'apprendimento. Franco Angeli, 1994. 
    2. Liccardi MA.    Gison G. "L'approccio psicomotorio" in sistema nervoso e riabilitazione. Enciclopedia scientifica Rizzoli, n° 3, suppl. 1999. 
    3. Liccardi M.A., Gison G., Grasso Di
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  • II Caso - Iperattività o ADHD - Verifica degli obiettivi e dimissioni

    Il trattamento di gruppo è durato circa due anni, con frequenza dapprima bisettimanale e poi monosettimanale, così come pure la terapia logopedica per V.

    Erano notevolmente migliorate le abilità di autonomia personale e sociale, si vestivano e svestivano da soli, si allacciavano le scarpe, abbottonavano, infilavano, mangiavano in maniera ordinata,riconoscevano le monete e si

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  • II Caso - Iperattività o ADHD - Presa in carico e colloqui con la famiglia

    Inizialmente V. aveva problemi di separazione dalla madre, la quale entrava in terapia accompagnandolo e poi usciva.

    Questo durava per poche sedute, dopo aver instaurato un discreto approccio relazionale V. accettava l'entrata in terapia e si toglieva le scarpe (questo momento segnava l'inizio e la fine della seduta).

    Nelle sedute iniziali il bambino mostrava un comportamento

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  • II Caso - Iperattività o ADHD - Anamnesi personale

    V. è nato 16/09/1994 da padre custode e madre casalinga .

    Nato a termine da gravidanza normocondotta ; il parto programmato per scelta della madre.

    Alla nascita pesava Kg 3.850, fu messo in incubatrice.

    Il primo sorriso si è avuto a 3 mesi, il controllo del capo a 3 mesi, posizione seduta a 7 mesi, la deambulazione a 16 mesi, le prime parole a 12 mesi, il controllo

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  • II Caso - Iperattività o ADHD - Diagnosi e piano di trattamento neuropsicomotorio

    Nel novembre del 2000, arrivano nella struttura riabilitativa due fratelli V. e G., rispettivamente di sei e sette anni, entrambi con la diagnosi di “Sindrome Ipercinetica” ed in più per V. associato anche il disturbo del linguaggio.

    Entrambi erano inseriti in trattamento psicomotorio trisettimanale con due terapiste diverse, poiché la terapia era individuale.

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  • I Caso - Iperattività o ADHD - Verifica degli obiettivi e dimissioni

    In ogni caso nel setting terapeutico G. aveva un comportamento più responsabile. Intanto la sintomatologia epilettica era scomparsa, continuava il controllo dell'epilessia con CBZ.

    Dai colloqui con la madre, la signora riferiva che anche a casa il bambino si era calmato.Iniziavano esercizi specifici per l'orientamento temporale (giorni della settimana, mesi dell'anno, le

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  • I Caso - Iperattività o ADHD - Presa in carico e colloqui con la famiglia

    Dopo la presentazione iniziale della sala di psicomotricità, quindi degli oggetti che poteva trovare, G. presentava incordinazione motoria poiché saltava sui materassi in continuazione, si muoveva da un posto all'altro facendo capriole. Il suo era un agire molto velocizzato, caratterizzato da difficoltà d'attenzione e mancanza di contatto visivo con la terapista.

    G. mostrava buone

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  • I Caso - Iperattività o ADHD - Anamnesi personale

    G. è nato da gravidanza a termine il 13/01/1994, da madre casalinga e padre fruttivendolo.

    Il parto è stato normocondotto con un travaglio di 18 ore.

    Alla nascita pesava Kg 3.000, aveva un colorito cianotico ed il primo vagito non fu immediato in quanto ebbe una grande sofferenza neonatale. Fu messo in incubatrice e si ebbero tre episodi di convulsione neonatale.

    Ha

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  • I Caso - Iperattività o ADHD - Diagnosi e piano di trattamento neuropsicomotorio

    Nel gennaio del 2001, G . entra in trattamento psicomotorio trisettimanale all'età di 6 anni e 6 mesi con la diagnosi di “ Disturbo da Deficit di attenzione/iperattività” ed epilessia.

    L'obiettivo a lungo termine comprende:

    • Il miglioramento delle capacità adattive, relazionali;
    • Il controllo
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  • Manifestazioni e disturbi associati - Il Disturbo da Deficit di Attenzione / Iperattività o ADHD

    Le caratteristiche associate variano a seconda dell'età e del livello di sviluppo, possono includere:

    • Scarsa tolleranza alle frustrazioni;
    • Accessi d'ira;
    • Prepotenza;
    • Caparbietà;
    • Labilità d'umore;
    • Demoralizzazione;
    • Scarsa autostima;
    • Risultati scolastici spesso compromessi e valorizzati;

    Vengono

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  • Familiarità - Il Disturbo da Deficit di Attenzione / Iperattività o ADHD

    Si è trovato che il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività è più comune nei parenti biologici di primo grado di bambini con Disturbo da Deficit di Attenzione/ Iperattività.

    Alcuni studi suggeriscono anche l'esistenza di una maggiore prevalenza di disturbi dell'umore e disturbi d'ansia, disturbi dell'apprendimento, disturbi correlati a sostanze e disturbo antisociale di

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  • Decorso - Il Disturbo da Deficit di Attenzione / Iperattività o ADHD

    La maggior parte dei genitori osserva dapprima un'eccessiva attività motoria quando i bambini muovono i primi passi, che spesso coincide con lo sviluppo della deambulazione indipendente.

    In ogni modo, poiché molti bambini iperattivi a quest'età non svilupperanno poi un Disturbo da Deficit d'Attenzione/ Iperattività, si dovrebbe usare cautela nel fare questa diagnosi nei primi anni di

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  • Caratteristiche Diagnostiche - Il Disturbo da Deficit di Attenzione / Iperattività o ADHD

    Le caratteristiche cliniche principali che costituiscono la Sindrome da deficit attentivo sono tre:

    • Impulsività;
    • Disattenzione;
    • Iperattività.

    L'Impulsività può portare ad incidenti ed al coinvolgimento in attività potenzialmente pericolose, senza considerare le possibili conseguenze.

    I bambini con SDA, hanno difficoltà nel portare a

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  • Trattamento farmacologico - Il Disturbo da Deficit di Attenzione / Iperattività o ADHD

    Dal 1937 C .Bradley ha dimostrato l'azione benefica dell'anfetamina sulle turbe del comportamento del bambino.

    Poi furono usati altri psicotonici, come la DL-Anfetamina (Benzedrina) o altri farmaci ad azione equivalente, in particolare il Metilfenidate (Ritalin).

    Tali farmaci sono efficaci sul livello d'attività, sull'attenzione, sull'impulsività, sul comportamento sociale,

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  • Patogenesi - Il Disturbo da Deficit di Attenzione / Iperattività o ADHD

    Nel 1897 D.M.Bourneville descrisse, in bambini che presentavano un lieve ritardo di sviluppo, un'instabilità caratterizzata da estrema mobilità intellettuale e fisica.

    Nel 1901 J.Demoor descrive un'instabilità del bambino come uno squilibrio dell'affettività, un eccesso dell'espressione e dell'emozione, un'ambivalenza delle reazioni, mancanza d'attenzione, bisogno incessante di

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  • Premessa - Il Disturbo da Deficit di Attenzione / Iperattività o ADHD

    Nelle pagine che seguono vengono presentate, sebbene in maniera sintetica, i punti salienti dell'argomento trattato che è stato il Disturbo da Deficit d'Attenzione/Iperattività.

    Vengono riportati quindi la Patogenesi , si parla del trattamento farmacologico, delle caratteristiche diagnostiche, del decorso, della familiarità, delle manifestazioni e dei Disturbi associati a tale

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  • Conclusioni - Il Disturbo da Deficit di Attenzione / Iperattività o ADHD

    L'argomento presentato in tale discussione è stato il Disturbo da Deficit d'Attenzione/Iperattività.

    Nell'arco degli anni lavorativi sono stati trattati diversi bambini con tale diagnosi, però ognuno si è presentato diverso dall'altro e per ognuno di loro vi è stato un percorso terapeutico individualizzato.

    E' da considerare che anche l'emozioni provate, sono state diverse,

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  • Bibliografia - Il Disturbo da Deficit di Attenzione / Iperattività o ADHD
    • EDWARD A. KIRBY - LIAMK. GRIMLEY , Disturbi dell'attenzione e iperattività, E rickson Editore, Trento 2002.
    • CLAUDIO VIO - GIAN MARCO MARZOCCHI- FRANCESCA OFFREDI, Il bambino con deficit di attenzione/iperattività, ERICKSON Editore, Trento 2001.
    • CESARE CORNOLD - GIULIO LANGIONI - ANDREA CANEVARO, Difficoltà di apprendimento, ERICKSON Editore, Trento
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  • PREMESSA - La sindrome di Prader Willi (PWS)

    copertina-tesi-fabio-rescignoTesi di Laurea di: Fabio RESCIGNO

    Durante il percorso di studi sono state tante le patologie

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  • Plasticità delle mappe corticali

    La plasticità è estesa ad intere aree corticali e si fonda sul fatto che la “mappatura” di alcune aree non è stabile ma in continua modificazione. Già dalla metà dell’800 si evidenziò che le cortecce cerebrali motorie e sensoriali sono divise in aree somatotopiche, ognuna delle quali corrisponde ad una precisa parte del corpo. I primi studi sull’organizzazione della corteccia cerebrale umana

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  • Disturbi della plasticità e riabilitazione

    Oggi è noto come tra i disturbi della plasticità disfunzionale vi sia non solo  un’attività svolta con modalità disfunzionale o semplicemente ripetuta all’eccesso, che causa riarrangiamenti corticali indesiderati per poi  trasformarsi in difficoltà di controllo motorio, come la sindrome da eccesso d’uso o le distonie date dall’effetto dell’esercizio ripetuto di attività specifiche, come la

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  • Il setting

    Il setting è lo spazio/tempo definito da regole che delimitano e rendono significativo l’intervento di un  qualsiasi  professionista e che qualificano esattamente chi opera in quel contesto. Ogni professione è tale per il suo setting (Boscaini, 1992), espressione dell'offerta professionale, un luogo dal quale il paziente cerca di comprendere cosa aspettarsi.

    Il setting psicomotorio

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